a. I parte I sumeri per mia nipote, Sara
*Nonno Angelo, stiamo facendo i Sumeri!
I sumeri?! Già!
*Tu… li conosci? Mio padre dice che li conosci bene!
Certo, Sara. Nonno è un vecchio uomo, una bestiola, una scimmietta anche lui, che ha studiato, però, la civiltà sumera e la scrittura cuneiforme, ma è uno che… vuole sentire quello che la maestra ti ha insegnato e che tu hai memorizzato e capire se nel tuo cervello, di ragazzina, hai ben immesso qualcosa, tanto da mostrarmi che sei ben orientata nella storia dell‘uomo, che ha milioni di anni, in quanto ominìde – un genere animale, che è una specie antropomorfa di scimmie, evolutasi nel tempo – e da evidenziare che sei brava a progettare qualcosa in forma di piano programmato, per comunicarmelo!
*Perché mi aggiungi tante parole a Sumeri? Mi confondi! I sumeri non sono i primi tra i popoli a fare Storia e a scrivere documenti? Questo, solo questo chiedo.
Tu, Sara, parli di Storia, a seguito della Scrittura, fissata storicamente intorno all’anno 3.300 a.C., da parte di scribi, una categoria di sudditi statali, capaci di scrivere in cuneiforme, su tavolette di argilla – arte ignota fino ad allora – nelle desolate pianure desertiche, ventose, della Mesopotamia (regione tra fiumi), vicino alla confluenza dell’Eufrate col Tigri, in città come Ur, Uruk, Eridu, Larsa, Lagash, Kish, Umma, Sippar Nippur.
*Si, nonno, ora, vedo le città in color rosa- violaceo e mi oriento geograficamente. La mia maestra dice che siamo in una regione sul Golfo Persico, che oggi è Iraq, che è posta tra Iran e Kuwait! Vorrei, però, essere orientata storicamente! Tu conosci la scrittura cuneiforme. È vero? Me lo ha detto papà!
Io, certo, ho fatto tantissimi anni fa, esami di assiriologia! Mi sono esercitato a lungo, in alcuni momenti della mia vita, da dilettante, anche se puoi vedere libri vecchi come TABULAE SIGNORUM CUNEIFORMIUM IN USUM SCHOLAE – Typis Polyglottis Vaticanis, Romae, MCMX e libri di Assiriologia come quello di Franco D’Agostino e Pietro Mander, Appunti di grammatica sumerica, Aracne Ed., 2007 – ed altri. Una cosa è la scrittura sumera cuneiforme ed una la scrittura sumera, base linguistica per accadi e poi per le popolazioni dette semitiche, che parlano idiomi di derivazione accado-sumerica, così chiamate nel X capitolo di Genesi dai nomi dei figli di Sem (Aram, Assur e Eber), che dànno origine ad aramei, assiri ed ebrei, oltre ad altri, babilonesi, medo-persiani ed arabi dello stesso ceppo linguistico. Quanti studi ci sono voluti prima di arrivare al testo del 1910! Quanti uomini hanno lavorato per la decifrazione del codice sumerico-assiro, dopo Henri C. Rawlinson, che nel 1845, per primo, decifrò l’iscrizione persiana di Dario, a Behistun, trilingue, seguendo le indicazioni di Georg Friedrich Grotefend! Bella di nonno, tu vuoi sapere da me o vuoi dirmi tu quello che sai: io faccio continue aggiunzioni e complico la tua semplicità!
*Io… io ti voglio dire quanto ho appreso dalla maestra e dal libro, sulla venuta di questo popolo, in una zona desertica e ventosa, dove non c’era neanche una pietra, per fermare le tende, né alberi per costruire capanne e sembrava mancare di tutto, e, quindi, era un luogo dove era difficile vivere, nonostante la presenza dell’acqua.
È bravissima la tua maestra! Io, allora, ascolto ed imparo, faticando poco, trovando molto riposo!
*La maestra mi ha detto che i Sumeri, arrivati non si sa da dove, capitati nella bassa Mesopotamia, coltivarono ed irrigarono la terra, ne trassero orzo per fare pane e birra, sesamo per avere olio, e anche legumi e datteri, lasciando molte iscrizioni, basilari per la storia umana, riuscendo a cuocere tavolette di argilla.
Sara, in quel territorio, ai sumeri ci vollero secoli per far divenire la terra agricola / campo coltivabile e in circa 3000 anni, forse, dopo aver subito tanti cataclismi naturali, cambiamenti ambientali, fenomeni avversi, riuscirono a costituire una civiltà, avendo cambiato la morfologia – la forma del territorio – tanto da permettere ad un capotribù di un gruppo familiare di pastori nomadi, di diventare lui e i suoi raccoglitori prima e poi, di trovare l’opportunità di adattarsi all’ambiente e di creare una novità costruttiva, basata sulla città fortificata, che ha centrale nel villaggio, protetto da mura, il tempio-ziggurat, che è il granaio, custodito dal Dio e da sacerdoti, suoi ministri, una volta divenuti stanziali, sedentari. Eccoti un tempio ziggurat.
*Bello! Comunque cosa mi vuoi dire, nonno?
I sumeri dovettero soffrire e patire molto per conseguire quei risultati che la storia attribuisce loro, frutto di tante morti, causate da inondazioni fluviali, che distruggevano ogni loro lavoro e causavano spaventose carestie. Solo, dopo aver fatto case, mura fortificate migliorarono le condizioni, essendo rimasti vittime del clima e dell’ambiente dal 6300 circa al 3300 a.C., col commercio fluviale, mediante barche – che inizialmente erano cesti formati da gusci di vimini, ricoperti di pelle o catramati, capaci di portare un uomo e qualche prodotto da vendere in altra città- .Inventata la vela, fatte imbarcazioni più grandi per importare ed esportare merci – avendo bisogno primario di legno e di metalli per i forni per la cottura di mattoni e di tavolette – dovettero, per sopravvivere, risolvere il problema dell’irrigazione, con precise opere, per frenare le inondazioni primaverili dei due fiumi, Tigri ed Eufrate (che rovinavano il lavoro del contadino, impaludando i campi seminati,- che, poi, al ritiro delle acque restavano secchi ed aridissimi d’estate e d’autunno, a causa del sole scottante a 50 gradi, che non dava neanche la possibilità di semina!-).
*Allora, non ho ben capito la maestra, che ha parlato anche della presenza di un bella ceramica, cotta, oltre che di un’agricoltura irrigua!
La vita dei sumeri dipendeva dalla coltivazione dei campi e, quindi, si doveva lavorare in modo da arginare le piene, irrigare i terreni intorno alla città, durante la siccità, e trasformare l’agricoltura secca in irrigua. Tutta la comunità fu concorde: non solo i raccoglitori, uomini e donne, ma anche i commercianti e gli artigiani furono impegnati nella comune opera. Perciò, ci fu una trasformazione ambientale, necessaria senza la quale, la vita non era possibile: questo si fece in diecine e diecine di anni, dovendosi organizzare cantieri per costruire dighe e bacini per conservare le acque, creare, scavando canali, un’organizzata rete di rivoli di acqua in modo da distribuirli sufficientemente in ogni parte, regolata da un intendente, incaricato di sorvegliare le chiuse, secondo ordini, ricevuti da un capo, a cui spettava un contributo per aver dato gli uomini adatti per l’esecuzione di tutto il lavoro e per la regolazione del flusso stesso delle acque, che divenne, col tempo, un tributo, da pagare dopo il raccolto, in decime, secondo ogni gruppo familiare. Capito? Sara bella! Sorge, allora, la divisione del lavoro con una funzionale distribuzione di ruoli, con una suddivisione in funzioni di direzione e di manovalanza, suddivisa a seconda delle mansioni di scavatori, di artigiani, di muratori, geometri, idraulici ecc…: è questo il momento del passaggio dall’età mesolitica alla neolitica, che risulta lunga temporalmente, certamente più di quella tra quest’ultima e l’età del rame/eneolitico.
*Nonno, io non sapevo che volevi che io ti parlassi delle varie età. Io le conosco: età paleolitica, mesolitica, neolitica e dei metalli!.
Bene. Brava, Sara. Comunque, a me si pone il problema di come tu, bambina di appena dieci anni, possa capire il tempo di durata di ogni fase, a cominciare dalle origini dell’uomo, comparso forse una ventina di milioni di anni fa, quando si ritira la foresta pluviale, dove vivevano quasi tutti gli animali, meno l’ominìde, che – essendo, secondo la teoria evoluzionistica di Darwin, una delle scimmie antropomorfe, uscite dalla foresta – inizia a camminare bipede, in un lungo adattamento, adattandosi alla vita della savana, accanto ai grandi predatori, dopo l’uscita forzata a causa dei cambiamenti climatici, dalla foresta pluviale, dove era rimasto come tetrachiro/quadrumano, usando solo le gambe come locomozione, avendo già imparato ad usare il pollice opponibile, dopo aver fatto per secoli esercizi per la manipolazione fine, rispetto a quella grossolana e generica di impugnazione.
*Nonno, tu ci metti le teorie, quando, invece, noi umani, creati da Dio, cacciati dall’Eden/paradiso terrestre, abbiamo popolato il mondo e i sumeri capitarono nella regione tra i due fiumi e lì si stabilirono formando la prima grande civiltà.
