La conversione di Paolo!? Una messinscena aramaica!?

Io sono Keter, il tuo Malkuth – Conoscenza e saggezza – Corona di sofferenza imperscrutabile, Il tuo stesso destino di creatura, il niente, il sublime tutto!


La conversione di san Paolo. Biblioteca vaticana (Codice vaticano latino 39)

*Paolo si converte? Io, da cristiano, non ho capito niente di Shaul-Paulus, e tanto meno la sua metanoia/cambiamento totale del sistema di vita, non avendo reali coordinate storico-geografiche, né socio-politiche, culturali, per poter valutare la sua figura di giudeo ellenista, filoniana, e la sua missione apostolica, orientale, pur leggendo e studiando gli Atti degli apostoli e il Vangelo di Luca – molto distante dai fatti messianici! – pur conoscendo quello di Marco e Matteo – scrittori greci! – e perfino quello di Giovanni efesino, di epoca antonina! Che metanoia è quella di un discepolo di Gamaliele, che incontra il Christos?! È un cambiamento spirituale, già avviato dal rab giudaico, a seguito di un incontro reale, che sconvolge e travolge un giovane ancora immaturo, portato al misticismo visionario, alla ricerca di un modello da imitare?! Cambiare è credere fiducioso nel pater/abba, senza la coscienza operativa farisaico-essenica, in un credo filiale totale, cieco, che intensifica l’euchh/preghiera, in cui l’aithsis/richiesta, espressa, è collegata con la dehsis/preghiera-bisogno reale? Il pregare il padre – che sia benedetto il suo onoma/nome! – significa attendere il suo regno/parousia della basileia e fare la sua volontà/thelema nella convinzione di aver il pane/arton quotidiano, di godere dell’amnistia del re ed averne l’assistenza anche nella prova/peirasmos?

Marco, sembra che tu sei del tutto disorientato di fronte alla conversione di Paolo e che non sai nemmeno cosa chiedere. Che succede? sembra che preghi il pater noster latino? non mi permetti nemmeno di aiutarti concretamente e di orientarti, se non nella direzione dei primi anni della vita di Saulos di Tarso?

*Professore, troppi equivoci ci sono sulla conversione di Paolo di Tarso, sull’individuazione del protagonista adolescente visionario, sull’ incontro con un Christos, non morto in croce e non risuscitato, su una Gerusalemme, ancora in stato di assedio, dopo l’evento fallito messianico, con eserciti romani, che marciano contro Areta IV, con strane coincidenze con la morte di Tiberio e con l’ascesa al trono di Gaio Cesare Germanico e con l’inizio di un’era saturnia, con un’Alessandria, destinata a diventare capitale dell’impero in agitazione popolare a causa dell’eccidio ebraico di Avillio Flacco (cfr. Filone, In Flaccum, Una strage di giudei in epoca caligoliana, eBook, sPublisher, 2011)?!

Ora va meglio e capisco che devo parlarti del periodo caligoliano di un giovane tarsense giudaico, fariseo, e non del periodo di Claudio (41-54) e nemmeno di quello neroniano (54-68), in cui Paulus è apostolo delle genti, viaggiatore, riconosciuto zelante nel Christos, taumaturgo e profeta, un filosofo che svolge una contestata funzione missionaria in Oriente – centrata su Corinto, Macedonia (Filippi) ed Efeso – , inquisito, e costretto a venire a Roma perché appellatosi all’imperatore, come civis romanus, in due momenti diversi neroniani per un doppio processo perché accusato di lesa maestà in quanto considerato intellettuale sovversivo al pari dei filosofi stoici e dei magi orientali. Certamente gli anni giovanili di Paolo, circa un quattrennio, sono ben fusi con la storia del Neos sebastos, giovane Augusto – da noi cristiani frainteso come il giovane Ottaviano, e non compreso come culto di un nuova divinità, assimilata a Zeus, che deve essere adorata, dovunque, in Occidente e in Oriente, in modo proprio, in tutto il kosmos, anche se sembra che Paolo abbia visto solo l’inizio saturnio, caligoliano, essendo andato per tre anni nel deserto, dopo la conversione. Di questo devo parlarti? È questa la tua richiesta?

*Professore, io, finora, ho seguito bene le sue lezioni tecniche fino alla crocefissione del Messia aramaico, alla sua non morte e alla non resurrezione, in una Gerusalemme, che accoglie con un nuovo sinedrio il vincitore di Artabano III, Lucio Vitellio, ths Surias epitropos, dopo il cambio di sistema politico. Ora chiedo di aver lezioni storiche su Paolo di Tarso dal momento del suo arrivo in città, alla scuola di Gamaliele, suo maestro, qualche mese prima della morte di Tiberio, circa nella seconda metà dell’anno 36 d.C., nel periodo tra le due entrate dell’epitropos di Siria e la proclamazione del nuovo imperatore/autocratoor romano Gaio Cesare Germanico neos sebastos/novus augustus, poco dopo il 18 marzo del 37, a Roma. Degli altri periodi me ne parlerà in altre occasioni.

Marco, per me, Saulos-Paulus è stato un problema di difficile soluzione e solo, forse, in questi ultimi tempi, ho fatto passi avanti per una chiarificazione culturale e storica, già sottesa in Paolo e Giacomo, in Paolo e Filone e in Paolo ed Origene e in altri articoli su Christos crucis ofla/pendaglio da forca. Urge, dunque, un recupero con studio serio sulla situazione gerosolomitana e sotto Ponzio Pilato e poi sotto Marcello, ed infine sulla strage alessandrina di Avillio Flacco e sull’arrivo in Cesarea di Filippo di Erode Agrippa, divenuto tetrarca, inviato/ apostolos di Caligola in Alessandria e sull’esautorazione di Erode Antipa, convocato dall’imperatore a Roma, per la guerra personale con Areta IV ed anche sul mandato di Petronio Turpiliano, dopo l’era saturnia caligoliana – che comprende non solo gli otto mesi iniziali, ma anche la malattia e i mesi della guarigione, fino circa alla metà dell’anno 38 – .

*Professore, è un periodo da esaminare e studiare, tenendo presente i collegamenti tra la Iudaea e la Siria e l’Egitto, subito dopo il trattato di Zeugma, cui segue la crocifissione del Messia-Christos, il maran aramaico, che aveva attirato e coinvolto molti giudei ellenisti, ammaliati e turbati dall’impresa messianica cfr. Ant. giud., XVIII, 63-64. Ritengo, però, che anche così, per me, condizionato fin da bambino dalla catechesi cattolico-romana tridentina, sarà difficilissimo capire la conversione di Saulo-Shaul, un fariseo della scuola di Gamaliele, già conformato nella cultura eclettica mistica cilicia tarsense della paideia ellenistica, per giunta, figlio di un ricco protos e civis romanus, esponente di una familia, domus romana ecumenica!

Marco, ho l’occasione finalmente di mettere insieme e coordinare il lavoro di una vita su Shaul/Paulus e revisionarlo, per dare una risposta precisa a te e ai tanti, che mi chiedono come si sia passato dalla fase aramaica del Malkuth a quella greco-ellenistica della Basileia tou theou, già presente in Filone e, dopo qualche decennio, di pausa, in epoca flavia, come si sia sviluppata la direttrice alessandrina – che risulta linea teologica trinitaria sotto gli antonini e i severi – e come sia stato deificato il Messiah/Christos come logos-verbum, di persona divina, patros uios/patris filius, dell’Agia Trias. Quindi, fissato il punto storico, si deve esaminare Gerusalemme, che, col suo Tempio, è il centro dell’ebraismo, la città catholikotera, emblema e simbolo dell’unità ebraica, che, alla fine del 36 d.C., risulta ancora sotto assedio con Ponzio Pilato, ora in attesa di giudizio, dopo l’impresa samaritana, non autorizzata, e con parte dell’esercito romano che marcia sulla grande pianura contro Petra, mentre il popolo aramaico, represso e contenuto, ora, dalle tante anime ellenistiche, connesse variamente coi sadducei, con gli erodiani e coi romani, è sempre obbediente, comunque, alle regole comunitarie dei farisei e degli esseni, insieme ai battisti, quando Paolo inizia il suo corso scolastico con rab Gamaliele, allorché gli zeloti-lhistai fuggono in direzione dell’Egitto e dell’alta Galilea e della Traconitide e verso Damasco, la terra della Nuova alleanza, sulle cui montagne sud-orientali, si stanziano, minacciando la stessa città – cfr. Ant. giud. XIV. 10.2-. in Appendice a Giulio Erode, il filelleno, opera inedita .

*Professore, io sono pronto ad ascoltare, come sempre, ma, sono perplesso e confuso di fronte alla concezione romana imperiale di una Roma, città eterna e divina, di un sovrano divino, praesens conspicuusque nuovo Iuppiter-Zeus, visibile nell’ecumene (cfr. Ovidio Tristia,II, 53-54 Per mare, per terras, per tertia numina iuro/per te praesentem conspicuumque deum...) e a quella opposta ebraica di una Gerusalemme, inondata dalla shekinah di Jhwh, la cui presenza è attestata nel Tempio gerosolomitano, riconosciuto da giudeo-aramaici e da giudeo-ellenisti come locus sacer, nonostante il dominio militare romano, ribadito dopo la fine del messianesimo e la crocifissione del Christos!

Marco, devi considerare che, all’epoca di Saulos-Paulus, ci sono queste due culture in opposizione con fautori da una parte e dall’altra specie se consideri l’insegnamento farisaico-essenico antiromano popolare e quello sadduceo-erodiano filoromano, di un’élite templare.

*Comprende, quindi, la mia perplessità? Legge la mia incertezza di uomo che rileva, inoltre, che, fino ad oggi, ha letto, studiato, fatto storia senza capire i termini cristiano, conversione, apostolo e senza porsi il problema linguistico, per cui ogni sapere cristiano risulta equivoco, ambiguo, confuso, falso nella sua inesattezza, perché la lettura è quella tipica di un elemento di struttura superficiale, che neanche ha coscienza dell’esistenza di una struttura profonda, in quanto si blocca al primo significato corrente sincronico e non sa fare altro che accettarlo, senza averne compreso il valore diacronico, storico, sotteso al senso generale iniziale, essendo mutato il significante, a cui si sono aggiunti altri referenti a quello di base, come, ad esempio, chiesa – da ecclésia greca a ecclesìa latina, derivate da termine aramaico, differente per grafia linguistica – .

Marco, non è tempo di lezioni linguistiche tecniche, che possono rilevare il fenomeno dell’aferesi (e)cclesia, e della mutazione del gruppo consonantico gutturale – liquida cl latino in ch (clarus-chiaro clesia-chiesa) oltre a quello di significato per metatesi e per metonimia in quanto al valore di assemblea si sostituisce il luogo di raccolta di coloro che vi si riuniscono. A questo punto, quel che sai, sai! Tu, ormai, hai basi linguistiche che ti permettono di fare, da solo, interventi di sistemazione concettuale, operando mediante distinzione e separazione, ben sapendo che l’edificio stesso ecclesiale deriva dalla basilica pagana, preesistente, occupata arbitrariamente e violentemente tolta ai pagani, dall’epoca teodosiana. Ogni termine cristiano italiano sottende un significante di tre lingue (aramaico-ebraico, greco e latino) – senza rilevare le differenze tra aramaico ed ebraico, già presenti nel nome stesso di Gesù – cfr. Perché legge Jehoshua e non Yehoshua?, www.angelofilipponi.com – .

*Quindi, professore, col mutare dei grafemi del significante mutano anche i referenti, che dànno altro significato al termine: questo devo tenere presente, sempre, ad ogni lezione! I passaggi dall’aramaico al greco e al latino sono tanti in Gerusalemme di epoca tiberiana! Quindi, quello che mi succede con chiesa mi succede anche con altri termini ed ho difficoltà a seguire.

Marco, capisco la tua incertezza, ma ora non è più tempo di lezioni! Se non fai attenzione e non ti decodifichi, col variare le referenze, certamente capisci a tuo modo ed interpreti: la mia comunicazione non passa e risulta ampliamento di notizia, un’informazione erudita! Andiamo avanti lo stesso?

*Professore, certo. Sarò costretto a fare un numero maggiore di domande per una normale comunicazione! Procediamo.

Bene. Facciamo così! Ora posso cominciare e posso almeno tentare di spiegare storicamente, senza disturbi che insorgono nell’uso della funzione fàtica? Ricordi la comunicazione e le sei funzioni (emotiva fàtica, conativa, poetica, metalinguistica, referenziale)? Vorrei iniziare con l’episodio di Stefano, che avviene proprio in quel tempo, che abbiamo fissato. Per prima cosa ti metto davanti agli occhi la cartina in modo da orientarti geograficamente nelle strade romane, tra i centri carovanieri e nelle principali città della diaspora. Iniziamo, dunque, con la fonte degli Atti degli apostoli, tenendo presente che l’autore Luca, evangelista, scrive circa un cinquantennio dopo i fatti e, quindi, non è attendibile, perché non conosce gli avvenimenti reali e, forse, neanche la geografia della diaspora orientale.


Strade romane

 

La famiglia domus di Paolo di Tarso e i parenti sparsi in Occidente e in Oriente

 


*Luca, per lei, scrive sotto Domiziano e ha un’altra visione storica di tipo flavio del giudaismo, quando la domus flavia – distrutto il tempio gerosolomitano, imposta la doppia dracma agli ebrei, da pagare al fisco imperiale – ha caratteristiche soteriche per tutto il mondo romano ed ha annesso la Commagene cfr. Filopappo, in www.angelofilipponi.com!

Certo, Marco, Io scrittore evangelico racconta in modo superficiale i fatti/ta pragmata, già leggendari della crocifissione del messia, della vittoria di Lucio Vitellio, e del triennio 36-39, che comprende la venuta di Paolo dalla Cilicia presso Gamaliele, la morte di Stefano, uno dei sette diaconi di una chiesa-ecclesìa-haburah (già costituita, con precise regole comunitarie), costretta alla dispersione, a causa di una grande persecuzione, afflitta da lotte postmessianiche tra i fautori del Malkuth e gli oppositori. πρᾶγμα secondo G. R. Dherbey (Les choses meemes, la pensée du real chez Aristote, Lausanne, Parigi,1983): traduit par chose, mais aussi par cause, au sens juridique du terme, et par affaire. Pragma recouvre donc le champ des choses naturelles, mais aussi celui de la politique; qui est l’affaire de tous et la cause d’un chacun, et que les Anciens nommaient «affaires communes» Per noi, chose publique vale anche pragma – da prassoo in quanto può significare ciò che è fatto/factum latino, azione già fatta storicizzata. Chiaro? Esaminiamo ora, con la fonte lucana, dopo i discorsi di Pietro e la conversione di molti, a seguito della venuta dello Spirito Santo, la convocazione degli apostoli da parte del Sinedrio, la natura della comunità christiana, l’episodio di Anania e Saffira e l’ istituzione dei diaconi, la fine di Stefano! Dagli Atti degli apostoli, 8-1-40, si sa che ci fu…. una grande persecuzione contro la chiesa di Gerusalemme e tutti si dispersero per le regioni della Giudea e della Samaria, ad eccezione degli apostoli…

*Il termine eccleesìa – latino ekklésia – tratto dall’opera dell‘Ecclesiastico – Σοφία Σειράχ Sapienza di Sirah, professore, è proprio dell’ebreo Yehoshua ben Sirah, il siracide cfr. apokalypsis, in www.angelofilipponi.com?

Non proprio! E’ nell’opera del nipote omonimo, vissuto sotto Tolomeo VIII Fiscone nel 133/2 a.C., che traduce in greco il lavoro precedente del nonno, datato tra il 180-175 a.C., in cui è fissato il valore del termine ecclhsìa come riunione in assemblea che, passa dal senso socio- politico e militare a quello esclusivamente religioso di comunità di fedeli giudaici, alessandrini, riunita per celebrazioni cultuali, specie nel giorno del sabato, in sinagoga/proseuché – luogo di preghiera – . Già tra nonno e nipote il termine ha valore con significato che varia ancora di più, molti decenni dopo, dall’uso fatto da Luca – o chi per lui, autore di Atti – che parla di Chiesa di Gerusalemme, come di comunità aramaico – giudaica e di comunità giudaico-ellenistica, in modo confuso, senza distinguere i seguaci di Jehoshua Meshiach Maran e di Iesous Christos Kurios morto e risorto, asceso al cielo.

*Lei, quindi, segue Atti degli apostoli – che chiudono il racconto, che precede i fatti dell’incendio neroniano del 64 d.C., e, parlando solo dell’epoca caligoliana, mi mostrerà tante cose circa la persecuzione, circa la morte di Stefano, circa la presenza di Saulos e di tanti fedeli delle diverse sinagoghe ellenistiche in Gerusalemme e circa l‘haburah comunitaria aramaica, già funzionante dopo la crocifissione del maran Messia, e mi rivelerà un mondo per me ancora nebuloso, contraddittorio, in relazione alle due opposte culture, quelle della paideia e quella della musar di un ebraismo diasporico, più orientale che occidentale?!

Marco, avrei da fare un lungo lavoro prima nell’ambito greco di logos/rhma, nella distinzione tra discorso e parola, sostanzialmente non dissimile dall’ ebraico davar/milah – che, però, sottende una reale operatività – comunque, per ora, mostro l’opposizione del valore nominale e logico del primo rispetto a quello pratico del secondo, applicato necessariamente alla parola divina, come dovere operativo e ti dico che da Atti 6,1 è testimoniato un mormorio dei giudei ellenistici – goggusmos contro gli ebrei-aramaici, a causa della distribuzione, che veniva fatta ogni giorno – diakonia kathhmerinh perché erano trascurate le loro vedove/khhrai – . Nota che Goggusmos – da gogguzoo brontolo-mormoro, verbo tipico, onomatopeico riproducente il tubare dei colombi- sottende un malumore continuato rabbioso e, perciò, implica brontolio sordo popolare ellenistico contro la Chiesa aramaica, haburah, che fa assistenza con i sette diaconi, – Stefano, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Pàrmena e Nikolaos – . Al malumore rancoroso, finita la fase del brontolio interpersonale, coi giorni, subentra un sordo psophos/ un rumoreggiare con alti strepiti e fischi/roizoi, che si traducono in thorubos/tumulto chiassoso con diabolh denigrazione calunniosa contro chi ammalia la folla, indistinta di aramaici ed ellenisti col suo parlare, favorevole ai primi – forse – perché combattenti o morti in combattimento nell’impresa messianica. Chiaramente si parla di diversi gruppi, che sono stanziati in Gerusalemme (che sono di formazione farisaico-essenica, opposti, quindi, ai filoromani, sadducei ed erodiani) divisi ora in nome di Jehoshua crocifisso – di cui un gruppo sa con certezza della non morte e non resurrezione ed un altro che, credendo alle chiacchiere delle donne, associa l’idea di resurrezione farisaica del maran – oltre ad un gruppo di giudei della diaspora ellenistica, venuti per la Pasqua, che, avendo seguito l’impresa christiana messianica, sconvolto ed addolorato dalla crocifissione dell‘Unto del Signore, ora è disorientato di fronte al nuovo evento – morte di Tiberio e avvento al trono del neos sebastos/giovane augusto pacificatore e soothr – . Aggiungo che tra questi gruppi il servizio /diakonia dei sette è variamente accettato, anche se risulta fonte di contrasti.

*Lei mi vuole far capire con precisi termini il thorubos contro Stefano, considerato diakonos ammaliatore visionario baskanos, capace di fare prodigi e miracoli, in mezzo al popolo, superando anche per sapienza, gli altri ellenisti, ma mi fa rilevare anche la presenza di ellenisti favorevoli agli aramaici messianici e, perciò, mette in evidenza una lotta tra gli stessi ellenisti di cultura greca?

Marco, io devo farti vedere realmente cosa capita in Gerusalemme, città santa, dopo la crocifissione del messia, e farti rilevare il comportamento della comunità e dei capi – le tre colonne/stuloi (Giacomo, Cefa e Giovanni) – e la costituzione di sette diakonoi, che sono un ristretto gruppo di amministratori/dioichetai della cassa comune aramaica /edah, che scartano gli ellenisti, cancellandoli dalla lista dei bisognosi perché sono ricchi e benestanti che possono – ogni sinagoga ellenistica ha un suo tesoro custodito nel tempio stesso nel gazophulakion cfr. Il quadrante della vedova! – per conto proprio, provvedere alle necessità delle loro vedove.

*Ci sono già problemi di organizzazione, di vescovi, presbiteri e di diaconi? Io pensavo che questi fossero successivi, propri di epoca flavia o antonina!

Marco, le due lettere a Timoteo e quella a Tito sono dette pastorali e riguardano la sistemazione della comunità di fedeli, l’istruzione dei pastori e l’educazione alla fede dei fedeli e sono utili per la biografia di Paolo – non di Saulos – che nel periodo romano rimane solo con Luca (II Tim., 4.11: Loukas estin monos met’emou), che scrive certamente molto dopo gli anni neroniani del 62-3, in cui Paolo, sciolto dal primo processo, sembra essere in Spagna, quando a Roma c’è l’incendio e la leggenda ha favoleggiato di una presenza di Cefa-pietro, crocifisso all’ingiù, negli orti sallustiani vaticani – cfr. Il mito di Pietro in www.angelofilipponi.com – !

Quindi, professore, il problema delle vedove esisteva già in epoca tiberiana e caligoliana, se così dice Paulus a Timoteo, un greco di Listra convertito nella prima missione, lasciato, poi, ad Efeso.

Certo, nella lettera Pros Timotheon alfa, (5,9-10) Paolo scrive: una vedova sia inserita nell’elenco quanto abbia non meno di sessanta anni/Xhra katalegestho mh elatton ecsekonta gegonuia, ed aggiunge: abbia avuto un solo marito ed abbia attestati di buone opere, allevato figli, esercitato l’ospitalità, lavato i piedi dei santi, sostenuto gli afflitti, praticato ogni opera buona. Vedove più giovani respingile/neoteras cheras paraitou… e parlando di quelli che sono sotto il giogo della servitù dice: …tous idious despotous pashs timhs acsious hgeisthoosan/che stimino i propri padroni degni di ogni onore secondo il precetto di Gesù di dare a Cesare quel che è di Cesare, senza, però, pensare alla ricchezza e al denaro, in quanto obbligati a ricercare dikaiousunhn eusebeian, pistin, agaphn, upomonhn praupathian/giustizia, devozione, fede, carità, pazienza dolcezza prescrivendogli di lottare nella bella lotta per la fede/agonizou ton kalon agona ths pisteoos .. davanti a Dio – il generatore della vita universale – , e a Cristo Gesù – il testimone di fronte a Ponzio Pilato della bella professione/tou marturhsantos epi Pontiou Pilatou thn kalhn omologian di conservare thn entolhn aspilon anepilhmpton mechri ths epiphaneias tou kuriou hmon Ihsou Xristou, hn cairois idiois deicsei o makarios kai monos dunasths, o basileus toon basileuontoon kai kurios toon kurieuontoon, o monos echoon athanasian, phoos oikoon aprositon, on eiden oudeis anthroooon oudè idein dunatai-ooi timh kai kratos aioonion amhn/il precetto immacolato intaccabile fino alla manifestazione del signore nostro Gesù Cristo, che, a suo tempo, mostrerà il beato ed unico sovrano, il re dei re, il signore dei signori, il solo che ha immortalità, abitatore della luce inaccessibile, colui che nessun uomo vide né può vedere, a cui sono onore e dominio eterno amen…

*Professore ma… è una precettistica, sicuramente successiva, di altra epoca, posteriore perfino alla lezione di Panteno, Clemente ed Origene, nella polemica posta marcionea? C’è perfino il ritorno del Christos?

Marco, pur condividendo la tua opinione, non posso dire con sicurezza che il testo di Pros Timotheon alfa e beta e quello di Pros Titon siano interpolati. Non so dire da chi, anche se penso ad Ireneo, poi ad Eusebio ed infine ai tre cappadoci, che, avendo bisogno di un frase per mostrare, dopo quasi tre secoli e mezzo, che Gesù fu crocifisso, patì e morì per noi sotto Ponzio Pilato Σταυρωθέντα τε ὑπὲρ ἡμῶν ἐπὶ Ποντίου Πιλάτου, καὶ παθόντα καὶ ταφέντα – , potrebbero, con Gregorio di Nazianzo, aver fatto l’operazione necessaria ai fini delle aggiunte circa la seconda persona della Trinità, il figlio, verbum-logos ! so, comunque, che il Frammento muratoriano del 180 d.C. dice che gli Atti sono opera di Luca e che le lettere suddette sono paoline, per cui esiste una tradizione mai contestata fino alla fine del II secolo, oltre alla conferma, data da Girolamo che afferma che Luca scrisse i fatti fino al quarto anno di Nerone, tanto da escludere che si possa parlare dell’anno 64, famoso per l’incendio di Roma e per la successiva accusa ai cristiani e alla morte di Simon Pietro. Infatti c’è un decreto della Commissione biblica del 18 giugno 1913 che solennemente ribadisce che il tempo di composizione di Atti è non posteriore ai fatti del 64 e non anteriore alla scrittura del terzo vangelo.

*Professore la Commissione esclude che si possa parlare della leggenda petrina, dunque, negli Atti, che, di fatto, è accettata come vera in Pseudoclementine e nel Romanzo di Paolo.

