Lettera a Mauro Pesce

Lettera a Mauro Pesce del 02/01/2023


Repubblica, VII libro – lettura in comune, 1988!

Per Pier Cesare Bori il tema è la paideia/l’educazione, il servizio da rendersi alla polis, una volta raggiunta la culturaL’idea di bene, come principio etico e non metafisico… è fare un percorso/methodos alla scoperta di un centro, pressoché indicibile, non fuori di noi, ma dentro?!

Caro Mauro,
Buon 2023, in buona salute, e… con un pizzico di fortuna e felicità.
Tu, Mauro, ti logori in una ricerca impossibile di nuovi paradigmi operativi e sei ancora giovane nel tuo velleitarismo! La nascita di una nuova epoca è articolo di una bella mente che riflette sul cambiamento totale del mondo, non nuovo a questi cambiamenti radicali…
Mi chiedi di far critica spietata, sine pietate, autorizzandomi a fare un severo esame sul tuo articolo, non ancora completo, che ritengo ottimo, come tutti gli altri da te scritti e da me letti!…
Tu sai quanto stimi te e la tua opera, anche se dissento dalle tue formulazioni e conclusioni, arando io il campo della storia, che studia il factum, e tu un altro campo, che non studia il factum!
Premetto, quindi, che io ti stimo molto, specie, perché uomo mai contento del proprio pensiero, teso sempre al perfezionamento ideale, spinto da curiositas, desideroso di rinnovamento e di una propria revisione, storica, anche se tu non ritieni opportuno seguire le mie indicazioni orientative storiche, aramaiche, che sono nuovi paradigmi operativi sulla figura reale del Christos, vero qainita, zelota, messia, maran/basileus, crocifisso in epoca tiberiana, in quanto reo di lesa maestà, per aver preso il titolo, non da Roma e dall’imperator, ma da Ctesifonte e da Artabano III, re dei re parthico!
Per me sono queste le risultanze di una vita di studio sui facta di epoca giulio claudia, flavia, antonina e severiana fino a quella costantiniana e teodosiana, espresse in Giudaismo romano, I, II e III – cioè nei 315 articoli del mio sito, che dovrebbero formare il III volume! -.
Da parte mia, perciò, ho rispettato sempre l’opera di chi, avendo una concezione teologica, connessa all’ideologia patristica della tradizione cattolico-ortodossa e protestantica, pur avvertendo l’inconsistenza storica della figura mitica di un Gesù ebreo, cristianizzato, ha seguito certe visioni escatologiche ebraiche e le ha interpretate platonicamente.
Ora, su richiesta espressa, mi permetto di evidenziare un’altra lettura, basata sui fatti e non sulle idee, sulle opere e non sulla fede, partendo da Filone alessandrino e dalla sua opera storica Peri aretoon – di cui sono rimaste In Flaccum e Legatio ad Gaium, testi da me tradotti e curati, rivisti e studiati in varie fasi della mia vita, insieme a Peri Joseph, vir civilis, o politikos – al fine di trovare le tracce di un Ta kata Seianon e di un supposto Ta kata Khriston, dopo aver determinato aristotelicamente e stoicamente il significato di Areth-virtus, che è premio delle virtù esteriori/athlon toon ektos aretoon, in quanto timh-honor, che dà acsia/valore ed acsiooma/merito al virtuoso in epoca giulio-claudia, anche se considerato adiaphoron/indifferente, seppure proeegmenon/piacevole e non rigettabile/praecipuum. È probabile che tale opera, non tramandata integralmente, e cancellata in almeno due quinti, dalla tradizione ebraica, nel Periodo lungo di guerra di 200 anni tra Roma e il giudaismo aramaico (63 a.C.-135 d.C.) sia stata utilizzata per altri fini, in senso teologico dal Didaskaleion di Alessandria, di Panteno, Clemente alessandrino ed Origene, in epoca antonina e severiana, in un momento gnostico, dominato dalla scuola di Ammonio Sacca e di Plotino! Tale opera, così mutilata, essendo – forse – ignota, nella sua integrità, ad Eusebio di Cesarea, ad Eusebio di Nicomedia, ad Osio e Lattanzio, suggeritori della politica cristiana costantiniana, potrebbe essere stata determinante per il fenomeno di un Gesù, maestro, figlio di Dio, spiritualepneumatikos, katholikos!
Ne deriva che la figura di Christos, tramandata, non è quella reale, umana, patriottica, antiromana, aramaica, omessa, ma quella greco-platonico-aristotelica-alessandrina, divenuta poi quella dei patres che hanno costituto l’ecclesia/corpo di Cristo.
Ora, secondo la mia personale revisione storica e religiosa, tuzioristica, necessita per prima cosa la confessione cristiana ortodosso-cattolico-protestante di un Christos umano, qainita galilaico, maran crocifisso per l’antiromanità, per un crimen maiestatis, farisaicamente considerato risorto ed asceso al cielo alla destra del padre, secondo la visione di Stefano (cfr. La conversione di Paolo!? Una messinscena aramaica!?), fondatore di un malkuth messianico del Regno dei cieli, soppresso e scomparso, come un cancro estirpato dal territorio romano da Adriano, dopo 200 anni di guerra.