Sara, nonno ti parla dell’origine reale dell’uomo, non della favola biblica di una creazione divina di Adamo ed Eva, di qualche migliaio di anni fa, perché ti vuole far comprendere esattamente le varie fasi di un passaggio di un ominide tetrachiro– quadrumane che opera a quattro mani – a bipede, che si pone eretto e cammina su due piedi.
*Nonno, ma io so tutto questo e conosco l’uomo di Neandertal e i tempi della sua estinzione – 35.000 anni fa – ed anche quello di Cro-Magnon che, possedendo abilità maggiori sa usare bulino – strumento per riparare gli abiti come se fosse un ago, e per trapanare – e arco, per accendere il fuoco e per lanciare frecce, avendo da secoli già sviluppato abilità da homo habilis ed erectus, in Africa orientale, nella prateria del Lago Olduvai in Tanzania!
Quante belle cose ti ha detto la maestra! Bene, Sara. Sai, dunque, che questa tipologia umana ha lasciato in grotte dipinti artistici ed ha evidenziato una religiosità con una visione animistica della realtà esterna, per cui viene venerato ogni spirito, ogni alito di vento, che soffia fra le foglie, credendolo essere superiore, invisibile, della sua forma, adorando pietre nere, bétili, alberi, fonti d’acqua, seguendo danze magiche di stregoni, che fanno riti di caccia per augurarsi fortuna nelle lunghe uscite contro altri animali o praticano rituali per la fecondazione delle femmine.
*Nonno, ma io già so queste cose e voglio parlare con te, dei re sumeri, dei loro dei, dei sacerdoti, dei guerrieri, degli scribi.
Bene, Sara. La Maestra ti avrà parlato allora della biblica Babele, della piana di Sennaar di un suolo povero di pietra, ma ricco d’argilla e di bitume (Genesi, XI, 3), che è un terreno d’alluvione, dove si trovavano le industrie laterizie e tessili, di cui il commercio propagava i prodotti (Giosuè, VII, 21)?
*No, nonno. Non so niente di Sennaar.
Sembra che sia la valle dell’Eufrate settentrionale ed indicherebbe Akkad, anche se alcuni pensano a sud e quindi a Sumer dov’era Babel che significa porta di El-Dio e non confusione, come si vuole dire in lingua ebraica.
*Nonno, tu mi parli così perché hai tradotto autori giudaici come Filone alessandrino, che ha commentato la Bibbia o come Giuseppe Flavio, che ha fatto storia giudaica – Antichità giudaiche, a cominciare dalle origini del mondo e dalla creazione fino all’anno 66 d.C….!
Sara, io mi riferisco espressamente al testo di Genesi, X,10 e XI.2, ed anche a quello di Daniele, 1, 2 e di Zaccaria, V, 11, oltre che a studiosi che ritengono il suolo di Sumer ricco di lapislazzuli ed altri minerali, estratti da altri popoli nel corso della storia – cfr. H. Gautier, Dictionaire des noms geographiques contenus dans les textes hieroglyphiques V, p.6 Cairo,1918; J. A. Knutzon, Die El Amarna Tafeln, I, p. 286 e specie L. Woolley (1880-1960) – Il mestiere di archeologo, Torino, Einaudi, 1957 – che operò ad Ur e ai cimiteri regali e allo stendardo di Ur, ipotizzando il numero della popolazione della città, in epoca postdiluviana.
Ho lavorato anche sul medico-storico Ctesia di Cnido, di Beroso, sacerdote babilonese, e di Manetone, sacerdote egizio, che sono i primi a parlare di un diluvio, di dinastie antiche, dell’esistenza di mostri, di uomini-pesce, di giganti, di uomini divini, rivelando un muthos di Dei sooteres/salvatori, di Dei risorti, e di una perpetuità di vita, intesa come naturale avvicendamento di vita-morte. La maestra non può non averti parlato anche delle fonti, da cui derivano i testi storici.
*Mi stai chiedendo se la maestra conosce i nomi degli storici? Non me ne ha parlato, anche se ci ha trattato di episodi biblici, riferiti alla civiltà sumera e ci ha detto, in altre lezioni qualcosa sugli assiri e babilonesi e sui medo-persiani, pur facendoci capire che questi vennero molte migliaia di anni dopo? Quindi non sai niente di Beroso e degli altri…
*Oh. no. Non so niente di Beroso!
Comunque, noi sappiamo qualcosa di Ta Babulioonikà del babilonese Bel.usur (Bel, proteggi), chiamato in greco Bhroossos o Bhrosos, sacerdote astronomo, celebre ancora tra i cristiani mesopotamici nel II secolo dopo Cristo, in età antonina, essendo rimasta integra la sua opera fino al II secolo d.C., anche se talora trascurata dai copisti christianoi alessandrini, intenzionati ad oscurare la tradizione mesopotamica, mentre quella di Ctesia di Cnido, Ta persikà ha lasciato tracce sparse come già era accaduto anche per l’opera egizia di Manetone, scrittore di Ta Aiguptiakà, vissuto sotto Tolomeo Soter e Tolomeo Filadelfo, a noi noto grazie ad un’Epitome successiva.
Ora, Beroso, con la sua opera, nel contesto ellenistico – dominato dalla koinè dialektos e quindi dalla cultura greco-macedone, ben connessa con la cultura medico-persiana – rivendica la superiorità culturale babilonese, erede della tradizione più che bimillenaria mesopotamica, accadico-sumerica, non certamente inferiore astronomicamente a quella, pure millenaria, egizia. Beroso e Manetone, come sacerdoti, avevano trasmesso in greco la loro cultura, scritta in cuneiforme e in geroglifico, mediante documenti, per mostrare le loro Antichità, evidenziando la peculiarità religiosa, connessa con la Creazione del mondo grazie alla loro osservazione astronomica e ai muthoi astrologici. Beroso, poi, aveva mostrato anche in cuneiforme il diluvio universale, unico a noi giunto, oltre quello biblico, col poema di Gilgamesch, direttamente, in quanto la lineare B, antenata del greco, non ci ha tramandato neppure lo tsunami di Thera-Santorini, anche se il poema omerico ha nel XII libro dell‘Iliade un qualche rimasuglio di un diluvio, di cui ci sono echi anche in Manetone e in altri scrittori greci.
Gli scritti dei due autori sono espressione di una cultura astronomica comune – di cui i Greci si appropriano con Ecateo e con Erodoto e quindi rielaborano culturalmente solo il senso e l’originalità di episodi arcaici, mitici, mentre viene evidenziata la genesi-nascita del mondo, oltre la narrazione agricola di Esiodo in Theogonia.
*Nonno, tu mi sposti la storia in altre epoche ed io mi confondo e non comprendo!
Sara, senza le fonti, la storia non è storia, ma solo un racconto e, come ogni racconto, non ha una base oggettiva scientifica. Beroso, invece è uno scrittore babilonese del periodo di Antioco I (292-261 a.C.) – a cui dedica il suo libro, vivente ancora a Antiochia, e fondatore di una scuola di astronomia a Cos. Nonno ne ha parlato spesso ai suoi alunni! Vuoi conoscere qualcosa del suo pensiero? Guarda quanto è grande il regno di Antioco I , che comprende anche l’antica Mesopotamia.
*Si. Vedo bene.
Beroso è un autore, che fiorisce nei primi decenni del III secolo a.C., che tratta delle ventose pianure mesopotamiche, dove perdurano costumi lingua e religione dal 3330 fino ai suoi tempi – e noi li possiamo estendere fino ad Ottaviano Augusto (27 a.C. -14 d.C.)! – e dove molti popoli sono transitati – elamiti, accadi, assiri, babilonesi, medo-persiani, macedoni, parthi, fino ai romani, lasciando ognuno proprie tracce, in cui si registrano ancora altri passaggi – .
*La maestra dice che oggi si chiama quella regione Repubblica d’Iraq, che ha subito tante guerre e che, essendo di religione islamica, sunnita a nord e a sud sciita, per questa divisione religiosa è sotto l’influenza della Repubblica islamica dell’Iran e dell’integralismo degli ayatollah, dove ancora esiste la pena di morte contro chiunque non rispetta il Corano, secondo tradizione, e dove la donna è ancora schiava dell’uomo, considerato come padrone, quasi un suo oggetto, non un essere paritario!
La tua maestra allude alla situazione repressiva iraniana – e a quella pakistana ed afgana dei talebani – dove non sono rispettati i diritti delle donne e dove vive incontrastato il potere maschile, in nome di una presunta inferiorità secolare della femmina, che ha solo valore perché generatrice di figli. Certo, Sara, la regione ha visto passare sul suo suolo i bizantini, i turchi ottomani, i francesi, gli inglesi fino alla costituzione di stati dopo il 1948, a seguito della II guerra mondiale, quando sono state riconosciute all’Onu le sovranità nazionali a Nazioni, dopo la disgregazione dell’Impero ottomano, per volontà degli Stati occidentali vincitori, come Israele e Libano, Giordania e Siria, Iraq e Iran, oltre alla costituzione degli stati della penisola arabica (Arabia saudita, Yemen, Oman, Qatar, Emirati arabi uniti e Kuwait). La divisione l’hanno fatta i popoli cristiani, che si sono anche loro suddivisi in relazione ai loro credi, dopo guerre religiose, in cattolici, ortodossi, protestanti anglicani ecc…
*Tu, nonno, mi vuoi dire, quindi, che non è facile seguire la lezione di Beroso, che pur è lontano dai sumeri, viventi intorno al 3000, in quanto è un babilonese per tradizione, che racconta i propri miti nazionali, anche se derivati da quelli sumerici.
