A Tullia Binni e Niceta Cosi, miei consuoceri, con immenso affetto
Non so fare altro che insegnare, ma, prima di insegnare, ascolto in silenzio. Nell’ascolto silenzioso, valuto come orientare a fare, cosciente che, prima di insegnare, conosco la via da seguire per dare qualcosa all’altro.
Marco, tu non conosci Cenide?
Kainis /Caenis è’una donna nativa di Pola, a cui Tito imperatore (79-81), figlio di Vespasiano (69-79), come segno di gratitudine, fa costruire, alla sua morte, la Via Flavia (Aquileia-Tergeste – Pola – Fiume, fino in Dalmazia ) e fa ampliare l’ Anfiteatro, edificato in epoca augustea.
Doveva essere stata donna molto importante per avere una simile riconoscenza!
Certo, Marco, è un dono munifico, fatto ad una mamma/mater- anche se la vera madre naturale è Domitilla- a cui si deve la fortuna stessa della famiglia: senza Cenide non ci sarebbe stata la dinastia flavia!.
E’ una liberta di Antonia minor (cfr. Caligola il Sublime), sua segretaria finanziaria, amica di Narcisus/Narciso, altro liberto antoniano, come i suoi due fratelli Pallas /Pallante e Felix /Felice.
Tutti questi sono agenti finanziari di Antonia minor e collegati con gli oniadi di Alessandria, che gestiscono l’oikos di Antonio triumviro per le due figlie Antonia Maior e Antonia minor. (Cfr. Alabarca).
La funzione di Antonia minore, come domina di trapezai e referente di trapeziti, nummularii e argentarii, è uno studio incompiuto da portare avanti, mentre quella di tutrice e maestra sembra meglio evidenziata in quanto alla corte di Ottaviano prima e di Tiberio poi sono riuniti gli altri figli del padre Antonio e di Cleopatra e dopo la morte del marito Druso, il 9 av. C. anche i suoi ( Germanico, Livilla e Claudio) e quelli di Ottavia, sua madre, in una comune formazione ed educazione di tutti (figli, nipoti e parenti e re ostaggi), sotto la guida di filosofi e grammatici, precettori come Didimo Arieo ed altri come Dionigi di Alicarnasso e Nicola di Damasco ( Cfr. Introduzione al I libro di Antichità giudaiche).
Cenide è tra i liberti di casa augusta coi due fratelli, che diventano sotto Caligola molto importanti, nel momento in cui l’imperatore esautora il senato, dissipatore dell‘erario pubblico e potenzia il fisco con gli agenti finanziari di sua nonna Antonia, dando loro un stipendio mensile, costituendo così una burocrazia amministrativa con liberti efficienti e funzionali, obbedienti, organizzata gerarchicamente in ministeria.
Ricordati, Marco, che Caligola premia i liberti che hanno determinato la rovina di Elio Seiano e la sua morte il 18 ottobre del 31!.
Lei, professore, ha descritto l’episodio chiaramente in Caligola il sublime dove parla di Pallante – che, per Dione Cassio, denuncia Seiano – e di Cenide che, secondo Giuseppe Flavio e Svetonio porta lettere a Tiberio, che vive in modo inimitabile, a Capri, all’ oscuro della trame antimperiali del potente pretoriano.
Gli storici, nonostante la insicurezza sul nome, concordano sugli autori, i due liberti, per di più fratelli, che coordinano la loro azione ai fini della segretezza delle informazioni da recapitare a Tiberio, solo e direttamente.
Perciò, Caligola, sostituendo il senato con gli agenti finanziari della nonna. capovolge il sistema e crea l’unico canale del patronato imperiale, dell’unico dominus et deus (Cfr. neoteropoiia ed ekthheosis) di cui tutta l’oligarchia romana aristocratica è cliens, che deve passare attraverso la burocrazia libertina, facendone la fortuna.
Vespasiano, in questo periodo, tra il 32 e 38, iuvenis ( è nato il 9 d.C.) , diventa amante di Cenide e quindi amico dei suoi fratelli e di altri funzionari di corte ed è fermamente fautore di Gaio Cesare Caligola.
Eppure l’imperatore ordina di farlo imbrattare da capo a piedi e far mettere nelle pieghe della sua praetexta ogni genere di rifiuto per non aver fatto il suo dovere di edile, quello di tenere pulite le strade.
