Professore, ha visto il Festival di S. Remo?
Si. Marco. Mi è piaciuto quasi tutto. Ho visto un grande regista che ha saputo orchestrare tutta la manifestazione senza far calare mai l’attenzione del pubblico; ha una visione sistemica e abilità tecniche ad operare sulle strutture. E’ un grande! Amadeus!. Finalmente il Festival di S. Remo ha un conduttore e direttore tecnico, umile, semplice, amichevole, professionale. E’ Amadeus, il maestro di musica che è guida impeccabile per una corale armonia!.
E’ un signore all’altezza della situazione, capace di cucire le diverse anime del Festival – non più evento solo canoro, breve, della durata di un giorno, ma lungo cinque giorni-, sicuro nello smorzare la spettacolarità con una comunicazione popolare, ben coadiuvato dall’amico Fiorello- un jolly contenuto nella sua estrosa vivacità- , abile a promuovere la campagna contro la violenza femminile, mentre al suo fianco si alternano donne di successo: nonostante la teatralità e la spettacolarità dei tanti protagonisti, anche sportivi, e la loro umana voglia di apparire, sovrana domina la canzone, in una esaltazione della forma musicale, nel rispetto delle voci e dei suoni!.
Il Festival musicale ha attirato il popolo italiano, inchiodato davanti allo schermo, per ore fino alla proclamazione dei vincitori Diodato e Leo Gassman.
Tutto bene, dunque, professore?!.
Certo, Marco. Amadeus ha tenuto sotto controllo tutto e tutti, compresi i cantanti Bugo e Morgan, squalificati, e lo stesso Roberto Benigni, voluto dalla Rai come magister per una lectio popolare, riuscendo perfino a gestire l’impacciato silenzio e l’applauso non certamente caloroso di un pubblico, non coinvolto nel lungo e pesante monologo del comico sul Cantico dei Cantici /shir shirim, il sacro tema dell’ amore, trattato in modo entusiastico da un profano che è stupito di fronte alla sessualità naturale biblica delle nozze di una coppia di sposi – pastori, desiderosi l’uno dell’altra, del I secolo a.C, un topos ellenistico, venato da aramaismo! .
Anche a me è rimasto indigesto il lungo, infinito sproloquio del premio Oscar Benigni, anche perché inopportuno come la sua stessa partecipazione ad un Festival canoro! Speriamo che la Rai ora prenda in esame di non insistere più su Roberto Benigni, gravato da compiti inadeguati alla sua figura di attore e di comico, anche se uomo di valore internazionale!
Speriamo!. Lo ha pagato profumatamente per oltre un decennio per le prestazioni di lettore e commentatore di Dante, dei Dieci Comandamenti, del Codice della nostra Costituzione, e per la celebrazione del nostro Risorgimento, nel centocinquantesimo anniversario dell’ Unità di Italia, come ufficiale cantore dell’ Inno di Mameli!
Parlare, parlare, parlare solo in senso letterale del Cantico dei Cantici senza alcuna competenza, in una manifestazione canora ad un pubblico distratto e superficiale, sommerso dalla musica dell’Ariston è una profanazione del primo libro delle Megilloth/rotoli (cui seguono Rut, Echà, Ecclesiaste e Ester, che anticipano il ciclo apocalittico delle Rivelazioni delle volontà divine )!
E’ un danno anche per lo stesso Benigni che, impaurito dallo stesso tema, pur nella sua incoscienza cognitiva, nonostante i tanti suggerimenti di teologi, come il cardinal Ravasi, dopo insistenti ripetizioni sulla naturale sensualità del testo biblico – in cui non c’è alcun minimo cenno di Dio come nell’ Ecclesiaste!- non sa chiudere se non con un insulso invito a spogliarsi e a vivere secondo natura (di memoria sessantottina).