Certo Sara. Beroso parla di un vecchio della montagna simile al Noè biblico, costruttore a Sippar di un’arca, con cui si salvò dal diluvio, di nome Sisouthros – incaricato di salvare tutti i libri prodotti dal genere umano a proposito delle cose passate, presenti e future, e di nasconderli nel tempio del Dio Sole – e favoleggia di mostruosi umanoidi – più pesci che umani – anfibi, in lotta col serpente, parlando anche di una donna Tiamat, di nome Omorioka, divisa in due dal dio Belo, desideroso di ordinare il mondo e dargli armonia, in un’epoca distante temporalmente oltre 2000 anni dagli antichi sumeri.
*Nonno, comprendo che è difficile fare storia, quando si è tanto distanti temporalmente ed è facile dire molte stupidaggini.
Probabilmente in un’epoca successiva all’impresa di Alessandro Magno (356-323 a.C.) nel corso della formazione degli stati di Siria, di Egitto, di Pergamo e di Macedonia, sotto una dinastia, ogni popolo facente parte delle singole monarchie, cercava di mostrare la nobiltà delle proprie origini: questo avvenne anche in Siria, che era sotto la dinastia dei seleucidi – discendenti di Seleuco, padre di Antioco I Soter – che ora tenevano l’immenso territorio che era stato degli achemenidi persiani, sotto cui i babilonesi e gli ebrei cercarono di riscrivere la loro storia/toledoth, basata sull’avvicendarsi delle generazioni di uomini su quella terra!
*Perciò, nonno, tu dici che Beroso – come gli autori della Bibbia – cerca di dire qualcosa per porsi nel sistema nuovo politico greco, per dare memoria del suo antichissimo popolo e per fare politica in quel nuovo contesto. Grazie per avermi fatto capire questo e di avermi aiutato a collocarmi in tempi storici reali.
Questo è il mio intento, Sara: fare storia è ricercare il contributo di ogni essere su questa faccia della terra, in modo da vedere il cammino di civiltà e il progresso della cultura dell’uomo!
*Bene, nonno, possiamo trattare ora della civiltà sumerica e delle popolazioni vicine semitiche. La maestra ha diviso in popoli in arii-giaphetici (gli abitanti dell’India, del Caucaso e dell’Europa), semiti (gli orientali compresi gli ebrei e gli arabi e gli altri popoli, compresi gli etiopi), camiti (gli africani) secondo i nomi dei figli di Noè (Japheth, Sem e Cam).
Certo, Sara. Bravissima la tua maestra, che certamente ti ha parlato delle loro caratteristiche.
*Si nonno! Ci ha parlato dei sumeri – popoli arii , che hanno creato la scrittura e quindi iniziato la storia, mostrato i documenti, il loro sistema agricolo, la pesca, il commercio, la tecnica avanzata artigianale dopo l’invenzione della ruota per i carri, l’aratro di legno, la barca a vela, le costruzioni di dighe e canali, grazie all’uso di strumenti di misurazione sessagesimale – sulla base del numero 60, diverso dal nostro decimale, basato su dieci – la produzione artistica di vasi di ceramica – brocche, bicchieri, giare – chiodi da falegname, ma anche quella di colori naturali, di cosmetici, di farmaci oltre all’abilità di confezionare tessuti, grazie alla conoscenza della tintura, del candeggio, l’uso della follatura, cioè del trattamento dei tessuti di lana tanto da fare il feltro, e non ha trascurato i metalli anche preziosi, trattando della loro abilità di orafi.
Sara, la tua maestra merita un monumento! Tutto questo, bella di nonno, davvero, i venuti dalla montagna fecero sulla terra di Sennaar/Sumer – la bassa Mesopotamia – nonostante i pericoli dei popoli nomadi vicini razziatori. I sumeri sono un grande popolo di montagnoli, gelosi l’uno dell’altro, capaci di formare piccole comunità autonome, autosufficienti per la sopravvivenza agricola, che s’identificano col tempio, in pianura, col sacerdote-re, confidente ed interprete, trasmettitore di ordini, capace di armonizzare cielo e terra, grazie ad un suo magico potere, che inizialmente è basato per secoli sulla concordia – voluta dalla divinità tramite il sacerdote-re – e solo più tardi diventa espressione di eccessiva competizione fra le città-stato.
*La maestra ha detto che proprio questo determina la fine dei Sumeri: la loro bellicosità diventa un’arma di distruzione coi vicini.
Oltre al Lugal, sovrano c’erano molti ensi, principi delle città soggette, anche nel periodo accadico. Nonno ti porta l’esempio di Lugalzaggisi, 2350-2330, un grande re-sacerdote, Lugal di Umma, che conquista Uruk e ne fa la capitale, dopo avere abbattuto il suo rivale Urukagina di Lagash, una città con ziggurat col suo dio, ritenuto fino ad allora sempre vincitore, che si era unito con governatori dissidenti – ensi – . Lugalzaggesi è spietato in guerra, avendo volontà di distruzione col fuoco e con le armi di bronzo, in un massacro della popolazione urbana, di agricoltori, artigiani, pastori, pescatori, architetti, medici scribi sacerdoti, soldati, uomini e donne, vecchi e bambini! Scopo di Lugalzaggesi è il trionfo del suo dio Enlil, imposto come dio supremo, vero dio, datore di vitto, unico, che esige l’annullamento di ogni altra divinità nelle città limitrofe.
Sara, il re-sacerdote, allora, afferma in una iscrizione di essere divenuto signore del mare inferiore – Golfo persico e di quello superiore, Mar Mediterraneo, desideroso di controllare il corso di due fiumi! Egli è come il re-sacerdote ebraico, dei primi libri cinque libri della Bibbia, considerati scritti da Mosè, un uomo del periodo di Ramses II (1279-1212 a.C.) o di un suo figlio, un potente faraone che domina su altri popoli, però, oltre mille anni dopo la fine di Sumer, quando la civiltà sumera è sotto il potere di Sargon di Akkad che, intorno al 2330, sconfiggerà i sumeri e lui i suoi figli e discendenti governeranno per duecento anni, nella zona mesopotamica, mantenendo inalterato la precedente cultura e cominciando ora a parlare la lingua per come era scritta in cuneiforme, che si diffonde come linguaggio.- cfr . S.Moscati, le antiche civiltà semitiche, Feltrinelli, 1961 – Tra gli ensi accadici mi piace ricordare Gudea di Lagash (2125-2110) alla cui morte sembra che tutte le donne dell’harem andavano a morire festose, uccise col veleno, diffuso nell’aria, mentre entravano nella corte-tomba, adornata del marito – e di queste si sono ritrovate alcune che stavano ancora agghindandosi ed altre che si incipriavano ! – cfr. Fl. Johansen, Statues of Gudea Ancient and Modern, Mesopotamia. Copenhagen Studies in Assyriology, 6 (1978), Copenhagen – .
Coi figli di Sargon, Rimush e Manistushu e specie, con Naramshin ( 1856-1840 a.C.) si ha una nuova strutturazione, quella accadica nel mondo, ora dominato da Sin dio della terra – il suo nome vuol dire caro a Sin! – e da Ea – dio della luna – che si proclama il re dei quattro angoli della terra, anche se il potere accadico è contrastato dai elamiti, gutei, assiri, in quanto è un periodo di migrazioni di popoli in cui sembra che Abramo, seguendo suo padre Tarek, emigra verso il nord ed arriva ad Harran, per poi, dopo qualche anno, alla morte del padre, oltre dugentenario, ripartire, all’età di 75 anni, per una nuova migrazione, fino ad arrivare nella terra di Canahan!
*Perché due migrazioni, nonno?
Sara, sono oscuri i motivi di questa doppia migrazione e di un viaggio di quasi mille km verso Nord fino ai confine tra la Siria e l’attuale Turchia prima, e poi di quasi altrettanti km – qualche centinaio di km in meno! – verso sud, fino a Betel, dopo qualche decennio, in cui dovettero succedere eventi eccezionali di cui la Bibbia (Genesi 11-25) non tratta e nemmeno Filone alessandrino (25 a.C.-41 d.C.), un theologos che fa esegesi, cioè interpreta la figura del patriarca e il suo viaggio, scrivendo De migratione Abrahami, pp. 301-331, Hoeshelius-Turnebus, Filone, opera omnia, 1614.
*Nonno, la Bibbia parla della Torre di Babele, dei discendenti di Sem.
Sara. la Bibbia, parlando dei discendenti di Terak, tratta del suo primogenito Abramo, oltre che degli altri due figli Nahor ed Aran (che ebbe come figlio Lot e poi morì), di sua moglie Sarai, sua sorellastra e della migrazione da Ur ad Harran , dove la tribù nomade si stanziò.
Si tratta di una tribù nomade, di pastori non di agricoltori, come erano i sumeri, venuti dalla montagna, che, dopo il diluvio, emigra verso il nord, facendo numerose tappe, in anni di cammino. Mio nonno, Nazzareno, che andava a vendere mucche a Roma, ai primi del Novecento, ci metteva 10-11 giorni per arrivare e percorreva 200 km, in un territorio italiano, con un valico appenninico, a Posta – ora provincia di Rieti, allora di L’Aquila – vigilato da carabinieri, spingendo due o tre bestie, insieme ad altri – armati di coltelli e di qualche fucile – che portavano, anche loro, bestie a vendere. La tribù di Abramo era numerosa e con molti capi di bestiame e, quindi, poteva fare meno chilometri al giorno e si fermava, dopo aver chiesto relativi permessi di passaggio e di sosta per l’accampamento giornaliero, alcuni già fissati da tempo, altri, invece, da stipulare, per dare da bere agli animali.