Marco, noi facciamo storia e, dunque, procediamo nel nostro lavoro anche se teniamo presente che Christos è simbolo per Paolo che, a sua volta, diventa lui stesso oggetto di culto, perché si propone in ambito mistico-religioso come una teofania. divenendo fine da mezzo.

*Professore, non comprendo. Forse vuole dire che Paolo è immagine/eikon di Christos, come una statua-agalma pagana, divenuta oggetto di culto perché considerata volgarmente il Dio, che rappresenta, anche se strumento?

Si, Marco. Porfirio (233-305 d.C.) – Sui Simulacri (trad. F. Maltomini, commento di Mino Gabriele, Adelphi, 2012) – nel frammento afferma ripetendo un suo tema, espresso in Antro delle Ninfe., Adelphi 1986, proprio di iniziati ai suoni phthegmata oracolari logia – mistici, in opposizione ai bebhloi profani cristiani – . Phthencsomai ois themis estin, thuras d’episthesthe bebhloi/emetterò suoni per gli iniziati dei libri orfici – chiudete le porte voi profani.

*Quindi, professore, è un discorso quello paolino per iniziati non per i profani! Questo è il suo messaggio.

Marco, aspetta di leggere tutta la mia traduzione del frammento del testo di Porfirio, riportato da Eusebio (Praep. evangelica3, 7, 2-4): sophias theologou deiknus ois ton theon kai tou theou tas dunàmeis dià eikonoon sumphuloon aisthhsei emhnusan andres, ta aphanh phanerois apotupoosantes plasmasin, tois kathaper ek bibloon toon agalmatooon analegein ta peri theoon mematheekosi grammata/mostrando i pensieri di una sapienza teologica, con cui, uomini, mediante immagini congeneri ai sensi, appropriate, raffigurando realtà invisibili in forme visibili, rivelarono il dio e le potenze del dio a coloro che hanno appreso a ricavare dai simulacri, come dai libri, ciò che vi è scritto sugli dei.

Professore, anche Plotino, il maestro di Porfirio aveva già mostrato Enneadi, 4, 3, 11 – cfr. G. Faggin, Enneadi, testo greco a fronte, Bompiani 2000 – nella introduzione sui sapienti antichi ideatori delle costruzioni dei templi e delle statue il sistema di veicolare le conoscenze divine al fine di mantenere la presenza divina tra gli uomini.

Certo Marco. Il pensiero di Plotino e di Porfirio è chiaro nella conclusione del frammento in esame: thaumaston de ouden csula kai lithous hgeisthai ta csoana tous amathestatous, katà dh kai tton pragmatoon oi anohtoilithous men oroosi tas steelas csula de tous deltous, ecsuphasmenhn dè papuron tas biblous/nessuna meraviglia che i più ignoranti considerano le statue pezzi di legno o di pietra, proprio come quelli che, non capendo la scrittura, vedono le steli come pietre, come legno le tavolette e come papiro intessuto il libro.

*Bene, professore, ora capisco perché lo stesso Porfirio accusa di rozzezza i christianoi che stimano i simulacri degli dei come materiale ligneo o lapideo in Contro i cristiani, ripetendo l’accusa già lanciata da Celso in Discorso vero. Mi spiego anche che Paolo, ancorando tutto nella fede in Christos crocifisso, morto e risorto, ne crea l’immagine reale tanto da essere lui stesso alter Christus, come poi Francesco di Assisi!

Marco, Paolo diventa esemplare per Origene, Didimo il cieco, Cirillo e specie per Giovanni Crisostomo, uomini tutti che, stimando la ricchezza culturale dell’ apostolo delle genti, esaltano il messaggio, rilevando il sentimento, l’animus e il misticismo, mentre Girolamo ne fa un caposaldo della storia cristiana. Il solo Ambrosiaster, che scrive tra il 366 e 384, rileva che Paolo adultera il dettato della legge per affermare la propria interpretazione tanto da farla apparire non una prescrizione della ragione ma dell’autorità... per cui molto è stato cambiato per portarlo al pensiero umano così che le lettere contengono ciò che pare all’uomo... io invece giudico vero ciò che segue la ragione, la tradizione l’autorità.

*Perciò, devo fare tante altre operazioni e capire tante cose specie circa le due scuole in opposizione quella antiochena e quella alessandrina, ed ora devo dedurre che si può capire che la diabolh circolante come reale calunnia contro il diacono, accusato di dire parole blasfeme contro Mosè e contro Dio è un mezzo per colpire gli aramaici e i loro fautori ellenisti: prova ne è la sollevazione popolare con il pronto intervento sinedriale di anziani e di scribi, filoromani, che fanno arrestare l’incauto diakonos.

Sappi che, secondo me, il sinedrio è quello che ha consegnato il Christos quello di Kaifas, reintegrato nel suo ufficio – dopo la pausa del regno messianico del 32/36 – da poco, quello dominato dagli Anano e, quindi, filoromano e filoerodiano ed influenzato dal pensiero dei sadducei, che acclamano il vincitore di Artabano III, Lucio Vitellio!

*Tutto questo è chiaro – me lo ha detto tante volte! – . Chi sono, in effetti, gli accusatori di Stefano?

Marco, ti ho già detto in altre occasioni chiaramente che molte comunità di ellenisti hanno in Gerusalemme sinagoghe, cimiteri e d alberghi, comunque, l’autore di Atti 7,60 scrive: ἀνέστησαν δέ τινες τῶν ἐκ τῆς συναγωγῆς τῆς λεγομένης Λιβερτίνων καὶ Κυρηναίων καὶ Ἀλεξανδρέων καὶ τῶν ἀπὸ Κιλικίας καὶ Ἀσίας συζητοῦντες τῷ Στεφάνῳ: Vengono nominati esattamente i liberti romani, gli ellenisti cirenaici, quelli alessandrini, i cilici, gli asiatici-efesini.

*Professore, lei me ne ha parlato sia in Per un bios di Ponzio Pilato che in Giulio Erode, il filelleno. Allora mi accennò a voce ad una derivazione di christianoi – in latino christiani, possibile nel 37, come nel 44 ed anche in epoca flavia, in Ant. giud., XVIII, 63-4 – nel significato greco di oi upo Xristou, o oi peri Xriston, o oi usteron Xristou. Sono contento che ti ricordi che il prefisso-ianus latino significa che si è seguace di Antonio o di Vitellio se si parla di Antonianus o di Vitellianus, simile al caso di Xristianos/christianus, mentre in ambiente romano può avere anche una valenza in senso adottivo, indicante che si proviene da altra famiglia come in Aemil-ianus o Octav-ianus per significare che uno, proveniente dalla domus Aemilia o Octavia, entra a far parte per adozione della domus di P. Cornelio Scipione, figlio di Scipione l’Africano, o di G. Giulio Cesare.

*Professore, ora qui vuole rivelarmi qualcosa di diverso da quanto detto specificamente in Il falso Alessandro ed Augusto e vuole mostrarmi che queste cinque comunità ebraiche, pur giudaico-greche, hanno diverbi fra loro e contrasti con gli aramaici, seguaci del Malkuth, dopo la crocifissione del Christos, specie con quelli dei liberti romani – da cui potrebbe derivare il termine christianus, ellenizzato poi in christianos – .

Marco, qui voglio mostrarti, con parole, dette da Stefano, interpretate secondo allegoresi filoniana, il manifesto culturale diasporico, confuso, ma già fondamento e base per la futura divinizzazione del Christos/messia, nel cui nome predica ed opera il diakonos, come primo christianos, eletto dai capi della comunitas aramaica, presenti in città, ancora sotto il diretto controllo dell’esercito romano: Jehoshua, bar ‘enash/barnasha, figlio dell’uomo, è dritto alla destra di Dio-Padre!


 

Lapidazione di Stefano

 


*La visione dei cieli aperti e di Christos alla destra del Padre diventa emblematica ed è propagandata dagli ellenisti che, tornati a casa, nelle rispettive patrie, testimoniano, amplificando, ognuno, il detto di Stefano il primo martus, morto, che perdona cristianamente i suoi uccisori!

Si, Marco. Ἰδοὺ, θεωρῶ τοὺς οὐρανοὺς διηνοιγμένους καὶ τὸν υἱὸν τοῦ ἀνθρώπου ἐκ δεξιῶν ἑστῶτα τοῦ θεοῦ, è il grido ebraico iniziale della buona novella in greco, che si propaga a Roma, a Cirene, ad Alessandria, a Tarso, ad Efeso e in ogni comunità ebraica, portuale del mar Mediterraneo, del mar Nero, del mar Rosso e lungo le vie dell’impero romano! Noi neanche immaginiamo come la fama della morte di Stefano sia stato inizio di una comunicazione giudaica oniade, filoromana universale, in quanto le direzioni dei nauarchoi ebraici dai porti dell’Egitto si diffondono, moltiplicandosi nel Medio Oriente fino in India e da lì fino in Seria/Cina non solo sulle vie fluviali e quelle marittime eritreo-arabiche, quando le carovane di commercianti procedono sulle vie regie continentali arsacidi della cosiddetta via interna della seta. cfr. Porti dell’ Egitto e Strade mediorientali.


 

Cartina dell’impero romano e parthico, greco-indico e serico. La cosiddetta via della seta passa nella zona caucasica per entrare nella Media Atropatene e poi nel regno greco-indo fino ai territori di Seria-Cina (cfr. Viaggio di Apollonio tianeo, in www.angelofilipponi.com)

 

Porti egizi attuali

 


*Professore, mai avrei immaginato una diffusione tanto vasta della notizia della morte del diakonos Stefano.

Marco, varie volte ti ho parlato dei sistemi di comunicazione nell’epoca romana imperiale specie nella biografia di Giulio Erode il filelleno.

*Certo. Allora, posso mettere in relazione quanto raccontato da Plutarco in Vita di Romolo,28 con le parole di Atti degli apostoli! Perciò come i romani sulla base della visione di Giulio Proculo – che narra di Romolo, scomparso, asceso al cielo, incontrato da lui – creano il mito di Quirino , così i giudei, sulla base delle parole di Stefano, credono nell’ ascensione al cielo di Gesù, il figlio dell’uomo-bar ʿenàsh, redentore del genere umano, crocifisso!

Marco, la stessa testimonianza, poi, è ribadita da Saulos – che si converte aumentando il credito della buona novella, lui, che crede di sentire le parole stesse di Gesù, a lui apparso sulla via di Damasco, di quel Gesù testimoniato da Stefano, lapidato dagli ellenisti, che deposero le loro vesti ai suoi piedi – para tous podas neaniou, legomenou Saulou! – .

*Professore, lei vorrebbe dire che la buona novella del diacono Stefano dell’ascensione al cielo del Christos con sottese morte e resurrezione è connessa con la conversione di Saulos-Paulus, apostolos, inviato da Gesù stesso, che gli dà mandato apostolico, personalmente?

I due fatti-pragmata– avvengono in successione e quindi, bisogna storicamente considerare che il primo possa influenzare e determinare il secondo. Il Saulos, discepolo di Gamaliele, di formazione/paideia greca, già imparentato con la famiglia erodiana, tramite il matrimonio della sorella con un nipote di Fasael, fratello di Erode il grande, che spira minace e morte contro i discepoli del Signore, che ha lettere dal sommo sacerdote per le sinagoghe di Damasco col mandato di condurre incatenati i seguaci – maschi e femmine – della nuova dottrina, messianica, è uomo sotto stretta osservazione, seguito con attenzione dalla parte armata aramaica, intenzionata a neutralizzarlo!

*Professore, lei parla di pragmata in generale e in specifico di un’azione coordinata da fautori del Meschiach/Christos vivo, nascosto in località segreta, intenzionati a punire, da una parte, un fariseo, figlio di fariseo, molto vicino al pensiero aramaico di resurrezione e di nuova legge e, da un’altra, ad attirare il giovane fariseo, educato farisaicamente, un protos beniaminita, tarsense, noto come visionario discepolo di Gamaliele, condizionabile, dato il carattere creativo ed emotivo, considerato l’enthousiasmos, per natura facile nel saltare giovanilmente da un ideale ad un altro, già vicino come pensiero a quello operativo aramaico! Lei suppone e pensa ad uno stratagemma, architettato dai lhistai/ladroni aramaici del deserto che, facendo imprese di razzia, attaccano i convogli di merci interrompendo i traffici commerciali di lana e seta, di profumi e di aromi dei sadducei, degli erodiani e dei cives romani specie nel tragitto, lungo, che va da Gerusalemme a Damasco e da Damasco a Gerusalemme? Io so di un sistema usato dai predoni del deserto sahariano e siriaco, che dopo aver appostato uomini, muniti di specchi, attaccano all’improvviso le carovane di commercianti, con cavalieri, provenienti da una vicina oasi! Saulos col suo mandato ormai era un pericolo in quanto espressione armata del sinedrio filoromano!
Cfr. Atti degli Apostoli 9.2: ᾐτήσατο παρ’ αὐτοῦ ἐπιστολὰς εἰς Δαμασκὸν πρὸς τὰς συναγωγάς, ὅπως ἐάν τινας εὕρῃ τῆς ὁδοῦ ὄντας, ἄνδρας τε καὶ γυναῖκας, δεδεμένους ἀγάγῃ εἰς Ἰερουσαλήμ/gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché se avesse trovato dei seguaci di questa nuova dottrina li conducesse incatenati a Gerusalemme – .

Marco, io conosco i luoghi e so della durezza del deserto intorno a Palmira, che è centro carovaniero che unisce Emesa con Dura, al confine col regno parthico. La mia è supposizione che ha qualche base reale in quanto conosco bene le località del viaggio di Paolo: l’ho fatto con la jeep in tre giorni con una guida locale! Penso che in epoca romana, Gerusalemme-Damasco si potesse fare, a cavallo, in quattro tappe/stathmoi, facendo una prima sosta ad Amman/Philadelphia, una seconda a Gerasa/Jerash e dividendo il tratto Gerasa – Damasco, ultima tappa, in due soste, essendo il tragitto di oltre 140 km – oltre 850 stadi, una di 550 ed una di 300 – , in quanto, a piedi, l’esercito impiegava per la lunghezza, oltre 4 giorni facendo un iter iustum di 30 km. al giorno, anche se poteva fare uno di 36 km. a marce forzate –magnis itineribus – considerato iter magnum – , improbabile in Traconitide, domicilio fisso di zeloti – ! Infatti 1,7 km corrispondono a 10 stadi; 100 stadi sono 17 km; 300 stadi 51 km; 600 stadi 102 km, oltre 850 stadi circa 140 km!

*Professore, lei pensa, quindi, a due tappe nell’ultimo tratto e ad un giovane già stanco, assetato, e semiaccecato dalla luce del sole del deserto, quando si incontra con un’altra comitiva, quella dei ladroni, aramaici, lhistai, forse nella pars finale del viaggio, in zona traconita.

Marco, io ipotizzo un iter di 550 stadi, la prima giornata, con un cambio di cavalli ad una paroichia con prandium in un’oasi intermedia e sosta con coena in un’altra stazione di posta, con riposo notturno, e un iter di 300 per il giorno successivo, ininterrotto fino a Damasco, con cavalli freschi, presi forse non lontano da Kokba, un’oasi – stazione a 15 km dalla città siriaca, ad un centinaio di stadi, secondo Egesippo – Panarion, 30, 2, 8- ritenuta sede essenica da Adolf von Harnack, Die Mission und die Ausbreitung des Christentums in Den einstein drei Jahrundenten, Lipsia, 1924 – .

*Sembra possibile, ragionevole e verisimile un iter così lungo!

Marco, io penso ad un Saulos stanco e stremato, che si trova improvvisamente di fronte a ladroni – comparsi in una nuvola di polvere – impaurito e solo, essendo stato volutamente isolato, dagli altri che fuggono verso Damasco, non lontana, semiaccecato dai raggi solari proiettati ed indirizzati verso di lui, da uomini appostati sulle dune non lontani dall’oasi. L’apparizione/epiphaneia improvvisa di uno, creduto morto ed asceso al cielo, è una rivelazione/Injiil/awongaleeyoon euaggelion/apokalypsis greca, traumatica per il neos tarsense, che ne dà testimonianza personale nell‘epistola ai Galati e di cui c’è eco dolorosa nella narrazione di Luca negli Atti degli apostoli.

*Per lei, professore, dunque, è possibile un incontro tra Gesù vivo ed un provato ed esausto Saulos, stremato fisicamente, per cui l‘apparizione lo sconvolge e fa cadere da cavallo lui, abile cavaliere!.

Certo, Marco, la voce che dice : Σαούλ, Σαούλ, τί με διώκεις; Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? e la risposta Τίς εἶ, κύριε; chi sei o signore? sono in relazione all’affermazione del Christos: Ἐγώ εἰμι Ἰησοῦς ὃν σὺ διώκεις,· io sono Gesù che tu perseguiti, ἀλλὰ ἀνάστηθι καὶ εἴσελθε εἰς τὴν πόλιν, καὶ λαληθήσεταί σοι ⸂ὅ τί⸃ σε δεῖ ποιεῖν/ma alzati ed entra in città e lì ti sarà detto quel che devi fare – cfr. At. 9, 4-6 – . Per te, cristiano, ora, forse, non sembra più tanto strano uno stratagemma di questo tipo nel deserto siriaco, utile, comunque, per la comunità aramaica perseguitata – rileva l’anadiplosi di διώκεις! – .

*Secondo lei, si può parlare di una reazione aramaica alla persecuzione insistente di Saulos filoromano?

Per me fu una necessitasconvertire” Saulos! Le motivazioni non mancano e lo stesso intervento a favore degli aramaici di rab Gamaliele potrebbe averlo suggerito – data la proibizione del sinedrio di predicare in nome di Gesù ( Παραγγελίᾳ παρηγγείλαμεν ὑμῖν μὴ διδάσκειν ἐπὶ τῷ ὀνόματι τούτῳ, καὶ ἰδοὺ πεπληρώκατε τὴν Ἰερουσαλὴμ τῆς διδαχῆς ὑμῶν, καὶ βούλεσθε ἐπαγαγεῖν ἐφ’ ἡμᾶς τὸ αἷμα τοῦ ἀνθρώπου τούτου /vi avevamo espressamente proibito di predicare in nome di costui, voi, invece avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete fare ricadere su di noi il sangue di quell’uomo).Infatti in Gerusalemme e dintorni si verificavano ritorsioni violente dei milites romani, presenti, in casi di tafferugli urbani – e quindi bisognava forzare la provvidenza in luoghi desertici, lontano da Gerusalemme, obbedendo a Dio, piuttosto che agli uomini, secondo il detto di Cefa. Sappi, comunque, che converto in greco si dice metaballoo, mentre faccio mutare qualcuno di pensiero metapeithoo, e mi converto spontaneamente metanoeoo: ognuno dei tre ha una sua famiglia lessicale propria con una area semantica tipica e con referenze specifiche, che spostano il significato, a seconda del momento di scrittura e si differenziano di molto dal termine latino convertere – da cui conversio – che sottende l’idea di voltare di uno, che fa un giro tutto all’intorno, e che ha la volontà di cambiare direzione!

*Bene. Le parole di Gamaliele e quelle di Saulos-Paulus in Lettera ai Galati e quelle in II Cor. 12,1-2 sono per lei fondamentali per la futura costituzione del cristianesimo in Antiochia, prima, e poi ad Alessandria nel Didaskaleion, dove è definita la figura del Christos crocifisso e risorto, quando viene ripreso il messaggio catholikos paolino, a seguito della fissazione del dogma trinitario (Gesù è uios e logos incarnato nella pienezza del tempo augusteo per la redenzione dell’uomo! Gesù così diventa rabbi perché sapienza personificata divina), allorché è già tramontato il sogno sublime di Gaio Caligola, quello di Traiano, quello di Lucio Vero di conquista dell’intero impero parthico!? Sono passate diecine e diecine di anni – quasi un secolo e mezzo dalla crocifissione del Messia, unto del Signore nella Pasqua del 36 d.C. – e non esiste più né il tempio, né il nome santo di Gerusalemme e di Iudaea!

Marco, devono essere esaminati questi momenti prima di parlare e di accettare quello che dici, come verità cristiana ellenistica, e bisogna ricordare che un protos come Saulos, cittadino tarsense, civis romanus dovunque, nel mondo, in un’area di oltre 3.300.000 km quadrati, è a casa propria, perché civis,seppure privato/ idioths come Erode (e i suoi figli), philellhn, anche se fariseo, figlio di un fariseo originario di Giscala, beniaminita, rispettato tra i contribuli, perché esegeta biblico, in quanto scriba, seppure ellenizzato. Il suo invio a Gerusalemme , comunque, a completare gli studi esegetici è già un compromesso per il padre, che lo affida a Gamaliele, nipote di Hillel, un fariseo, connesso col nuovo sinedrio antimessianico, filoananiano, legato ai sadducei, in quanto ha ormai congiunto la sua famiglia con quella erodia tramite il matrimonio di sua figlia con Fasael, nipote del fratello di Erode il grande, dimostrandosi uomo di conciliazione dopo lo strazio della sconfitta politica e militare con successiva crocifissione del Messia, dovendo dare una nuova lettura ai fatti messianici e alla vittoria dell’aquila romana sul re de re, Artabano III e sul nabateo Areta IV, essendo ormai ripreso l’espansionismo militaristico romano, essendo considerata prossima la conquista del regno dei Parthi, avendo già la diplomazia tiberiana vincolato gli albani e gli iberi caucasici, e avendo i romani la thalassocrazia anche nei mari eritro- arabici, grazie ad una sicura navigazione fino in India da quasi tre generazioni, dal periodo augusteo, – di cui si ha testimonianza ancora nel III secolo, epoca di scrittura di Anonimi auctoris Periplus Maris Erytraei, che scrive – ibidem, 53, 54 – Muziris e Nelcynda sono …di primaria importanza e il primo abbonda di navi inviate con carichi dall’Arabia e dalla Grecia .. si trova su un fiume con una distanza da Tyndis al mare di 500 stadi e dal fiume di 20 – .


 

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*Professore, lei sembra alludere ad un padre di Saulo, che, come fariseo abbia avuto una pars nella stasis messianica ed abbia dato un contributo, all’impresa e che poi, a crocifissione avvenuta, si sia deciso ad inviare il proprio figlio a Gerusalemme, come garanzia del suo nuovo procedere apocalittico, conciliatorio, tipico della scuola di Hillel, secondo una lettura dei fatti, allegorica, non letterale, non secondo la tradizione legalistica, propendendo, da una parte, per la giustizia e da un’altra per la caritas popolare.

Certo, Marco. Penso che un separatore vicino al prossimo – più ai commercianti che al popolo della terra, più all’élite oniade cosmopolita diasporica che al basso e medio sacerdozio templare – possa aver agito così, dopo l’evento tragico della crocifissione del Messia, essendo vir civilis ecumenico catholikos, di mente sublime come Caligola, di cui ha sposato l’ideologia universalistica, propria di Alessandro Magno.

*Mi vuole dire che il mondo è sempre lo stesso, dopo ogni vittoria. Noi italiani, fascisti, prima del 10 giugno del 1940, dopo la vittoria degli alleati, diventammo tutti comunisti ed americani e salimmo sul carro dei vincitori, nonostante che l’opera partigiana fu considerata dannosa inutile e deleteria e i partigiani chiamati solo cobelligeranti, indesiderati e sconclusionati collaboratori, armati, sopportati da generali americani ed inglesi che mal contenevano le truppe miste afro-asiatiche e polacche.

Saulos, da neos poliths – sai bene che nel fare storia non amo i confronti col nostro presente! – è convinto della nuova mentalità della salvezza universale in quanto la rivelazione/apokalypsis è per tutti – non per molti – (Dio si è rivelato col messianesimo, anche se esistono zone di luce, accanto ad altre di tenebre, comunque, destinate ad avere luce), sicuro di essere uomo consacrato secondo la concezione alessandrina filoniana. Infatti , scrive di essere stato eletto e distinto secondo la profezia di Isaia – 49, 1 – circoscrivendomi fin dal seno della propria madre (cfr. Gal., 1, 15-16) o aphorisas me ek koilias mhtros, e, dopo avermi chiamato, giudicò bene di rivelare a me, in me stesso, suo figlio/apoklaupsai ton uion autou en emoiaffinché ne divulgassi la novella alle genti/ina euaggelizoomai en tois ethnesin! – .

*Professore, qui Saulos dice che è chiamato dalla grazia di Dio a divulgare la buona novella ai pagani per cui chiedo a lei se posso pensare che fa ciò in un primo tempo, senza autorizzazione degli inviati /apostoloi, andando in Arabia, tornando a Damasco e, solo dopo tre anni, va a Gerusalemme. dove incontra Cefa e rimane con lui 15 giorni. Ho bisogno di capire storicamente, essendoci incertezza di base sulla crocifissione, che per noi, suoi discepoli è il 36 d.C., per gli altri oscilla tra 30 e 33 d.C. Infatti io ragiono tenendo presente che la morte di Stefano avviene tra la fine del 36 e i primi mesi del 37, con la conversionedi Saulos poco dopo: la successiva fuga da Damasco, i tre anni in Arabia e il ritorno nella città siriaca sono invece nell’arco del periodo di impero di Caligola, che è l’imperatore che rende apolidi molti cives ebraici, anche iulioi con vecchia certificazione cesariana ed augustea cfr. Atti degli Apostoli, 22, 26-30.