Per seconda cosa, bisogna tenere presente l’entità dell’etnos giudaico, considerato sempre un piccolo popolo, data la piccolezza del territorio, quando, invece, è davvero un grande popolo, che ha due diverse culture: una aramaica, agricola, con centro il Tempio di Gerusalemme, composta da aramaici palestinesi e da aramaici parthici per un totale di quasi 2.000.000 di elementi, accomunati da tradizione mesopotamica, lingua e credo, antiromani, aizzati da farisei ed esseni in lotta col clero sadduceo, ed una commerciale, sparsa nel mondo romano, ellenizzata, costituita da miriadi di costellazioni ebraiche di trapeziti oniadi, che intorno la banca/trapeza costituivano emporia e, se ubicati in zona portuale, formavano la classe degli armatori che, avendo una rete di methoroi agenti di cambio, dovunque, non solo nell’impero romano ma anche in quello parthico e nelle regioni dell’India e dell’Indonesia, penetrando anche nel continente asiatico via terra fino alla Seria, tanto da colonizzare l’oikoumenh, realizzando un’epopea mercantilistica inimmaginabile in zone asiatiche, africane, oceaniche, secondo il sistema capitalistico, economico- finanziario oniade, che aveva come capo l’alabarca di Egitto, legittimo sommo sacerdote di una comunità non inferiore a 2.500.000 di fedeli, che, pur avendo un proprio scismatico Tempio, quello di Leontopoli, pagavano la doppia dracma a Gerusalemme – dove avevano csenodochia/alberghi, cimiteri e sinagoghe – ed andavano, nelle tre feste comandate, a fare sacrifici al Tempio gerosolomitano – cfr. Un sistema economico-finanziario: Tzedaqah!  oltre a Tarsha e Alabarca -.
Caro Mauro, da qui deriva la necessità di distinguere il Regno dei cieli dal Regno di Dio – confusi dal cristianesimo già in epoca atanasiana, ed assimilati come se fossero sinonimi -: il primo è il regnum aramaico messianico, sconfitto e concluso con la crocifissione del maran Jehoshua (cfr. Per un bios di Ponzio Pilato, KDP, 2022), il secondo è il Regno di Iesous, figlio di Dio, verbum/logos, upostasis della II persona della Trias, insieme al Pathr e allo Pneuma Agion, della stessa ousia, il futuro fenomeno ecclesiale prima alessandrino, su base filoniana e paolina, poi romano-apostolico, ecclesia agostiniana, diventata infine, dopo la conquista araba di Alessandria, un ‘ecclesia che si oppone all’imperatore bizantino e al regno longobardico, creando progressivamente un sistema sacerdotale sulla struttura della ierousunh, un potere teocratico capace di imporsi alla potestas laico – politica di re e di imperatore – cfr. Il mito di Roma e di Augusto (in Monarchia di Dante)… -. Per me, dunque, ogni ragionamento, al di là dei singoli contributi delle varie scienze, è inutile, se prima non si pone il problema storico della figura umana del Christos e del suo reale patire e morire sotto Ponzio Pilato, compreso il monito di del cardinal Martini, che rileva la presenza di “germi di sapienza che lo spirito suscita nella coscienza dei popoli” in quanto risulta un detto di uno che non fa che tornare al vecchio paradigma cristianocentrico del logos spermatikòs, inaccettabile dagli storici e dagli antropologi, poiché risulta un tentativo di voler spiegare una rivelazione divina che sarebbe più piena nel cristianesimo e imperfetta nelle altre religioni… tanto che non è distinguibile nel cristianesimo un nucleo sovraculturale dai presunti debiti storici dalle culture, in cui si è diffuso, in quanto è un presupposto di fede, apologetico…
Dunque, Mauro, anche per te non è percorribile la via/Methodos di Hans Küng o di Pier Cesare Bori… o di altri…
Perciò, l’unica possibilità cristiana è… riconoscere la figura aramaica del Christos e su di essa rilevare l’aggiunzione alessandrina di Iesous, maestro-Didaskalos, Theou uios/ figlio di Dio, seguire i processi che hanno portato alla liceità religiosa del cristianesimo al pari delle altre confessioni della Chiesa costantiniana e al suo trionfo teodosiano ed infine ricercare le tappe di un lungo lavoro di affrancamento del pontefice romano – cioè di un semplice funzionario bizantino italico, dipendente perfino dall’Esarca di Ravenna – dal cesaropapismo bizantino e del suo nobilitarsi, davanti alle popolazioni occidentali barbariche, in nome di Roma imperiale, tanto da ricavarsi la missione sacerdotale con un mandatum di monarca assoluto sulla terra come vicario di Christos, che ha dato doppio potere-potestas ed auctoritas – e doppie chiavi con Pietro, l’unico pastore del gregge cristiano, secondo il dettato di Gregorio VII.