*Quindi, nonno, devo pensare che il viaggio durò un paio di anni.
Non so, Sara. Forse ci volle un numero maggiore di anni perché attraversavano territori sconosciuti, abitati da popoli che non avevano stessi costumi: i popoli, vicini, non erano sempre disposti ad accogliere pastori migranti con le loro greggi, bisognose d’acqua, che probabilmente fuggivano da Harran, una zona funestata da cataclismi naturali, da terremoti spaventosi.
Sembra che da lì era iniziato un rapporto comunicativo tra il Dio innominato e Abramo, dopo la morte del padre e che da lui fu invitato ad andarsene, per cause ignote quando aveva 75 anni (Genesi, 12, 1-2): vattene dalla tua terra/dalla tua parentela/e dalla casa di tuo padre verso la terra/che ti mostrerò/Farò di te una grande nazione/e ti benedirò e farò grande/il tuo nome/e tu diventerai una benedizione. Dio, appena Abramo giunse a Canaan, dopo un lunghissimo cammino di giorni e giorni, di mesi, di anni, forse, gli apparve dicendo: alla tua discendenza darò questa terra! ed Abramo là, nel luogo dell’apparizione divina, costruì un altare e da lì andò in montagna e ad oriente di Betel rizzò la sua tenda …costruì un altare al Signore ed invocò il nome del Signore per poi partire e di campo in campo, giunse nel Negheb, dove sopraggiunse una carestia – ibidem, 7-10 – e quindi andò in Egitto e dopo il suo ritorno, si stanziò a Betel in una zona desertica, montuosa, vicino ad un pericoloso uadi – corso d’acqua saltuario e vorticoso dopo le piogge – .
*Dove si trova ?
È una regione dello Stato di Israele, che ha forma di un grande triangolo isoscele, il cui vertice meridionale tocca oggi, con Eilat, la costa del Mar Rosso, nella sezione più interna del golfo di Aqaba/Giordania
*Dunque, nonno, Abramo si era allontanato dalla patria per vivere come un nomade in una zona non certamente fortunata e bella.
Sara, Abramo è il credente per eccellenza-antonomasia. Egli obbedisce ciecamente a Dio, suo signore, celeste, secondo la tradizione religiosa mesopotamica. Si tratta di un personaggio di un mondo gigantesco post diluviano e di una epopea agricola di uomini che, benedetti da Dio, dopo il diluvio riempirono la terra – Genesi, 9 – con Noè e i suoi figli , che si propagarono formando generazioni di popoli che, avendo una sola lingua, usava le stesse parole – Genesi, 11 – in cui si parla di uomini venuti da Oriente che trovarono una pianura nel paese di Sennahar e vi si stabilirono e dissero l‘un l’altro, su facciamoci dei mattoni e cuociamoli al fuoco Il mattone servì loro al posto della pietra e il bitume al posto della malta, poi essi dissero: su costruiamoci una città con una torre la cui cima arrivi al cielo e facciamoci un nome per non essere dispersi sulla superficie di tutta la terra.
*È detto con belle immagini! La maestra dice che l’ingegno umano non deve andare oltre il limite segnato da Dio.
Sara. All’uomo di ingegno niente è precluso! Tutto può essere fatto da chi è creativo!
*Nonno, per la nostra maestra, monaca, la superbia offende Dio, che umilia chi si esalta ed innalza l’umile. Babele con la sua ziggurat, simbolo della confusione, esprime la logica punitiva divina!
Sara, ma … la monaca, tua maestra, secondo te, dice il vero?
*Si, certo! Dio punisce gli uomini arditi, che dànno la scalata al cielo, confondendoli e disperdendoli, creando molti dialetti!
Questo non mi sembra un bene! E Dio mi appare come un piccolo uomo, invidioso, mentre scende dal cielo!
*Per la nostra maestra non è certamente un male: ci vuole un limite in ogni cosa, anche nel conoscere: la creatura è una creatura che deve restare creatura! Dio è ineffabile, cioè non è conoscibile, data la sua natura divina e la creatura neanche può cantare la sua gloria indicibile! Il molto studio logora l’uomo …si è già sentito tutto… sotto il sole, suole dire suor Clementina.
Nonno, quindi, che ama conoscere e scrivere molti libri – pur sapendo che non si finirebbe mai di capire – e che non ha limiti al suo conoscere, non sa né vuole essere una creatura che deve avere un limite posto da Dio! Forse dovrei dire qualcosa alla tua brava maestra, spiegandole che la Bibbia sacerdotale erra, leggendo babel come confusione secondo l’ebraico, quando, invece, in sumerico, come ho già detto, vale porta di El-dio o porta, che conduce ad El-dio e significa che viene benedetta dalla divinità l’arte muraria dei qainiti-costruttori (che, poi, sarà una tipica professione artigianale giudaica, molto redditizia) e che viene benedetto Abramo, che è invitato ad uscire da Ur, sua città, dopo 10 generazioni dal diluvio. Dovrei dirle che nella lettura sacerdotale ci sono troppe aggiunte ed a volte strane omissioni ad opera gli amanuensi cristiani, nel ricopiare le citazioni dirette di Beroso – Cfr. M. Jursa, I babilonesi, Il Mulino 2007- Famosa è quella è quella su Sennacherib (740-681 a.C.) figlio di Sargon II, in cui , dopo il racconto di Erodoto, Flavio dice: come abbia regnato sugli assiri ed abbia diretta una spedizione contro tutta l’Asia e l’Egitto (Ant. Giud., X, 20), Beroso scrive come segue… manca il testo del babilonese, che ne parlava forse nel II libro! una strana omissione! Viene gestito il testo a capriccio cristiano!
*Nonno, tu non hai le stesse idee della mia maestra, lo capisco bene. Non fa niente! Ma… nel periodo di Hammurabi di Babilonia (1792-1750), il legislatore, non c’è un unico dio, l’altissimo, venerato per molti secoli?
Si, Sara. Marduk, dio della sapienza, figlio di Ea, dio degli abissi, oltre che della luna, e padre di Nabu, è un dio che ha potere e valore dal 2° millennio fino alla presa di Babilonia da parte di Ciro il grande, per oltre 1500 anni, ininterrotto, per cui poi fu scritto un poema leggibile anche oggi Enuma elish – quando in alto/lassù! Questo dio si assimila alla triade Enlil, Ea, Anu sumero-accadico ed è il creatore , un equilibratore tra il principio delle acque dolci Apsu e quello delle acque salate Tiamat ed è celebrato come l’armonia stessa celeste, come chi regola cielo e terra oltre alle acque e stabilizza il mondo, avendo come sacerdoti i magi che facendo osservazione continuata del cielo, giorno e notte, ne leggono i comandi perché ciò che avviene lassù, accade quaggiù e, perciò, devono riferirlo al re assiro che vive a Ninive, città distrutta nel 612 a-C. capitale di un grande regno, durato oltre 500 anni – di cui forse un giorno, se campo, ti parlerò , essendo erede diretto dei Sumeri, in quanto gli assiri abitavano nelle regioni settentrionali dell’Iraq ed adoravano oltre a Marduk anche Shamash ed Isthar, altri dèi dell’armonia, secondo Ctesia di Cnido, autore di Persika – storia persiana scritta tra il V e IV secolo, di cui ti ha parlato forse la maestra, quando trattava di Mosè, legislatore ebraico.
*Certo nonno, la maestra ci ha parlato dei cinque libri di Mosè: Genesi Esodo, Numeri, Levitico Deuteronomio, di Marduk come un dio pagano, come un’altra divinita diversa dal Dio giudaico-cristiano! La maestra ha aggiunto che, perciò, i mesopotamici hanno insegnato agli altri popoli ad avere una religiosità secondo il sistema sumerico-accadico, assiro/babilonese, medo-persiano, non quella ebraica, da cui deriva il nostro Dio.
b.II Parte. I sumeri per la maestra, suora, di Sara mia nipote
Mi piacerebbe parlare con la tua maestra, che è brava, certamente, ma mette troppa carne a cuocere …forse come me, sbagliando! i ragazzi sono ragazzi…distratti…da altri problemi!
*Che mi vuoi dire, nonno? vuoi parlare alla mia maestra della religiosità sumera? io posso anche registrarti? tu, parla… e lei capirà …tramite me! Bene . Farò così, come tu dici …
Tutto, dunque, deriva dalla religiosità sumera, ma… ogni popolo, poi, ha dato il suo contributo, a seconda della propria cultura e storia: esiste, Sara, uno specifico mondo spirituale per ogni popolo, che si differenzia dagli altri e, quindi, uno è il contributo degli Assiri, uno quello babilonese, uno quello medo-persiano, uno quello greco-ellenistico ed uno quello latino- romano ed uno quello ebraico, che forse ha attinto da tutti ed ha lasciato un libro – la Bibbia – che è stato considerato parola del Dio JHWH, Padre del figlio/ verbum-logos, Gesù, nostro redentore, l’altissimo, quello che viene dalla montagna–gabal, assimilato al sole, forse non giustamente!
*Nonno. Che dici?
