IL MEDICO DI AUGUSTO

 

Negare: niente di meglio per emancipare lo spirito! E. Cioran

Negare la falsificazione dei Logia  del Signore  è  POTENZA DAIMONICA DELLA CHIESA !

Professore, Mariamne muore alla fine del 29 ed Erode entra in depressione per poi ammalarsi, dopo la decisione di andare nel deserto prima e  poi di ritirarsi  a Samaria   a lui cara per i ricordi amorosi della moglie!     Quando iniziano i sintomi della malattia?

Marco, tu  vuoi sapere esattamente il periodo della malattia di Erode e conoscere la situazione della Iudaea   tra l’inizio del 28 e  la fine del  27,  anno della morte di  Alessandra!

Si . Mi piacerebbe perché vorrei mettere in relazione la malattia di Erode con quella di    successiva di Ottaviano, che proprio nel 27 viene definito Augustus /Sebastos ed autorizza il re amico a chiamare la città in costruzione Sebaste!   Si sa che Erode si ammala quando è a Samaria -Sebaste  e quindi dopo l’estate del 27 e che la malattia renale  è persistente tanto che la guarigione completa avviene  quando Ottaviano è in partenza per la campagna cantabrica in Hispania, allorché  cominciano per lui i primi disturbi epatici, quando è stata scoperta la congiura di Alessandra e di Costubar e il re ebraico  ha già fatto la sua feroce repressione. Aggiungo che Erode, depresso, accusato da Esseni e da Farisei sente la maledizione divina  e teme che l’ira di Dio , ora che si è riversata sul suo popolo col terremoto e con l’epidemia della peste/loimoodhs nosos, nella vallata del Giordano, colpisca  personalmente lui colpevole di aver cambiato i costumi del suo popolo e di aver sterminato gli asmonei, la stirpe regale di Israele.

 

Dunque, professore, mentre l’epidemia di peste si spande   e miete vittime anche lungo la vallata del Mar Morto e poi sulla costa,  il re ordina di fare preghiere  ai sacerdoti del tempio temendo che  Dio applichi la sua mhnis/collera dia thn gegenhmenhn paranomian en thi Mariamnhi / per l’iniquità perpetrata nei confronti di Mariamne!.

 Qual’ è la malattia mortale di Erode, professore?

Si sa, Marco,  che  i medici  consultati non trovano le medicine adatte per la guarigione. E Flavio- Antichità Giudaiche XV, 245- scrive: la sua malattia/ nosos consisteva  in una infiammazione e  suppurazione della cervice  con perdita improvvisa temporanea  di coscienza/ flogoosis kai  pusis tou iniou  kai ths dianoas apeellagh.

Gli storici si sono affannati a dimostrare che Erode ebbe ictus o paralisi, progressive,  con disturbi psichici, comunque,  dovuti a depressione e stress.

Di certo c’è una sintomatologia che può autorizzare una diagnosi di ictus cerebrale  momentaneo e parziale con perdita di memoria.

Flavio-ibidem 245/246- aggiunge: nessuno dei rimedi provati gli era di giovamento, anzi l’effetto era opposto. Tutti  i medici che gli erano intorno ritennero cosa migliore assecondare ogni suo desiderio, chi perché la malattia  era resistente ad ogni farmaco somministrato, chi perché il re non era in grado di seguire una dieta diversa da quella a cui l’obbligava la malattia, affidando alla fortuna la tenue speranza di guarigione che dipendeva dal suo tenore di vita /to duselpi ths soothrias en ecsousiai ths diaiths anatithentes thi tukhhi. 

 

 Professore è mio desiderio conoscere la medicina  e il sistema medico in epoca augustea.  Me ne può parlare in modo da capire il livello medico dei romani  e la cura farmaceutica sotto Augusto?

Marco , io non sono un medico,ma  so che  Erode ed Augusto hanno una stessa scuola medica quella di Antonio Musa, che è della scuola alessandrina, del Museo. quella stessa che curava la famiglia di Antonio e Cleopatra.

Si può dire, quindi, che Erode ed Augusto hanno  medici che hanno la stessa formazione  e  che  di base  usano medicine a base  di erbe ed anche di oppio , oltre a cure di acqua fredda o calda?

Certo. Ottaviano, tornando dall’ Egitto, fa regali, dopo la  decisione di mantenere Erode sul trono di Giudea, e delle guardie  del corpo di stirpe galata, un tempo  al servizio di Cleopatra, e di un nutrito numero di medici liberti di Antonio,che formavano una scuola.

Professore, mi ha parlato, in generale, di scuole mediche  in epoca di Erode e dei medici, che cercano  di salvare la sua vita. Vorrei un approfondimento  sul rapporto tra la domus antonia e i medici alessandrini? e poi vorrei sapere specificamente qualcosa su Antonio Musa in epoca augustea?

Marco non ho molte notizie, certe, e quelle che ho, derivano da Storici- Dione Cassio  (St.Rom., LIII,30-34) e da Svetonio  e da Storia Naturale di Plinio il Vecchio, unica fonte, che può dirsi medico-farmaceutica,  e dai Fragmenta Historicorum Graecorum  di Giuba II, re  di Numidia e di Mauritania, un erudito che scrisse libri di Storia di Roma , Libika,  Arabika, marito di  Selene Cleopatra, figlia di Antonio, un’erede del patrimonio del triumviro, sorellastra di  Antonia Minor, nonna di Caligola.