Marco, tu vedi questo periodo della vita di Saulos- Paulus compreso nell’ambito del regno di Caligola e, quindi, ritieni che i fatti di Alessandria col massacro degli ebrei ad opera di Avillio Flacco, l’elezione di Giulio Erode Agrippa a tetrarca al posto dello zio Filippo, morto, e la stessa deposizione di Erode Antipa dalla tetrarchia di Galilea e Perea – data al nipote cognato – e la divinizzazione imperiale del 40 siano conosciuti da Saulos. Per te sono noti anche il decreto di Caligola di sterminio dell’etnia e l’indecisione di PetronioTurpiliano sulla necessità di esecuzione specie quella di porre il colosso imperiale dentro il tempio di Gerusalemme, già fabbricato e pronto a Tolemaide. Tu pensi perfino che Saulos sia abbattuto come ogni ebreo e che abbia lo stesso animo depresso avendo la stessa coscienza di fine del giudaismo che hanno Filone e gli altri alessandrini a Pozzuoli, quando hanno la notizia del decreto caligoliano cfr. A. Filipponi, Legatio ad Gaium, eBook, 2012 .

*Certo, professore. Non sono questi gli avvenimenti tragici che cadono nel corso della vita giovanile di Saulos, prima del suo apostolato, che leggo secondo la tradizione cristiana, senza avere referenza alcuna, nemmeno quella di inviato/missus?

È questo il periodo, ma Saulos non ne parla, anche se conosce i fatti (la morte di Caligola il 24 gennaio del 41, l’elezione di Claudio e il decreto agli alessandrini circa la proibizione di proselitismo, oltre all’elezione a re della Iudaea, riunita, di Giulio Erode Agrippa I). Saulos, essendo un inviato, mistico, su comando diretto del Christos, dotato di carismi – tra cui la profezia – conosce i piani divini – oikonomia tou theou – e il passaggio dalla turannis caligoliana al principatus augusteo di Claudio, che, comunque, riconosce la dignità di tutti i popoli soggetti alla romanitas e li equipara, comandando ad ognuno il proprio culto di latria per il proprio Dio ed imponendo – specie agli ebrei – il divieto di proselitismo.

*Professore, so che lei considera l’uccisione di Caligola come opera ebraica in quanto vede coinvolto anche il re Giulio Erode Agrippa I, che, tradendo, ne determina la morte, avendo preparato con altri una congiura, anticipata, come esecuzione, dai pretoriani di Cassio Cherea.

Marco, io su Paolo e Caligola non ho documenti, ma posso dirti del misticismo paolino, di quel periodo, come lo leggo in lettera ai Galati e nella II Corinti, riassumendo il suo pensiero, in cui si dice che il suo vangelo è divino, non opera di uomini, a cui egli non deve piacere: ei eti anthroopois hreskon, Xristou doulos ouk an hmhn/se cercassi ancora di piacere ad uomini, non sarei schiavo di CristoGal., 1.10 – . Ritengo, quindi, con la Baslez che la conversione di Saulos sia una tappa nel processo di trasformazione di un intellettuale ebreo in carismatico cristiano e che sia un‘esperienza mistica di un pio giudeo (Cfr. M. Fr. Baslez, Paolo di Tarso, Sei, Torino, 1993, p. 53).

*Secondo lei, non è un fatto reale la conversione di Paolo, ma mistico?

Marco, ascolta! Per gli aramaici bisognava interrompere il rapporto tra Saulos e il sinedrio perché convinti che la lettura della Sapienza e dei Profeti sia centrale per comprendere il piano di Dio sulla natura e sulla storia
Non solo lo scriba ma anche il traduttore e tutti gli addetti alla lettera sacra e gli interpreti dei sognied anche i profeti hanno qualcosa di divino in quanto operano sul mysthrion e sul logion. Essi vogliono condizionare il giovane tarsense che conosce – come loro – probabilmente lo studio di Filone (Vita di Mosé, II, 25-44) che usa i termini enthousiasmos per indicare lo stato divino degli ermeneuti – i quali sono considerati ierophantes e prophetai – e che considera Dio suggeritore (upoboleus) che ha dato come dono al “poihths”, entheoskai emphron(cfr. Platone, Ione, 534b), la sapienza-sophia e lo ha fatto vasoper parlare,per dire i suoi oracoli/logia: per loro la metanoia di Saulos è voluta da Dio!.così gli aramaici lhistaipensano di cambiare la situazione a loro favore, ma Saulos è indigesto a tutti ed è pietra di scandalo sia ai farisei ed esseni sia ai sadducei sia perfino ai pagani e ai romani e risulta inviso, dovunque vada ai giudei ellenisti, anche se ha parenti in ogni parte del mondo romano.

*Quindi, per lei, la situazione post messianica poteva cambiare solo con il cambiamento di un giovane, di quel neos tarsense. Mi sembra strano, dato che risulta odioso a tutti ed è perseguitato?

Marco, non dico questo, dico piuttosto che il viaggio sia avvenuto e che anche l’incontro si è verificato secondo disegni provvidenziali e con modalità diverse da come ci è stato raccontato dalla tradizione. Saulos incontra il Christos, vivo, e vive l’esperienza en emoi, cioè in se stesso, nella carne e nel sangue, come una chiamata interiore, in relazione ad una sua scelta personale, come conferma di una predisposizione elettiva fin dal grembo materno ek koilias mhtros/dalla cavità uterina della madre- simile a quella di Maria vergine – e come missione apostolica.

*Per Saulos, mistico, lo svelamento del Christos/Xristou apokalupsis è epiphania pneumatos/manifestazione dello Spirito, come corpo-carne/sarcs e come animus e mens -sangue/anima?

Non so se si possa dire così, anche se, in seguito, da uomo maturo, Saulos- Paulus considera la sua conversione personale chiamata come quella di Mosè sul Sinai o come quella di Levi – cfr. Testo greco di Testamento dei dodici patriarchiin H. W. Hollande – M. de Jonge, The testaments of twelve Patriarchs, Commentary, Leiden, 1985, AA. VV., Il testamento dei dodici patriarchi , Le vie del Cristianesimo, 2020. Noi cristiani confondiamo i due momenti storici e li mettiamo insieme, come se Saulos fosse anche Paulus o Paulus fosse contemporaneamente Saulos.

*Non capisco, professore, conosco quella di Mosè, non quella di Levi, di cui non so nemmeno l’epoca di scrittura.

Marco, sembra che l’opera sia dell’epoca del nipote del Siracide e pure dell’ambiente alessandrino della fine del II secolo a.C. in cui si dice : (Testamento di Levi, terzo figlio di Giacobbe e di Lia, 2, 6-12) Ecco, si aprirono i cieli e un angelo del Signore mi disse: “Levi, Levi, entra”. Entrai nel primo cielo e vi vidi molta acqua sospesa. E vidi ancora un secondo cielo molto più luminoso e splendente: c’era infatti un’altezza sconfinata. Domandai all’angelo: “Che significa questo cielo che é così?“. Mi rispose l’angelo: Non ti stupire di questo, perché vedrai un altro cielo ancora più splendente e più puro. Quando sarai salito lassù, sarai vicino al Signore. Sarai suo ministro. Rivelerai agli uomini i suoi misteri e annunzierai riguardo a chi verrà a riscattare Israele. Attraverso te e Giuda, Dio apparirà agli uomini, salvando in se stesso tutto il genere umano. Da ciò che appartiene al Signore vengono i tuoi mezzi di sostentamento. Egli sarà per te campo e vigna, frutto della terra, oro e argento – cfr. E. Norelli, La nascita del cristianesimo, Il Mulino, 2018 e C. Gianotto-E. Norelli, L’enigma Gesù. Fatti e metodi della ricerca storica, 2017.

*Professore, mi vuole dire che la chiamata di Saulos è connessa con quella del patriarca Levi e che ciò avviene nel biennio 37-38 e poi, nel 39-40 quando è nel deserto, senza autorizzazione degli apostoloi, seguendo il proprio impulso ed è collegato con forme mistiche?

Marco, io dico quello che la tradizione riporta secondo Atti degli apostoli, secondo la lettera paolina ai Galati e la II ai Corinzi, che cioè dapprima Saulos rimase vari giorni a Damasco coi discepoli – specie con Anania che lo guarì dalla cecità- poi si mise a predicare Gesù nelle sinagoghe affermando che egli è il figlio di Dio, mentre tutti si meravigliavano del suo cambiamento/metanoia, ma lui andava sempre più acquistando coraggio e confortava i giudei, abitanti in Damasco, dimostrando che questo Gesù è il Christos (At., 9.20-22). Ti aggiungo che subito dopo si ha notizia che trascorsi molti giorni …. i giudei si riunirono a consiglio e deliberarono di ucciderlo. Saulos, allora, conosciuti i loro piani e le loro mosse, rilevò che facevano controllare le porte giorno e notte e perciò accettò la proposta di essere messo in una cesta e di notte fu calato dal muro. Ti sintetizzo il brano successivo. Saulos, giunto a Gerusalemme, cerca di unirsi ai discepoli che lo temono e sfuggono finché Barnaba lo prende con sé e lo conduce dagli apostoli e a loro racconta la storia della conversione dell’uomo, la sua predicazione in Damasco in nome di Gesù, senza accennare al suo ritiro nel deserto di Arabia (cfr. Gal., 1, 7-13). Gli Atti aggiungono che Saulo, conversando con gli ellenisti, non è accettato ed è attaccato da loro che lo vogliono uccidere, anche a Gerusalemme, ma è salvato dai fratelli in Christos, che lo portano a Cesarea Marittima, per rinviarlo ekapostellein a Tarso. La conclusione è questa, quando Saulos è tornato a Tarso : la chiesa, in tutta la Giudea la Galilea e la Samaria era in pace, rafforzandosi e progredendo nel timore del Signore ed era piena di consolazione dello Spirito santo/Ἡ μὲν οὖν ἐκκλησία καθ’ ὅλης τῆς Ἰουδαίας καὶ Γαλιλαίας καὶ Σαμαρείας εἶχεν εἰρήνην οἰκοδομουμένη, καὶ πορευομένη τῷ φόβῳ τοῦ κυρίου καὶ τῇ παρακλήσει τοῦ ἁγίου πνεύματος ἐπληθύνετο – ibidem, 9.31 – .

*Professore, perché l’autore mette insieme Iudaea – Giudea (Idumea) e Samaria – regione sotto Marcello, con Galilea – senza Perea – tetrarchia di Erode Antipa, all’epoca nel 39, già inviato in esilio? Forse perché confonde i tempi ? cosa vuol dire con l’espressione prosanatitheemi sarksi kai aimati/mi rimetto alla carne e al sangue?

Marco, la situazione non è davvero quella descritta. La figura di Saulos, convertito, deve ancora essere capita, nel suo andare per tre anni in Arabia e nella sua indipendenza dagli apostoli messianici, già divisi tra loro e nella funzione conciliatoria di Barnaba – figlio della consolazione, un levita di Cipro, un inviato – che, probabilmente, dopo il tentativo con Cefa e con Giacomo, lo salva dagli ellenisti e lo fa tornare in patria, dopo un breve soggiorno a Cesarea marittima, capitale politico – amministrativa del regno di Giulio Erode Agrippa.

*Professore, lei mi vuole dire che ancora dobbiamo lavorare sul fariseismo e sull’essenismo, sul settarismo giudaico – i sicari del periodo Antonio Felice (48-56 d.C) – e sul tempo di deserto per un pio giudeo, che va in Arabia, e precisare quell’epoca, prima di parlare di relazioni con Cefa e con Giacomo e prima di parlare di un ritorno a Gerusalemme e del rapporto di Paolo con il regno di Giulio Erode Agrippa, erede della dinastia erodio-asmonea, amato dal popolo, operaio, agricolo e commerciante al minuto, e dal piccolo e medio sacerdozio, dagli esseni, in quanto figlio di Aristobulo, secondogenito di Mariamne, moglie di Erode e figlia della coppia asmonea di Alessandro di Aristobulo II e di Alessandra di Hyrcano cfr. Giulio Erode, philellhnbiografia, opera in pubblicazione.

Marco, c’è una immensa letteratura sul deserto arabico, sul regno di Agrippa, sull’ essenismo di Paolo, sul settarismo battista, sugli inviatida Christos sul suo andate per tutto il mondo e predicate ad ogni creatura (Marco, 26, 13) e sul battesimo di fuoco, su documenti apocrifi ebraici precristiani – di cui anche io ti ho parlato in molti articoli di Un’altra storia del cristianesimo – oltre che sul concetto di morte e di resurrezione farisaica e sulla costellazione essenica e sua diffusione nel territorio damasceno con la cultura della terra della nuova alleanzae specificamente del Documento di Damasco e di un ritorno sovversivo del militarismo giudaico antiromano tra il 50-56 d.C.

*Professore, comunque, all’epoca, per Tiberio, Areta IV, allora signore di Damasco, è un nemico? Roma, dopo la vittoria, non punisce subito, procede lentamente nella punizione dei nemici, a seconda della pericolosità.

Certo, Areta è un renon allineato alla politica romana orientale, un filopartho! Siccome accoglie rifugiati aramaici, specie nella pars damascena – il cui territorio, all’epoca è covo di antiromani, essendo abitato da etnie di lingua e cultura aramaica, filoparthiche, solidali con la dottrina di battisti, degli esseni e di messianici – deve essere condotto a Roma vivo a morto! Di lui chiede la testa a Lucio Vitellio, che ha il mandato – dopo il trattato di Zeugma e la crocifissione del Christos maran aramaico – di portarglielo vivo o, se morto, di recargli la testacfr. Ant. giud., XVIII, 4, 3 e sgg. a cura di A Filipponi, testo greco a fronte, Prefazione note e commento, Simplicissimus, eBook, 2014. Tiberio muore il 16 marzo del 37 quando è iniziata la spedizione nabatea da Tolemaide e le truppe romane marciano per la grande pianura contro il re nabateo, penetrando proprio dalla pars damascena, la più agguerrita, data la presenza di zeloti, traconiti.

*Professore, Areta si salva e, con lui, tutta la regione dall’invasione romana per la morte di Tiberio.

Si. I piani tiberiani sono per ora annullati ed è sospesa l’operazione da Macrone e da Caligola, per cui le truppe restano ai confini del territorio damasceno, pronte per l’occupazione non solo della Nabatea, ma anche di tutto il regno parthico, secondo il progetto di Germanico del 19 d.C. che seguiva quello di Antonio, che ricalcava quello cesariano di una doppia invasione, una a nord, proveniente dall’Armenia ed una, da sud, dalla pars damascena: tutto è rinviato, ma è chiara l’intenzione romana di una guerra antiparthica, che avrebbe dovuto portare i confini dell’impero romano fino all’Indo, dopo aver inglobato un territorio di oltre 2.200.000 di km. quadrati e fatta una nuova centuriazione territoriale, con collocamento agricolo di milites, con la suddivisione in province dell’immenso regno arsacide!

*Quindi, Vitellio, che torna a Gerusalemme coi re socii e coi legati e che festeggia la Pasqua per la seconda volta nella città santa, tra il tripudio popolare, ha un profondo significato in Oriente?

Si. E’ un evento internazionale, memorabile, perché il dux victor annuncia a tutto l’Oriente l’avvento al trono del neos sebastos/ novus augustus Gaius Caesar Germanicus, che decreta amnistia generale, pacificando di colpo il kosmos, iniziando una nuova era saturnia cfr. Filone, Incipit di Legatio ad Gaium, a cura di A. Filipponi, testo greco a fronte, traduzione e note, eBook, 2013. Una ventina di giorni dopo la sua incoronazione romana, l’imperatore, conosciuta la notizia che il 9 aprile un terremoto ha distrutto Antiochia, capitale della Siria secondo Giovanni Malalas (491-578) – cfr. J. Beaucamp et al.La Chronique de Jean Malalas (VIe s. à.Chr.). Actes du colloque d’Aix-en-Provence (21-23 mars 2003), Monographies, Travaux et Mémoires, Parigi, 2004 – ordina di ricostruirla, impiegando il suo stesso patrimonio, ereditato dalla bisnonna Livia, immediatamente, delegando uomini per seguire le fasi della ricostruzione, dando priorità assoluta alla salvezza fisica dei cittadini, a dimostrazione della sua partecipazione alla sofferenza delle popolazioni, segnalandosi come euergeths/benefattore e soothr/salvatore.

*E’, professore, l’inizio di un lungo periodo di azioni nobili e di gesti salvifici, da parte di Caligola, che, sacrificando 160.000 animali come vittime/hostiaeagli dei, indice pubbliche feste a Roma e in Italia, secondo rituali sacerdotali, ordinando di fare la stessa cosa in ogni capitale di provincia! Così lei ha scrittoin Caligola il sublime nel 2008, affermando che le festività solenni si protraggono per oltre 15 mesi, dopo i primi sette, ritenuti saturnii, quando il puer optatisssimus, speranza dei militari e della plebe, si ammala gravemente, gettando il mondo nella disperazione – ibidem – , che prega per la sua guarigione e che, dopo settimane di ansiosa attesa, esplode in una nuova festa orgiastica di ringraziamento agli dei per lo scampato pericolo, anche se comincia a manifestarsi una violenta reazione del giovane autocrator/imperator, che, dal letto, ha rilevato il tradimento dei suoi familiares, parenti ed amici, del fratello Tiberio Gemello, dell’ex suocero, Giunio Silano, del consigliere Macrone e perfino delle tre amate sorelle – specie della prediletta Drusilla, morta nella primavera del 38 – ! E’ questo il momento della manifestazione del monstrum Caligola, tanto denigrato dagli storici?

Si. Caligola si trasforma, per alcuni storici, da delizia del genere umano in monstrum crudele e per Filone – ibidem- non passò molto tempo e l’uomo che era stato considerato benefattore e salvatoresi trasformò in essere selvaggio o piuttosto mise a nudo il carattere bestiale che aveva nascosto sotto una finta maschera!. Da qui inizia la rassegna dei suoi misfatti – uccisione del coerede Tiberio Gemello, di Giunio Silano, di Sutorio Macrone e del cognato Emilio Lepido, esautorazione politica delle sorelle e di Avillio Flacco, governatore di Egitto, sostituzione di Getulico con Galba ecc. – . Secondo Cassio Dione, St. Rom. LIX, 3 celebrava Gaio nell’interno del suo palazzo una certa festa e dava un sontuoso spettacolo. -Sembra però, che il termine ippodromiai indichi le corse dei cavalli a seguito della festa dei giochi curuli al circo, nel periodo di settembre (tra il 15 e il 19) e, perciò, qui si tratta del popolo riunito nel circo che chiede di non pagare le tasse.

*Cosa mi vuole dire, professore? il popolo, in festa, fa la sua richiesta all’amatissimo principe, euergeths!

Caligola, che è principe democratico ed amatissimo dal popolo, dovrebbe aderire alle richieste, come ha fatto per Antiochia e come ha mostrato di fare in ogni parte dell’impero come espressione di euergesia, ma l’imperatore non fa quanto il popolo desidera e, quindi, per la prima volta diventa veramente impopolare!

*Professore, Caligola sa quel che fa: ha bisogno di denaro in quanto sta preparando la sua partenza per Alessandria, dovendo ancora terminare di finanziare la propaganda per la sua ektheosis e ha già pianificato la stessa conquista della Parthia, concordando con doni e denaro la pace con i re caucasici, secondo i desiderata di Tiberio – Cfr. Svetonio, Caligola, XL e cfr. Dione Cassio, St. Rom., LIX, 3 – !

Certo, Marco. Precedentemente, secondo Cassio Dione (St .Rom., LVIII, 3 -) già Tiberio aveva ordinato che sopra tutti i generi di mercato al posto della ducentesima parte, bisognava pagare la centesima (come si legge anche in Tacito Annales, I, 78 e II, 42). L’inasprimento, però, delle tasse doveva essere solo una tantum, forse, l’ultima, prima della partenza per Alessandria. Flavio indica con Keleuoo comandola negazione imperiale alla richiesta del popolo, con motivazione dell’ordine di Caligola: si vuole mostrare che il popolo crede di aver potere, ma è Caligola che lo ha di fatto! Caligola nomina, infatti, il pretoriano Cherea eispracsomenon tous te phorous senza dare una specifica carica alla persona, anche se Flavio probabilmente allude al servizio normale dei pretoriani, incaricati di riscuotere le tasse al posto dei pubblicani. In effetti il discorso di Flavio tende a mostrare, oltre ad una certa insofferenza popolare nei confronti del giovane imperatore, che Cherea teme di perdere la propria liquidazione perché, se Gaio parte con i Germani – le nuove guardie del corpo – difficilmente si ricorderà del disciolto corpo dei pretoriani e di quei pretoriani, vicini alla pensione! Nota, inoltre, che lo storico ebraico scrive molto tempo dopo la morte di Caligola e segue le fonti Flavie, antigiulie, e tende a celebrare il tribuno tirannicida, quasi fosse un uomo che pensa a lenire i soprusi fiscali, subiti dalla popolazione romana cfr. A. Filipponi, Ant. giud. XIX, Inizio eBook Narcissus, 2012 .

*Da qui deriva l’ accusa secolare – seppure mai provata – di pazzia/insania-mooria di un imperator che, malato di mente, compie innominabili ed ignobili azioni, uccidendo prima i suoi famigliari, equiparando i diritti dei populares con quelli delle altre classi – in quanto tutti sudditi di uno stesso sovrano, unico pastore del grex romanus – decimando gli equites, esautorando il senato, sterminando popolazioni, sostituendo i pretoriani coi germani, trasferendo la capitale dell‘imperium da Roma ad Alessandria, dopo aver inaugurato un nuova politica economico-sociale e dopo essersi proclamato Dio vivente, Iuppiter/Zeus, nomos empsuchos sulla terra!

Marco, la lezione, superficiale, degli storici è in relazione alla certezza di una reale pazzia, accettata come dato sicuro da uomini come Filone, ebreo, come Seneca, filosofo, come Svetonio, narratore aneddotico, segretario archivista, pubblico impiegato flavio-antonino, che giustificano, in base alla loro angolazione settaria, le accuse contro il giovane imperatore riformatore rispetto al sistema augusteo e a quello tiberiano. Invece i circa 4 anni di imperium risultano, al di là della lotta per la successione crudele e funesta, come per ogni altra dinastia, un momento fondamentale per la storia romana, basilare per la cultura occidentale, amalgamata con quella orientale, centrale per la costituzione della deificazione del Messia-Christos. Il regno di Caligola sarebbe stato quello della congiunzione territorialedell’impero romano con quello Arsacide, certamente annesso, data la superiorità militare nel giro di un quinquennio se il divino puer, destinato a scrivere un’altra storia, non fosse stato ucciso da una coalizione senatoria ed ebraica, anticipata, comunque nell’esecuzione, dai pretoriani di Cassio Cherea, rivendicanti la liquidazione, all’atto stesso dei preparativi della partenza dell’ imperatore per l’Egitto! Un fatto mai avvenuto, ma sognato da ogni romano!

*Professore, secondo lei, dunque, l’impero di Caligola, pur segnato da eventi dolorosi familiari, da lutti e da stragi, (normalinelle biografie degli imperatori, come abbiamo potuto vedere nella vita di Augusto, Tiberio e visibili in quella di Claudio e Nerone, oltre che nelle domusflavia ed antonina, simili a quelle erodie ed arsacidi, specie nel momento della successione, quando le partes contendenti si affrontano e l’una prevale sull’altra) sarebbe stato un impero più grande di quello di Alessandro Magno, un impero universale! Comunque, a suo giudizio, Caligola rispetta uomini fedeli come Erode Agrippa e Antioco di Commagene, e lo stesso Areta, neanche più convocato a Roma, ma lasciato morire indisturbato nella sua corte, nonostante il decreto tiberiano e la sua volontà di aggressione, di sistematica penetrazione e di conquista di tutto l’Oriente arsacide!

Certo tutto – conquista dell’Oriente e della Britannia per sradicare i due pericoli, quello ebraico e quello druidico, fonti di continue staseis nell’impero – è già pianificato da una mente geniale come quella di Gaio Germanico, figlio di Germanico, nipote di Druso maggiore, figlio adottivo di Tiberio.

*Per lei, dunque, l’impresa britannica di Claudio è realizzazione di un progetto caligoliano, come quello della preventivata conquista dell’Oriente, in una ripresa della conquista militare romana, interrotta, bloccata da Augusto e rimasta ferma dopo le clades lolliana e variana, fino all’impresa di Lucio Vitellio e al cambio di governatore in Germania?

Certo. Caligola ha pianificato l’invasione orientale con lo stesso scrupolo con cui ha segnato le tappe del suo viaggio di trasferimento della capitale da Roma ad Alessandria, con verifiche sul campo, data l’abilità negli spostamenti del giovane imperatore. Infatti i suoi piani di invasione dovevano partire anche dalla zona damascena oltre che dall’Armenia per prendere i parthi tra due fuochi. Perciò aveva punito con l’esilio Erode Antipa che aveva attaccato Areta IV, senza avere l’autorizzazione romana, solo per problemi propri e di confine territoriale, senza conoscere il piano generale contro Artabano e i suoi socii, automaticamente allertati di fronte al pericolo, non solo a sud, ma anche al nord – specie sui monti Zagros in Armenia dove nascono Tigri ed Eufrate e tra Sophene ed Adiabene, dove sono le sorgenti del Grande Zab /Lykos e Piccolo Zab/ Kapros – .