Non capisco il motivo di dovere umiliare un grande artista entrato all ‘Ariston, serpeggiando come una maschera comica, tra i componenti di una banda musicale, certamente deprezzato e bollato dai presenti come incauto tuttologo, neppure spiritoso! Ci sono secoli di studi e di interpretazioni morali, allegoriche ed anagogiche sulla funzione e figura della Sulamita – espressione perfetta/shalem e pacifica/shalom di un ambiente giudaico-mesopotamico, dove, in una precisa epoca, si congiunge la voluttà di piacere con la naturalezza, in un’ esaltazione della fecondità matrimoniale, unita alla vigoria carnale fisica, come trionfo dell’atto dell’amore umano! E’ Un eros sacro, anche se naturale, celebrato da Rab Aqivà e da Origene, da ebrei e cristiani di ogni epoca!.l’ amore è poeticamente cantato in 8 capitoletti in un tripudio naturale dove si celebra la venuta della sposa nel giardino, dove si raccolgono mirra ed incenso, dove si mangiano favo e miele, dove si bevono vino e latte, genuini e propri, in un invito agli amici a bere e inebriarsi d’amore.
Davvero! professore. Ora capisco lo stupore con sorpresa del comico, profano!
Certo, Marco, Rab Aqiva, vecchio centenario, spellato vivo da Adriano nel 135 d. C, dopo la vittoria su Shimon bar Kokba , amava lo Shir shirim per il sotteso reciproco ardente amore dei giovani sposi che lodano la bellezza dei loro corpi, pur bruciati dal sole ed era solito a dire: il mondo intero non è tanto prezioso quanto il giorno in cui fu dato ad Israel il Cantico dei Cantici perché tutti gli scritti sono sacri, ma lo Shir ha shirim è il sacro per antonomasia.
La citazione è di Origene (185-253 ), che si evirò per essere eunuco nel Regno del Cieli, in una rinuncia cristiana dell’Eroos! Eppure dopo aver rilevato altri significati per esaltare l’amore di Dio per i figli di Israele e l’amore di Israel per il Signore e la sua Legge, il theologos vi aggiunge il valore delle nozze tra Christos e la Chiesa, dando l’avvio all’esegesi dei Padri della Chiesa: Beato colui che entra nel Santo, più beato chi penetra nel Santo dei santi; così è beato colui che comprende e canta I cantici della Scrittura, ma più beato colui che canta il Cantico dei cantici!.
Quindi, professore, non gli è piaciuto solo il monologo di Benigni in tutto il Festival?
Benigni è ancora la bandiera indiscussa del nostro attuale Pd, che non è erede della cultura comunista! Eppure il Festival nasce in un momento di risveglio nazionale, poco dopo la fine della II Guerra Mondiale, in un clima di speranza di un rinnovamento politico – poi miseramente fallito – anche se l’Italia col lavoro vero, non ancora sindacalizzato, dei nostri padri e nonni, passa da un boom economico finanziario ad un altro! Il popolo italiano, comunque, non rinasce per mancanza di una reale formazione scolastica popolare, rimasta cattolica e fascista, data la prevalenza democratico- cristiana politica, e non ha un vero rinnovamento democratico, nonostante il passaggio da un sistema agricolo a quello industriale e la presenza delle università anche a livello regionale e provinciale: scivola puerilmente verso l’imitazione anglosassone, in una stolida americanizzazione, in una perdita dei valori agricoli della tradizione mediterranea per entrare in un’ Europa senza una propria identità, accanto ad altri popoli di altra provenienza per la formazione di un unicum statale su base economico-finanziaria, senza una comune matrice, quella della cultura universale romano-ellenistica, di molto superiore a quella cristiano- medievale clericale.!
Professore,io la capisco bene: ho studiato e ristudiato le sue pagine sulla nostra industrializzazione e sulla politica italiana democratica cristiana, sulla fine del mondo sovietico e sul sistema postcomunista (craxiano, berlusconiano, renziano e grillino) sul fenomeno Di Pietro, sulla necessità di una nuova scuola e sull’analfabetismo di ritorno, comune a tutta l’ area europea, che usa la lingua inglese come strumento comunicativo, un idioma valido solo in senso informativo.
Marco, L’altra lingua L’altra storia è un libro mai ristampato dal 1995, che non ha avuto neanche un commento, inutile come ogni altro mio libro!.
Professore, non deve meravigliarsi e deve ridere di questo. Chi sa scrivere, in Italia, non ha seguaci e non può avere lettori, che vogliono solo divagare e dilettarsi, non ragionare, dopo una faticosa improduttiva giornata! Solo chi non dice niente diventa popolare giocando sul nulla; chi è maestro del fare ha rarissimi discepoli!