Quello che dico è  in parte  supposizione, basata sul  trasferimento della famiglia servile antonia  a Roma, dopo la battaglia di Azio, e per la maggior parte  è notizia circa la corte di Augusto, in cui è trasferita parzialmente la scienza medica alessandrina.   Si sa che  Ottaviano incarica la sorella Ottavia, moglie di Antonio e madre di Antonia Maggiore ed Antonia Minore,  di educare i figli di Antonio  e Cleopatra,  tranne Cesarione,  ucciso, e  quelli  di Fulvia ed Antonio, tranne Antillo, ucciso,  come membri della sua famiglia insieme a Tiberio e a Druso, figli di Livia,  oltre a sua figlia Giulia Maior.

Augusto fa educare  dalla sorella i figli di Antonio, nati dalle precedenti mogli e dall’amante Cleopatra? E’ un un uomo tollerante, moderato e magnanimo?

No.

No. E’solo un opportunista, scaltro, un ragioniere, emporos commerciale, figlio di un argentarius, un uomo malaticcio, un piccolo uomo  che vuole il  controllo massimo sui  figli stessi del suo avversario politico, morto, tenuti a corte  insieme con gli ostaggi dei vari re orientali!

Non è certo un bel giudizio umano su Augusto, considerato divino, universalmente eutuches/fortunato politikos/vir civilis!.

Marco, la storia non è  quella che noi  sappiamo e troviamo scritta!. Su Augusto  leggi questa pagina  di  Plinio il Vecchio, Storia Naturale, VII, 147-150:  Anche nella  vita del divino Augusto – che tutta l’umanità pone nella categoria di uomini felici – se si considera attentamente ogni cosa,  si possono rintracciare le grandi vicissitudini del destino umano: ebbe un insuccesso, quando aspirò a diventare comandante della cavalleria di suo zio ( Cesare, prozio !) e alla sua candidatura fu preferita quella di Lepido; subì l’odio, a causa delle prescrizioni; fu collega, nel triumvirato, di due pessimi cittadini (Antonio e Lepido) e neppure aveva un peso almeno eguale, dato che  era Antonio che aveva maggiore influenza. Si ammalò, durante la battaglia di Filippi, fuggì e si nascose per tre giorni in una palude, infermo e (come ammettono i  suoi amici Mecenate ed Agrippa!) gonfio per un’idropisia; fece naufragio in Sicilia e di nuovo, anche lì, si nascose in una caverna, quando ormai le sue navi erano in procinto di fuggire, pregò Proculeio di ucciderlo. Affrontò la preoccupazione/cura per la contesa di Perugia, l’ansia /sollecitudo per la battaglia di Azio, la caduta da una torre durante la guerra di Pannonia, tante rivolte militari, tante malattie dall’esito incerto, le mire sospette di Marcello, il vergognoso allontanamento di Agrippa, tante insidie portate alla sua vita, le accuse lanciate in seguito alla morte dei figli  e i lutti che non lo rattristavano solo per la perdita subita, l’adulterio della figlia e la pubblica rivelazione del progetto di parricidio; l’offensivo isolarsi del figliastro Tiberio Nerone, l’altro adulterio compiuto dalla nipote. A tutto ciò si aggiungano altre disgrazie: la scarsità dei fondi militari, la rivolta dell’Illirico, il forzato arruolamento degli schiavi per la penuria di giovani leve, l’epidemia scoppiata a Roma, la carestia in Italia, la decisione di morire e il digiuno di quattro giorni, che portò la morte ad impadronirsi  di quasi tutto il suo corpo,  e, per giunta, la disfatta di Varo, i tanti insulti al  suo prestigio, la cacciata di Agrippa Postumo dopo averlo adottato e la nostalgia di lui dopo averlo esiliato  e, da un lato, il sospetto che Fabio rivelasse i suoi segreti e dall’altro le macchinazioni cogitationes della moglie e di Tiberio, che costituirono la preoccupazione degli ultimi suoi anni.

Una vita di Augusto, non certamente felice, vista da un’angolazione intima, propria dell’epoca flavia, dissacrante!

La conclusione, Marco,  ha sapore  di rivincita della domus claudia, da lui esiliata e disonorata con la violenta presa di Livia al marito Tiberio Claudio Nerone, avversario perusino e sembra una punizione divina:  quel dio, che raggiunse il cielo, forse più di quanto non meritasse, morì, lasciando come erede il figlio di un suo nemico/hostis!.

Un giorno, se vuole, mi parlerà diffusamente della vera vita di Augusto tra ansie, paure, malattie, tradimenti e stragi!. Ora procediamo  per soddisfare  la mia curiosità circa la medicina  intorno a Antonio Musa. Il medico e suo fratello erano al Museo di Alessandria, tra gli scienziati della scuola di Erofilo?

Conosci  Erofilo di Calcedone?

Bravo!