Iran, the world's first superpower

 


Il piano di invasione caligoliano era quello di suo padre Germanico, che aveva concepito modifiche a quello precedente di Marco Agrippa, che aveva rivisto il progetto cesariano, attuato da Marco Antonio: invasione contemporanea, da nord, dall’Armenia e da sud, da Damasco al confine con la Siria, dopo aver posizionato la flotta, partita da Arsinoe-Ismailia Egitto dopo giorni e giorni di navigazione sul Mare Eritreo, costeggiando poi la penisola arabica fino a giungere sul Golfo persico. Solo Traiano fece posizionare la flotta, formata da battellieri ebraici, in prevalenza, alla confluenza dei due fiumi, dopo che la navi avevano navigato lungo il corso del Tigri, sul Golfo persico, dove sembra sicuro che stazionarono a lungo le navi romane di Lucio Vero, un cinquantennio circa dopo!

Il suo progetto universale – da attuare dopo la fine della propaganda dell‘ektheosis/divinizzazione e dopo la definitiva liberazione dai nemici interni – contemplava la conquista di tutto il territorio parthico, da suddividere secondo centuriazione, dopo la divisione in varie province tributarie, sotto governatori legati militari, circondati da dioichetai amministratori e pubblicani, come nuovo apparato burocatico costituzionale/neoteropoiia, basata su unico, divino, pastore del mondo romano ellenizzato, che ha come confini l’Oceano e I’Indo e come capitale Alessandria: la lex iulia augusta era centrata sulla figura divina del sovrano nomos empsuchos/legge vivente, equiparata a quella già tipica del re dei re, arsacide!

*Perciò, alla punizione di Erode Antipa sarebbe seguita la condanna a morte del Surias epitropos Petronio, che tergiversa e che si lascia consigliare da uomini giudaici filoparthici, che sono pars di una congiura in atto, di cui lo stesso Areta, malato e vicino a morte, doveva essere a conoscenza con Giulio Erode Agrippa I?

Marco, non lo si sa con certezza ma, per Caligola, discepolo di Tiberio, il primo della lista dei re da punire e stroncare prima di iniziare la sua impresa parthica, programmata già all’inizio dell’anno 41, quando lui si accingeva a fare il viaggio organizzato per nave con precise tappe, in Epiro, in Acaia, in Asia minore – ad Efeso e poi a Samos – in Siria – Antiochia ricostruita – e Celesiria, con visita a Cipro, da dove partire per Pelusio e, da lì entrare in Alessandria, trionfalmente, dalla Porta Sole!

*Grazie professore. Grazie per la sua accurata indagine e necessaria documentazione – scambiata come sfoggio di erudizione, da alcuni avversari – senza cui io non riuscirei ad entrare in merito al ruolo di Areta e tanto meno capire la funzione di Saulos-Paulos nel cristianesimo, la sua vera insania, la sua retorica e la sua predicazione universale, su cui, poi, il papato alessandrino nel II secolo d.C. baserà la sua doctrina christiana ecclesiale, catholica, ereditata in seguito dall’ ekklesia romana!

Marco, io non mi curo di chi, da ignorante, parla della ricerca di uno storico serio, come di un erudito narcisista! Io affermo, in base al mio studio, che Areta IV, all’epoca, alleato di Artabano III, dopo il trattato di Zeugma, per Gaio Caligola – reggente con Macrone e con Tiberio gemello – è sovrano amante del suo popolo, nabateo, uomo di cultura mesopotamica e filoaramaico, come afferma Nicola di Damasco – Fragm. Hist. Graec., II, 351 – definendolo Philopatris, re indipendente da Roma, che si fa chiamare Rahem ‘ammeh, infuenzato da uomini come Giovanni il battista, da molti giusti esseni del Qumran, sparsi nei dintorni di Damasco, in comunità che inneggiano ad un Maestro Giustizia e che predicano in senso nazionalistico, in quanto messianici, desiderosi anche di avere una guida militare antiromana. Aggiungo per la tua formazione che Erode Antipa, che ha tentato di arginare il nazionalismo aramaico- messianico, specie dopo l’inimicizia col re di Petra, a causa del divorzio da Dasha, figlia del re nabateo, risulta sconfitto proprio per il tradimento delle truppe traconite, zelotiche, e per la propaganda battista ed essenica, a seguito della morte del precursore di Cristo. Essendo la situazione non controllata dai romani, i reggenti, a nome di Tiberio, avendo già dato mandato a Lucio Vitellio di penetrare in territorio nabateo e di portargli vivo o morto Areta IV – cfr. Ant giud., XVIII, 5.1-3 – richiamano indietro il dux per annunciare la morte dell’imperatore, al kosmos, per cui viene dato l’incarico straordinario di rientrare per la seconda volta in Gerusalemme ed annunciare da lì la notizia che ora è imperator Gaio Cesare Germanico Caligola, tra il tripudio popolare, mentre Areta seguita a governare impunito sul suo regno!

*Quindi, in questo clima, è possibile la fuga da Damasco col ritorno di Saulos a Gerusalemme dopo i tre anni di deserto, essendo sfuggito all’etnarca di Areta IV (cfr. 2 Lettera ai Corinti)? Lei mi vuole dire che la conversione di Saulos risulta un momento ulteriore di studio per il discepolo di Gamaliele, che va nel deserto di Arabia in cerca di purificazione?

Si. Saulos fa la normale esperienza del deserto per un asceta del tipo di Giovanni il battista – o di Giuseppe Flavio, che incontra Bannus o di Erode Agrippa, come ho scritto nel romanzo l’Eterno e il regno – . A me preme farti capire che ci sono molti studiosi che, trattando della conversione di Saulos, parlano di una via di Damasco tanto che si può dire che essa sia come una via della vita o per la vita, tipica di un vivere essenico o battista o di una vita mistica e contemplativa (cfr. A. Filipponi, Filone, De vita contemplativa. cit.; Quod omnis probus, cit.; L. Moraldi, Manoscriti del Qumran, Tea, 1994; confronta soprattutto il Documento di Damasco, l’Ascensione di Isaia e il Libro dei Giubilei – in Didimo il cieco Leptogenesi, IV, 31 – oltre quello di Enoch – in ge-‘ez etiopico, lingua antenata dell’amarico e del tigrino, come il latino rispetto all’italiano attuale – ).

*Professore, all’epoca, dire convertirsi sulla via di Damasco significa vivere in modo mistico-contemplativo, in modo spirituale, secondo la cultura essenica, che riservava la resurrezione solo ai giusti, esprimendola come un passaggio dopo qualche tempo dalla morte, di attesa nebulosa – , dell’anima in un altro corpo, forse già individuato in vita?

Marco, ricorda, quindi, il valore di Damasco, che, durante la vita di Gesù, non è più centro carovaniero di dissolutezza e di luogo antitetico a Gerusalemme, ma è invece la terra della nuova alleanza, il territorio dove trovano asilo i convertiti. Damasco è locus sacer in cui i ciechi vedono, essendo loro caduto il velo, mentre cercano la legge e la giustizia/ tzedaqah facendo un nuovo percorso con un ritorno in se stessi, diverso da quello legalistico, con un’ altra strada, un’altra via/methodos! Secondo molti critici, Damasco è simbolo di una purificazione dagli studi enciclici, ellenistici, perché lì ogni ebreo segue direttamente Jhwh, come uomo che vive nel deserto – cfr. O. Becker, Das Bild des verwandte Vorstellungen im fruehgriechischen Denken, Berlino, 1937; C. T. Frisch, The Qumran Community, New York, 1956; P. R. Davies, The Damascus Covenant: An Interpretation of the “damascus document”, Sheffield, 1983 – ! Ricorda che per molti autori Saulos è come Giovanni battista, e che ha connotazioni mandaiche ed esseniche – cfr. J. Schmitt, Le milieu baptiste de Jean le Précursor, Recherches des Sciences Religieuses, 47, 1973/(391-404); E. Trocmé, Le livre des Actes et l’histoyre, Parigi, 1957; J. Murphy-o’ Connor, Paul und Qumran, Londra, 1968; R. E. Brown, La communité du disciple bien-aimé, Parigi, 1990 – .

*Ma, professore, Saulos convertito, damasceno, non ha nient di comune con un Gesù aramaico, con un Gesù ebreo, che vive secondo torah ed opera conformemente a quanto scritto poi da Giacomo, suo rappresentante nel Tempio, che vive, operando da recabita e da giusto, esempio per i lhistai damasceni – cfr. Giacomo e Paolo, in www.angelofilipponi.com – . Non è il caso nemmeno di parlare di cristianesimo, cosa di cui ci sono tracce solo nel secondo secolo in epoca antonina, nella pars orientale – cfr. Cartina delle comunità cristiane, presa da P. Siniscalco, il cammino di Cristo nell’impero romano, Laterza, 1983.

Ecclesiai nel II secolo d.C.

Marco, certo il fenomeno christianos ha rilievo, per come lo intendiamo oggi noi, solo nel II secolo! Da storici, comunque, si può dire che in Lettera ai Galati è la risposta vera di questo strano personaggio tarsense cioè di un Saulos damasceno, che vuole imitare Christos e che si pone come modello per i gentili, convertiti da lui. Anche l’autore di Atti lo legge allo stesso modo come poi si rivela personalmente nella II lettera ai Corinti, in cui indica il passaggio dalle tenebre alla luce, secondo una propria interpretazione, come si trattasse di un rapimento con una cecità improvvisa sopraggiunta, temporanea.

*La lettura del messaggio risulta, dunque, espressione diretta e personale di Saulos-Paulus, di un uomo che scrive dopo oltre 10 anni, in un’altra situazione imperiale, forse al momento della morte di Claudio o poco dopo?

Marco, non so dirti se Paulus scrive la lettera in questa precisa occasione, ma non dovrebbe esser lontano dal 13 ottobre del 54, morte di Claudio ed inizio felice del regno di Nerone, un adolescente, all’epoca, dominato da Seneca, dal suo stile antitetico basato sulla magniloquenza brachilogica, sul mettere insieme, armonizzando, pur nella dissonanza contrastiva, sublimitas et imbecillitas altezza e piccolezza, nobiltà di stile elevato con fragilità congenita naturale magna-parva, rischiando il ridicolo/spoudaion-geloion accostando cose risibili geloia/catagelasta a cose serie/spoudaia, mescolando il tutto.

*Bene, professore, lei sta parlando, comunque, di un Saulos, fariseo, che già si è opposto a Cefa – che, vivendo da gentile e non da giudeo/ethnikoos kai ouchi Ioudaikoos, costringe i gentili a farsi giudei (essendo un pescatore incoerente, seguito costantemente dalla numerosa famiglia, moglie e figli, il fratello Andrea e moglie e figli ed altri parenti, contribuli, un clan) – poos ta ethnh anagkazeis ioudaizein, Gal., 2, 14 – e che afferma da insensato di un suo arrivo nel terzo cielo – II Cor., 12, 1-12?

Marco, Saulos confessa di essere arrivato fino a Dio e lo mostra come un’ ascensione al terzo cielo, anche se molto dopo, in altro periodo di vita, diverso da quello sotto Caligola -tanto da parlare di vita di paradiso, quasi volendo evidenziare una trasfigurazione che lo faccia fregiare del titolo di inviato/apostolos. L’uomo sa di avere nemici e di essere sempre sotto attacco e si difende, elogiando la sua opera missionaria, come se avesse fatto una costruzione, un complesso architettonico degno di ammirazione, e parla a ruota libera, emotivamente, senza timore, senza alcun pudore, confessandosi, senza reticenza, mettendosi a nudo, confidandosi, mostrando i propri limiti perfino sulla stessa figura minuta e sgraziata, lodandone, però, la resistenza fisica e forza, dimostrando che i pericoli affrontati lo hanno reso solido, ingigantendolo grazie all’esperienza di creatura, che si può vantare perfino della sua fragilità e nullità, alonandosi come aborto. È un creativo, che vuole apparire, in sostanza un formale, che, nonostante la conoscenza dei limiti, anzi sollecitato da essi, procede in una personale naturale rivincita. Mai un intellettuale fu più efficace nel mostrare pregi e vizi, tutto il suo animo agitato e contorto nella sua vulcanica eruzione, nelle sue convulsioni contraddittorie! Mai letterato fu più enfatico, metaforico ed antitetico nella sua autobiografia mistico-estatica!

*Professore, mi vuole dire che Paolo nel suo scrivere, in preda ad una convulsa agitazione emotiva, cerca di entrare in empatia col suo uditore/lettore coinvolgendolo nei suoi rapimenti mistici – come fa col suo confessore Santa Teresa d’Avila – cfr. Opere complete, a cura di L. Borriello e G. della Croce, trad. di Letizia Falzone, ed. Paoline, 2000 – ? Per lei Paolo è uomo che, per chiarire la sua insensata fides, mostra con timore di essere andato oltre i limiti umani, volendo apparire credibile nella sua insensatezza, specie nella narrazione dell’ascesa al terzo cielo? Anche la santa si dice insensata perché, illitterata e parla metaforicamente di giardino e di giardiniere che innaffia con l’acqua della preghiera e mostra quattro tipologie di orazioni, correndo il rischio di levare il proprio spirito a cose soprannaturali, prima che lo faccia il signore nella sua maestà divina.

Marco, ritengo che Saulos, giovane, esprima il groviglio sentimentale ed emotivo di un adolescente che, nella sua immaturità, ricorre alla finzione e alla recita per accalappiare retoricamente, ammaliando il suo uditore sfruttando ogni mezzo della tradizione ebraica, essendo educato farisaicamente alla resurrezione e alla ascensione al cielo e soprattutto, come tarsense, alla sublimità di pensiero e di quanto è oggetto di narrazione, considerato il tasso culturale di chi ascolta il suo mistico viaggio di pneumatikos, che ha fatto l’esercizio del silenzio, essendo stato educato all’ascolto, per seguire le orme di qualcuno – cfr. Il silenzio di Apollonio, in www.angelofilipponi.com – .

*Allora, professore, dobbiamo fare attenzione a non lasciarsi prendere e dal logos mistico paolino e leggere bene lo svelamento che permette a Saulos di riconoscere come figlio di Dio il Christos venuto: la sua voce non è differente da quella propria di una setta di iniziati ai misteri, pagana, come quella dei Cabiri di Samotracia, e la sua ascensione al cielo è un rapimento del tipo di Enoch, del Libro dei segreti di Enoch, noto ai primi cristiani antiocheni per i quali il paradiso è il terzo cielo cfr. II Enoch, VIII e LVIII.

Marco, conosci oltre al libro dei Segreti anche quello di Enoch, che è la terza pars, nota come Apocalissi delle settimane in lingua arcaica ge-‘ez? Hai letto anche Il libro dei vigilanti del bisnonno di Noé oltre che la pars detta Libro dei giganti, che sembra collegata, secondo Moraldi, coi manoscritti non biblici di Qumran?

*No, no. Ho solo sbirciato qua e là, curioso circa la figura di Enoch per seguire il suo pensiero su Saulos e la tradizione giudaica alessandrina! Era il mio un tentativo di entrare in merito sui mistici e di conoscere meglio il tarsense, discepolo di Gamaliele!

Hai fatto un lavoro libresco, non uno studio accurato, cordialis, per seguire un maestro! Bene. Sei uomo curiosus, degno sempre di stima, ma devi capire che così non potrai entrare in merito ad una revisione storica seria e funzionale! Si rimane sul piano di ricerca propria di dilettanti, conferenzieri superficiali e vanagloriosi, che parlano, parlano, parlano di problemi che non conoscono, come se fossero capaci di qualche verbale soluzione!

*Capisco. Io procedo, come fanno tutti, anche i tanti che in Tv propongono nuove idee sul Christos, facendo gli opinionisti, come fa da anni anche un suo lettore e presentatore di Caligola il sublime, e del romanzo L’eterno e il regno, un laureato in economia e commercio, dilettante di storia, curioso di cose antiche o come fa un medico interessato a problemi anche biblici e a Pinocchio e ad altri temi o come un fa un libraio che promuove, da decenni, la cultura locale! La loro lettura è molto superficiale e libresca come la mia, eppure fanno conferenze in città su temi prefissati, avendo un buon pubblico con cui poi fanno cene, in chiusura di dibattiti vivaci. Io pensavo, come loro, di poterle essere di aiuto, ma vedo che non è utile perché si ha sempre in fondo un certo culto della propria personalità con voglia di esibirsi e di apparire, tipico del christianos! Un christianos è un popolare, puerile! Non conosce che honestum è bonum et utile/kalon kai chreeston!

Marco, so bene quanto sia diversa la tua azione rispetto a quella deì vanagloriosi, venditori di fumo, parolai che, pur dichiarando il loro entusiasmo e la loro stima verso la mia opera, hanno solo fatto promesse di aiuto ma non si sono mai impegnati a favorire il riconoscimento del mio lavoro cinquantennale, desiderando, invece, una loro personale affermazione! Marco, io chiedo solo se hai fatto ricerca approfondita su Paolo e il misticismo, e se hai letto la vasta produzione ebraica apocalittica in relazione al periodo caligoliano di Saulos e ai testi che sono in esame. Non chiedo altro! Voglio sapere se conosci il periodo 50-56, in cui Paolo è inquisito e processato come sovversivo, salvato – grazie ad un tribuno, allertato da un suo nipote – da un attentato di probabili sicari – 40! – per cui poi avrà un primo processo a Roma, accusato di essere nemico del popolo, della legge e del Tempio, dopo l’appello all’imperatore, da civis romanus.

*Professore, io la seguo col cuore, da vero discepolo e non so se conosco bene i fatti accaduti sotto il governatorato di Antonio Felice – che reprime il risorto partito aramaico, bellicoso, moltiplicando le croci ai bordi delle strade e bloccando i movimenti insurrezionali dopo la cattura di Eleazaro ed altri capibanda, dopo il rapimento di Drusilla sottratta al legittimo marito circonciso e proselita, dopo l’episodio del giudeo Egizio!. Io so che costantemente in quegli anni, a Pasqua e a Pentecoste, i giudei, venuti per le feste, in modo provocatorio, si accampano sopra la torre Antonia, non lontano dai romani che custodiscono, a vista, il tempio, come per aggredirli e fanno sorgere tafferugli e generano reazioni incomposte di milites, volgari ed oscene nei confronti dei nazionalisti sediziosi giudaici, a detta di Giuseppe Flavio, in Ant. giud., XX, 160 -3 e in Guer. giud., II, 244-267. Comunque, ora leggiamo la lettera ai Galati e il testo della II Corinzi, dove sembra che Paolo ricordi quegli anni caligoliani e parli di reali città, di Damasco, di Gerusalemme e perfino di Cesarea marittima. Al di là dei ricordi paolini, però, mi chiedo se è possibile che una comunità di stranieri /csenoi possa avere il controllo delle porte di una città, allora nabatea, tanto da far fuggire, di nascosto, un adepto e farlo rientrare a Gerusalemme, poi trasferirlo a Cesarea Marittina ed infine rinviarlo in patria, in Cilicia? Non le sembra che, in un certo senso, gli apostoli gerosolomitani facciano un’azione, aiutati da altri, aramaici, e che sulla base delle loro indicazioni, bocciano Saulos neos e lo rinviano a casa? Non le pare reale una sua esclusione, momentanea, dalla comunità del Regno dei cieli? Il ritorno a Tarso, in epoca caligoliana, a me sembra, ora, una sconfitta con ridimensionamento per l’entusiastico creativo giovane, ardente discepolo di Gamaliele!

Marco, non è facile capire il tutto e ragionare in questi termini. Comunque, Paolo, convertito, non appare utile alla causa aramaica! Dai testi sembra che si possa pensare all’utilizzo di un primo uomo e poi di un secondo, riciclato come altra figura e, quindi, sembra che ci sia una divisione in due fasi di un unico periodo e di due entrate in Damasco, confuse negli scritti neotestamentari di epoca successiva, che sottendono la volontà di mostrare un Paolo diverso, il viaggiatore, l’apostolo delle genti, l’inviato con una precisa delega, insieme con Barnaba, tra il 43 e 44, con un mandato legittimo del fratello di Gesù – quel Giacomo, che sembra aver un altro messaggio evangelico rispetto a quello paolino – ! Questo posso solo dirti, con molta insicurezza!

*Professore, per lei, comunque, c’è frattura tra il neos tarsense e il Paolo con Barnaba ad Antiochia – città ancora in macerie, seppure ricostruita nelle sue partes essenziali, secondo Giovanni Malalas – mentre la tradizione sembra volere mostrare la continuità operativa di un fidelis, ora in azione come apostolo delle genti nelle sue prime missioni apostoliche, come se non ci fossero state incomprensioni e screzi con gli apostoloiinviati legittimi? Lei vede la contraddizione anche nella lettera ai Galati.

Certo. Infatti, nella lettera ai Galati, l’inviato inizia con un rimprovero, dopo il consueto saluto e l’usuale benedizione, precisando orgogliosamente l’origine divina del suo euaggelion, ma è un Paulus civis che parla a romani pagano-cristiani, non Saulos!

*Divina? Un uomo parla di divino in Giudea! Strano per un ebreo, che dice lo shema, parlare di origine divina, specie dopo aver maledetto altri, mortali, che operano in modo contrario al suo. Strano! Strano anche il valore di christianoi/christiani, dopo oltre 10 anni dalla conversione!

Non è strano, Marco, perché l’apostolo è accusato da Giacomo, il capo della Chiesa di Gerusalemme, il fratello di Gesù, nel cui nome predica, perché propugna un pensiero non ebraico, non proprio della legge giudaica , comportandosi da disobbediente alle prescrizioni pratiche, specie quella della circoncisione, opponendo la theoria della fede alla giustificazione mediante opere della tradizione, da vir christianus. Il falso inviato è retorico nel suo logos e procede facendo due interrogative dirette per chiudere con un periodo ipotetico irreale di IV tipo, per introdurre la novità del suo messaggio! Cerchiamo di capire questo punto. Ecco il testo: Cerco di convincere gli uomini o Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei schiavo di Cristo/Arti gar anthropous peithoo h ton theon; h zhtooo anthroopois areskein; ei eti anthropous hreskon, Xristou doulos ouk an hmhn. ll primo enunciato è centrato su verbo peithoo /fido, che sottende tutta l’area semantica della persuasione fideistica in quanto si basa sull’antitesi di uomo-creatura e Dio-creatore e quindi è scontata la supremazia della fides divina; il secondo sul verbo zhtoo, connesso con areskein, verso la direzione sbagliata umana, secondo una logica dilettevole edonistica, collegata con l’avversario divino, maligno, tenebroso; la finale sillogistica, seppure ipotetica irreale, contiene la dichiarazione, nell’apodosi di essere schiavo di Christos, il figlio di Dio, di colui che è alla destra del Padre, indicato come kurios/padronedominus!

*Professore, con questo logos ai Galati (uomini di Galazia, regione centrale, interna della penisola anatolica, abitata da popolazioni celtiche da secoli, divenuta, provincia a seguito della suddivisione augustea nel 25 a.C., ora ampliata, in epoca Claudia, coi territori settentrionali della Paflagonia, tanto da aver sbocchi con Sinope ed Amiso sul Ponto Eusino/Mar Nero, ma anche, tramite la Bitinia, con il Mar di Marmara mentre, tramite la congiunzione della Licaonia, si poteva avere un sbocco al Mar Mediterraneo con la Cilicia, che è di fronte a Cipro) impostato retoricamente, l’apostolo si qualifica e, pur negando l’utilità della pratica legalistica giudaica e pur sancendo la giustificazione per fede, anche se cosciente di dare un equivoco orientamento, insiste nello sconcertare il suo uditorio di cives, ex milites e di barbaroi con la sua affermazione dell’origine divina della sua missione apostolica e, in un certo senso, ne provoca una reazione di repulsione!

Non è così, Marco! Saulos, con la rievocazione della sua attività di persecutore della Chiesa, vuole, invece, attirare il pubblico con la confessione della colpa, ma tende, col mostrare l’apparizione del Christos, a soggiogare, col paradossale svelamento misterico i galati, semipagani, vinti dal fatto apocalittico e dal cambiato sistema di vita di un uomo, ora sradicato dal suo legalistico procedere giudaico-farisaico-essenico, e perciò, loro congiunto – cfr. la Provincia di Galazia sotto Claudio, costituita da Paflagonia, Galazia, Pisidia e Licaonia – in www.angelofilipponi.com.

*Perciò, professore, lei dà grande importanza alla volontà di rendere noto ai galati il fatto di averli indottrinati col verbo dell’informazione Gnorizoo-notifico, anche se intende comunicare sentimentalmente, col cuore? le sembra possibile, se ha di fronte uomini non ebrei, il parlare di un sotteso cuore?

Marco, fai ora il sofista e il linguista! Viene usato gnorizoo, rafforzato con gar e con l’aggiunta dei destinatari del messaggio – umin, adelphoi – perché si vuole dire to euaggelion to euaggelisthen up’emou oti ouk estin kata anthroopon/vi rendo noto, o fratelli, che la buona novella che avete avuto da me non è secondo l’uomo e ripetendo gar si scrive: oude gar egoo parà antroopou parelabon auto oute edidachtheen, allà di’apokalupseoos Ihsou Christou/non infatti io da un uomo lo ricevetti e fui ammaestrato, ma attraverso una rivelazione di Gesù Cristo!. Se fai attenzione al suo logos nel primo discorso è centrale doulos Xristou, mentre nel secondo di’apokalupseoos Ihsou Christou, in cui appare chiaro il messaggio del didaskalos dell’inquietante fidelis predicatore Saulos, ammaliante.