Niente, niente, Sara! Gli ebrei hanno ripreso il culto mesopotamico, comunque, ed anche noi cristiani, di radice ebraica, abbiamo avuto qualcosa dagli altri popoli.
*Si nonno. Gli ebrei sono mesopotamici, che, avendo la stessa cultura – di cui sono testimoni, come Abramo, Isacco, Giacobbe – parlano col loro Dio, lo vedono e fanno un patto eterno.
Sara, seguendo tale impostazione, essi hanno mantenuto, comunque, una loro coscienza naturale e razionale, basilare per la loro cultura, come anche per noi cristiani: le forze venerate anticamente erano tutte naturali, compresa l’anima stessa (nefesh, respiro dotata di ruach/spirito) di ogni persona, erano parte di questo tutto/kosmos, seppure luce, pur se vivente. Forse, dovrei dire altro alla maestra circa la propaganda ebraica, al ritorno dalla cattività babilonese.
*Che , devi dire alla mia maestra?
Tante cose circa il processo culturale che si avvia con Nehemia ed Esdra, che ricostruiscono, col resto di Israele/coi tornati in patria, il testo della Torah mosaica, lo leggono davanti al popolo –coram popolo, poi volendo fare integrare la stirpe tra gli altri popoli, ne fanno apologia per mostrare la religiosità sacerdotale, connessa con lo zoroastrismo, basata sull’opposizione asha-druj/verità-menzogna! Aggiungerei, Sara, che, dopo l’apprendimento della lingua aramaica, viene fatta da parte ebraica la scelta militaristica mercenaria, simile a quella di Sparta, allora, di moda, a corte, in quanto lo spartano Antalcida -che ha fatto la pace omonima nel 387 a.C. – vive presso Artaserse II, che lo onora per anni, fino alla sconfitta spartana a Leuctra ad opera del tebano Epaminonda: è un lungo periodo di medizzazione legata ad una precisa volontà sacerdotale di evidenziare l’amore e timore di Dio, congiunto con la venerazione per il sovrano persiano splendore divino, re dei re, in una dimostrazione continua della sudditanza ebraica alla regalità divina, in nome di una comune tzedaqah–giustizia! Dovrei dire che dopo la lezione del greco Ktesia di knidos – che indica come si viva tra la fine del V secolo e gli inizi del IV alla corte di Artaserse II, in quanto suo medico personale – vengono mostrate due civiltà, che seguono due vie differenti. Potrei dimostrarle che c’è una inversione durante la guerra col fratello ribelle Ciro, governatore di Ionia – che ha reclutato mercenari greci nel 404 a.C. – che risukt un fenomeno di medizzazione anche tra i greci, in Senofonte (425-355 a.C.), che nell’Anabasi e nelle Elleniche evidenzia come fatto avvenuto, già rilevato perfino da Erodoto di Alicarnasso – a cui segue un altro di ellenizzazione, dopo la vittoria di Alessandro e dopo la costituzione dei regni ellenistici, che hanno una comune lingua/la koinh dialektos in territori, dove ancora vige la cultura aramaica persiana – di cui ci sono visibili frammenti anche in Bibliothhkh di Diodoro Siculo (90-27 a.C.), rifluite in Giuseppe Flavio, che mostra tracce ktesiane nell’XI di Antichità giudaiche, visibili anche in Plutarco di Cheronea (46 d.C.-126 d.C.) in Vita di Arato e di Artaserse, dove sono esaminati in parallelo i due sistemi di vita opposti, poi codificati come quello di un Ellhn e di un Barbaros, semplicisticamente, secondo la divisione filoniana, arrivati fino a Fozio (810-897 d.C). Infine vorrei dirle che, dopo la vittoria di Alessandro Magno sui medi, precisandosi il fenomeno ellenistico- che si basa su una religiosità greco-ellenistica, che ha i fondamentali principi in Pitagora, Platone-Aristotele, e nello stoicismo (e perfino nell’epicureismo), mentre si snatura la cultura sadducea sacerdotale, come si può vedere in libri biblici come Qohelet e Siracide.
*Nonno, sono due libri della Bibbia! La maestra li conosce molto bene. Parla pure!
Ne sono sicuro Sara, ma io le devo dire che il primo è quasi una conclusione dei libri sapienziali connessi con la cultura greca del V-IV secolo specie stoico-epicurea proprio di uno che, saggio come Salomone figlio di Davide, legge e parla in assemblea – ekklesiasths/qohelet – volendo mostrare alla qahal -ecclesia riunita di fedeli, la natura della realtà come vita inconsistente ed incomprensibile in una affermazione che tutto è vanità, vanità di vanità (1, 2, 12, 8), pur rilevando da una parte il naturale continuo movimento della natura, dall’altra l’incessante e persistente ripetersi ciclico della storia, per cui non esistendo mai novità sotto il sole, all’uomo tocca solo attendere mesopotamicamente la luce vera che viene dall’alto: noi quaggiù attendiamo segnali luminosi da lassù! il monito dell’autore che, pur si assimila al saggio Salomone che, avendo visto e goduto di tutto, deve confessare che la realtà è incomprensibile e che la storia non porta nulla di nuovo sotto il sole e che l’incongruenza e il caso dominano nella vita e che la visione di un Dio provvidenziale non è chiara, mancando una legge di retribuzione reale per l’uomo, che ha coscienza morale! Devo dire specialmente alla tua maestra che il secondo, Gesù ben Sirak scrive L‘ecclesiastico in ebraico nel 180 a Gerusalemme come dimostrazione nella I parte 1-43 del valore della legge e del significato di Dio-legge vivente, della necessità del timore di Dio, in un ambiente in cui predominano ancora la naturalità e razionalità medico-persiana.
Le dovrei aggiungere che la novità della creazione avvenuta dal niente della provvidenza divina, come funzione paterna e prescrizione puntuale legalistica e della theoria della retribuzione, risulta ancora naturale e che la seconda parte 43-50 del testo è una rassegna degli uomini saggi, elogiati (Enoch, Noè, Abramo, Isacco Giacobbe; Mosè, Aronne e Finees; Giosuè e Caleb; i giudici, Samuele; Natan, David, Salomone; Elia ed Eliseo, Ezechia ed Isaia; re Giosia, Geremia Ezechiele i profeti minori oltre a Nehemia e i primi antenati, fino a Simone il giusto Padre di Onia III) che hanno seguito la parola divina, facendo la storia del popolo, mostrando i valori spirituali, visibili poi nella traduzione greca in Alessandria del nipote del 132-31, che vi aggiunge un prologo con preghiera come conclusione – 51 – ! L’intera opera è sintesi culturale del mondo mesopotamico con quello greco-ellenistico – di musar e paideia – , come anche l’Epilogo di kohelet, di cui è incerta la data di scrittura!
*Tutto questo vorresti dire alla mia maestra? forse è troppo anche per lei! Comunque, seguita.
Questo ed altro, Sara. Vorrei farle capire che una cosa è la cultura medico-sacerdotale sadducea ed una quella farisaica, che si precisa in un secolo circa, nel quadro di un’opposizione ai seleucidi e a seguito della costituzione di un regno nazionale asmoneo, prima, e poi, in un’integrazione con i romani che risultano vittoriosi sulle monarchie ellenistiche ed infine, farle rilevare una guerra aramaica di duecento anni fra aramaismo farisaico e Roma (63 a.C.-135 d.C.). In epoca di supremazia romana si rompe la centralità secolare del tempio di Gerusalemme e del sacerdozio sadduceo, mentre vengono fuori i credi eretici delle colonie orientali ed africane della diaspora giudaica, che hanno trovato un sistema di vita alternativo a quello arcaico medico-templare, a cui pur rimangono fedeli ed inviano la doppia dracma, anche se non hanno più la congiunzione religiosa tramite la stessa lingua aramaica, ora sostituita dalla koinh, specie nelle comunità di Alessandria e di Cirene, oltre che in quelle asiatiche.
*Avviene, dunque, una grande rivoluzione culturale, nonno? chi può capirti?io eòamai maestra non possiamo capirti!
Certo Sara, nel passaggio tra una cultura ad un’altra, specie nell’ultimo cinquantennio del I secolo a.C., quando si avvia un nuovo processo di romanizzazione commerciale, già iniziato con gli oniadi nel 146 a.C. alla venuta di Onia IV in Egitto, mentre nel seno del giudaismo palestinese inizia un logoramento spirituale tra la morale sadducea e quella regia asmonea, che si risolve in una lotta tra i sadducei sacerdoti e una frangia laica, istruita, che poi si precisa, come farisaico-essenica, che rifiuta l’unificazione della ierousunh nella figura del re, sotto il regno di Alessandro Iamneo (103-76 a.C.).
*Sorge, allora, un nuovo giudaismo, nonno? io non so e forse neanche la mia brava maestra. mi dispiace , nonno, tu sei… in un altro mondo, fuori del mondo cristiano!
Per me, comunque, con l‘ameicsia di Filone si ha un altro credo con un altro sistema di vita ebraico filoromano commerciale, che si oppone a quello agricolo mesopotamico, farisaico gerosolomitano: sorge un mondo nuovo, indefinito e contraddittorio nel giudaismo, violentato e nell’anima aramaica sadducea e in quella farisaica, difronte al monstrum dell’aquila imperiale romano!
*È un cambiamento epocale, nonno?