In senato Vespasiano fa la proposta di celebrare con giochi straordinari la vittoria in Germania e poi, dopo la morte, propone di non dare sepoltura ai corpi dei congiurati (Svetonio, Vespasiano, II)
Proprio allora Vespasiano inizia la sua fortuna e il suo cursus honorum, dopo il servizio militare in Tracia, seguendo il consiglio della madre Vespasia Polla, desiderosa di interrompere il mestiere familiare di appaltatore di imposte.
Cenide è personaggio fondamentale per capire la carriera di Flavio Vespasiano, che è amico già allora di Claudio e di Erode Agrippa I e che sotto Tiberio, frequenta la casa di Antonia Minor, in quanto suo padre Flavio Sabino è un argentarius o nummularius reatino, come anche suo nonno Flavio Petrone.
Nel frattempo Vespasiano è questore a Gortina capitale della provincia di Creta e Cirenaica e decide di sposare Flavia Domitilla che era stata la mantenuta /delicata di Statilio Capella, un cavaliere romano di Sabrata e che in un primo tempo aveva soltanto la cittadinanza latina, poi, era diventata libera e cittadina romana, in seguito a giudizio recuperatorio /reciperatorio iudicio, promosso da suo padre Flavio Liberale di Ferento, semplice scriba di un questore (Svetonio ibidem,III).
Cosa vuole dire, professore, iudicium reciperatorium?
E’ un giudizio di riscatto, dato da recuperatores / reciperatores, che formavano un collegio di tre o cinque membri, che legiferavano nelle controversie con gli stranieri e sottoscrivevano un atto liberatorio di riscatto.
Grazie, professore.
Domitilla, perciò, in quanto donna delicata /favorita di un dominus, civis provincialis di Sabrata, godente della civitas latina, riscattata dal padre. può sposarsi forse nel 38 con Vespasiano. da cui ha nel 39 Tito, nel 45 Domitilla e nel 54 Domiziano.
Nel 41 grazie ad un intervento congiunto di Pallante e di Narciso ora Praepositus ab epistulis ha da Claudio l’incarico di Legatus della legio II augusta in Gallia Lugdunensis.
Viene poi trasferito in Britannia agli ordini di Aulo Plauzio, legatus consularis, e lì venne trenta volte a battaglia col nemico costringendo alla resa due fortissime tribù e più di venti castelli , conquistando l’isola di Vette /Wight . Al ritorno ha gli ornamenti trionfali e in breve tempo due sacerdozi e infine il consolato (Ibidem IV )
La sua fortuna, però, è legata a quella del suo protettore Narciso, che è odiato da Agrippina minore, ora moglie di Claudio che favorisce Pallante, diventato ricchissimo tanto da rifiutare- essendo discendente dei re di Arcadia,- 15.000.000 di sesterzi concessi dal senato, oltre gli ornamenta praetoria!- cfr .Plinio, Ep., VII,29,1-.
Professore, Vespasiano in quanto cliens della domus Antonia, collegata a quella giulio-claudia, non ha conoscenze tra i liberti imperiali dominanti sotto Claudio, specie Narciso e Pallante, divenuti avversari poi, nell’episodio della elezione della nuova imperatrice, dopo la morte di Messalina?.
Certo, Marco.
Infatti Pallante è a favore di Giulia Agrippina minor, mentre Narciso di Lollia Paolina (Tacito, Annales, XII,1,2): da qui secondo Cassio Dione l’odio mortale di Agrippina contro Narciso, che muore subito dopo il funerale di Claudio, anche perché fautore di Britannico e non di Lucio Domizio Enobarbo Nerone.
Alla morte di Narciso, Pallante diventa il vero artefice della politica finanziaria tanto che ha la cura rerum, la totale amministrazione finanziaria dell’impero per quasi un decennio in stretta collaborazione con Nerone, favorito già precedentemente all’atto dell’adozione, rispetto al legittimo figlio di Claudio.
Pallante ha alla sua morte nel 62 un capitale di 300.000.000 di sesterzi (Tacito ibidem 14) ed è fatto morire con l’accusa di aver aspirato a novitates insieme a Cornelio Silla.