*Professore, l’apostolo vuole mostrare che l’uomo, che ha perseguitato i fratelli christianoi ebraici circoncisi, partecipe alla lapidazione di Stefano, ostile smisuratamente kath’ uperbolhn alla comunità di Dio, è la stessa persona che si è distinta per zelo tra i suoi confratelli e coetanei per cui la sua missione attuale è apostolica perché non è più di un fariseo che concilia fides nel Christos e legge mosaica, ma è di un uomo che è altro Christos, perché si è assimilato a lui, tanto da esserne sua immagine? Per questo secondo lui, Dio ab aeterno ha messo in disparte fin dal grembo materno lui – come suo figlio – e lo ha chiamato con la sua grazia e gli ha rivelato il Christos per trasmettere alle genti il vangelo!

Marco, comprendi il delirio del fidelis, davvero/aleethoos? Leggi quanto odio acrimonioso può avere Giacomo nei confronti di un esaltato ellenista giudeo cilicio visionario, imparentato con gli erodiani, che, nel suo misticismo sincretistico giudaico-pagano si assimila al fratello, Jehoshua-Gesù, considerato figlio di Dio/o aphorisas – bestemmia per un fariseo ed esseno, recabita e giusto come lui! – inteso come tale che ha il destino da attribuire alla creatura, capace nella sua sapienza illimitata di separare e di tenere distinto, concisamente, assegnando sorti nella sua fissità e stabilità celeste, essendo il padrone del tempo stesso? Comprendi la sorte di Maria vergine, connessa con quella della madre di Paolo, in quanto entrambi – Christos e Saulos – creature, frutto del ventre materno ek Koilias mhtros ? Rilevi kaleo– da cui la chiamata del signore al momento storico opportuno, in quanto erede del cleeronomos perché clero, eletto secondo i piani imperscrutabili dell’oikonomia tou theou – ?

*Professore, lei mi deve spiegare bene, altrimenti non capisco il parlare per aforismi teologici di Saulos-Paulus, maturo, che rievoca il periodo giovanile caligoliano? Lei mi dice che la lettura di Saulos è una cosa, quella di Paulus un’altra per un platonico filoniano che mette insieme Cielo e terra, Keter e Malkuth, tramite Daath, Tipheret e Yesod.

Marco tu, cristiano, hai un’infarinatura mistica ebraica e non comprendi neanche quello che dici! Tu, come il clero e la gerarchia ecclesiastica, hai vaga idea della cabala giudaica e la fraintendi! Cercherò, allora, di essere chiaro, a cominciare dal ricordo della conversione di Paolo, il nostro tema primario. Ti dirò che, in epoca caligoliana, l’imperatore (che non ama lenius comptiusque scribendi genus – Svetonio, Caligola, LIII – ) non considera Seneca , autore allora di moda, ritenuto scrittore di pure e semplici tiritele, teatrali costruzioni di sabbia senza calce/commissiones meras componere et harenam sine calce – ibidem – e che ex disciplinis liberalibus minimum eruditionis elequontiae plurimum attendit/per gli studi liberali non teneva in alcun conto l’erudizione letteraria ma si dedicava con molta attenzione all’eloquenza, pur essendo, comunque, desideroso di essere celebrato come facundus e promptus! Sappi che Seneca si è formato in ambiente ellenistico, quello alessandrino – in cui è stato per 17 anni presso Filone, amico di sua zia e del governatore Galerio – Cfr. Consolatio ad Helviam matrem – e che Paulus tarsense ha la stessa formazione, basata secondo un sistema sentenzioso, secondo logia/oracoli, contraria a quella di Caligola, uomo di facile parola e di immediata prontezza verbale!

*Caligola lo dimostra quando scopre la verità sul sacrificio al tempio, sacerdotale, sadduceo, degli ebrei per l’imperatore e per i romani – cfr. Filone, Legatio ad Gaium – ?

Bravo, Marco. Caligola dimostra la falsità degli ebrei, indistintamente, aramaici ed ellenisti, rilevando che non eseguono l’ordine di sacrificare a lui, Dio, ma nota giustamente che sacrificano ad Jhwh a favore dell’Imperatore e di Roma, cosa diversa da quanto ordinato da lui per decreto. Quindi, il linguaggio di Paolo è quello ebraico in cui c’è equivoco tra littera e res, per cui si dice una cosa, ma se ne intende un’altra, in quanto si allegorizza, procedendo per simbolo e sottendendo mysterion/mysterium.

*Allora è giusta la condanna all’atimia dell’etnos giudaico e di ogni civis romano con certificato cesariano ed augusteo?

Marco, dall’angolazione caligoliana di unico theos e di unico nomos empsuchos, è logica la volontà politica di estirpazione del cancro ebraico in quanto sono noti da decenni i rapporti tra le popolazioni al confine con la Parthia e i vincoli di sangue, di lingua e di religione tra i ciseufrasici e i transeufrasici. Caligola, che ha pianificato l’invasione della Parthia, non vuole correre il rischio di aver alle spalle torme di lhistai, zeloti aramaici filoparthici!

*Per lei, Paulus non è Saulos – il giovane Saulos – che, invece, deve essere studiato per rilevare la sua vera figura giovanile quella di uno, bocciato dagli apostoloi, aramaici e rimandato a casa, a Tarso?

Noi cerchiamo di definire Saulos in relazione alle lettere scritte in epoca di Claudio e di Nerone quando predomina Paulus, il mistico, l’aborto, il legalista-o nomikos, con la sua equivoca volontà di congiungere sublimità e umiltà, ideale pensiero e realtà di bassezza umana, quando ormai vige il Decretum agli alessandrini di Claudio che ha ricostituito il sistema del principatus cesariano-augusteo- tiberiano ed ha annullato l’assolutismo imperiale rivoluzionario del nipote, anche se il suo testo deve essere meglio esaminato per dare un giudizio effettivo sulla politica postcaligoliana, non certamente condannata, ma solo attenuata e limitata, in relazione alla ormai sempre più ossequiosa deferenza del re di re nei confronti della romanitas. Noi sappiamo che il pensiero di Paulus, comunque, non è conforme alla volontà dei capi aramaici ed è osteggiato da giudeo-aramaici e da giudeo ellenisti, oltre che da Giacomo che maledice lo stratagemma stesso della conversione di Saulos e la sua autoelezione ad apostolos!

*Per lei, quindi, cessato il pericolo dell’atimia giudaica, abbandonata l’idea della conquista armata della Parthia, inizia un’altra storia, dopo la conquista della Britannia e dopo il regno breve di Giulio Erode Agrippa I ricostruito, più grande di quello del nonno Giulio Erode il filelleno, garante del nuovo rapporto coi figli di Artabano III, in lotta fra loro per la successione!

Certo. Seguono anni di pausa e di attesa per lo zelotismo, che medita sul fallito messianesimo e che, cercando la rivincita, si arma clandestinamente e fa operazioni segrete mentre la Iudaea è governata da elementi, legati anche per famiglia, ai giudei, come l’oniade Tiberio Alessandro o come Marco Antonio Felice, fratello del liberto Pallante, sposo di Drusilla, figlia del defunto re Agrippa I, mentre anche il pensiero farisaico- essenico, sotto la guida di Giacomo il fratello del Christos, è meno aggressivo come anche il potere della romanitas – che crede in una prossima integrazione, specie dopo la sostituzione di Surias epitropos, Vibio Marso con Cassio Longino – cfr. GAIO VIBIO MARSO, in www.angelofilipponi.com – .

*Professore, se ho ben capito, lei mi vuole dire che Saulos non è Paolo, che è un altro civis romano dell’epoca di Claudio, che ha un altro sistema di vita ed un altro modo di scrivere e di pensare: quello del viaggiatore e del missionario evangelico apostolico, specie in compagnia di Barnaba?!

Marco, già nell’incipit della lettera ai Galati, Saulos si dice apostolos ouk ap’anthroopoon oudé di’ anthropou allà dià Ihsou Xristou kai theou patros tou egeirantos auton ek nekroon/inviato non da parte degli uomini né di un uomo, ma di Gesù Cristo e di Dio, che lo risvegliò dai morti volendo mostrare che è apostolo di Dio – o aphorisas – e dichiara che la sua evangelizzazione non è quella degli altri. Egli mostra un altro modo di vivere e di credere proprio di un comune civis romanus, come se il suo messaggio, però, non fosse umano, ma celeste e si presenta come alter Christus ad uomini lontani dalla cultura romano-italica, che, comunque, accolgono un altro vangelo quello di aramaici antiromani, per cui la sua posizione, nonostante il tentativo farisaico di conciliazione, è apologetica.

*Professore, lei dice che Paolo, comunque, si meraviglia del mutamento improvviso di animo dei galati, che sostengono ora le prescrizioni rituali della legge mosaica secondo la lettera di Giacomo! Lei mi informa che si è geograficamente lontano dai centri di informazione, in luoghi interni dell’Anatolia, poco trafficati, e che il passaggio dal logos di Paolo a quello di un altro apostolos (inficiato dal giudaismo messianico, che fida nelle opere e non nelle parole e che ha nel cuore un motore reale del messaggio nuovo dell’agàpe fraterna, come vera attività di colletta, senza retorica), risulta un tradimento!

Marco, io vedo equivoco ed ambiguità con contraddizione in una mente farneticante mistica, che poggia il suo ragionamento sulla giustificazione per fede, cosciente che nessuna carne verrà giustificata/ou dikaiootheesetai pasa sarcsibidem, 2, 17 – senza Christos!

*Professore, Paolo punta tutto su Christosmessia, ma non conosce né vuole far conoscere l’uomo Christos, il messia umano, aramaico, volutamente oscurato, avendo nel cuore la figura ideale divina del redentore e del salvatore, di un figlio di Dio, venuto a morire per le colpe umane, sulla croce?

Marco, il suo stesso discorso dell‘essere morto a causa della legge e di vivere per Dio gli fa scrivere in prima persona una pagina di sentimentale partecipazione mistica alla stessa crocifissione: io, infatti, a causa della legge sono morto alla legge, per vivere per Dio. Sono crocifisso con Cristo. Non vivo più io, ma vive in me Cristo, e ciò che ora vivo nella carne, lo vivo nella fede del figlio di Dio, che mi amò e che si consegnò per me. Non rigetto la grazia di Dio perché, se si ha giustizia tramite la legge, allora Cristo è morto inutilmente/egoo gar dià nomou nomooi apethanon ina Theooi zeesoo.Xristooi sunestauroomai. Zoo de ouketi egoo, Zhi de en emoi Xristos; o de nun zoo en sarki, en pistei zoo thi tou uiou tou Theou tou agaphsantos me kai paradontos eauton uper emou. ouk athetoo thn kharin tou Theou ; ei gar dià nomou dikaiousunh, ara Xristos doorean apethanen ibidem, 2, 19-21 – .

*Professore, perciò, Paolo prima farisaicamente maledice e poi attacca difendendosi e, nella difesa, mostra la sua insensatezza, la contraddizione di un animo farisaico che sostanzia la sua azione con la parola e non viceversa. Lei allude alla II lettera ai Corinzi, e giudica il discorso di Paolo di epoca successiva, antonina, di un’altra mano molto simile a quella di Marcione e poi di Clemente alessandrino, quando viene sviluppato il suo originale pensiero, rimasto per qualche tempo nascosto?!

Marco, tu rilevi che Paolo nel parlare del suo vangelo agli incirconcisi, diviso prima con Cefa, avendo avuto l’ approvazione dalle tre colonne Giacomo, Cefa e Giovanni, uniti solo nel ricordo dei poveri, contrasta lo stesso Pietro ad Antiochia – che , prima dell’arrivo degli inviati del fratello di Gesù, mangiava coi gentili e poi si ritrasse e si mise in disparte per timore di circoncisi attirando, nella commedia, anche Barnaba – e pensi che io condanni l’incoerenza petrina e la stessa arringa paolina emotiva su Christos – genomenos ek gunaikos/nato da donna, nella pienezza del tempo – l’inviato dal padre a dividere la storia e a recuperare coloro che sono sotto la legge, a redimerli perché eredi, ed a salvare e liberare anche i gentili, asserviti alla divinità, portandoli alla libertà (lbidem, 4-5).

*Professore, c’è forse un’allusione ai tempi di liberazione e di affrancamento, tipici dell’epoca caligoliana, inneggiante anche alla congiunzione dell’impero romano con quello arsacide e alla nuova era finalmente giunta di pacificazione augusta, dopo la facile conquista dei territori nemici? Non c’è un’eco in Girolamo – Commentarii in epistulam ad Galatas – ripreso da Agostino e dalla tradizione cristiana, che vede Paolo come interprete dei tempi nuovi cristiani, anche se rilevato nella sua insania, in quanto sofferente, in gioventù, di atroci dolori al capo?

Marco, non saprei dirti niente di preciso, io rilevo, comunque, solo quanto dice Paolo insensatamente nella sua autodifesa circa il suo ministero missionario e il velo di Israele e la nuova luce (cfr. ibidem, 3.7-18 e 4.1-18), circa l’invito alla generosità nei confronti dei poveri di Gerusalemme mentre da un’altra colgo l’attacco ai suoi avversari e la sua determinazione operativa, la sua dirittura e il suo vanto con le pene sofferte per amore del Christos.

*Professore, andiamo con calma e procediamo prima sull’avvento del signore e lo svelamento mediante sollevamento del velo, e poi sul suo vedere in quanto uomo non più cieco!

Leggiamo, allora, insieme, le sue parole e ascoltiamo il messaggio, meditando! O de kurios to pneuma estin, ou de to pneuma Kuriou, eleutheria/il signore è lo spirito e dov’è lo spirito del signore è libertà. Tutti noi che, col volto non velato, miriamo e riverberiamo la gloria del signore, siamo trasfigurati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, come dallo spirito del Signore/hmeis de pantes anakekalummenoi prosopoi thn docsan Kuriou katoptrizomenoi thn authn eikona metamorphoumetha apo docshs eis docsan, kathaper apo Kuriou pneumatos. Ora rifletti: se siamo fuori di noi è per Dio, e se siamo in senno è per voi/eite gar ecsesthmen, Theooi, eite sophronoumen, umin. Valuta tu stesso la sua affermazione mistica – di uomo, che ritiene che uno solo è morto per tutti e che tutti, essendo morti, sono vivi per lui, che morì affinché i viventi non vivessero più per se stessi, ma per chi per loro morì e fu risvegliato – e la sua conclusione: se si è in Cristo si è una nuova creazione, il passato è passato, ecco che tutto diviene nuovo/ooste ei tis en Xristooi kainh ktisis, ta archaia parhlthen, idou gegone kaina II Cor., 5, 17-18.

*Professore, Paolo ha coscienza della sua aphrosunh e sa delle capacità di sopportazione dei seguaci, avendo ben chiara la la sua gelosia, simile a quella di Dio, per cui viene raffigurata la Chiesa dei fedeli come fidanzata pura, vergine, da presentare a Cristo, non contaminata, come Eva, dal serpente, utile al servizio buono!

Marco, Saulos paulus non vuole essere definito, però, aphroon – insensato che si vanta di poco, pur affermando che quanto detto non è del signore ma di chi, insensato, si vanta tanto da concludere che chi si vanta, si vanti del Signore/o de kaukoomenos en kuriooi kaukhasthoo: ou gar o, eauton sunistanoon, ekeinos estin dokimos, allà on o Kurios sunisteesin, essendo raccomandato da lui, non potendosi raccomandare da solo.

*Professore, qui tre termini sono in ballo e non mi sembrano disposti coerentemente, aphroosunh, sunisteesis e kaukheesis, anche se Paulus convinto di essere altro rispetto a quelli che si vantano secondo la carne, pur affermando di aver astheneia debolezza, si vanta di Dio, padre del signore Gesù, benedetto nei secoli, che sa che non mento/oti ou pseudomai – affermazione paolina! – . Paulus parla di un Christos. che ha dato then diakonian ths katallaghs/servizio della riconciliazione e ton logon ths katallaghs/parola della riconciliazione e quindi di essere ambasciatori nel nome di Christos/uper Xriston… presbeuomen (ibidem, 5, 20).

Marco, astieniti dal giudizio e cerca di seguire la logica dell’altro, di un Paulus rivestito di Christos ed, in quanto divino, anche se come aborto, un uomo dappoco/paulus imitatore del signore, tende alla unione mistica, avendo impresse nel suo corpo le stigmate, lui schiavo segnato di Christos, che non mente, dotato, comunque, dei suoi carismi, tipici di un apostolos/inviatoparrhsia, profezia, dono delle lingue, esorcismo, thaumaturgia – tanto da poter guarire malati e perfino risuscitare morti.

*Professore, lei mi dice che, pur in modo contraddittorio, il suo operato secondo lo spirito di Dio, diventa salvifico tanto che lui stesso risulta anhr theios come Christos, capace di risuscitare perfino, a Troade, un giovane apparentemente morto.

Marco, tu, ora, sei impostato a leggere secondo ragione le parole e diffidi del parlare confuso paolino e delle sue due entrate in Damasco e di un’uscita clandestina notturna e soprattutto della sua ascesa al cielo, e neanche vuoi considerare che, essendo figlio del suo tempo, è uomo che parla in relazione alle sue letture profetiche di Isaia e di Enoch, essendo ancora legato al maestro Gamaliele, nel periodo di tre anni vissuti nel deserto siriaco, in una larga zona intorno a Tadmor/Palmira. Sappi che ne parla lui stesso, che si riconosce insensato e, titubante tra umano e divino, tratta della sua trasfigurazione con ascesa al cielo, vantandosi secondo la carne, come molti. Infatti, scrivendo, confessa: anch’io mi vanterò, voi sopportate volentieri gli insensati, tanto siete sensati. Infatti sopportate di divenire asserviti, divorati, depredati, umiliati, schiaffeggiati in viso: è disonorevole dirlo: siamo stati deboli/epei polloi kaukhoontai kata thn sarca,kagoo kaukhhsomai hedeoos gar enechesthe toon aphronoon phronimoi ontes. Anekhesthe gar ei tis umas katadouloi, ei tis katesthiei, ei tis lambanei, ei tis epairetai, ei tis eis prosoopon umas derei. Kata atimian legoo, oos oti hmeis hsthenhkamen.

*È vero. Ora capisco davvero! Prima del suo discorso, invece, non vedevo la contraddizione discorsiva. Penso che nemmeno i sacerdoti e i vertici della Chiesa (un Ravasi, uno Zuppi, un Parolin, il papa stesso) possono capire quanto lei mi sta spiegando: non sarebbe il caso di un suo incontro con qualche vescovo?

Marco, che dici? La chiesa romana è come Roma: aspetta la morte di chi non è pericoloso! Ha il tempo dalla sua parte! Hai idea di quanti mesi bisogna attendere per una chiamata di un prelato o di un papa da parte di un fedele, ignoto, che ha fatto richiesta scritta? Uccide col silenzio …ignorando chi cerca la verità! Per quanto riguarda la condizione o lo stato di Paolo, fai attenzione ai termini e leggi bene le sue affermazioni: ciò che uno può osare/tolman lo dico, essendo in stato d’insensatezza/en aphrosunhi anch’io oso/tolmoo: Sono ebrei? Anch’io lo sono; Sono israeliti? anch’io; Sono del seme di Abramo? Anch’io; Sono servitori del Christos? Parlo fuori di senno/Paraphronoon lalooo, io di più/uper egoo, per assai più fatiche, più prigionie, ed ancora più percosse, e frequenti rischi di morte/en kopois perissoteroos, en phulakais perissosteroos, en plhgais uperballontoos, en thanatois pollakis Nota come fa risaltare uper mediante parallelismo simmetrico nella prima parte, costituita da en + dativo plurale e il comparativo avverbiale perissoteroos – anadiplosi – e con la stessa simmetria sintagmatica, con l’aggiunta di due avverbi di quantità, nella seconda parte!

*Professore, davvero Paolo si vanta esageratamente, convintissimo di aver patito per il Christos e, preso da euforia, tipica di chi narra emotivamente, è portato a millantare e ad aggiungere qualcosa di troppo al suo racconto, ma lo fa in buona fede per attirare i suoi ascoltatori e legarli a sé, appassionandoli alla sua ricerca e alla sua esperienza di vita, col suo stesso patire, esemplare.

Marco, il fare un’esperienza mistica non comporta operazione reale, ma può sottendere cose concrete, difficili, però, a collocarle insieme ed amalgamarle: occorre tempo e solo pochi, in certe condizioni, riescono a compiere il miracolo di una sincresi, torturandosi nel sacrificio e facendo contorcimenti logici, a seguito di lunghe elucubrazioni, in cui si rovescia la normalità del logos e si trasforma l’antitesi in qualcosa di positivo per se stesso, in quanto si diventa primo da ultimo, saggio da ignorante, in un’esaltazione della debolezza – che è fortezza – e dell’umilismo estremo, che si sublima, come se fosse una regola, imposta dal Dio, facitore di storia, che punisce i potenti, abbattendoli e che innalza i deboli, sollevandoli dalla loro miseria, opponendo cultura ellenica e cultura tradizionale.

*Nel corso della sua vita ha trovato, sicuramente, qualcuno del tipo di Paolo che, da umile, serviva per essere in alto, presentandosi in veste dimessa, vantandosi del proprio stesso aspetto, meschino, lodando la curiositas libresca e creando un’immagine di sé nuova, tanto da gestire la sua figura in ritrovi accademici, in conferenze mirate, in congressi letterari da chiudere con brindisi conviviali, e lei me ne ha parlato qualche volta. Nel periodo, in cui era in silenzio e lavorava come muratore, facendo scale, e gradini, gazebi, thermopolii, mura di recinzione – cfr. Mastreia’, eBook Narcissus, 2011 – venivano a trovarla curiosi che ammiravano le sue costruzioni e le parlavano delle loro ricerche entusiasticamente e mettevano insieme il racconto delle loro avventure come se fossero realtà, cercando di impressionare chi, intento al lavoro, sudando, operava concretamente, che faceva misurazioni tecniche, ponendo in opera mattoni, pietre secondo una logica architettonica, incurante dello sguardo altrui, anche se apparentemente dedito ad un ascolto passivo, seppure sempre cortese con tutti. Solo nei momenti di riposo so che lei diceva qualche parola circa il loro racconto, lodando la loro iniziativa e la loro volontà di presentare la risultanza dello studio ad un pubblico in conferenze e ringraziando brevemente per la visita, prima del formale congedo.

Marco, allora, io parlavo poco o niente e perciò facevo cenni col capo annuendo spesso nel corso delle loro argomentazioni ininterrotte, e lodavo la loro memoria senza mai entrare in merito ai problemi che restavano insoluti. A me apparivano uomini che già avendo strutturato il loro pensiero per una conclusione pertinente verisimile, volevano conferme senza dibattito, convinti del loro sapere, come se io fossi garanzia di un futuro applauso per la loro ricerca libresca senza reali fonti dirette e senza dubbi di autenticità, essendo uomini sprovvisti di sistema critico, contenti di aver parlato ad uno, da loro stimato esperto in materia.

*Professore, neanche pensavano che lei, da buon ascolano, teneva a mente la massima del cinquecentesco scettico compaesano che scriveva: Chi pò non vo, chi vo non pò, chi sa non fa, chi fa non sa et così il mondo va – MDXXVIIII – e che ripeteva spesso capitano tutti a me, povero uomo!
Io, comunque, sono figlio della TV e ho in mente figure di opinionisti televisivi, di attori, cuochi, giocatori, storici, matematici, teologi, virologi, militari, che scrivono e mandano messaggi in relazione al loro vissuto anche umile, che si proclamano intellettuali, che ripetono le solite cose, uomini che hanno fatto esperienze estreme e che le vogliono raccontare e trovano altri che amano sentirli e che si immedesimano nelle loro avventure sventurate! Noi siamo in una epoca in cui tutti parlano di tutto. Conta solo l‘audience televisiva!. Ci sono molti mitomani che costruiscono teorie perfino sulla base di sensazionali scoperte archeologiche, di cui neanche conoscono l’esatta ubicazione geografica e dei reali reperti hanno vaga notizia. Per loro tutto ormai è mito specie, se ci sono in corso pandemie o guerre. Per me oggi, uomini, mistici ed estatici come Paolo, avrebbero molto da inventare e da proporre come veritas/alhtheia.

Marco, tu cristiano, parli così! Non mi sembra un parlare da christianos seguace di Paolo, che, all’epoca, si considerava il primo della classe e trattava con governatori, con re e regine, con gli areiopagitai ateniesi mostrando di avere una sua cultura aramaica e giudaico-ellenistica, oltre che giuridica, latina.

*Professore, io sono cambiato da quando mi sono avvicinato alla storia e leggo con lei i testi. La mia conversione è autentica. Ho penato tanto! Ho dovuto avere chiari e familiari i significati giudaico-aramaici del suo lessico. Ho dovuto riprendere grammatica ed esercizi latini e greci ed esercitarmi a tradurre. Soprattutto ho dovuto appaiare il mio codice al suo e mi sono abituato a chiedere quando vedo che siamo in equivoco e necessita una precisazione sul fatto e sulla situazione storica con altre referenze.

Marco, nonostante l’impegno storico e la ricerca linguistica, però, neanche io posso dire di essere oggettivo e scientifico e devo confessare che parlo da profano, navigo nel buio, sono un cieco anch’io, che, in cuor suo, vorrebbe essere tanto scemo e tanto stupido da vivere nel mito, credere di arrivare con Paolo al terzo cielo, nel paradiso, dove, alla fine della vita, incontrare i propri genitori!

*Davvero professore?!