Lo conosco per gli studi fatti da un amico su sistole e diastole  cardiaca e so che è  medico  vissuto sotto Tolomeo I e  specificamente sotto Tolomeo II  Filadelfo, che gli diede l’incarico di  formare una scuola  di ricerca medica, anatomica, ad Alessandria

Certo, Marco, Erofilo è un anatomista alessandrino ( cfr. Plinio  Stor. naturale  XI, 219 e XIX 6, XXV; 15,58; XXVI 11,14) che ha la possibilità dai lagidi di operare sui cadaveri dei condannati a morte, e di farne la vivisezione.  Per Gellio, Noctes Atticae, XVIII,10, i medici  di questa scuola, nel periodo di Galeno (129-201), in epoca di Marco Aurelio e Lucio Vero,  discutono su vena ed arteria: la vena è un ricettacolo che i medici chiamano angheion/vaso, di sangue misto e combinato con spirito naturale; l’arteria è un ricettacolo di spirito naturale misto e combinato con sangue , nel quale vi è più di spirito naturale, meno di sangue;sphugmòs/pulsazione è la naturale  espansione e contrazione nel cuore e nell’arteria. Dai vecchi medici è stata così definita: sphugmòs estin diastolé te kai sustolé  aproàiretos arterias kai kardias/la pulsazione è la contrazione e dilatazione involontaria di arteria e di cuore. 

Che bravi! professore.

Le  tecniche  di Erofilo sono ancora attuali nel periodo  di Asclepiade di Prusa (125-50 a.C.), tipiche della scuola  degli empirici, formata da Filino di Cos, erofileo,  ed evolutasi ad Alessandria ad opera di  Serapione Alessandrino, che  congiunge  lo scetticismo di Enesedimo  con la theoria  razionale empirica, in opposizione a  quella dei dogmatici.

Quindi, Asclepiade è un empirico, che contrasta la medicina dogmatica ippocratea,  platonico-aristotelica?

Asclepiade rifiuta la fisiologia e la patologia ippocratica  e scrive molte opere, di cui ci restano frammenti  (cito solo De acutis passionibus e Paraskeuai /composizioni). 

Venuto  a Roma,  ha grande successo  e  diventa amico di Licinio  Crasso e  di Tullio Cicerone, essendo un medico che combatte contro la teoria umorale ippocratica e che formula un’altra teoria, fondata sulla concezione atomistica, democritea, il cui massimo assertore è poi Temisone, collega di Antonio Musa e del fratello Euforbio, che sono della stessa  scuola e riconoscono lo stesso maestro.    (cfr. Plinio, Storia Naturale. XX,42; XXII,53,128; XXIII,32, 38,61; XXV 6; XXVI 12,16,18,20).

Temisone è il fondatore della scuola  metodica?

Si. Marco.

Temisone, sfruttando la popolarità del maestro, insieme ai fratelli Musa e ai fratelli Stertinio, anche loro a corte, sono medici metodici che hanno compiti diversi a Roma. Quinto Stertinio Senofonte è un metodico  che ha in cura-  insieme a Caricle – quando l’imperatore è a Capri-   anche Tiberio – che non ne ha bisogno, perché fa terapia per conto proprio-. E’ anche il medico di Caligola,   con suo fratello Gaio Stertinio, che poi cura Claudio e Nerone.

E’ Asclepiade, comunque,  un medico  parrhsiasths, un puro scettico, che disdegna perfino i doni di  re Mitridate  ed è un innovatore che sa mescolare ricerca e ciarlataneria magica, fondatore di una scuola, che  cura i malati col vino, in dosi, a seconda del  peso e delle condizioni generali fisiche, specie per quelli che sono sotto melaina kholh, tanto bravo  da far tornare in vita e  conservarlo come vivente/relato e funere homine et conservato, secondo la testimonianza  di Plinio, Nat. St., VII,37,124 .

Solo Plinio  ricorda il miracolo della resurrezione?

No. Marco.

Apuleio- (Florida . 19)  ci dà la sua testimonianza e scrive : Il famoso Asclepiade uno dei medici più prestigiosi,  il primo di tutti i medici, se si esclude  il solo Ippocrate, fu il primo ad introdurre  l’uso del vino nella terapia  medica  somministrando ovviamente a tempo debito; in ciò la sua capacità di discernimento era eccellente  grazie al fatto che rilevava  con grande precisione  l’irregolarità o il  disordine nella  pulsazione delle vene. Un giorno, mentre stava tornando in città dalla sua proprietà di campagna,   in un sobborgo della  città, vide i preparativi per  un funerale imponente: una grande folla era convenuta per le esequie  e tutti  erano affranti e vestiti a lutto. Egli si avvicinò per curiosità  per sapere chi fosse morto… Siccome nessuno gli rispondeva, si avvicinò al morto, che  giaceva disteso ed era ormai prossimo alla sepoltura: già tutte le membra erano coperte di essenze; sul viso gli era stato spalmato un unguento profumato; il corpo era stato unto ed era quasi pronto  per il rogo. Asclepiade  lo esaminò con grande scrupolo e, rilevati alcuni sintomi, palpò e ripalpò il  corpo dell’uomo e scoprì che, nascosta, rimaneva ancora in lui la vita. Immediatamente dichiarò  che l’uomo era vivo:  gettassero via, perciò, le fiaccole funebri, portassero via i fuochi, demolissero il rogo e riportassero la cena funebre dal tumulo alle mense/ confestim  exclamavit vivere hominem, procul igitur faces abicerent, procul ignes amolirentur, rogum demolirentur, cenam feralem a tumulo ad mensam referrent.