Il potente ministro, specie nel quinquennio felice di Nerone (54-59), guidato da Afranio Burro e da Seneca, non ancora velenoso contro la politica della madre, domina l’impero anche perché è amante di Agrippina, ed assegna incarichi e nomina governatori di province come la Giudea, data al fratello Antonio Felice (52-60) anche se liberto (Cfr. A. F., Giudaismo romano II), deriso da Plinio il giovane per il fanatismo smodato – chiaro nell’iscrizione sulla sua tomba nella via tiburtina, a seguito della sua millantata fides et pietas erga patronos! – Plinio, Ibidem .
Questo quinquennio, grosso modo è, invece, il periodo più brutto della vita di Vespasiano che, avuto il proconsolato di Africa, dove, per Svetonio, governa con grande integrità e con grande onore, se si eccettua il fatto che ad Adrumeto durante una manifestazione fu bersagliato col lancio di rape, mentre per Tacito il suo governo è vergognoso!.
Al ritorno Vespasiano si trova povero perché non ha più appoggi a corte, essendo già morto Narciso e essendo divenuto imperatore Nerone e perché deve pagare gli avvocati , per respingere le accuse degli africani.
Per Svetonio aveva esaurito ogni credito e dovette dare in pegno al fratello tutti i suoi poderi e si abbassò a commerciare in cavalli per sostenere la spesa del proprio rango senatorio e per questo motivo venne soprannominato mulio/ mulattiere. Infine fu accusato di aver sottratto 200000 sesterzi ad un giovane (ducenta sestertia expressisse iuveni ) a cui promise il laticlavio, (Svetonio ibidem IV)
Si parla dl Laticlavio, la striscia larga ornata di porpora della tunica senatoria. che in epoca imperiale è ambita anche dai militari di ordine equestre e dai rampolli delle nobili famiglie, che iniziavano la carriera politica?
Si. Forse Vespasiano indebitato e privo di risorse finanziarie garantisce il suo appoggio a corte, confidando in Flavio Sabino, suo fratello, ora praefectus urbi, o in Cenide, che ora vive a casa sua e che gli ha ridato un certo credito grazie alla sua dote, con le sue personali sostanze, beni e proprietà.
Tutto questo è noto a Roma a tutti e perciò Apollonio ed i suoi amici che vivono in città hanno piena coscienza della sua pusillanimità e viltà (cfr. Filostrato, Vita di Apollonio,cit. e cfr. Vespasiano e il Regno www.angelofilipponi.com).
Ad Alessandria, in un clima festoso di esaltazione e di euforia, nell’estate -autunno del 69, per la proclamazione imperiale, viene velato il sistema di vita di Vespasiano come suddito di Caligola, di Claudio e di Nerone.
Comunque, il fatto che Apollonio è costretto a fare l’apologia di Vespasiano contro l’accusa di viltà di Eufrate, è segno di una veridicità dei fatti e specie di quel particolare momento, subito dopo la morte di Narciso e dopo quella della moglie Domitilla, prima di riportare Cenide nella sua casa, sotto il Palatino – in seguito, dimora di Giuseppe Flavio-.
La vita di Vespasiano cambia con l’arrivo di Cenide, che, a corte, ha l’appoggio sicuro del fratello Pallante e quando vive Agrippina ed anche dopo la sua morte nel 59.
Per Svetonio (Ibidem, III), infatti, alla morte di Domitilla, Vespasiano post uxoris decessum Caenidem, Antoniae libertam et a manu, dilectam qondam sibi revocavit in contubernium habuitque etiam imperator paene iustae uxoris / si riprese in casa Cenide, liberta e segretaria di Antonia, che già prima aveva amato, e che, anche dopo, come imperatore, considerò quasi come legittima moglie.
Il fatto che Tito entra a corte e diventa amico di Britannico è segno della nuova condizione della famiglia di Vespasiano, dovuta a Cenide, che lo ama come un figlio.
Secondo Svetonio (Tito, II) i due facevano gli stessi studi, avendo gli stessi maestri e il figlio di Vespasiano corse il rischio di morire perché assaggiò la bevanda mortale, destinata a Britannico e stette male a lungo.
Svetonio riporta perfino un oroscopo: un metoposkopos/studioso dell’immagine, facendo le carte a Britannico, in relazione ai tratti del viso e alla sua figura fisica, non predice un futuro di imperatore a lui ma a Tito, che è suo accompagnatore (Tito, Ibidem).