Marco, anche le mie sono theorie su Christos e su Saulos-paulus: la mia ricerca storica è solo un’altra storia del cristianesimo e vale forse come quella christiana, anche se è – forse – più probabile, in relazione ad un maggior grado di specializzazione linguistica e di competenza storica, ma sempre insufficiente, ampiamente, per una reale conoscenza della verità fattuale storica, manipolata e travisata nel corso di 2000 anni. Io, amico mio, non mi sento professore, ma sono forse solo un maestro, piccolo piccolo – non solo di statura! – che, come altri, cerca di orientarsi nella varietà delle fonti, essendo molto incerto nel corso del cammino!

*Professore, io resto sorpreso dalle sue parole, ma so che che lei mi ha orientato e guidato e di questo le sono grato perché ora ho possibilità concrete di critica sul cristianesimo e sono in condizioni di poterlo accettare o rifiutare, in piena liberta di giudizio.

Marco, ti ringrazio, ma io neppure fido nella mia stessa ricerca sapendola difettosa e limitata, non verificata da studiosi – che, avendo altre competenze, potrebbero inficiare la stessa impostazione generale critica, non comprovata dal tempo – che potrebbe, grazie alle novità tecnologiche, far scoprire altre fonti nuove, rivoluzionarie rispetto a quanto detto in precedenza, specie in campo archeologico.

*Professore, conosco la sua onestà intellettuale e pur nutrendo qualche dubbio, ritengo opportuno procedere circa la lettura di Paolo. Lei non cerca il paradossale e il sensazionale eclatante come quei curatori delle scoperte archeologiche di Sanliurfa – Turchia – del XII millennio a.C. di epoca preistorica, che arrivano a collegare la preistoria con la storia, le strutture megalitiche con l’albero della vita nell’Eden biblico. Io, educato secondo il suo pensiero, resto sorpreso di fronte alle affermazioni improponibili per una persona sensata, per un professionista che opera in relazione a risultanze tecniche sulla base di analisi scientifiche topografiche ed antropologiche delle due epoche, tanto distanti storicamente, di fronte a manufatti grandiosi ma senza scrittura, e rilevo l’insensatezza del confronto e la confusione tra un mitico albero della vita con raffigurazioni di tori – propri della cultura minoico-cretese – e il Pardes achemenide storico! Io credo di dare un giusto valore ad honestum, reso in latino come bonum et utile, derivato dal greco kalon kai chreeston!

Marco, giustamente, tu distingui la fase preistorica neolitica preceramica da quella storica e rilevi l’impossibilità di connessione – dati i livelli di civiltà dell’uomo nel corso del tempo e considerata la diversità delle strutture sociali in relazione all’epoca preistorica e storica – esaminando i diversi livelli di culture, quella del XII millennio e quella del I millennio a.C., non comparabili, in quanto non si riesce a leggere correttamente ed univocamente i documenti storici, tràditi dal periodo persiano a quello greco-romano ellenistico imperiale di appena cinquecento anni e neppure quelli prodotti dalla cosiddetta pax augusta– celebrata perfino con l’Ara pacis – fino ai nostri tempi, alla guerra russo-ucraina nel 2022! Cosa sono circa 2.600 anni storici di fronte ad un distanza temporale preistorica di quasi 11.000 anni? È assurdo parlare del mistico albero della vita, storico – con le sue valenze sempre nuove a seconda delle letture e dei significati aggiunti sefirotici nel corso dei secoli – , ma ancora di più sciocco e pazzesco compararlo con manufafti preistorici del dodicesimo millennio!

*E’ compito arduo, impossibile, disumano fare storia con i mezzi attuali! La storia dell’uomo sottende per noi cristiani la presenza divina onnipotente e onnisciente e il suo intervento provvidenziale storicizzato – cfr . I, Tim., 5, 17-25 e 6, 2-21 – ! Capisco la mia puerile lettura christiana, spirituale, religiosa, disonesta ed inutile perché propria di un o politikos – cfr. Il politico o Giuseppe, eBook 2013 – !

Marco, dici bene, ma anche puerile, limitato, imperfetto è il lavoro storico, data la debolezza delle facoltà umane, per cui Saulos-Paulus fa la storia solo col Christos, imitato poi dai patres della Chiesa orientali ed occidentali!

*Da qui, dunque, la sensatezza e l’insensatezza del mistico giovane tarsense, la mistione di fragilità e di sublimità propria di un’anhr theios di epoca caligoliana, che scrive sotto Claudio e Nerone, non certamente ispirato dallo spirito santo, ma secondo la soggettività umana necessariamente falsificatoria, relativa alle contingenze situazionali, che la condizionano.

Marco, sono un uomo fortunato, un maestro che ha trovato un vero discepolo, che ha compreso il suo reale pensiero storico, considerato giustamente nei limiti umani, naturali!

*Dunque, professore, lei ritiene che potrebbe essere opera di un Saulos-Paulus, insensato mistico-estatico nel deserto arabico, contraddittorio, mitico, l’uomo che fa simili connessioni – senza citare nemmeno il tentativo imperiale caligoliano di ektheosis e neoteropoiia – espresse poi compiutamente in epoca claudiana e neroniana?

Marco, arrivi davvero a precise conclusioni, nonostante le variabili infinite storiche e le tante probabilità scientifiche, e ti apri un varco tra loro per una risultanza possibile, comunque, quella migliore cristiana frutto di tanti secoli di elaborazione e, quindi, noi operiamo come quei curatori degli articoli su Goebekli Tepe e Karahan Tepe, che critichiamo per il mistero irrisolto!

*Vuole dire che, alla fine, siamo christianoi nell’esame di Saulos-Paulus anche noi, che non possiamo nemmeno parlare e tanto meno entrare in merito al misticismo che è un opus stratificato solo giudaico, palese prima del Christos!

La nostra cultura cristiana, bianca, occidentale, europea, americanizzata, romana condiziona la nostra opera storica, che,essendo della stessa radice di quella russa ortodossa, orientale, interpreta cristianamente l’albero del vita e non ne comprende il significato di vita e di morte e di resurrezione, se non, paolinamente, col Christos, dopo l’evento messianico fallito! Le sofiroth esistono col nome stesso di Dio in terra giudaica, prima del messianesimo!

*Così, professore, parliamo, allora, tutti vanamente di misticismo e storia, come quel suo conoscente che insiste, quando la incontra a passeggio sul lungomare e le dice, come se fosse un archeologo professionista, che sta lavorando a congiungere l’Albero della VITA coi manufatti di Goebekli Tepe, quando non sa niente delle relazioni tra le sephiroth, come non conosce quelle tra le tre persone della Santissima Trinità. Non sa, inoltre, neppure che quella è la zona di Harran-Carre, che ha, però, anche una storia recente, quella del califfato islamico di Mosul, dove ci sono prove evidenti della violenza tirannica di Assad, congiunta con quella di Erdogan e di Putin, al di là della reazione popolare curda, finanziata dall’Occidente cristiano e da Israele!

Marco, ricorda che il territorio di Sanliurfa e di Diyarbakir fanno parte del Kurdistan anatolico, per secoli congiunto a quello irakeno ed iraniano, la cui storia è intrecciata con quella achemenide-arsacide con quella greco-romana di province come Sofene, Commagene, Adiabene Armenia, le cui testimonianze sono ancora visibili intorno al lago Van e sul Nemrut Dagi.

*Professore, mi ha parlato molte volte delle teste di Antioco del Nemrut e di Filipappo.

Marco, ormai non esiste cultura diversificata umana, ma c’è un calderone culturale dove coesistono romani, ebrei, islamici, cristiani ed anche cinesi, indù, buddisti, l’umanità intera globalizzata!

*Per lei, la cosa migliore è star zitti, sempre! Inutile ogni parlare in un mondo di ciechi e di sordi, illitterati, insensati bambini, di politici non onesti!


 

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Scavi di Goebekli Tepe – Università di Heidelberg e Karlsruhe – iniziati nel 1963 e variamente ripresi ed interrotti nel 2014 a causa della guerra per il califfato di Abu-Bakr al Baghdadi (2014-2019)

Marco, tutti vorremmo avere la possibilità di parlare e di essere ascoltati, ma, secondo me, si può parlare ad un pubblico, se si sa cosa dire e come orientare l’altro sulla base di precise azioni fatte e già verificate come produttive, non per dire quanto già detto e ripetuto con una forma migliore, come in un gara retorica. Siamo tutti di formazione popolare e christiana, persone che non sanno il significato di onestà, espresso classicamente con l’endiadi bonum et honestum/kalon kai khreston!

* Professore, mi scusi, vale la pena di rimanere muti di fronte a tanti che parlano e che vogliono imporsi? Devono avere il diritto di parola i politici, i politicizzati, compromessi, e gli istrioni che recitano una parte, pagati, e attirano le masse di bambini, indottrinati, comici come Grillo, fondatore del Movimento Cinque stelle o Benigni, sproloquiante toscano su Dante, sul Risorgimento, sulla Bibbia, sulla Costituzione?

Marco, io vedo il magistero di Paulus e della chiesa christiana – costituitosi sul modello di Roma e di Augusto – che ha avuto molti imitatori negativi, e che potrebbe, comunque, ancora generare un’altra cultura universalistica cattolica, positiva, non più militaristica, ma isonomica ed irenica sulla base di una nuova costituzione europea armoniosa, inglobante anche Russia e Turchia, senza l’ombra religiosa della Chiesa romana, abrogata e rifiutata perché settaria, ridotta alle sole funzioni religiose come la chiesa protestante, anglicana copto-ortodossa – nonostante l’invasione ingiustificata dell’Ucraina da parte di un nostalgico sovietico, militarista, come Vladimir Putin! – .

*Professore, quindi, lei, onestamente, non vede il male nelle due theorie classiche del sublime e dell’umilismo, sintetizzate da Paulus, abile a mescolare, nonostante il pericolo dello spoudaio geloion/ridicolo come Seneca – e meglio di Seneca e di Epitteto e di Marco Aurelio e Plotino! – con uno stile antitetico contrastivo, le antinomie umane. Per lei, potrebbe ancora oggi, essere krhstos/utile un comunicatore e volgarizzatore capace di risolvere le angosce della coscienza umana con la speranza del Paradiso, data ai tanti condannati a vivere una vita di sofferenza e di ingiustizia, sull’esempio del Christos crocifisso e risorto in epoca giulio-claudia?

Tu, Marco, parli di male ma io non so se si può dire male per uno che ha consolato l’uomo angosciato di vivere nella sofferenza, per secoli, e lo ha fatto morire sereno – non disperato – convinto di raggiungere il Paradiso con la sua invenzione cristiana, mediante muthos. Si potrebbe continuare su quella via consolatoria cristiana, rivalutando la linea romano-ellenistica, attenuando sempre di più quella paolina visionario- mistica, dopo aver mostrato la reale figura umana del Messia aramaico, del Regno di Cieli, libera da quella del Christos maestro giudaico-christianos ellenistico paolino-origeniano e dal Christus latino col suo vicario papa, gregoriano e bonifaciano!

*Professore, molti non hanno il limite tra fanatismo visionario e realtà e perciò, mettono insieme cose immaginate e cose reali e, per desiderio di prevalere culturalmente sugli altri, aggiungono anche cose del tutto inventate, considerando illuminata e trasparente la chiarezza della visione celeste diretta, simbolo della luce divina, opposta a quella sotterranea diabolica – cfr. Rein Ferwenda, La signification des images et des methaphores dans la pensèe de Plotin, Groningen, 1965 – .

Marco, io accetto l’altro, comunque sia, e, se l’amo, non penso mai di cambiarlo, anche se lo indirizzo secondo la mia formazione, lasciandolo libero di esprimersi nella sua vita, come preferisce, dando rilievo ad un certo equilibrio, senza salti e senza i passaggi da un estremo ad un altro senza inversioni improvvise con capovolgimenti totali, tipici di Paolo.

*Professore, a questo punto, ritengo, per come stiamo valutando Saulos, non solo un uomo di cultura romana, ma anche fariseo- esseno, quindi, un civis romanus non digiuno di misteri, quasi come ierofante pagano per lo meno all’epoca di Caligola, seguace di battisti o di recabiti, comunque, facilmente adattabile ad un linguaggio di tipo senecano, prima teatrale, poi consolatorio ed infine tipico delle Lettere a Lucilio!

Certo, Marco. Noi abbiamo rilevato paideia e musar in Paulus, vir orgoglioso, un grande letterato. Da qui deriva l’assimilazione di Paulus con Christus, col vittimismo ebraico, in quanto uomo cosciente di essere stato forgiato da Dio col dolore, capace di vantarsi della sofferenza, destinata ad essere merito davanti a Dio giudice e sua forza di fronte al prossimo per cui l’elenco dei mali sofferti testimonia il suo essere fidelis/ khreestos doulos Christou tanto da risultare modello per i christianoi, che aspirano alla salvezza, grazie al sangue del Signore.

*Professore, io, comunque, sono infastidito dalla retorica sottesa nel logos di Paulus ed ancora di più sono innervosito e turbato dalla retorica della frase di Agostino, che lo riprende e lo tiene come esempio da imitare: Noli abscondere a me faciem tuam: Moriar ne moriar ut eam videam/Che io muoia per non morire al fine di vedere la tua faccia – . Non nascondermela (cfr.  Confessioni,1,5,5). Quanta retorica ora vedo! Il santo gioca retoricamente per avere come effetto due risultanze, una stilistica ed una semantica, la prima basata su moriar congiuntivo ottativo in prima persona, seguito da una proposizione negativa finale ed anadiplosi di moriar, la seconda si basa sull’opposizione di vita nel desiderio positivo naturale di vivere in contrasto con la negazione del morire, in quanto si crede nella vita eterna post mortem, sottesa in ne moriar! Eppure fa una precisa richiesta positiva di voler vedere la faccia di Dio, nonostante l’imperativa negativo che sottende thelema/volontà che ci sia epiphaneia con apokalupsis/rivelazione non apocrupsis-nascondimento!

Certo. Agostino comprende il valore dell’antitesi e di ogni tipologia di contrasto in Paulus che, imitando il Christos ed avendo a cuore lo scandalo della Croce/stauros, mostra la sua radice ebraica, di una stirpe perseguitata in epoca caligoliana, tanto che Giuseppe Flavio parla espressamente dei nostri mali, a epathomen in Ant giud., XVIII, XIX, XX.

*Quindi, Paulus sembra, con la lunga sequenza di mali personali che sopporta, dare esempio anche a Flavio, che mostra un lungo susseguirsi di disgrazie per l’etnia ebraica e poi per Agostino che, infatti, ha caro il Paulus sofferente, testimone del Christos, modello per i cristiani africani, colpiti dal male vandalico.

Marco, è ora di leggere il testo. Dai giudei ho subito cinque volte quaranta colpi meno uno, per tre volte le verghe, una volta fui lapidato, tre volte naufragai, passando una notte ed un giorno negli abissi. Sovente in viaggi tra pericoli di fiumi, pericoli di predoni, pericoli dalla mia razza, pericoli dai gentili, pericoli in città, pericoli nel deserto, pericoli in mare, pericoli tra falsi fratelli, tra fatiche stenti, veglie frequenti, fame e sete frequenti digiuni, freddo e nudità, e senza il resto, l’assillo quotidiano, la preoccupazioni per tutte le comunità chi è debole senza che io sia debole? Chi è insidiato senza che io mi infiammi/Upo Ioudaioon pentakis tesserakonta para mian elabon, tris erabdistheen, apacs elithastheen, tris enauaghsa, nukhtheemeron en tooi buthooi pepoihka. Odoiporiais pollakis, kindunois potamooon, kindunois lhistooon, kindunois ek genous, kindunois ecs ethnoon,kindunois en polei, kindunois en erhmiaai, kindunois en thalasshi, kindunois en pseudalphois, en kopooi kai mochthooi, en agrupniais pollakis, en limooi kai dipsei, en nhsteiais pollakis, en psuchei kai gumnothti, khoris toon parektos h epistasis mou h kath’hmeran h mérimna pasoon toon ekklhsiooon , tis astheenei , kai ouk asthwnoo; tis skandalizetai, kai ouk egoo puroomai; II Cor., 11, 24-29.

*Professore, noto volontà di vantarsi e di umiliarsi in Christos crocifisso!

Marco, nota il vanto, pur della debolezza, nella retorica del poliptoto e nella alternanza del dover vantarsi e il vantarsi in prima persona (ei kaukhasthai dei, ta ths astheneias mou kaukheesomai), rileva la reticenza e il sistema retorico di questo geniale ebreo ellenizzato romanizzato, sebbene fariseo, disarmonico pur nella ricerca di sincresi nel corso della sua narrazione sofferta e sofferente, tipica di un mistico, estatico! Otto volte marca kindunois – traumatico! – , bada bene, Marco!

*lo capisco, professore, dopo tanti anni vissuti come cristiano cieco, come Paolo sia davvero il fondatore del cristianesimo come sostengono molti critici – tra cui due autori da lei ben conosciuti, Mario Pincherle e Riccardo Calimani, che vedono, però, nell’apostolo delle genti anche il falsificatore, il falsario, uomo che stravolge la lettera dei fatti, come un kalamosphacths, alessandrino, considerando Christos-Theos, prima ancora della definizione trinitaria di Dio e dell’assimilazione del Khristos con patros uios, logos incarnato, ad opera dell‘Agion pneuma, inviato dal cielo in terra per la redenzione umana come poi sancito nel nostro credo niceo-costantinopolitano – cfr. Lampone kalamosfacths e Parabola del fariseo e del pubblicano in www.angelofilipponi.com – .

Marco, mi sembra che stai andando oltre il nostro ragionamento/logos, preso dalla nostra argomentazione: è meglio rimanere sul testo che ancora dobbiamo esaminare, nella sua unità. Io ora te lo mostro: kaukhasthai dei, ou sumpheron men, eleusomai de eis optasais kai apokalupseis Kuriou/ vantarsi bisogna; non è conveniente, comunque, ma verrò alle visioni e alle rivelazioni del signore. A molti traduttori è sfuggito l’uso di men, in correlazione con de – sempre se il testo tramandato è autentico – , oltre al valore di sumpheron! Paolo, insomma, vuole dire che se bisogna vantarsi, va bene, ma il negare utilità all’azione sottende, dato il valore filosofico del termine, l’idea del negare l’utilità del vanto e di dare conveniente valore, invece, alla visione estatica e alle rivelazioni del signore.

*Procediamo, professore, nella lettura, ricordando che Paolo racconta il fatto in epoca diversa da quella degli accadimenti reali, alonandosi con la sua sofferenza, data la sua volontà istintiva di aiutare e di partecipare alla vita degli altri!

Bene. Ascolta e leggi: Oida anthroopon en Xristooi pro etoon dekatesseroon- eite en soomati mou ouk oida, eite ektos tou soomatos, ouk oida, o THeos oiden – arpagenta ton toiouton eoos tritou ouranou/so che un uomo di Cristo quattordici anni fa – fu nel corpo, non lo so, oppure fuor del corpo non lo so, Dio lo sa – , che venne rapito fino al terzo cielo. Esaminiamo: prima rileviamo la struttura del testo, che risulta composto da un enunciato complesso costituito da principale + oggettiva e da un frase incidentale con tre enunciati semplici coordinati, di cui due sono simmetrici con ouk oida nei due membri, mentre il terzo senza ouk e con soggetto espresso theos + oide – 3^ persona – . I due periodi mandano due messaggi, di cui uno è espressione di coscienza io so di un uomo in Christos rapito fino al terzo cielo – e l’altro di non coscienza in quanto solo Dio lo sa se fui in corpo o senza corpo a dimostrazione di un’umana insicurezza.

*Professore, io rilevo incertezza e reticenza nel dire di uno, confuso, visionario, condizionato da educazione ellenistico-pagana proponente il ratto di Ganimede, troiano, destinato ad essere coppiere, puer delicatus di Zeus come Daniele col re achemenide, proprio nel notare l’uso della funzione emotiva, ripetuta in oida di una creatura e di quella referenziale di oide – poliptoto – con soggetto o theos per l’affermazione che questo uomo fu rapito in paradiso – termine persiano grecizzato – a sentire arrhta rhmata/parole indicibili proibite ad un uomo che vive sulla terra.

Marco, ascolta il messaggio del resto del discorso, che è nel terzo periodo – composto da un enunciato semplice, da un periodo ipotetico di 2 tipo oltre ad un enunciato conclusivo complesso, formato da pheidomai + proposizione finale con doppia frase relativa – . Uper tou toioutou kaukheesomai, uper de emaoutou ouk kaukheesomai, ei mh en tais astheneiais. Ean gar thelhsoo kaukhhsastai, ouk esomai aphroon, alhtheian gar eroo, pheidomai de, mh tis eis emè logishtai uper o blepei me h akouei ecs emou/di questo uomo mi vanterò, ma non mi vanterò di me stesso, se non delle mie debolezze. Qualora, infatti, vorrò vantarmi, non sarò insensato, dirò, infatti, la verità. Risparmio rispettandovi perché nessuno consideri me superiore rispetto a ciò che vede o ascolta di me.

*Professore, la traduzione non è chiara, nonostante la chiarezza della volontà paolina di vantarsi di questo mistico uomo, ben espressa in S.Paolo (Le lettere, a cura di Carlo Carena, Giulio Einaudi editore, Torino, 1990) e nella sua lettura fatta per rendere migliore il significato di reale possibilità del periodo ipotetico con apodosi ouk esomai aphroon precisato con eroo alhteian e con pheidomai – la cui traduzione con rispetto e risparmio indica meglio la volontà dello scrivente di non essere considerato superiore se non in relazione concreta a quanto si vede e si ascolta. Comunque posso solo pensare ad una teologia mistica e ad un uomo che vuole mostrare di aver nel corpo le stigmate per meglio assimilarsi al theos crocifisso.

Marco, Paolo fa pensare a sé come ad uno che porta nella carne (sooma e sarcs) prova del suo essere schiavo del Christos senza vergognarsi del marchio di infamia, giustificando così la rivelazione di un Gesù Christos figlio di Dio redentore e salvatore, tramite la croce. La sua esperienza mistica con Gesù vivo, un morto in croce, diventa basilare perché lo vede come l’eletto del theos. Da qui, la sua insistenza sul valore della redenzione della sofferenza. Paolo lo confessa in Lettera ai Filippesi, 3, 11-12, e in 2 Cor. 48-10: conoscere la potenza della redenzione significa partecipare alla sofferenza del Christos, tanto da diventare simile a lui nella morte.

*Professore, mi vuole dire che Paolo, convertendosi e cambiando stile di vita, crede in una unione mistica col Christos sofferente, in quanto fare la volontà del padre significa essere crocifisso col Christos? Diciamo, infatti, nel Pater Genetheto to thelema sou!

Marco, secondo me, Saulos-Paulus supera l’etica della sofferenza farisaica e va ben oltre il pensiero di Gamaliele – per il quale la morte era il passaggio verso la resurrezione – considerando la resurrezione del figlio di Dio simbolo della resurrezione finale di tutti i credenti.

*Professore, la ringrazio per la precisazione anche se tengo a memoria le frasi di alcuni antichi commentatori circa Paolo, insensato e invasato da qualche demone. Mi riferisco alla tentazione della carne come malattia fisica di Saulos o come opera del demonio secondo Gregorio Magno (Exspositio veteris et novi testamenti in epistulam ad Corintios secundam) e secondo Giovanni Crisostomo (Omelie sulla II lettera ai Corinzi, 26, 2).

Marco, i due commentatori erano perplessi circa la conversione di Paolo come visione reale del Christos vivo e quindi non erano convinti dalla insistenza sulla proclamazione delle non inferiorità rispetto ai superinviati/toon uperlian-oltremisura apostoloon, pur nella ripetizione di essere niente/ei kai ouden eimi. Inoltre dubitavano, come noi, circa l’insensatezza troppo ripetuta e sulla sua affermazione di essere un altro Christos, crocifisso con lui, in quanto inviato direttamente da lui come dispensatore incaricato di dire errhta rhmata le parole proibite indicibili – essendo il theos ineffabile – . Paolo, così dicendo, è creatore di una nuova Chiesa e segue da civis romanus l’idealismo universalistico di Caligola e il suo paradossale divinizzarsi!

*Professore, allora, Paolo rimane, solo in apparenza, discepolo di Gamaliele, per cui la sua oikonomia tou theou è letta dagli apostoli e da Giacomo come un velato invito a dare una lezione al proprio discepolo troppo conforme al pensiero ellenistico e a quello romano sinedriale, al fine di un ravvedimento in senso farisaico: καὶ τὰ νῦν λέγω ὑμῖν, ἀπόστητε ἀπὸ τῶν ἀνθρώπων τούτων καὶ ἄφετε αὐτούς· (ὅτι ἐὰν ᾖ ἐξ ἀνθρώπων ἡ βουλὴ αὕτη ἢ τὸ ἔργον τοῦτο, καταλυθήσεται/Per quanto riguarda il caso presente, vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa dottrina o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; εἰ δὲ ἐκ θεοῦ ἐστιν, οὐ δυνήσεσθε καταλῦσαι αὐτούς·/se, invece, è divina, non potete distruggerla): Il fariseo sa ben che è puerilità sacrilega combattere contro Dio/μήποτε/mai?

Marco, io non posso dirtelo perché non so se già la conversione è avvenuta o se deve ancora avvenire. Inoltre sono incerto se Saulos, che incontra il redivivo Gesù – di cui pochissimi sanno il segreto della non morte – ha il mandato di persecuzione contro le sinagoghe damascene, credenti ancora nel Messia, e non ho idea da chi possa averlo avuto essendo la situazione postmessianica, normalizzata in Gerusalemme.