Immagina, Marco, lo stupore dei presenti, le rimostranze dei parenti che già pensavano alla  spartizione dell’eredità, a quanti appoggiavano  il medico  e a quanti lo beffeggiavano e ridevano della sua scienza!

Che succede, professore?

I parenti, dopo scontri verbali, si decidono  e si dicono disposti a credere ad Asclepiade, che, secondo Apuleio,  non senza fatica e non senza difficoltà, riuscì ad ottenere una breve dilazione per il morto.  Sottrattolo dalle mani dei becchini, come dalle soglie dell’Ade, lo fece ritornare  a casa; immediatamente si rianimò,  e subito con certi suoi rimedi gli ridiede la vita, che languiva nelle parti più remote del  corpo.

Un miracolo, professore, come quello di Apollonio a Roma  sotto Nerone?

Non sono  miracoli con resurrezione, come ci dice la Vulgata evangelica latina  che usa  signumprodigium,   mentre i vangeli  sinottici indicano in greco shmeion e teras, come manifestazioni di virtus e di dunamis,  secondo l’angolazione di un medico,  che rileva  la facoltà di scoprire  o riscoprire la vita ancora,  in circolo,  in modo  non consueto,  e  che fa un atto  apparentemente innaturale, prodigioso: il popolo, poi, lo amplifica e ne dà interpretazioni daimoniche o magiche perché commosso dalla partecipazione all’evento, in relazione anche alla figura del protagonista  guaritore. cfr. Arcana Mundi, Volume I  Magia, Miracoli e demonologia a cura di Georg  Luck,  Fondazione Lorenzo Valle , Arnoldo Mondadori Editore 1999. Asclepiade  è medico  tanto sicuro di sé e della sua  scienza  da scommettere  con la fortuna:   non devo essere più chiamato medico, se mai mi ammalo; ed infatti muore cadendo dalle scale, vecchio decrepito!

Plinio, comunque, lo denigra perché al tempo di Pompeo faceva il maestro di eloquenza ma, siccome  con questo mestiere non guadagnava abbastanza, si volse improvvisamente alla medicina, un’arte che richiede  disciplina e rigore perché si  basa su osservazione e esperienza.

 Asclepiade  s’ingegna per riuscirci, impegnandosi a convincere,  con  discorsi infiammati e  studiati, i malati  e ad attirarli. Secondo Plinio rinnegò ogni principio e, riportando tutta la medicina al problema delle  cause,  la ridusse ad una serie di supposizioni sostenendo che sono cinque  i rimedi utili in ogni caso: astinenza dal cibo, oppure dal vino, le frizioni del corpo, le camminate  e le passeggiate in lettiga.

Il medico con lui diventa popolare, in Occidente, come seguace di Asclepio/ Esculapio,  con la metodica comportamentale di  base: tastare il polso, toccare la fronte, esplorare bocca e occhi, mettere orecchio al petto, colpire la rotula del ginocchio  col martelletto, esaminare il colorito, bussare  sulla schiena!

  Si dice che Asclepiade di Prusa  a Roma è attivo nell’ Asclepeion /ospedale  posto nell’Isola  Tiberina, dove  con altri medici, che seguono le regole dell’Asclepeion di Epidauro, venerano piamente  Esclepio/ Esculapio figlio di Coronide ed Apollo,  e  il figlio Telesforo, e la figlia Igea,  che portano  il bastone con serpente attorcigliato (il serpente che muta di pelle è considerato segno di immortalità, già da Berosocfr Gilgamesh  www.angelofilipponi.com).

E’ lui che crea la figura del medico professionale,  che ha un suo studio, una camera con gli strumenti medici, affittata, pagata  dai magistrati  cittadini,  e che dà regole per curarsi anche da soli,  in quanto tutti  i malaterano propensi  a considerare vero ciò che era tanto facile, egli trascinò dalla sua quasi l’intero genere umano, proprio come se   fosse stato inviato dal cielo.

E’ lui che  predica di curarsi da soli,  attenendosi alle prescrizioni mediche di base.

Tiberio, secondo Svetonio  e Dione Cassio, è un aristocratico, di buona salute e, se si ammala, fa da solo ed allontana, nel periodo di Capri, il suo medico personale,  Caricle – che  gli si avvicina per tastare il polso con la scusa di  salutare e baciare la mano dicendo:  chi, passati i settanta anni, non sa curarsi da solo, non è un vir!  Tiberio è un militare che disdegna il pensiero popolare  e caccia da Roma    i medici stessi, i magi e gli ebrei, insieme agli egizi,  perché rileva il carattere  retorico- sacrale sotteso, convinto della  necessitas  razionale!