Sara. Tutto cambia e niente cambia sotto il sole secondo Kohelet! Comunque, all’epoca della disputa feroce tra sadducei e farisei tra la fine del regno di Iamneo e l’inizio di quello di sua moglie Salome Alessandra (76-67 a.C.) avviene una inversione politica che poi determinerà l’intervento romano in Giudea con Pompeo, che ha già sancito la fine della Siria seleucide, annessa al potere romano repubblicano come provincia, messo sotto tutela l’Egitto, prendendo Gerusalemme nel 63 a.C., dopo aver fatto la scelta i due contendenti asmonei, Hyrcano II e Aristobulo II, concedendo al primo etnarchia e sacerdozio, innescando così un processo antiromano, che, portato avanti dal secondo durerà due secoli, grazie ai suoi eredi e discendenti: il giudaismo aramaico risulta un cancro per la romanitas fino ad Adriano (117-138 d.C.) che lo estirpa, essendo divenuta endemica la rivolta aramaica in Iudaea, pur con rinnovati sistemi governativi!
*Con un nuovo padrone – Roma – dunque, nonno, si costituisce un’altra ideologia , quella farisaica in un mondo ancora scisso tra aramaismo ed ellenismo. Ho capito qualcosa? Mi hai fatto galoppare …nella stori… per tremila anni! Mi sono perfino pentita di averti chiesto notizie sui sumeri!
Sara, il tuo povero nonno vorrebbe educarti alla storia ed orientarti, ma è perdente… Si accorge tardivamente che fa un tentativo stupido …specie se i ragazzi sono stati già educati fin dall’infanzia da preti o monache!
*Nonno, papà mi dice che tu credi, a modo tuo. Mi dispiace vederti deluso e rattristato mentre ti rivolgi non più a me ma alla mia maestra. Io sto attenta e le dirò… quanto mi dici per quel che ricordo. Io ascolto volentieri, ancora!
Grazie, Forse… ti sei stancata!
*Un poco, ma ancora posso ascoltare, anche se nonna mi chiama e dice di non ascoltarti!.
Bene. Io parlo come se avessi davanti la tua maestra monaca! Seguito il mio discorso erudito! Tu dirai quello che puoi capire!
In Maccabei, II, 14, 38, si tratta, già, di isolazionismo e di separatismo come di un dovere religioso etnico del giudeo all’estero. Filone (De Josepho, 254), riprendendo questo antico concetto, lo innova, in un adattamento alla società stessa ellenistica in cui vive, in Alessandria, dove già c’era stata la lezione del nipote del Siracide in greco del testo del nonno omonimo, che aveva sancito l’abbandono della lingua ebraica ed aramaica, già verificatosi.
Ogni ebreo della diaspora secondo il filosofo ebreo platonico doveva vivere (anche se imbevuto del pensiero greco, seppure partecipe del processo necessario di ellenizein per una normale vita politica in terra straniera, pur rimanendo legato alle regole della torah e alle pratiche rituali) la stessa vita degli altri, dei pagani, dei goyim. Integrarsi richiedeva il sacrificio di un assimilarsi continuo al pagano, greco ed egizio – di cui si rifuggiva solo quello che la legge espressamente vietava, secondo il giudizio unanime e concorde dei sophetim, di tutti i maestri disseminati nel bacino del Mediterraneo, sancito inizialmente dagli esegeti biblici dei vari didaskaleia alessandrini ed approvati poi da tutti gli altri.
Il problema era dibattuto ogni settimana nelle sinagoghe e poi nei didaskaleia, posti accanto alla proseuche-luoghi di preghiera, dal periodo di Tolemeo I, in Alessandria, e dopo discussioni e contrasti si era giunti a condannare l’ellenismo giudaico palestinese sacerdotale gerosolomitano e a trovare un proprio modo di essere giudeo in Egitto e in Alessandria, che fosse esemplare in tutto il mondo romano.
Ameicsia (amicsia) era il termine equivoco, su cui si era costruita la nuova vita del giudeo in Alessandria, subito dopo la venuta di Onia IV e dopo gli accordi con Cleopatra II e Tolomeo VI (cfr. Ant.Giud., XII, 387 – 388, XIII, 62; Guerra Giudaica, I, 423-432; E. BICKERMAN in “ZNW” 32, 1935, 153, 3 ss).
Onia IV, figlio di Onia III, ucciso a Dafne, fuggito dopo la morte dello zio Menelao e dopo che era stato dato il sommo sacerozio ad Alcimo, che non era di famiglia sommo sacerdotale, accolto da Tolomeo V, ebbe una zona da abitare (khora) nel nomo di Eliopoli, dove eresse nel sito di Leontopoli, un tempio simile a quello di Gerusalemme.
*Con l’ellenizzazione, allora, Nonno, era iniziato il fenomeno antisadduceo?
Certo Sara. Onia IV si era allontanato con la volontà di fuggire la corruzione del sommo sacerdozio gerolosomitano, controllato dalla corte siriaca e riprendeva i rapporti che suo padre, sommo sacerdote, aveva avuto con la corte egizia: il nuovo tempio e il sacerdote transfuga reagivano alla politica ellenistica di Antioco Epifane e poi di Antioco Eupatore che ribadivano la necessità di ellenizzazione della classe sacerdotale in Gerusalemme ai fini di un’unificazione generale della Siria, specie dopo la sconfitta di Antioco III, ad opera dei Romani a Magnesia sul Sipilo: Lo stesso grande re e poi Seleuco avevano operato in modo da rimanere fedeli ai trattati con i romani, specie a quanto promesso nella Pace di Apamea: avevano coinvolto il sacerdozio gerosolomitano in questo processo di ellenizzazione e di nazionalizzazione siriaca! Questo comportava mescolarsi con le popolazioni di altre etnie ed abbandonare Dio e il tempio e quindi tradire la Legge!
Questo viene ben rilevato da I Maccabei (1, 11- 14: alcuni figli uscirono da Israel contrari alla legge, i quali sedussero molti dicendo: “andiamo a stringere alleanza con i vicini perché da quando ci siamo appartati da loro ci sono capitati molti mali“. Questo è scritto: i giovani andarono dal re Antioco Epifane ed ebbero la possibilità di vivere secondo i costumi dei pagani ed il re fece costruire sulla collina occidentale della spianata del tempio la rocca (acra) per controllare e dominare la fortezza del tempio posta sulla parte orientale, un poco più in basso… e poi fece un editto, con cui voleva che il suo popolo fosse unico e che quello giudaico, abbandonati i propri costumi e leggi, si fosse fuso con le altre etnie del suo regno… obbligava, perciò i giudei a fare sacrifici agli idoli, ad abbandonare la festa del sabato e profanare il tempio con sacrifici immondi, proibendo anche la circoncisione, snaturando insomma la legge mosaica.
*Nonno, mi sembra una conseguenza della deviazione sacerdotale? forse non so quel che sto dicendo!
Certo Sara. L’azione del re era una conseguenza dell’ellenizzazione sacerdotale già avvenuta un ventennio prima, all’epoca di Seleuco a seguito della pace di Apamea, in cui i romani imposero ai re siriaci di pagare 15.000 talenti (circa 450.000.000 Euro, cfr. Antiochus Epiphanes o epimanes?).
Nell’urgenza di aver denaro liquido Antioco III e poi Seleuco II dovettero fare una politica fiscale tale da avere entrate di molto superiori a quelle precedenti, per cui la riscossione dei tributi e il peso fiscale furono imponenti nei confronti delle popolazioni e specie dei templi di Elimaide e di Gerusalemme: non solo ci furono le tasse sulle decime riscosse dai sacerdoti, ma anche quelle sulle festività e sui pedaggi dei fedeli che entravano nel tempio.
*Nonno, l’antica cultura sumero-accadica, assiro-babilonese, medo-persiana si era, dunque, chiusa e si era costituita una cultura diversa, logica, opposta a quella naturale antica dell’amore e timore di Dio?
Proprio così Sara! Nonostante la cultura greca tramandi il grande rispetto per la giustizia dei persiani, che è una caratteristica dei magi, la casta sacerdotale, anche se ridimensionata, ma sempre operosa nel quadro del culto e della pietà achemenide, in quanto sacerdozio addetto alla contemplazione del cielo e alla decifrazione della volontà divina celeste in quanto quello che avviene lassù anticipa quello che avviene quaggiù in terra, ormai è vincente la tradizione greco-ellenistica con l’ideologia platonico-stoica . Questo, in sintesi, avrei voluto dire alla tua maestra! I greci, comunque – come Plutarco nel II secolo d.C. – che biasima Erodoto come philobarbaros – , seguono, insieme ai romani ellenizzati, la divisione eratosteniana di Filone alessandrino dei popoli in hllenikoi, forniti di mitezza/praoths e di liberalità/philanthroopia e in barbaroi quelli che ne sono sforniti, perché uomini soggetti all’ira, crudeli, incapaci di moderazione/metrioths (cfr. J. De Romilly, La douceur dans la pensée grecque, Parigi, 1979).
*Nonno, tu sei sicuro di quello che dici? Io sono una ragazzina immatura e tu sei vecchio, un vecchio che pensa di poter orientare l’altro, che non sa e non sa fare!
Io.. . che provo a dire, sbaglio certamente! Forse è bene che non parli affatto perché, parlando, aumento l’equivoco, alimento il dubbio e confondo ancora di più chi ascolta, che è disinformato e che sta bene come sta e neanche vuole ascoltare, avendo un proprio mondo con cui vive, come meglio può, senza bisogno di consigli altrui.