*Professore, non capisco bene la figura di Gamaliele e neanche quella del suo discepolo in questo quadriennio caligoliano!

Marco, noi abbiamo detto che Saulos, all’atto della venuta a Gerusalemme, ha già una formazione, propria del sistema enciclico – come abbiamo visto in Filone – con lo studio della retorica, fatto probabilmente a Tarso – compreso lo stoicismo – poiché Saulos afferma in I, Corinti, 14, 11 di aver avuto una completa formazione ellenistica, in cui logos è linguaggio e ragione: se non ho il potere del linguaggio sarò un barbaro per chi mi parlerà. Abbiamo aggiunto che, subito dopo, avviene la scelta della setta e del maestro e quindi del distacco dalla propria città e famiglia, sui sedici o diciassette anni, avendo già sviluppato attitudini militari, competenze anche mediche oltre che psico-fisico-atletiche rilevanti, se rimane un giorno e una notte in mare dopo un naufragio. Comunque, il padre ricco, ellenista, fariseo, vuole che il figlio completi gli studi col fariseo migliore dell’epoca, rab Gamaliele.

*Professore, in che consiste la particolarità dell’insegnamento di Gamaliele specie in riferimento alla resurrezione? È rilevabile nel ragionamento/logos di Paolo che procede per antitesi e per ripetizione?

Certo. Il magistero farisaico viene fuori se leggiamo attentamente il testo nel colloquio di Paolo con gli anziani di Efeso, nell’incontro con Felice e con Erode Agrippa II e specie nel dibattito con Cefa, oltre che nella sua difesa di apostolo nella Lettera ai Galati esaminata. Considera, inoltre, che già il giovane ha una impostazione paterna farisaica, a Tarso, quando come neos paga la doppia dracma per il tempio ed ha una sua indipendenza finanziaria, avendo fatto un comune apprendistato con i greci pagani nel gumnasion cilicio, svolgendo l’attività atletica e militare, facendosi rispettare pur con la visibile appartenenza all’ebraismo, pur con le note astensioni concesse ai giudei, cives romani, dal gummasiarca tarsense, obbligato a salvaguardare i diritti garantiti dallo statuto ebraico internazionale, poi modificato da Claudio imperatore con la Lettera agli alessandrini.

*Professore, anche questo è un lavoro specialistico, di nicchia?

Certo Marco. Per una tua più completa conoscenza dei problemi, relativi la formazione di Saulos-Paulus – cfr. H. Bell, Jesus and Christians in Aegypt, 1924; G. De Sanctis, in Rivista di filologia classica ed istruzione classica, 1924; A. Momigliano, Aspetti dell’antisemitismo in due opere di Filone, Rassegna mensile di Israel, 1930 – . Sappi, comunque, che, partito dalla Cilicia, il figlio non rivede più il padre, che muore dopo aver sistemato le due figlie, sorelle di Saulos, una con l’erodiano Fasael, nipote del fratello di Erode il grande, l’altra con un ricco alessandrino, e nemmeno la madre che, vedova, invece va a Roma, dove si sposa con un ebreo romano Rufus – non ben identificato – ed ha figli oltre Rufus, poi incontrati e riconosciuti come fratellastri in epoca neroniana. Comunque, la scelta settaria farisaica con l’impostazione allegorica e col sistema operativo antitetico e ripetitivo è già patrimonio acquisito del giovane tarsense, poliglotta, atletico- non si esce indenne altrimenti da un naufragio dopo aver nuotato per un giorno ed una notte in mare aperto !- certamente fornito anche di buone conoscenze mediche ed astronomiche. A Gerusalemme completa i suoi studi sotto la guida di Gamaliele, nipote di Hillel il grande, un mesopotamico, venuto sotto Erode nella città santa, dove fondò un’ accademia farisaica, di conciliazione, di rispetto del prossimo la regola d’oro “ama il prossimo tuo come te stesso” è di Hillel (non di Gesù!!), sulla base della suggenia aramaica, mesopotamica, connessa con una concezione della storia come espressione di un’oikonomia divina, in cui è chiara la paternità del theos elettiva per l’ebreo, estesa, comunque, a tutto il genere umano, come amore fraterno.

*Professore, Gerusalemme, ora, in epoca caligoliana, dopo un secolo di dominio romano, centro ellenistico, integrato nel kosmos imperiale, dove confluiscono i giudei di ogni parte di mondo per le festività, col suo Tempio, è un faro di civiltà e un crogiuolo di culture, comunque, anche divergenti da quelle di indirizzo conciliatorio, fraterno?

Certo. Marco. Ci sono scuole di tradizione culturale, conservatrice, come quella di rab Shammai, ostile, data l’impostazione materialistica sadducea, a quella spirituale aramaica farisaica ed altre come quella zelotica, ferocemente antiromana, militaristica inneggiante al patriottismo nazionalistico in una cieca fede nell’aiuto di Dio protettore di Israel, figlio prediletto, specie, ora, dopo la fine tragica del Messianismo. Saulos, alla scuola di Gamaliele, acquisisce i fondamentali principi giuridici tanto da risultare in breve un difensore professionista, disputando col maestro e con altri sul monte del Tempio sulla varia casistica giuridica, sulla base delle delibere quotidiane del tribunale. Inoltre, accanto al maestro, si impadronisce dei principi medici, basilari quelli stessi degli esseni, che noi conosciamo dai documenti di Qumran, facendo ricerca e studio sulle proprietà dei minerali e sulla qualità benefica delle erbe medicinali, acquisendo con l’esercizio una abilità curativa tale da dare speranze ai malati e ai bisognosi di cure, servendosi degli antidoti in relazione ad una competenza parallela, quella medica essenica e quella terapeutica alessandrina – cfr. IL MEDICO DI AUGUSTO, in www.angelofilipponi.com – .

*È vero, professore che gli esseni avevano tutti un buon grado di manualità, compresa la classe sacerdotale, ed erano agricoltori e abili artigiani, e che, essendo desiderosi di una vita autarchica, evitavano di comprare dai commercianti, considerati sterco di Belial, il pur minimo oggetto, anche perché non usavano alcuna forma di moneta?

Marco, io so che i puri farisei rifiutavano di toccare il denaro e che gli esseni, vivendo senza commercio, si facevano ogni cosa con le loro mani e che Saulos vive col lavoro artigiano in qualunque città si trovi, anche se è scriba indottrinato secondo allegoria e credente nella resurrezione, uomo spirituale/pneumatikos.

*Professore mi può spiegare bene queste ultime cose?

Marco, Paolo, in quanto discepolo di Gamaliele, è fariseo, credente nella resurrezione e, in quanto ellenista, insegna la fratellanza, però, agli incirconcisi, liberi dai vincoli della vecchia legge, ai quali sono soggetti i circoncisi ebrei, in una volontà di conciliare pagani e giudei ellenizzati, romanizzati, ammaestrando i primi a non insuperbire per il merito delle opere della legge e i secondi a non esaltarsi per il merito della fede in Cristo crocifisso.

*Professore, da quanto dice, sembra che ci sia una legge nuova – penso al decreto agli alessandrini! – a cui Paolo, obbedisce subito dopo gli anni caligoliani, in una volontà di adeguarsi alla volontà imperiale, rispetto alla doppia risposta ebraica, quella legalistica giacomita – che ritiene che solo l’ebreo si salva perché ha un patto con Dio, Padre, da secoli e che tutti gli altri, in quanto idolatri sono destinati a morte – e quella christiana, credente in Christos crocifisso che non si esalta per il nuovo patto perché ritiene tutti gli uomini, nati da Adamo fratelli, peccatori, redenti col sangue del figlio, inviato dal padre, come redentore del genere umano. E’ questo il pensiero christianos di Paulus, apostolos, successivo a quello di Saulos caligoliano? E questo il significato di conversione sulla via di Damasco di Saulos?

Marco, penso di si. È quello che viene fuori dagli scontri comunitari della Chiesa di Corinto, di Galazia e di Gerusalemme oltre a quella di Colossi: è un pensiero che si precisa, col tempo, anche come termini nella certezza paolina di essere pneumatikos sull’ incertezza personale tra dokimos e adokimos e sul valore di katenarkhsa!

*Allora proceda, professore, e mi faccia capire meglio!

Nella Lettera ai romani, ad uomini che formano una comunità mista proveniente dal giudaismo e dal paganesimo, fondata da altri, di sicura epoca claudiana, Paulus dichiara che il Signore Gesù Christos è venuto sulla terra e ha dato il suo vangelo a tutti come dono gratuito – una grazia da parte del Theos, che non guarda alla giustizia/tzedaqah ebraica, ma al peccato comune di Adamo, da giustificare – giustificando tutti indistintamente, col sangue del martus, crocifisso e risorto.

*Bene, professore, seguiti!

Marco, il credere in Christos risulta una sincresi grossolana, una miscela di sublimazione mistica – che raggruppa un quid terreno confuso con quello cosmico – con elementi superstiziosi popolari che, uniti a platonismo e neoplatonismo, doctrina della rivelazione gnostica, fusi insieme ad angelologia e a tradizioni giudaiche, formano una strana cultura christiana nella sede di Alessandria con Clemente alessandrino, autore di grandi opere, di cui ho ho parlato altrove: Clemente dopo Paolo è un pilastro del cristianesimo paolino, che poi si costituisce con Origene, su cui ho fatto molti lavori.

*Professore, il misteryum cristiano non è compreso nel II secolo dai pagani, che vedono i cristiani come uomini dediti ad orge, antropofagi che hanno rituali sacri in cui avvengono uccisioni di bambini, a detta di Tertulliano, anche se la figura di Christos unigenito uios patros, primo della creazione, essere nato prima di tutti gli altri, in quanto sapienza in cui sono compresenti visibile invisibile, il tempo e l’eterno, nonostante  che Celso lo consideri figlio di un’artigiana umile, miticizzato (cfr P. Brown, Il corpo e la società. Uomini, donne e astinenza sessuale nel primo cristianesimo, trad. it., Torino, 1992). Nel II secolo d.C., dunque, dopo la galuth adrianea, quando la fase orale aramaico – ellenica si conclude ed inizia una fase nuova nella ricerca di una  ricostruzione delle lettere paoline,  si nega la sophia filosofica, sostituita da quella dei santi clementina ed origeniana  con una  nuova concezione triplice di spirito anima e corpo per indicare l’uomo, in una predicazione di Il regno di Dio? Me lo può precisare?

Marco, io ti parlo di una concezione unitaria cristiana, da me distinta in Regno dei cieli, aramaico, e Regno di Dio, giudaico-ellenistico, in relazione ad una lunga tradizione letteraria, che si è costituita dopo l‘origenismo in connessione con la cultura occidentale agostiniana, antipelagiana, di cui ci sono notizie precise di un certo rilievo in Jacques Maritain (La pensée se Saint Paul, Parigi, 1941) ed anche in Mauro Pesce (Le due fasi della predicazione di Paolo, 1994) – e in tanti altri che vedono solo ora un Gesù ebreo – che, in modo diverso, ma, sostanzialmente dicendo le stesse cose, evidenziano il vangelo come  parola di Dio sulla base di Paolo – Efesini, 2 – . Maritain, comunque, vede Paolo eletto e convertito e rileva che la sua missione sia in relazione al suo progressivo cambiamento nel corso degli anni durante l’epoca di Claudio e di Nerone con un apostolato diversificato da quello iniziale giovanile caligoliano. Per lui, Paolo è il convertito, scelto per portare lontano il nome di Cristo, e la sua missione dottrinale ha un prodigioso irradiamento da quell’istante, in cui avviene la sua conversione interiore – I corinti, 14-15 – , pur prodigiosa. Infatti la rivelazione mediante lo Spirito produce il miracolo di vedere ciò che è nell’ uomo e in Dio stesso, perché noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo spirito proveniente da Dio/hmeis de ou to pneuma tou kosmou elabomen, alla tao ek tou theou, per cui le cose che sappiamo non le sappiamo dall’uomo, ma dallo Spirito e, perciò, compariamo le cose spirituali con le spirituali/pneumatickois pneumatika sugkrinontes.

*Professore, la divisione clementina in ilici, psichici e pneumatici è già paolina?

Si. Marco. Corpo per Paolo, come per Clemente è ulh/boscaglia, legna da ardere in quanto sooma materia, che cade sotto i sensi, come corpo vivo o cadavere, carogna destinata alla decomposizione , ma è anche sarcs elemento corporale fatto di carne col valore di corpo mortale in quanto formato da sostanza carnosa caduca e debole, anche se dotata di sensorialità e sensibilità affettiva/affectus e motus animi/emozioni istintuali e naturali, sentimenti propri di una materia animata da psuchh/anima, che non ha, però, possibilità di resurrezione, un quanto naturale.

*La resurrezione per Paolo e Clemente -Origene è solo per pneumatikoi?

Sono distinti in quanto chiamati inviati e prediletti da Dio, come se fossero segnati e predestinati ab aeterno, solo gli pneumaticoi, che hanno il dono della parola divina e la missione della divulgazione del Christos, di cui sono immagine stessa e come lui destinati a risorgere, in quanto non conoscono la morte. Essi hanno nous/animus, con dianoia e logos per cui, conoscendo l’alhteia, sono portatori di saggezza-sophia, fanno luce alla parola di Dio e propagandano il Christos-logos/verbum.

*Dunque, professore, per la Chiesa cattolica gli uomini sono ilici e psichici, non destinati a resurrezione perché forniti solo da anima mentre gli pneumatikoi, dotati di animus, hanno diritto al cleeronomos e al regno eterno, loro patria. Il pensiero catholikos alessandrino della predestinazione – nodale nel Cinquecento con Giovanni Calvino (1509-1564) per la repubblica dei santi –  diventa tridentino, sulla base di Paulus che, nel corso della sua predicazione anche nei confronti degli ebrei – non nella lettera agli ebrei, che non è paolina! – pur avendo un tono didascalico ed oratorio, tipico del didaskaleion alessandrino, allegorico, dimostra che Dio pathr ha fatto sua una communitas universale, fissa nel numero degli eletti, iscritti al Regno di Dio?

Marco, il pathr o aphorisas chi dà destino/il destinatore – ha fatto le sue scelte ab aeterno e l’uomo deve cercare di trovare nella oikonomia tou theou la sua sorte, che è fissata, al di là dei meriti individuali, essendo un dono, per grazia divina.

*Professore, a nulla servono le opere e la volontà umana personale di fare il bene, se c’è il dono delle predestinazione solo ad alcuni che, comunque, non ne possono avere sicura consapevolezza, vista la fragilità di una creatura, essendo tutto stabilito ab aeterno?

Marco, non è qui il caso di trattare del dono della predestinazione, di cui ho parlato altrove. Ora mi sembra opportuno vedere come Paolo intenda essere pneumatikos.

*Mi dica, allora, ed io ascolto

Marco, l’uomo è limitato nella ricerca della sua sorte, di cui neppure può avere certi segni di autentica predilezione divina. Paolo, infatti, parla di dokimos e di adokimos, incerto se la sua moneta sia autentica – il discorso è proprio del registro della banca e dei banchieri alessandrini che fanno fare verifiche sul denario, all’epoca, molto adulterato, prima di fare i depositi bancari! – . Il tarsense è un commerciante ed artigiano come anche lo scrittore, pubblicano, del Padre nostro circa il rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori – cfr. Pater e il primo cristianesimo, in www,angelofilipponi.com – . Sembra che le prove di Paolo sono quelle suddette e sono citate come tentativo di conferma della necessarietà della missione tra i gentili quasi fosse segno di una personale predestinazione!

*Quindi, questo è il dubbio di Paolo che ragiona circa katenarkhsa- da katanarkaoo faccio stupire in quanto sono oneroso e pesante poiché sottende irrigidimento specie mortuario – in relazione alla sua conversione, quasi fosse un certificato di elezione e di predestinazione grazie alla famosa via di Damasco, da cui inizia un nuovo tragitto con rinascita? Lei dice che Paolo è eletto perché ha fede in Christos crocifisso ed è predestinato al regno di Dio perché contemplativo, visionario, che vive in cielo, quasi cittadino della repubblica dei santi di Calvino, avendo rifiutato la legge mosaica.

Marco, ecco come Paolo conclude: psukhikos de ou dechetai ta tou pneumatos tou theou , mooria gar autoooi estin kai ou dunatai gnoonai oti pneumatikoos anakrinetai. O de pneumatikos anakrinei men panta, autos de up’oudenos anakrinetai/l’uomo animale non riceve le cose dello spirito santo che sono per lui follia, né può conoscerle perché vanno giudicate con lo spirito. L’uomo spirituale invece giudica tutto e non è giudicato da nessuno (I Cor., 2. 14-15). Nota come chiude il suo discorso: chi infatti conobbe l’intelletto di Dio, colui che lo istruì? Noi abbiamo l’intelletto di Cristo/tis gar egnoo noun Kuriou, os sumbibasei auton; Hmeis noun Xristou echomen.

*Professore lei vuole dire che Paolo tratta coi Corinzi come con bambini/nhpioi en Xristooi, sarkikoi e che necessitano di latte, mentre lui è contemplativo, che sa che non conta chi ha piantato o innaffiato – registro agricolo filoniano – in quanto solo Dio fa crescere e dà giusto compenso ai suoi collaboratori/sunergoi, essendo i fedeli cultura di Dio ed edificio di Dio/Theou georgion, Theou oikodomh -I corinti, 3, 9 – Comprendo tutto questo, ma non comprendo ancora il contrasto dokimos-adokimos finanziario oltre alla diversità di semeia dell’inviato/apostolos, che risulta uno che grava/katenarkhsa?

Marco, Paolo mostra che è lui che astutamente li ha fatti schiavi di Christos crocifisso con la panourgia panourgos doulous emas elabon – ed insiste a dire che lui parla di sapienza tra i perfetti/teleioi, che è sapienza di Dio, nascosta nel mistero, predestinata da Dio prima dei tempi e gloria nostra sconosciuta ai governanti di questo tempo. L’apostolo afferma che è questa la rivelazione, tramite lo Spirito, che permette di porre fondamenta e di edificare, e perciò, conclude voi siete abitazione dello spirito santo, tempio di Dio, e che siete indistruttibili perché abitazione di Dio, destinati a divenire folli/mooroi rispetto alla sapienza umana in quanto fedeli del Christos, seguaci del magistero di un imitatore del kurios, unico fondamento della Chiesa. Infatti, opponendo il noi al voi (I corinzi, 4. 8-9) afferma, secondo il gioco antitetico: voi siete già sazi, già ricchi, siete diventati re, senza di noi, e, fosse vero, perché con voi anche noi fossimo re. Credo, infatti, che Dio abbia indicato come infimi noi, gli inviati, come dannati a morte, perché siamo stati fatti spettacolo al mondo agli angeli e agli uomini: noi folli a causa di Cristo, voi santi in Cristo, noi deboli e voi forti, voi gloriosi e noi spregiati. Fino a questo momento soffriamo fame e sete, siamo ignudi e schiaffeggiati ed errabondi e fatichiamo lavorando con le nostre mani. Insolentiti, benediciamo, perseguitati sopportiamo, diffamati, confortiamo, Siamo stati fatti immondizia del mondo, la spazzatura di ogni dove, fino ad ora/hdh kekorismenoi este, hdh eplouthsate, khoris hmoon ebasileusate kai ophelon ge ebasileusate, ina kai hemeis umin sumbsailusoomen. Dokoo gar o theos hmas tous apostolous eschatous epedeicsein oos epithanatious, oti theatron eghnhtheemen tooi kosmooi kai angelois kai anthropois. Hmeis mooroi dia Xriston,umeis de phronimoi en Xristooi, hmeis astheneis, umeis de ischuroi, umeis endocsoi, hmeis de atimoi. Achri ths arti oras kai peinoomen kai dipsoomen kai gumnitteuomen kai kolaphizometha kai astatoumen kai kopioomen ergazomenoi tais idiais chersin. Loidoroumenoi eulogoumen, diookonomenoi anechometha, duspheemoumenoi parakaloumen, oos perikatharmata tou kosmou egenhtheemen, pantoon perpheema eoos arti. Si noti come eoos arti/finora sia posto come inizio e fine per indicare l’ampiezza della propria immensa sofferenza per il suo apostolato, non riconosciuto!

*Professore, che valore ha la domanda in cosa vi ho gravato katenarkhsa e vi graverò/katanarkhsoo, se sa che lui cerca i corinzi non i loro beni e che è come un padre che ha piacere di spendere e di spremersi per le loro anime? ha forse paura che uparchoon panourgos/essendo scaltro, li ha presi con dolo o che qualcuno li ha sfruttati?

Marco, Paolo sa che Tito, suo collaboratore, procede col suo stesso spirito e che segue le sue orme e quindi nessuno si deve giustificare circa la loro edificazione/oikodomh davanti a Dio, in Cristo/katenanti theou en Christooi! Sa, purtroppo che, in tali situazioni, sorgono eris, zhloi,thumoi, eritheiai, katalaliai, psithurismoi, phusiooseia,akatastasiai/liti, gelosie, furori, introghi, calunnie, mormoriii, altezzosità turbamenti! Perciò, l’apostolo dice che essi cercano la prova che Cristo parla in lui.

*Professore, i corinzi non riescono a capire se Paolo ha avuto dal Signore la missione di edificare: temono di aver di fronte un demolitore!

Marco, il timore dei corinzi circa la costruzione/oikodomh diventa paura della demolizione/katairesis. Questo autorizza Paolo a fare un discorso su Gesù non debole per voi, ma forte in voi, e quindi a precisare i termini.

*Può spiegare meglio?

Certo. Tratta della debolezza naturale del Christos e della forza di Dio per cui la debolezza del crocifisso diventa forza di Dio. Ecco il testo: Kai gar estauroothee ecs asthenias, alla zhi ek dunameoos theou. Kai gar hmeis asthenoumen en autooi, allà zhsomen sun autooi ek dunameoos theou eis umas/e per la debolezza fu crocifisso ma per forza di Dio vive. Anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per voi, grazie alla grazia di Dio. Ecco la sua conclusione: Eautous peirazete ei este en thi pistei, eautous dokimazete/valutate alla prova se avete fede. Non riconoscete da voi che Gesù Cristo è in voi? a meno che non siete dei riprovati. Spero tuttavia che riconoscerete noi come non riprovati/H ouk epiginooskete eautous oti Ihsous Xristos en umin estin; ei mhti adokimoi este. Elpizoo de oti gnoosesthe oti emeis ouk esmen adokimoi – ibidem, 13, 6 – .

*È davvero un birbone, un maestro di retorica, il convertito Paulos, un filosofo ellenista, un pericoloso mago sovversivo! È un’altra cosa rispetto a Saulos!

Marco, nel congedo-benedizione c’è già la proclamazione dell’Agia Trias: la grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio e l’associazione comunicativa col santo spirito sia con tutti voi/H charis tou Kuriou Ihsou Xristou kai h agàph tou Theou kai h koinonia tou Agiou Pneumatos metà toon umoon.

*Bene, professore, non solo Gamaliele ma anche Filone e gli apocrifi delle Apocalissi hanno contribuito a fare del convertito Saulos un Paulus fondatore del cristianesimo.

Marco, forse non si può dire così, ma si può azzardare che la cultura alessandrina oniade prevalga su quella templare farisaica e su quella apocalittica, avendo già una solida strutturazione gerarchica contemplativa ed una sua reale amministrazione comunitaria – che sarà il cardine dell‘ecclesia christiana nel clima postmessianico apocalittico ed in attesa escatologica – .

*Professore, insomma, la conversione di Saulos inutile per circa 4 anni inizia a dare frutti ad Antiochia, ancora città non ben ricostruita, quando Paulus è di nuovo reclutato da Barnaba?

Ora si parla di un nuovo uomo, diverso da Saulos convertito sulla via di Damasco, che inizia un suo percorso mistico-estatico dando il via ad una nuova concezione del christianus-christianos antiocheno, che risulta homo novus, che si distacca dalla tradizione mosaica (cfr. M. F. Baslez, Paolo di Tarso, cit.) ma anche dai costumi dei pagani (perché non seguono il mos mairoum e veterum instituta e, quindi, si isolano politicamente e religiosamente dalle altre comunità) – cfr. P. Siniscalco, Il cammino di Cristo nell’impero romano, Laterza, Bari, 1987 – .

*Dunque, già, ad Antiochia il messaggio paolino risulta quello di un innovatore politico e religioso in quanto non fa inviti a venerare l’immagine del sovrano, anche se non disattende all’editto di Claudio, perché pensa al culto del suo Dio e a Christos crocifisso, senza contrastare quello imperiale proprio dei gentili ed impone di non partecipare ai thiasoi e alle etairiai, forse con ausilio di qualche decreto orientale filoebraico giulio, vincolando i suoi seguaci alla sede delle sinagoga, luogo di preghiera e di comunicazione tra fideles, protetto da decenni?!

Marco, a te valutare! Io ti dico solo che gli antiocheni, i corinzi e tutte le altre ecclesiai paoline credono nell’ immortalità dell’anima e nella resurrezione ed avendo l’esempio di Christos, morto e risorto, attendono la sua parousia /il suo ritorno e, pur temendo il giudizio Dio, sono sicuri dopo la calata dello Spirito Santo, che la giustizia divina faccia il suo corso, punendo i cattivi con la prigione eterna perché ilici e psichici, e premi i perfetti pneumatikoi – cfr. Galati, 23, 8; Flavio, Ant. Giud., XVIII, 1, 3; Guerra giudaica, II, 8, 14 – .