Plinio, dunque, da una parte,  biasima  Asclepiade perché  si attira le simpatie con artifici da venditore di fumo anche con cose vietate  e, da un’altra, loda i suoi espedienti escogitati (far tenere appesi i lettini  il cui movimento o diminuisce il male o concilia il sonno e introdurre  la pratica dei bagni !).

Plinio si indigna, però,  perché un uomo di stirpe insignificante,  partito senza alcuna risorsa, abbia dato, di punto in bianco, agli uomini, a fine di guadagno personale,  delle regole, a cui, tuttavia, in seguito molti  negarono  valore.

Sappi, Marco, che a Roma, specialmente  in epoca cesariana ed augustea, si fanno lezioni di anatomia o  conferenze/logoi   per indottrinare i ricchi  cives, desiderosi di curarsi personalmente  anche se hanno medici nelle loro domus: il fenomeno seguita subito dopo il periodo tiberiano e riprende vigore in epoca flavia ed antonina  quando il medico-retore  ha numerosi  ascoltatori ed assume  prestigio  sotto  gli ultimi antonini nel momento  tragico,  a causa della peste.

Infatti  le scuole successive di epoca  flavia ed antonina  avranno un maggior rigore in quanto più scientifiche, anche se, comunque,  mantengono le stesse  idee non solo di Erofilo anatomista  ma anche quelle di Asclepiade, ora applicate negli Asclepeia di Epidauro e di  Pergamo – fondato nel 4 d. C. ,  che  considerano la malattia uno squilibrio psico-fisico  e il malato, elemento da curare, anche per mesi o anni,  e psicologicamente e  fisicamente.

Il motto  Mens sana in corpore sano è di questo periodo?!

La frase è in Giovenale (50/60-127 d.C.), Satire, X,356! La  cura dell’epoca, comunque,  mette insieme ogni ricreazione spirituale (teatro,  svago in campagna, passeggio lento o veloce,   lettura, esercizi ai  gumnasia, e nelle palestre)  e  farmakoi/ricette medicinali,  di solito, a base di erbe, in quanto il medico per ricomporre l’equilibrio fisico,  si avvale di tecniche  primordiali  ipnotiche e psicoanalitiche  e parla di una fase di Catarsidi una di Incubazione  curando anche il rapporto confidenziale tra i neookoroi (assistenti e  custodi del neoos di Asclepio) e i malati  in cura.

In cosa consistono le due fasi, professore?

La catarsi (kathairomai/ mi purifico) consiste in una iniziale purificazione fisico-psichica  mediante  camminate solitarie,  dopo ampie bevute di acqua, al mattino, cure di fango e di sale, in appositi locali  termali, in esposizione al sole, in bagni più freddi che tiepidi o caldi,  alternati da rappresentazioni di teatro,  inframezzati da pasti brevi e  vegetariani secondo un calendario giornaliero tipico della scuola di Pitagora, variabile a seconda degli Asclepeia, con l’assunzione di beveraggi  farmaceutici.

E’ fase propedeutica alla Incubazione, in cui il malato dorme accanto alla statua del Dio nel suo neoos, dopo aver ricevuto, nel tardo pomeriggio,   sonniferi  a base di erbe allucinogene,  in modo da stimolare sogni nel sonno, da memorizzare nel corso di una decina di giorni, in attesa del medico  che fa la diagnoosis. In ogni  Asclepeion c’è un criptoportico di varia lunghezza con finestrelle alte, da dove il medico – che giornalmente passa- sente il racconto del sogno fatto dal paziente, registra e dopo aver collegato i vari sogni di ogni malato,  fa la  diagnoosis  e stila la therapeia  personalizzata,  mediante una ricetta scritta, a meno che  non ci sia  stata la novitas  miracolosa dell‘ epiphaneia/apparizione notturna del guaritore Asclepio.

Professore, l’Asclepeion è una casa di cura  per  i ricchi cives?  Per parlare così lei ha sicuramente un paradigma, uno  scrittore esemplare?

Certo. Marco, mi conosci bene!.

Si chiama Elio Aristide è un retore (117-180) che  nei 6 Discorsi  Sacri –  compresi nelle 55 Orazioni a noi giunte- afferma  di aver deciso  di rivolgersi alla terapia irrazionale della medicina templare perché  quella della  medicina scientifica  non riusciva a guarirlo!

E’ un uomo che vive  per mesi ed anni nell’ Asclepeion di Pergamo   e segue le cure farmaceutico-religioso-magiche,  credendo in Esculapio, in Igea e Telesforo, pur avendo medici personali  che lo  curano nella peste, di cui ci lascia  una diretta testimonianza: mi trovavo a Smirne  nel pieno dell’estate. Una pestilenza/loimos colpì quasi  tutti  i miei vicini,  Si ammalarono due o tre dei miei servi, poi si ammalarono tutti, uno dopo l’altro. Finirono tutti a letto, giovani e vecchi. Quindi,  io fui l’ultimo ad essere contagiato.  I dottori provenivano dalla città e noi usavamo i loro collaboratori come servi. Persino alcuni dei dottori che mi curavano, agivano come servi. Anche il bestiame si ammalò. E se qualcuno cercava di muoversi, immediatamente cadeva morto davanti all’ ingresso.