Un lavoro di questo genere avevo tentato… di far notare… ad un papa, tedesco, in Considerazioni sul Gesù di Nazaret di Benedetto XVI, in quanto riprendevo uno studio sincronico, situazionale della Ioudaea e dell’impero romano in epoca Augustea e Tiberiana con dilatazioni retroattive fino alle ultime fasi della Repubblica prima del principato, e facevo proiezioni verso il regno di Caligola e Claudio e di Nerone, con aperture anche al regno flavio e a quello dei primi antonini, dopo aver ben fissato il periodo Seianeo (23-31 d.C.) e postseianeo (32-37), caligoliano (37-41) e i primi anni dell’impero di Claudio, in cui si verificano la dilacerazione e lo sdoppiamento dell’imperium tiberiano, nella convulsa lotta tra il partito giulio e quello claudio, ai fini della successione imperiale prima e poi, dopo l’uccisione di Caligola, quando dopo il rischio mortale per tutto l’ethnos giudaico, c’è la riqualificazione del sistema giudaico col suo ripristino statutario, dopo l’atimia.
Da storico, in quel preciso contesto, allora, avevo intenzione di far rilevare a Benedetto XVI – anche lui ricercatore, di cultura tedesca! – il problema di una doppia via, quella teologica e quella storica, rigidamente fissate dopo tanti secoli dal clero dominante sulla massa popolare, mai educato alla comprensione del testo, rimasto illitterato (cfr. Don Alberione) e il costituirsi di una comunità “cristiana” antiochena, seguendone la storia nell’impero, dopo aver colto, rilevato ed evidenziato l’effettivo evento glorioso, che ha reso unico, controverso, ed irripetibile per il giudaismo, il personaggio di Jehoshua-Jehu-Giòsue, Gesù.
Senza la centralizzazione di questo evento (prescindendo da quello mitico della nascita di un dio-uomo, della sua morte e resurrezione con ascensione al Cielo – cfr. L’ascensione al cielo del Christos – e la sua ricostruzione, è impedita ed atrofizzata ogni storia (direi preclusa e volutamente negata!).
Quanto scrisse Bultmann nel 1941 circa il carattere storico della interpretazione religiosa è ancora attuale. Le sue parole, dette nella conferenza sulla demitologizzazione del contenuto evangelico e specificamente della figura e della vita di Cristo sono da tenere in considerazione. Il problema del cristianesimo storico è nella assimilazione ed equivalenza di Regno di Cieli e Regno di Dio: se si dissociano questi due regni e si riesce a dare un’area semantica ad ognuno, allora, può iniziare la storia del cristianesimo e quindi forse ritrovare la figura di Gesù umana. Senza questa iniziale distinzione ogni operazione storica non è possibile!
Da qui la necessità di stabilire il compito dello storico (specie di quello delle religioni) nell’ accertare i fatti (come eventi ordinari o straordinari) e quello dell’esegeta (come lavoro sul testo e sulle parole dette, senza interpretazione, lasciate nel loro cotesto e contesto) – cfr. Lo “storico” “cristiano”!? -.
Ora, dunque, cosa dire a conclusione del nostro lavoro alternativo? Posso solo fare un amichevole invito a prendere coscienza della realtà storica per poter effettivamente parlare di cristianesimo come anche del fenomeno dell’apparente grandiosità della globalizzazione e della piccolezza del villaggio umano, terreno: a mio nonno sembrava il mondo immenso dal suo angolo agricolo, anche e specie dopo il ritorno dagli Usa, come ad ogni suo compare!
Io, allora, davanti al papa, proclamavo la mia nullità ed ora niente posso dire ad un cattedratico di valore come te, che ha fatto le sue scelte e certamente le condivide con altri studiosi, anche di diversa formazione e cultura. Tutti possono dire la loro opinione ed aver perfino ragione, se non c’è un punto fisso storico, con una datazione nuova, reale, di nascita e morte del Christos ancora immersa nel buio più profondo, assimilata l’una col Sol invictus e l’altra con la figura di Ponzio Pilato, un magistrato tiberiano, di nomina seianea!
Il papa, allora, citava lo scetticismo storico di Schnackenburg, chiaro in ogni parte della sua opera, precisatosi in questa frase: mediante gli sforzi della ricerca con metodo storico-critico, non si riesce o si riesce solo in misura insufficiente, a raggiungere una visione affidabile della figura storica di Gesù di Nazaret!
Io e te, avendo due punti di vista opposti, congiunti solo dalla curiosità di ricercare, ambedue ultraottantenni, sappiamo bene che ogni ricercatore è convinto della povertà della propria ricerca.
Chi ricerca, cercherà sempre, finché non muore, senza mai riuscire a fare niente di concreto, se non dare il via ad altri ricercatori più fortunati di noi, capaci di rilevare il nostro errore e valorizzare, proprio, l’errore!

Ridiamo di questo e stiamo sereni!
Di nuovo
Buon Anno


Angelo