*Professore, si può dire che dalla scuola di Gamaliele e dall’apokalupsis di Gesù sulla via di Damasco Paolo matura una coscienza di resurrezione personale come fariseo scelto da Dio, eletto come predicatore del Vangelo e come edificatore di Chiese e, quindi, come inviato speciale perché teleios, tanto da essere modello per ogni fedele christianos, cioè seguace del Christos crocifisso morto e risorto, senza più i vincoli della circoncisione?

Non so dire, perché, all’epoca, i farisei hanno diverse impostazioni e si diversificano ideologicamente e politicamente, come anche gli esseni e i terapeuti alessandrini, in quanto, attendendo due figure messianiche, una sacerdotale ed una di riformatore politico, avendo visto fallito quello politico, hanno ripiegato ciascuno in un’attesa del ritorno trionfale ed hanno una miriade di posizioni intermedie, pur nel tentativo di generale pacificazione, durante la saturnia era caligoliana, connessa con la missione individuale in relazione alla chiamata del kurios-aphorisas, anche se tutti aspirano ad una comune conciliazione fideistica caritativa, capace di cucire l’anima aramaica con quella ellenistica, seppure condannata per il materialismo dei sadducei, che pur svolgono le funzioni templari e i riti propiziatori. Da qui una certa ambiguità comportamentale di qualsiasi ebreo, che ha tensioni spirituali ma è teso a soddisfare i bisogni corporali e personali anche nel servizio/diakonia.

*Professore, a proposito c’è un detto romano che indica e il clero e l’ebreo: San Pietro se féce prima la barba ppe sé, e ppoi disse ch’er rasore nun tajava/San Pietro si fece prima la barba per sé e poi disse che il rasoio non tagliava per indicare la volontà di fare i cavoli propri, cioè il comportamento egoistico del cristiano e della Chiesa romana, che inseguono un proprio destinato fine.

Marco, a mio parere, l’uomo ha un suo Destino, da cui dipende la personale fortuna, al di là delle sue operazioni, anche conciliatorie, che sono necessarie, comunque ai fini pratici. Ogni fariseo sa di dover operare su concilio/sunarmottoo, che indica azione di moderazione e di conciliazione/metrioths e diallakths, se si vuole comprendere cosa significhi esattamente essere pneumatikos, anche se sa di dover seguire le orme del maestro, facendo, oltre a moderare e a conciliare, un’azione continuata e ripetitiva, abituale di un artigiano, che, comunque, mutando sentimento, si converte e cerca conciliazione e pacificazione per mettere un certo ordine nella sua vita, predestinata, costretto dalle esigenze situazionali!

*Professore, lei mi vuol dire che Saulos, dopo la bocciatura e il ritorno a casa, ora risulta vero fariseo e cerca di ricucire e di riunire per una riconciliazione generale ecclesiale?

Marco, diallassoo indica un cambiamento, un essere diverso da quello di prima, quasi un scambiarsi di ruolo, avendo ritrovato la propria identità farisaica, alla ricerca di un sunodos, volendo evitare la recisa dialusisseparazione, al fine di avere un sullogos-adunanza, comunitario per riprendere animo, dopo il momentaneo ritiro in patria.

*Quindi, professore, Paolo, ora, accetta la lezione conciliante di Gamaliele, anche nei confronti della scuola letterale di Shammai, ripristinando la triplice precettistica di base di ogni rab: osservanza dei divieti alimentari, agàph amore per l’altro, in senso caritativo, comunicazione del messaggio di resurrezione mediante lettere/logoi, inviate ai timorati di Dio, non circoncisi per facilitare il proselitismo, in una ripresa ideale di un universale sugghneia-parentela, che autorizza un comune senso di giustizia, un ordine militare e raccolta di primizie (cfr. Annie Jaubert, La notion d’alliance dans le Judaisme aux Abords de l’Ere chretienne, edizioni du Seuil, Parigi, 1963).

*Professore, a questo punto, mentre ringrazio per le tante cose assimilate circa la conversione di Paolo e il suo cambiamento sentimentale col cuore-lev, faccio una domanda estranea al nostro tema, sul nome di Gesù, da lei trattato in molte occasioni perché alcuni amici mi insistono a parlare di un’origine non aramaica. Si può dire ciò?

No. Marco. Gesù/Jehoshua è nome antico aramaico usato con Jehoshua bar Nun il successore di Mosè e poi come nome di un sommo sacerdote, che riporta i deportati da Babilonia col principe Zorobabele (cfr. Zaccaria, 6, 9-15) oltre ad a Gesù- Giasone, fratello di Onia III, oltre a Siracide, autore dell’Ecclesiatico, per non citare i personaggi testimoniati da Giuseppe Flavio, che mostra con Filone il suo significato di Ihwh salva.

*Quindi, non ha valore Ishva, abbreviazione dal sanscrito Ishvan-principe come afferma H. Kersten in La vita di Gesù in india (Verde Chiaro edizioni, 2009), essendo tutta la sua opera un falso storico, una favola inventata e frutto di ignoranza, a detta di molti critici tedeschi! E cosa mi dice sul messaggio cordialis di Paolo?

Il messaggio, paolino, cordialis, è cristiano, come il suo linguaggio passionale sanguigno e la sua sublimità di ingegno. Quindi, ribadisco che la via di Damasco sia non una via reale, in cui un essere divino incontra un giovane civis romano ellenizzato, persecutore, che viene convertito, ma un ideale via, in cui c’è epiphaneia divina per un attivista ellenista zelatore e persecutore di aramaici, che inizia un nuovo tragitto culturale folgorato dall’apparizione di uno, meshiah, considerato morto e risorto, che, vivente, lo invia in missione tra i gentili: Paulus è un uomo dell’impero, specie in epoca neroniana, in cui subisce due processi, in due momenti diversi, da chiarire. L’apostolo risulta elemento comunitario che considera in una dimensione internazionale la famiglia, l’attività sociale, la cultura e la stessa ecclesia, nonostante la sua educazione settaria farisaica e grazie allo spirito conciliatorio cristiano, che autorizza la costruzione di un ponte tra la legge e la salvezza individuale, sulla base della fede in Christos.

*Professore Paulus, avendo una concezione universale catholikh e creando unità ad una ecclesia, non ancora istituzionalizzata, ha coscienza di volere integrare i suoi fedeli orientali nel mondo ecumenico romano, secondo una sua visione ellenistica giudaica?

Marco, non è facile rispondere. Né Luca in Atti degli apostoli né Paolo stesso con le sue lettere ci aiutano nella lettura anche perché i testi sono parola divina/logia cioè interpolati da mani successive di uomini, che vogliono interpretare per spiegare, ma non ci riescono, pur manipolandoli a seguito di revisioni, in particolari momenti propizi storici Comunque, nel periodo antiocheno e in quello efesino, specie negli anni neroniani in cui la leggenda pone accanto Cefa, Pietro e Paolo, tra il 58 e 68, ci sono reali possibilità di mediazione e di conciliazione in senso ecumenico, tra il primo e il secondo processo, quando sembra che l’apostolo delle genti si trasferisca temporaneamente in Spagna per poi decidere di tornare in Asia.

*Professore, il progetto universale-catholikos di Paulus è da connettersi col trasferimento in Spagna, dopo che ha provato di non aver trasgredito di fronte ad Afranio Burro – 58/59 – nessuna legge sacra e quindi, fa cadere l’accusa di empietà e di sedizione, in quanto rimasto a Gerusalemme, solo per pochi giorni?

Non credo. Paolo, anche se ha già un suo universalismo caligoliano, legato a quello ellenistico di Alessandro, re macedone, ha una sua visione, centrata sull’Italia e Roma, avendo sotteso un piano di connessione romano-italico della zona orientale con quelle occidentale (Spagna e Gallia) tipico del quinquennio felice neroniano (54-59) ma, così ragionando, risulta odioso ai circoncisi giudei (aramaici e ellenisti) e ai pagani che hanno una concezione di superiorità culturale orientale ellenica, avendo subìto forse il fascino degli intellettuali spagnoli di corte, di Seneca il vecchio e Seneca filosofo, il governatore dell’Acaia Anneo Gallione e il padre di Lucano, Lucio Anneo Mela. Infatti, portato in tribunale da Sostene, capo della locale comunità ebraica, corinzia, (At 18,12-17), Gallione, interpretando la liberalità di Roma nelle questioni religiose, si rifiutò di emettere una sentenza e disse espressamente: se si trattasse di qualche ingiustizia o di qualche grave misfatto io potrei anche ascoltarvi, o ebrei, a norma di legge, ma se si tratta di questioni di parole, di nome e della vostra legge, pensateci voi: io non voglio essere giudice di tali cose!

*Professore, Gallione, pragmatico governatore, vuole applicare la legge e non fare il filosofo, che giudica senza competenza circa le questioni giudaiche religiose, nominaliste, prescrittive, inestricabili per un occidentale! Il romano rimane fermo alla res-pragma e lascia ai giudei la forma coi bisticci verbali, lavandosene le mani, come Pilato con Christos!

Marco, Afranio Burro, che trattiene l’apostolo per un biennio a Roma, non lo ritiene, comunque, colpevole e lo lascia libero poco prima della sua morte nel 62 o è lasciato libero subito dopo da funzionari imperiali: infatti, Paolo è assente all’arrivo di Giuseppe Flavio a Roma nel 64!. Paolo, invece, è di nuovo a Roma tra il 67 e 68 ed è giudicato da Ofonio Tigellino e condannato a morte – cfr. Apollonio di Tyana e Gesù di Nazareth, in www.angelofilipponi.com – .

*Professore, all’epoca, Nerone è assente, in quanto è in viaggio in Grecia e a Roma vige un clima di terrore in quanto è iniziata una persecuzione contro i filosofi e le accuse sono di sovversione e di magia: Paolo potrebbe essere stato accusato dagli intellettuali di corte come Tiberio Claudio Balbillo ex prefetto di Egitto – cfr. FILOPAPPO – o come Simone mago samaritano, di cui si parla in Atti di Pietro, opera di autori successivi, per aver risuscitato qualcuno, il tianeo a Roma stessa, il tarsense a Troade!

Marco, conosci davvero gli ultimi 30 mesi della vita di Nerone, morto il 9 giugno del 68, la crisi economico-finanziaria, dopo le folli spese sostenute per la costruzione della domus aurea e il taglio dell’Istmo di Corinto e la costruzione del canale, che doveva unire il lago Averno con Roma?

*Professore, nonostante le sue tante indicazioni circa il regno di Nerone ho poco presente la sua storia, dopo la congiura dei Pisoni, la morte di Seneca e di Petronio e quella del pretoriano Femio Rufo, sostituito da Ninfidio Sabino. Non conosco affatto la situazione delle province occidentali – Gallia, Spagna Lusitania e di Germania – e tanto meno di quelle orientali di Siria e di Giudea, insorte dopo la battaglia di Bethoron nel 66, a causa anche degli eccidi di aramaici e di ellenisti in Alessandria poco prima del mandato di Vespasiano. Neanche mi oriento sulla tragica fine di Nerone – la cui figura stessa mi sfugge dopo la morte di Poppea Sabina e il matrimonio con Statilia Messalina e con l’eunuco, ventenne, castrato, Sporo!

Marco, hai, quindi, un vuoto sulla figura di Nerone, che, accompagnato in Grecia dalla corte, sotto la protezione di Ofonio Tigellino, vive da attore /artifex da cantante e da auriga vincitore in ogni gara tra le acclamazioni popolari, ma deve, poi, tornare a Roma, a seguito della rivolta di Vindice in Gallia. Ora che anche l’Occidente si ribella, l’esercito nomina imperator un condottiero di fama come Servio Sulpicio Galba, mentre Ninfidio Sabino, capo pretoriano, fa promesse di ulteriori aumenti di stipendio e di premi ai pretoriani, Nerone si uccide. Allora Tigellino offre i suoi servizi al nuovo imperatore, gradito anche al senato, che procede lentamente prima di arrivare in Italia e a Roma, mentre propone la candidatura di un collega nella figura di Calpurnio Pisone Liciniano, come legittimazione della sua auctoritas antineroniana filopisoniana. Ciò inasprisce l’opposizione del senato, dei governatori occidentali, favorevoli ad Otone e quella dei pretoriani che vedono disattese le loro speranze di donativi: la tragedia di Galba e dei suoi fautori si consuma il 15 gennaio del 69, dopo sette mesi di regno.

*È un momento veramente tragico questo del 68-69, in cui sembra potersi porre la morte di Paolo che ha il sostegno degli uomini della casa di Narciso – cfr. Lettera i romani, 16, 12 – : tous ek toon Narkissou tous ontas en Kuriooi – e della domus Rufus e sta facendo via terra il percorso dalla Macedonia per arrivare a Roma dopo le nuove accuse di Alessandro il calderaio, le defezioni tra i suoi seguaci, convinto, comunque, di potersi liberare dalla bocca del leone, fiducioso forse nell’avvocato – o nomikos – Zena!

Marco, la situazione non è proprio questa, perché dopo elezione di Galba e la morte di Nerone, l’impero romano entra nel caos generale di una guerra civile a causa delle voci di nomine degli eserciti provinciali che proclamano i loro comandanti, seguendo l’esempio delle truppe germaniche che avevano eletto imperatore Verginio Rufo che aveva rifiutato e si era schierato dalla parte invece di Galba, già designato imperator in Spagna, sostenuto da Otone, che credeva di potergli succedere perché il collega non aveva figli, mentre sorgeva la candidatura di Aulo Vitellio figlio di Lucio Vitellio vincitore di Artabano III, ex censore ed ex console, molto stimato dai suoi ex legati, come Cecina Allieno, Arrio Flacco, oltre a Marco Antonio Primo, a Licinio Muciano, a Tiberio Alessandro, che già inclinavano per Vespasiano comandante delle truppe romane in Giudea.

*Professore mi vuole dire che già nel 68 la situazione è precaria, quella di una guerra civile in corso, coi milites e loro legati intenzionati a depredare le città e perfino la capitale dell’impero, dove il popolo romano e lo stesso capo dei pretoriani, Ofonio Tigellino, sono in vendita e passano subito dal carro del vincitore Galba a quello di Otone, seguendo l’esempio di Verginio Rufo e di Ninfidio Sabino, dopo il mancato pagamento dei premi.

Certo, Tigellino, esautorato, passato da Nerone a Galba (che non ha pagato i milites e dato donativi ai pretoriani e per di più ha nominato erede imperator Pisone Liciniano, generando tradimenti a catena tra i suoi seguaci che acclamano prima Otone e poi il figlio di Lucio Vitellio, al di là dei suoi meriti personali) seguendo l’esempio dei colleghi, si presenta insieme all’eunuco Sporo, ad Otone, che non accetta il suo servizio e lo costringe al suicidio.

*Professore, mi vuole dire che Paolo muore decapitato senza un ultimo processo, vista la situazione di emergenza bellica, come un malfattore kakourgos?

Secondo me, Paolo viene decapitato per ordine di Tigellino che sta passando a Sulpicio Galba e quindi decreta la morte sulla base del precedente processo con le stesse accuse, depositate da Lisia, quando già le truppe di Siria e di Giudea e quelle di Egitto hanno già designato imperator Flavio Flavio Vespasiano. Il giudizio di Tigellino, quindi, neanche viene criticato o messo in discussione nel caos che segue in Roma prima nella lotta tra galbiani ed otoniani e poi al momento dello scontro tra le milizie di Salvio Otone e quelle di Aulo Vitellio, a Bedriaco, quando già tutti i generali otoniani hanno tradito a favore dei vitelliani, che già cominciavano ad avere rapporti con gli eserciti della pars orientale di Marco Antonio Primo, governatore di Pannonia, favorevole a Vespasiano, intenzionato a dare Roma in saccheggio ai propri soldati, non ancora pagati, come avevano fatto i vitelliani con Cremona otoniana. La situazione romana risulta ancora più caotica al momento della seconda battaglia di Bedriaco, tra i vitelliani e le truppe flavie comandate da Marco Antonio Primo, che, sostenuto da Allieno e da Verginio Rufo, neanche obbedisce agli ordini dell’imperatore ed attacca il nemico e vince, facendo a meno dei contingenti militari di Licinio Muciano, di cui teme la popolarità. Infatti entra in Roma quando già Vitellio si è arreso ed ha abdicato, consegnandosi al fratello di Vespasiano, Flavio Sabino, determinando una violenta reazione dei vitelliani che assediano il campidoglio ed uccidono Flavio Sabino. Tutto si risolve positivamente per i fautori di Vespasiano, comunque, grazie all’intervento anche di Domiziano, suo figlio, che, con l’aiuto delle truppe di Primo ed ora anche di Muciano fa stragi degli avversari.

*Professore. Roma è insanguinata in ogni parte e prima e dopo le due battaglie di Bedriaco e il 69 risulta anno terribile, ricordato come funesto per la morte di tre imperatori e di diecine di migliaia di cives romani.

Certo una brutta pagina storica si chiude, in cui finisce anche la vicenda terrena di Paolo. Marco, chi in una Roma, dove molti cives sono morti nella guerra civile, pensa al processo di Paolo e alla sua decapitazione quando già è ucciso Otone, dopo 95 giorni di regno, quando Vitellio fa il suo ingresso nella capitale ed instaura il suo potere, avendo come capo pretoriano Arrio Flacco, amico di Cecina Allieno, prezioso alleato di Flavio Sabino, fratello di Vespasiano – cfr. Cenide e Vespasiano, o Vespasiano e il regno, www.angelofilipponi.com – . Chi, se non qualche famigliare Rufus, può ricordare Paolo di Tarso, all’ arrivo di Muciano, che ristabilisce un certo ordine e acquieta le partes ancora in lotta, in attesa dell’arrivo da Alessandria del sooter Vespasiano?

*Di tutto queste cose so confusamente quello che dice la tradizione cristiana circa la decapitazione di Paolo sulla via ostiense e circa i Trophaia di un certo Gaio del II secolo, che commemora la sua morte e la cuce con quella di Simon Pietro, considerato morto crocifisso, qualche anno prima negli orti vaticani e celebrato insieme il 29 giugno.

Marco, a questo punto, non mi sembra il caso di seguitare a parlare della morte di Paolo e tanto meno dell’eredità da lui lasciata a Roma, congiunta con quella petrina. Forse è bene chiudere qui la conversione paolina!

*Bene professore, vorrei concludere, ricordando che lei, trattando dell’inizio del regno di Vespasiano ha scritto che ad Alessandria  l’imperatore, dopo aver avuto l’adesione di Tiberio Alessandro e poi di Licinio Muciano e il loro riconoscimento  militare del suo Regno, libera Giuseppe ben Mattatia ed autorizza Marco Antonio Primo a prendere Roma insieme con Muciano, al fine di una pacificazione generale, desideroso di essere soothr-salvatore di pagani ed ebrei, il sovrano-dio delle due partes ora non più belligeranti.

Si. Marco ho scritto così. Le mie notizie, su cui poggia il mio lavoro storico, sono utili ai fini della comprensione di un processo di revisione nel momento più buio della storia romana del I secolo d.C., tra il 68 e 69 e potrebbero far luce in questo buco nero storico, in cui sono sorte leggende tanto da creare il Mito di Pietro e di Paolo, festeggiati insieme come i due fondatori della Chiesa romana.

*Professore, secondo lei, dunque, la leggenda del primato di Pietro congiunto col martirio di Paolo nasce a causa di questo tragico momento storico, quando gli eserciti provinciali corrono verso Roma per depredarla, non essendo stato pagato il salario promesso e non essendo stati concessi i doni per i pretoriani: è un quadro, in cui ben si staglia la figura di Ofonio Tigellino agrigentino, personaggio, non ben approfondito storicamente, essendo un pretoriano travolto anche lui dalla tempesta dell’anno 69!

Marco, io ho fatto ipotesi sul mito di Pietro – un povero pescatore con numerosa famiglia e con tutto un clan aramaico al seguito, antiromano, che difficilmente può essere arrivato, via mare, a Roma da Antiochia! – e l’ho ben distinto da quello di Paolo, un filosofo medioplatonico, giudaico-ellenista, mistico-terapeuta, considerato un malfattore kakourgos, in quanto odioso a pagani per la magia e rifiutato dagli ebrei-aramaici per la predicazione antimosaica anche ai non circoncisi, ed odiato dai giudeo-ellenisti per la sua missione universale, per il suo credo nel Christos crocifisso morto e risorto, e nel suo ritorno, imminente. Ho rilevato il suo viaggio da prigioniero verso la capitale dell’impero in un momento in cui ci sono spostamenti di eserciti, e sembra che abbia avuto fretta e problemi, visti i tanti tradimenti e defezioni, tanto da abbandonare ton phelonhn/il mantello rotondo presso Carpo, insieme ai libri e alle pergamene /on apelipon en Trooiadi para Karpooi , erchomenos, phere kai ta biblia, malista tas membrànas – cfr. II Tim., 4.13 – .

*Ricordo che lei, parlando del mantello rotondo con cappuccio/paenula da filosofo cinico lo metteva in relazione con quello di Giustino e mostrava che Paolo aveva molto interesse alle pergamene, in cui forse erano le prove della sua innocenza, da presentare a Tigellino e alla corte di Nerone, che aveva all’epoca, come consiglieri maghi come Balbillo e Simon mago samaritano, che temevano il potere e l’autorità del tarsense ed anche il piccolo gruppo di parenti romani ancora a lui fedele (dopo le tante defezioni asiatiche a causa delle accuse di Alessandro il calderaio) e le segrete riunioni eucaristiche!

Marco, sappi che un indagato a Roma, specie se protos, conviveva con un pretoriano – o due – che, a sera, faceva rapporto scritto al suo superiore diretto, indicando le visite ricevute, gli incontri fatti, i comportamenti tenuti con gli altri cives – cose già segnate e già note su Paolo, che pur non avendo un gran fisico, anche se forte ed atletico, era temuto per le sue conoscenze mediche, per la magia, per l’abilità retorica.

*Non si sa, comunque, quando esattamente viene ucciso.

A mio parere, Tigellino preferisce sopprimere il malfattore giudeo odioso a tutti, subito dopo la morte di Nerone e si libera del sovversivo aramaico, anche se protos, civis romano tarsense, compromesso con i lhistai patrioti giudaici, nonostante l’abilità retorica, le sue conoscenze medico-magiche e le doti non comuni dialettiche, dimostrate anche di fronte a Festo, ad Erode Agrippa II e a Berenice, ora nota come compagna di Tito, amata e riverita in Giudea.

*Professore, lei ha scritto Per un bios di Ponzio Pilato, per me opera fondamentale per la conoscenza della storia dell’epoca tiberiana, non sarebbe il caso di scrivere anche Per un bios di Ofonio Tigellino? Avrebbe la possibilità di riqualificare la figura di Domizio Nerone e di evidenziare il sistema processuale romano e con Paolo di Tarso e con Apollonio di Tiana.

Si vedrà, si vedrà, Marco, se campo! L’indagine sui 14 anni neroniani è molto ardua, più complicata di quella fatta su Caligola, comunque, sempre meno difficile di quella da fare sul ventennio di Diocleziano e sulla sua riabilitazione storica, dopo la graduale demolizione della sua opera e il suo oscuramento totale, voluto dalla critica cristiana.

*In conclusione, professore, lei non vede una reale conversione di Saulos, che praticamente al momento risulta inutile, ma rileva Il fatto-pragma, l’evento reale accaduto sulla strada di Damasco, non, però, come un’apparizione ad un persecutore, giovane ebreo tarsense, attivo in Gerusalemme ed operativo anche in zona damascena, ma come incontro tra un grosso gruppo di cavalieri aramaici, con a capo il redivivo Gesù, non morto, coi suoi, a mezzogiorno, in pieno deserto, di cui si appropria la leggenda cristiana che mette insieme Paolo e Pietro, i due ecisti della chiesa romana, accomunati dalla morte in epoca neroniana.

Marco, troppa confusione c’è nel momento storico della morte di Nerone e poi nel fatale 69, per cui non è possibile rilevare neppure la presenza di Pietro, ma solo quella di Paolo, che viene ben tipicizzato nel suo messaggio christianos, rimasto inalterato in epoca costantiniana con Eusebio ed ancora coi cappadoci sotto Teodosio – cfr. II Tim., 2, 8-10 – : mnemoneue Ihsoun xriston eghgermenon ek nekroon ek spermatos David, kata to eunagelion mou, en ooi kakopathoo mechri desmoon, oos kakourgos, alla o logos tou theou ou dedetai/ricordati di Gesù Cristo, risvegliato dai morti, nato dal seme di David, secondo il mio vangelo per il quale soffro fino ad essere incatenato come un malfattore, ma la parola di Dio non si incatena!

*Professore, mi vuole dire che Paolo muore incatenato come un malfattore, ma il suo vangelo resta perché la parola di Dio non si incatena!

Il suo pensiero, evangelico, ripreso in Alessandria dal didaskaleion di Clemente alessandrino, rinnovato e potenziato da Origene, dopo la creazione del dogma dalla Agia Trias, diventa il vangelo di Gesù Christos, uios patros, logos, su cui non possono prevalere Gianne e Giambre, che pur contestarono Mosè/Iannhs kai Iambrhs antesthsan Moousei – ibidem, 3, 7 – , perché il suo vangelo diventa parola vivente divina e la sua figura quella di un altro Christos!

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