Mi scusi, professore, se mi soffermo sulla peste ed interrompo il discorso sul retore Aristide.  Si tratta della famosa  peste, detta  di Galeno o  antonina?

Si. Marco. Si tratta di quella descritta da Galeno, il medico di Giulia Domna- dal cui finto diario Santiago Posteguillo ha scritto il romanzo Iulia- nota anche a Flavio Filostrato e agli scrittori cristiani che, pensando al ritorno di Cristo e  al giudizio universale prossimo, pressano i milites a disertare e a  non difendere i confini della patria, dato il numero di 20.000.000  di morti -in circa un ventennio- un terzo della  popolazione dell’impero romano! La peste  scoppiata in Oriente nel corso della spedizione Parthica, condotta da Lucio Vero, genero dell’imperatore Marco Aurelio e suo  collega nell’imperium, poco prima della presa di Seleucia, tra le file delle 16 legioni, esplode   dopo la conquista di Ctesifonte, occupata  quando la città è quasi deserta.

La peste  si propaga in Occidente da  Aquileia,  dove è presente anche il medico Galeno che, essendo   in servizio presso l’esercizio pronto per la campagna contro i Quadi e Marcomanni, descrive il morbo che  miete vittime nell’inverno del 168-69 e  che dilaga  verso la Gallia e la Germania.(fr. Galeno, Sulla facoltà naturali, a cura di Marzia Mortarino, Oscar Mondadori,1996).

I medici dell’esercito nulla possono opporre perché la peste si è radicata tra  milites e  viaggia con loro, diffondendosi tra le popolazioni e romane e barbariche.

La peste rimane  in Germania anche dopo la morte di Lucio Vero nel 169  e quella di Marco Aurelio nel 180, ancora sotto il regno di Commodo.

In una tale situazione, specie in Oriente, il phobos  partorisce racconti  di magoi, di incantatori epaoidoi, di  mathematikoi,  capaci di preparare  amuleti protettivi che rovinano gli spiriti,tanto che i cristiani, fiduciosi nella sola  protezione divina, più tardi nel IV secolo, nel sinodo di Laodicea, decidono di vietarli. Cfr. J. Festugière la Révèlation d’Hermes Trismegiste IV vol, 1944-49.

Per un  medico magos/  religiosus/ curiosus, uomini come Elio Aristide paranoico ed ipocondriaco sono la pacchia, come i  giudeo- cristiani per il clero dotto alessandrino!? Aristide è un pagano o un christianos?

E’ un fervente credente in Zeus, onnipotente padre degli dei e degli uomini, theos provvidente, seppure condizionato dalla necessitas della Tuche, anche lui! Fida nella scienza  umana, ma se entra in panico,  subisce ogni influenza  e da ipocondriaco si tuffa nella religio, sotto il patronato di Asclepio, rifugiandosi perfino nell’ Asclepeion di Pergamo, la più confortevole casa di cura per malati cronici. Eppure è uomo di alta capacità retorica, ben pagato ed acclamato conferenziere, come malato testimone di guarigioni, abile in ogni dimostrazione , sapendo condurre le argomentazioni  a conclusione pertinente.

Mi piace,Marco,  farti rilevare la sua sagacia in Discorsi sacri,  che ti riporto parzialmente, mostrandoti la sua predisposizione al to oneirocritikon,  il suo disprezzo per tutti quelli definiti proiktai/  ciarlatani gohtes/ imbroglioni, boomolokhoi/parassiti,  e la fede nei sogni e diretti/Theorhmathikoi ed allegorici /allhgorikoi.

Aristide fa un sogno e scopre che lo stesso sogno è stato fatto dal Neookoros Filadelfo. Sorpreso dalla coincidenza, cerca una spiegazione plausibile insieme al custode del tempio,  prima di raccontare ogni cosa ai medici, che si consultano fra loro  circa l’invio del sogno da parte del  Dio,  titubanti  a causa dell’eccessiva  debolezza del paziente. La prescrizione del Dio di somministrare assenzio diluito con aceto, fuori del tempio, preoccupa i medici  che  tengono in considerazione anche le condizioni atmosferiche  e il maltempo, avendo presente l’anàmnhsis del paziente.

Che succede allora? Aristide, nonostante il consulto medico,  non ancora finito, decide  per conto proprio di  prendere senz’altro l’assenzio come rimedio/ iama e di berne  quanto mai nessuno prima di lui  e così anche il giorno dopo, entusiasmato  ed eccitato dalla coscienza di essere stato alla presenza  del dio/parousian tou theou.

Infatti, Aristide descrive il fatto:  rientra nella mia esperienza avere la sensazione come di toccarlo, e percepire distintamente il suo arrivo e rimanere in uno stato intermedio tra il sogno e la veglia/mesoos ekhein upnou kai egrhkorseoos, voler fissare lo sguardo su di lui, trepidare per un suo prematuro commiato e tendere le orecchie per ascoltare ciò che è sogno e ciò che è realtà/ta men oos onar, ta de oos upar.