Non ho ancora capito che non sono un maestro, pur essendo chiamato professore! Me lo ripeto ogni giorno, ma mi è difficile capire la realtà! È meglio stare zitti! Nessuno ha bisogno di lezioni storiche! Io mi sento uno stupido ed ignorante asino quando parlo: il raglio di un asino rimane un raglio!
*Nonno tu mi dici tante belle cose ed io ascolto e forse anche la maestra ti vorrebbe ascoltare, se ti conoscesse ed avesse sentito le tue parole!
Grazie Sara, ma io non penso più di essere maestro, capace di orientare un altro, perché ho trovato lavorando, altro, rispetto a quanto detto storicamente dalla Chiesa cattolica, che ha solo fatto esegesi farisaica, ha detto altre parole aggiuntive a quanto si dice rivelato da Dio dall’alto dei Cieli, interpretandone il volere!
*Nonno, noi credenti, pensiamo secondo quanto riteniamo vero e seguiamo una ricerca secolare dogmatica e facciamo i riti della tradizione, così come ci sono stati tramandati.
Certo tu e la tua maestra e ogni cristiano pensando, credendo e ripetendo senza capire nemmeno le preghiere, accettate quanto rivelato da uno sconosciuto Gesù, un ebreo di Galilea, definitosi figlio dell’uomo e di Dio, venuto sulla terra, ad opera dello Spirito santo, nel seno di una vergine, nato in epoca di Augusto, per redimere l’uomo dal peccato di Adamo e per patire e morire in croce sotto Ponzio Pilato per liberarci dal male, promettendoci una vita eterna, dopo la morte, come ricompensa alle sofferenze esistenziali!
*Che vuoi dire, nonno?
Niente, Sara. Rifletto su di me e sul mio volere essere maestro, un maestro che non deve più comunicare perché tutto è equivoco e sbagliato! Che vale la Parola di uomo, storica e contraddittoria di fronte alla Parola di Dio, mitica, conciliare, stratificata nei secoli! Penso solo che aveva ragione mia nonna, quando mi ammoniva negli anni quaranta.
Tua nonna Angelina? La mia trisavola? Già ti rimproverava?
Si, proprio lei. Io parlo volendo comunicare e dire qualcosa di reale a voi cristiani che pensate e non operate storicamente: voi credete ai misteri! Non c’è possibilità di comunicare! Io lavoro e voi pensate! Mia nonna Angelina mi diceva, vedendomi impegnato a discutere coi miei cugini, ignoranti e testoni, di smettere perché non serviva lavare la testa all’asino!
*Nonno, che vuoi dire? Che né io e forse neanche la maestra ti capiamo?! Ora sei proprio incomprensibile! Ci definisci asini?!? sei cattivo!
No, Sara, lo dico a me stesso, asino cocciuto.
Nonna Angelina, brava, sapendo che si perdeva tempo a lavare la testa all’asino col ranno – con acqua bollente e cenere – rimproverava la mia volontà di spiegare a chi non voleva neanche ascoltare e tantomeno capire! Io sono un asino cocciuto che ho lavorato per oltre 50 anni per dare risultanze storiche, neanche richieste, e che solo ora mi sono deciso a smettere di essere un inutile scrittore di cose che non interessano a nessuno, in quanto ho un vocabolario diverso da quello di un altro, costretto a decodificarsi continuamente e ad appaiare il proprio codice col mio.
*Lavare la testa all’asino? Quindi, non vuoi lavare né la tua né quella degli altri, ma rinunci definitivamente alla tua funzione di maestro! Allora, quello che mi hai detto sui sumeri… è una cosa inutile! Io, comunque, nonostante il proverbio ancora in uso oggi… voglio sentirti e voglio ascoltare la tua storia… che è un’altra storia del cristianesimo, come dice mio cugino Mattia. Anche se vai contro quella della tradizione cristiana, a me cara, valida ancora, comunque, dopo 2000 anni, per un popolo timorato di Dio, come dice la mia maestra, che crede all’asino che vola, oltre che alla madonna vergine-madre, alla resurrezione di un uomo morto, a un Dio uno e trino e compagnia bella! io sono tua nipote, sono fantastica proprio perché voglio seguitare a leggerti e desidero sapere di più di quello che so e non penso di essere sulla giusta via, come la suora, e non posso considerare mio nonno uno che parla …e che certamente sbaglia! T’ho visto lavorare e con le mani e con la mente; ho visto i libri che leggi e che pochi sanno leggere; ho capito che segui un altro percorso… e che sei persona brava e buona, di cui bisogna fidarsi!
Grazie, Sara, sei un angelo che mi fa sorridere! Io ho detto e scritto quello che ho detto ed ho scritto cfr. Don Alberione, www.angelofilipponi.com.
*Nonno, seguita, io ascolto, come Mattia, che ha voluto sentire la storia di Gesù aramaico e dei giudei fino allo sterminio della stirpe ad opera di romani con l’imperatore Adriano! Perciò, seguita la tua bella lezione e concludi come sempre hai fatto anche coi tuoi alunni: per me sei sempre il professore!
Grazie di nuovo, bella di nonno. Io faccio del mio meglio per spiegarti i sumeri e le loro divinità naturali e il sistema ebraico che, pur derivato da loro, ha un ulteriore processo, dopo la medizzazione, quello dell’ellenizzazione, che determina un fenomeno di spiritualizzazione, connesso col simbolismo mistico.
*Nonno, io non ti seguo su questo tema, ma se tu desideri dire altro alla mia maestra, io lo registro fedelmente e poi lo ricopio.
Come vuoi, Sara! Io vorrei dire a chi non sa che i sadducei e gli aramaici, di derivazione culturale sumerico-accadico-persiana, hanno nella legge/torah scritto i fondamenti ideologici della vera sapienza e della giustizi, che si traducono in un facile messaggio popolare di amore e di timore di Dio, cosa rilevabile nei libri sapienziali, in Kohelet e nel Siracide! Dovrei aggiungere che nell’epoca della formazione ebraica greco-ellenistica, con la paideia, il messaggio aramaico si trasforma ad opera dei figli di Onia IV, il cui credo eretico circa la creazione del mondo ex nihilo ad opera di un Dio demiurgo platonico, è chiaro, seppure con una forte impostazione contemplativa, tipica di Filone (cfr. Quod omnis probus e De vita contemplativa) in senso farisaico-essenico nel I secolo a.C. e in quello successivo d.C., in cui la cultura ellenistica, prima, e la cultura romano ellenistica imperiale, poi, – che partendo dalla impostazione platonica di psuchh-anima del Fedro – da psucoo/soffio come forza vitale, aria inspirata e respirata come un vivere reale e, quindi, anemos cioè animus, non anima latina, diventa un qualcosa, che possa sopravvivere al soma – ulh, grazie ad un o Pneuma Agion-Spiritus sanctus, di derivazione zaratusriana, di natura immortale!
*Nonno! Vai piano! Sto scrivendo… senza capire e non so se la registrazione funziona!
Comunque, Sara, questo nuovo sistema è oppositivo a quello dei sadducei, materialisti sacerdoti del tempio!.
*Ora nonno mi stai spiegando la diversità esistente tra i sadducei e i farisei?
Si Sara. I sadducei, che avevano sentito per primi la necessità di ellenizzarsi tra la fine del III secolo e gli inizi del II non abbandonano la tradizione vitalistica e naturale sumerica-persiana aramaica, nonostante la partecipazione come antiocheni ai giochi olimpici e al panellenismo avendo ancora la musar e la nomenclatura originale di nefesh e ruach e simili e sono piuttosto aspri nei rapporti e rudi con gli altri/pros allhlous to ethos agriooteroi e perciò negano recisamente il destino/thn eimarmenhn pantapasin anairousin, convinti che Dio non possa fare niente di male e neppure vederlo/kai ton theon ecsoo tou dran ti kakon h ephoran tithentai affermando che la scelta tra male e bene è in mano agli uomini e che secondo il proprio volere ognuno si dirige verso l’uno o verso l’altro/ep’anthroopoon ekloghi to te kalon kai to kakon prokeisthai kai kata gnoomhn ekàstou toutoon ekateron prosienai e ultimo loro fermo credo è quello di negare la sopravvivenza dell’anima, le pene dell’Ade e i premi/psuchhs te thn diamonhn kai tas kath’aidou timoorias kai timas anairousin.
*I farisei, invece?
I farisei pur essendo ellenizzati, in quanto uomini philalleloi kai thn eis to koinon omonoian askountes/tesi alla concordia e capaci di mantenersi uniti entro la comunità, hanno diversi comportamenti a seconda del grado di ellenizzazione: ci sono alcuni che rifiutano come gli esseni il commercio con i greci, si isolano e si dedicano all’agricoltura, avendo sacra la regola della torah imponendosi anche il celibato (cfr. Il giudice, Quod omnis probus e De vita contemplativa di Filone alessandrino) altri, invece come, i banchieri giudaico-ellenisti oniadi che fanno commercio, traendone grande guadagno e servono due padroni (Dio e Mammona), altri più spirituali arrivano allo stato contemplativo, alla teleioosis-perfezione, divenendo i più cari a Dio, dopo il ritiro da ogni attività avendo una cultura pitagorico-platonica. Credono, infatti, che l’anima sia immortale/psuchhn te pasan men aphtarton e che solo quella dei buoni che fanno opere di bene, passa in un altro corpo, dopo la morte, mentre quelle dei malvagi sono punite con un castigo senza fine/metabainein de eis eteron sooma thn toon agathoon monhn, tas de toon phauloon aidiooi timooriai kolazesthai. Comunque, quelli di Gerusalemme, pur laici, sono in opposizione ai sadducei ed hanno un comportamento di massimo timore e rispetto della legge e sono i maestri di una nuova spiritualità, a cui si riferiscono i pellegrini che vengono al Tempio dalla Grecia, dall’Asia, dall’Africa e anche dalla Parthia, in quanto sono politicamente antiromani e filoasmonei e specialmente sono, oltre che profeti, fatalisti ed interpreti della legge: essi infatti ritengono che l’agire bene o male dipende in massima parte dagli uomini, ma che in ogni cosa ha parte anche il destino/ to men praptein ta dikaia kai mh kata to pleiston epi tois anthroopois keisthai,bohthein de eis ekaston kai thn eimarmenhn; essi godono di essere quelli che interpretano esattamente le legge/oi met’akribeias dokountes ecshgeisthai ta nomina ed attribuiscono ogni cosa al destino e a Dio/eimarmenhi te kai theoooi prosaptousin panta.