Vespasiano è fedele a Cenide e, solo dopo la sua morte, nel 75, accetta concubine nel suo letto, e sembra che abbia curato il suo funerale, finanziando gli schiavi della concubina ad erigere un’ara funeraria .cfr. Mauro Cristofani, L’ara funeraria di Antonia Caenis, concubina di Vespasiano in “Prospettiva” XII (1978) pp.2/7-.
Svetonio (Vespasiano, XXI) scrive parlando di una sua giornata: dopo avere sbrigato tutte le pratiche che gli si presentavano, faceva una passeggiata in lettiga e poi andava a riposare, facendosi sdraiare accanto una delle sue numerose concubine che, dopo la morte di Cenide, ne avevano preso il posto.
Dunque, professore, per lei, la fortuna di Vespasiano si chiama Cenide?
Come uomo fortunato Vespasiano ha una buona stella (cfr. Vespasiano e il Regno) che lo assiste in Italia, in Siria e in Egitto.
Sul piano finanziario ed amministrativo certamente Cenide rinnova e potenzia la domus di Vespasiano e la gestisce con estrema oculatezza, quando ancora il suo uomo segue Nerone in Acaia /Grecia, quando si addormenta durante la recita e il canto dell’imperatore, che, offeso, gli intima di non farsi più vedere a corte e di non essere presente durante le pubbliche udienze e quando vive ritirato, forse, a Cotilia.
Professore, vorrebbe dire che, senza Antonia Cenide, non è pensabile la carriera di Vespasiano e di Tito a corte e che giustamente Eufrate nel V libro di Apollonio di Tiana, lo chiama vile e suddito vissuto all’ombra dei Giulio-Claudi?
E’ così, Marco, pur lasciando da parte i meriti militari di Vespasiano!.
Bisogna dire, però, che Vespasiano è un normale legatus e non ha effettivi meriti militari, per lo meno tali da autorizzare Nerone a richiamarlo dal ritiro e a dargli un esercito per la campagna giudaica, se non avesse avuto penuria di comandanti.
Infatti, secondo Svetonio (ibidem IV ) Vespasiano è scelto per domare la rivolta giudaica, dopo che il governatore di Siria, Gaio Cestio Gallo è ucciso e sconfitto: sia per le prove di valore, già date in precedenza, sia per l’umiltà del suo nome e delle sue origini, che non facevano ombra a nessuno / et industriae expertae nec metuendus nullo modo ob humilitatem generis ac nominis.
La figura di Vespasiano sembra quella di un civis suddito che deve adattarsi e subire le situazioni di tre cambi di sistemi di governo, quello tra Tiberio e Caligola, molto difficile e pericoloso, quello di restaurazione augusta di Claudio e quello ancora più difficile tra Claudio e Nerone che, inizialmente docile alla reggenza della madre e dei precettori, inverte totalmente la rotta del suo governo, dopo la morte della madre e di Pallante, cosciente di poter operare per conto proprio, senza l’aiuto di nessuno. Ho letto bene professore il suo pensiero in questo lavoro su Cenide?.
Certo, Marco, hai ben capito che la fortuna di Vespasiano è veramente Cenide, che consolida l’oikos/patrimonio familiare con una precisa amministrazione specie in terra siriaca e giudaica ed ancora di più in Egitto, da dove torna Roma, passando per l’Acaia, rapinata con le estorsioni pubblicane.
Cenide è veramente donna, come quella del mito, che, amata da Poseidone, chiede il dono di diventare uomo: è una virago che sicuramente ha influenzato le scelte soteriche di Vespasiano e determinato ogni azione finanziario-economica del suo uomo, un mediocre sabino, fortunato come militare ed abile come amministratore.
La tenuta di Cenide nei pressi di Roma era un esempio di funzionale amministrazione per tutti i romani: amore per gli schiavi, spesso liberati, attivi dall’alba al tramonto, mai sfruttati nel lavoro, perché bene prezioso per la comunità agricola; particolare cura per la natura e per l’acqua, di cui godeva ogni familia servile nella propria casa, come gli alessandrini (fastose ed imponenti erano le sue terme, private!); massima disciplina nei rapporti tra la domina e vilicus, e tra questi e i dipendenti salariati e gli schiavi.
Una vera domina, saggia vergara, capace di essere familias pater, rigida ed inflessibile forse solo con Berenice la regina giudaica, amante di Tito.
Fu contraria alle nozze finché visse, come ogni donna del popolo romano che vedeva nell’ erodiana, una nuova Cleopatra!
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