Il retore mostra se stesso alla presenza del Theos, che ha i capelli ritti sulla testa , che versa lacrime di gioia  e sente il peso leggero della mente convinto di non essere capace di  esprimere  a parole tutto ciò che prova perché solo chi è iniziato sa e comprende/ei de tis toon  tetelesmenoon estin, sunoiden te kai gnoorizei.(Orazione 48. 30-35-secondo Discorso sacro-).

E’ vero professore che i malati, ricevuto il miracolo, fanno offerte votive al Dio ad Epidauro come i fedeli di padre Pio o di S.Antonio a Padova e che lo stesso Aristide, dopo la guarigione, lascia un ex voto e una iscrizione a Pergamo?

Si. Marco.  Non solo ad Epidauro ma anche in altri templi come a Dodona, ci sono  alcune iscrizioni greche ( SIG -Sylloge iscritionum graecarum- 1168,1-10 )  che comprovano le guarigioni avvenute: donna gravida che non partorisce  e che, solo dopo l’incubazione, si sgrava  dopo 5 anni di attesa! un uomo, dalle dita rattrappite,che apre la mano, dopo l’ordine del Dio! una cieca che vede;  zoppi che camminano, ecc.

Aristide, riammalatosi perché ha seguito i consigli medici e non ha eseguito gli ordini di Asclepio, soggiorna di nuovo all’ Ascelpeion di Pergamo. Il retore, pronto ad obbedire al dio, una notte riceve l’ordine  di cospargersi di fango,  di correre tre volte intorno al tempio  e di lavarsi alla fontana sacra.

Aristide obbedisce e  così si descrive: mi cosparsi di fango e cominciai a correre tutt’intorno, lasciandomi flagellare dalla tramontana e  alla fine mi avvicinai alla fonte e mi sciacquai; tra gli amici che mi seguivano, uno si ritirò subito,  ed un altro fu preso da convulsioni  e portato in tutta fretta in un bagno, dove a fatica riprese  calore. Io, dopo quella prova,trascorsi una giornata veramente primaverile.

Aristide aggiunge che lui  col gelo e col vento freddissimo, su ordine del dio ripete altre volte  l’operazione  pregando Zeus ottimo massimo, indossando solo  una tunichetta di lino, anche quando l’inverno durava da quaranta giorni  e la neve cadeva, durante l’equinozio di primavera (ishmeria h metà kheimona)!

Grazie, professore. Chiudiamo questa parentesi sugli  asclepeia e torniamo ad Asclepiade e ai suoi discepoli romani, divenuti famosi per la guarigione di Augusto.

Dunque, Marco, le innovazioni di Asclepiade in campo medico non hanno grande valore per Plinio  che rileva invece l’ importanza  a livello sociale.

Secondo Plinio  Asclepiade  fu agevolato dal fatto che nella medicina antica si usavano molti  sistemi di cura  penosi e grossolani  come avvolgere i malati in una veste e provocare in tutti i modi la sudurazione oppure arrostire il corpo  davanti al fuoco o di far cercare incessantemente i  raggi di sole in una città nuvolosa mentre lui introdusse l’uso dei  bagni sospesi  che piacque infinitamente  E per certe malattie eliminò le sofferenze  prodotte dalle terapie come per le angine che venivano curate introducendo in gola uno strumento. Condannò giustamente  l’uso di provocare vomito  allora esageratamente diffuso, pose sotto accusa  anche le pozioni medicinali  dannose per lo stomaco.

Tutto, secondo Plinio,  dipende dall’ atteggiamento mentale del popolo: la credulità porta all’eccesso ogni teoria,  pur sorta   da principi utili e necessari!

La  teoria asclepiadea è perfezionata da Temisone di Laodicea, suo discepolo, che opera anche  a Roma nei  primi decenni del  principato di Augusto, accanto a Musa ed Euforbio, che ritengono basilare   la sperimentazione in medicina, unita alla   ricerca di erbe medicinali, entrando in contrasto  con gli Pneumatici  di Ateneo di Attalea, discepolo del filosofo stoico Posidonio di Apamea.

Secondo Temisone  la malattia è un’alterazione  della qualità o dei movimenti degli atomi per una eccessiva ristrettezza o per rilassamento delle  cavità, entro cui si muovono gli atomi.

La metodologia consiste nel riportare al giusto grado il movimento degli  atomi e l’ampiezza cavernosa dei  pori  mentre  la dottrina degli pneumatici rileva che lo stato di salute  dipenda dallo Pneuma /soffio vitale, che si irradia attraverso canali arrivando  fino al cervello  diffondendosi in ogni parte dell’organismo umano, ma se  ci sono impedimenti alla circolazione insorge la malattia  là dove c’è mancanza di spirito  circolatorio.

Dunque, professore a Roma  ci sono dottori di grande rilievo della stessa scuola che si oppongono ad altri  che hanno un diverso indirizzo in relazione alla  loro formazione filosofica, mentre ci sono in circolazione maghi egizi e giudaici, caldaici, iperborei,  ciarlatani di varia nazionalità che praticano diverse forme di  magia, demonologi ed  alchimisti.

Antonio Musa, come Temisone, è uno scienziato empirico e metodico che  viene chiamato in Spagna per curare Augusto, malato di fegato  Plinio,(St. Nat. XXIX,6) nel periodo successivo la campagna cantabrica  nel 27-25 a.C

Il medico  ha la fortuna di  guarirlo sottraendolo  alle  cure inutili di  Gaio Emilio, un medico italico che segue la tradizione   e che si regola secondo i principi medicinali naturali  arcaici del buon pater familias.

Plinio, (St.nat. . XIX,128) trattando delle proprietà della lattuga ,-che smorza l’appetito sessuale, elimina il fastidio  dello  stomaco e stimola la fame-   aggiunge che è tradizione sicura che il divino Augusto, quando fu ammalato  si salvò grazie alla lattuga  e all’accorto consiglio di Antonio Musa,  mentre il precedente medico  Gaio Emilio  gliela proibiva per eccesso di scrupolo. Essa divenne,  in seguito a ciò, tanto apprezzata  e raccomandata che si escogitò il modo di conservarla  con l’ossimele anche nei mesi in cui non si produce.

Plinio, inoltre,  dice che la terapia con le radici di  cicoria unite alla farinata di orzo ( ibidem, XX,77)  è utile per i malati epatici.  La notizia è anche in Svetonio Augusto 59 – Medico Antonio Musae, cuius opera ex ancipiti morbo conualerat, statuam aere coniato iuxta signum Aesculapii statuerunt/.Al medico Antonio Musa, che lo aveva guarito da una grave malattia, fu eretta, attraverso una sottoscrizione, una statua vicino a quella di Esculapio-

 Oltre al monumento eretto  sul Palatino a spese pubbliche,  si sa che il medico, sostenitore anche delle terapie a base di bagni freddi  (cfr. Orazio, Epistola I, 15.2-5) ha una gratifica di 400.000 sesterzi e  il diritto di portare l’anello,  anche se liberto.

Plinio aggiunge : eppure non era riuscito a salvare il nipote Marcello, designato successore al trono. Poco dopo  infatti, servendosi della  terapia di acqua fresca,  la cura risultò  letale per il giovane figlio di Ottavia (St. Nat. XXIX ,6).

Comunque, professore  di lui, della sua opera (De herba vettonica) e di quella di suo fratello ci sono rimaste testimonianze!

Si sa, Marco,  che i due medici restano a  servizio di Augusto nel periodo 27-11 av. C,  in cui i figli  di Antonio, Tolomeo,  Alessandro Helios e Selene Cleopatra  vivono  a corte: la femmina Selene  sopravvive e diventa giovane da marito, mentre i maschi, nati da Cleopatra, puberes, scompaiono, misteriosamente,  e il solo Iullo figlio di Fulvia,  raggiunge la maturità ed ha una storia politica  tanto da diventare   console e anche, governatore di Asia, ma muore suicida per ordine di Ottaviano,  incriminato nella congiura di Giulia, sua amante.

Anche Giuba II è a corte come ostaggio e vive  per anni con i figli, eredi imperiali,   sotto la guida di Ottavia.

Sembra che Augusto e la sorella  favoriscano il matrimonio tra Selene e  Giuba II  nel 19  a.C. quando già  l’imperatore ha sistemato l’Africa,  accorpando  il regno di Numidia, alla morte di Bocco II  nel 33,  senza eredi,  con quello di Mauritania, dopo un periodo -dal 33 al 25-  di gestione personale.

La dote di  Selene, probabilmente,  è  cospicua  poiché è l’unica erede dell’oikos della regina di Egitto, e comprende  la familia medica antonia,  divenuta famosa per la guarigione dell’imperatore malato in Spagna, durante la guerra cantrabrica, riverita ora nell’imperium.

Selene  e Giuba II, diventati re di  Numidia e di Mauritania, regnano in modo autonomo ed indipendente, ed hanno figli tra cui Tolomeo, ucciso a Lione da Gaio Caligola convinto della necessitas di privarsi  della societas di quel regno ormai romanizzato ed ellenizzato,  pronto  per il censimento e per l’annessione all’impero romano.

Si sa che  che i due hanno al loro servizio il medico Euforbo, fratello minore di Antonio Musa, che segue lo stesso indirizzo. Plinio dice che iidem fratres instituere a balineis  frigida multa corpora adstringere/i medesimi fratelli insegnarono a tonificare il corpo con l’impiego di molta acqua fredda.

Dunque, sembra che i due  fratelli cambiano le abitudini dei romani e della tradizione italica, solita  lavarsi con acqua calda.

Sembra, Marco,che tale abitudine derivi  dalle popolazioni elleniche ionico-eoliche  della  Magna Grecia, secondo la precettistica di Omero (Iliade, XXII,442-444) anche se contrastava con le regole doriche  della Scuola di  Pitagora.

In conclusione,  ti aggiungo che Euforbo  e non Giuba è lo scopritore dell’euforbia,  una pianta dell ‘Atlante, il cui liquido ha l’aspetto dell’incenso, in quanto cola  giù come latte e se è seccato e rappreso, ha la proprietà di  rendere la vista più acuta, di rimarginare le ferite  e di fare da antidoto al morso dei serpenti (Cfr. Plinio, St. Nat., XXV,78).

Grazie, professore. E’ sempre un piacere sentire  una sua lezione!

Ci devo credere?!

 

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