*Nonno, quindi i farisei sono diversi anche in relazione all’ambiente in cui vivono. Hanno un comportamento differente a seconda se sono nella città santa o in Giudea e se operano nelle colonie ebraiche sparse per il mondo?
Si, Sara. i farisei si sono divisi in tante sottosette, pur avendo un comune indirizzo ideologico e un proprio puritano comportamento, con un credo ancorato a Mosè e alla legge, che però grazie alla loro lettura, pubblica, subisce interpretazioni ed aggiunte, dopo dibattiti fra maestri: questo differisce a seconda dei luoghi di lettura, dove predomina un certo indirizzo in relazione alle condizioni socio-politiche e alla richiesta del popolo, che varia da città a città, da nazione a nazione, in connessione col grado di minore o maggiore ellenizzazione ed anche romanizzazione, e che resta, comunque politicamente fedele alla famiglia asmonea e all’impero parthico in quanto antierodiano ed antisadduceo. Secondo me, comunque, fra i tanti, in epoca romana, ci sono due farisaismi: uno quello iniziale ellenistico, formatosi nella rielaborazione ideologica stoico-aristotelica, connesso con la cultura aramaica e precisatosi storicamente in Ioudaea come movimento ellenistico antiseleucide ed antisadduceo, contro la corruzione templare, in senso nazionalistico, ed uno specificamente oniade romano-ellenistico, costituitosi con l’adesione ebraica egizia alla politica imperiale cesariana prima e giulio-claudia, e poi quella flavia, dopo l’anno terribilis, del 69 d.C. dei tre imperatori (Galba, Otone, Vitellio) cfr. Vespsiano e Cenide; il regno di Vespasiano in www.angelofilipponi.com Il primo è quello del nipote del Siracide e di Giasone di Cirene, scrittore celebratore dell’impresa eroica maccabaica, che fondono nazionalismo col culto templare, basando la propria spiritualità laica sulla necessità di educare il popolo alla storia con le assemblee-ecclesiai e sulla funzione formativa dei rabbini, maestri lettori–ecclesiastai, capaci di creare uniformità legalistica e un comune senso civico nel nome glorioso della famiglia asmonea. Da qui l’invito del nipote del Siracide nel Prologo dell’Ecclesiastico a seguire la lettura con benevola attenzione e ad essere indulgenti se, nonostante l’impegno posto nella traduzione, sembrerà che non siamo riusciti a rendere la forza di certe espressioni, dopo la spiegazione che le cose dette in ebraico non hanno la medesima forza quando vengono tradotte in un’altra lingua. in quanto non solamente quest’opera, ma anche la stessa legge, i profeti e il resto dei libri nel testo originale conservano un vantaggio non piccolo! Da qui anche l’epilogo di Koholet, un ebreo conservatore di grande esperienza e sapienza, che, fondendo scienza-episthme e tradizione, insegna al popolo col sapere scientifico il timore di Dio e i suoi comandamenti, riuscendo a trovare parole piacevoli e a scrivere la verità onestamente, dopo aver ascoltato meditato e codificato molte massime, pur essendo cosciente che si è già sentito tutto e che non occorra scrivere molti libri perché non si finirebbe mai… e perché il molto studio logora l’uomo!
*Il secondo, nonno?
Il secondo è, invece, quello romano specifico di Filone e di Flavio, che esprimono due fasi di fariseismo elettivo, di base ambedue sacerdotali, in relazione ad un’epopea mercantilistica oniade, che decuplica il proprio capitale, espandendosi in ogni parte del mondo conosciuto, anche oltre il regno l’impero romano e quello parthico, con un capillare sistema bancario ed emporico, grazie alla supremazia portuale dei naukleroi , impresari navali ebraici, che hanno stravinto l concorrenza trapizitaria greca e quella romana nummularia-argentaria, grazie alla compartecipazione aziendale di Giulio Cesare prima, di Antonio e Cleopatra poi, ed infine e di Antonia minor, figlia di Antonio e di Augusto con la domus giulio-claudia cfr. Methorios o Alabarca, così come Ameicsia e Filone, in www.angelofilipponi.com
*Non sapevo niente di questa dimensione mondiale dell’ebraismo?
Sara, questa tipologia di farisaismo, proprio nel tentativo di separazione/ameicsia dai non circoncisi diventa una propaganda di fede, un grande fenomeno di proselitismo in quanto i pagani vedono realmente la fratellanza ebraica e la misericordia del loro Dio e ne lodano la giustizia provvidenziale. Infatti, si diffonde la tzedaqah, la caritas, non intesa cristianamente come elemosina ma come giusta divisione del patrimonio, tra fratelli, obbligati a tenersi lontani per non entrare in competizione commerciale tra loro, che, all’atto dell’abbandono dell’attività del vecchio padre di famiglia, che si ritira, dopo una vita di lavoro sul lago Mareotide, in otium contemplativo, dedito alla lettura personale biblica, nel proprio semneion/luogo sacro abitativo, costruito con le proprie mani insieme ad altri, immersi già nell’eternità come andres theioi-uomini divini, prediletti da Dio padre creatore, del cui spirito universale sono parte vivente, psuchh, dotata di logos individuale, alla ricerca della teleioosis – perfezione cfr. Filone, De vita contemplativa, eBook, 2011.
*Nonno, in questo modo Filone supera ogni forma pagana di amicizia e di solidarietà, umana e terrena essendo creatura eletta, che partecipa della vita universale e che ha una funzione in quanto figlio di Dio che si conforma al disegno provvidenziale!
Sara, Filone va oltre la philia greca o l’etairia, di matrice epicurea o stoico-aristotelica: la tua maestra lo capisce benissimo, se glielo dici.
*Nonno, potresti dirmi qualcosa sull’amicizia-philia epicurea? Forse poi, se comprendo bene, posso meglio parlare con la mia maestra.
Per Epicuro (341- 270 a.C.) l’uomo tende alla felicità e all’utile proprio in un mare di mali, generati dal personale umano egoismo, non razionale e non naturale, e pur dovendo vivere nascosto e lontano dall’attività politica, alla ricerca di un proprio annullamento, in un’eliminazione graduale dei propri bisogni, cerca di trovare nella solidarietà della vera amicizia – un sistema basato sull’empathia – per arginare il malessere di vivere e per porsi positivamente in natura in uno stato di benessere, razionale, derivato dalla continua riduzione degli assillanti angosciosi timori umani – da cui è sconvolta la mente dei mortali che hanno necessità di uno sradicamento del desiderare – : la paura di Dio e della morte, selezione dei mali e dei piaceri!
*La vera amicizia è quindi conquista greca, preziosa per l’uomo, una creatura mortale?
L’amicizia, praticata anche tra le donne e tra gli schiavi nel khpos -giardino ateniese di Epicuro – che procede secondo natura e ragione, diventa esercizio pratico universale nel mondo greco, essendo state date regole ed essendo considerato sacro il vincolo che unisce tutti quelli che condividono lo stesso pensiero, che venerano il saggio, convinti che di tutti i piaceri che la sapienza ci procura per la beatitudine dell’intera vita /eis thn tou olou biou makariothta, il più grande di tutti è il conseguimento dell’amicizia/polu megiston estin h ths philias kthsis, Gnom. Vatic. – in Epicuro, Lettere, sulla fisica, sul cielo e sulla felicità, Prefazione di Fr. Adorno, Bur, 1994 – , cosciente che non debba esistere la competizione e che ognuno debba cercare di vivere nascosto – celebre Lathe bioosas! – come se non esistesse, in un rifiuto della politica sicuri solo di essere fratelli nel comune destino di morte – cfr. Lettera a Meneceo dove il filosofo dice che è bello occuparsi del benessere dell’anima … che è meglio farlo in compagnia e specie in vecchiaia…, anche se … da giovani e da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. …e che, se si è saggi… bisogna vivere senza temere di non vivere più…. la vita, che non è un male, e che non è un male il non vivere… e che esiste solo l’arte del ben vivere e del ben morire e che non bisogna dire, visto ch viviamo, che sarebbe bello non essere mai nato e varcare prima possibile la porta dell’Ade… perché, finché si vive, c’è qualcosa di bello sempre e che niente è veramente male, in quanto si alternano giorno e notte, luce e tenebre che sono momenti naturali ed umani, come fortuna e sfortuna, e che l’uomo naturale e razionale è un dio sulla terra, se non desidera niente , ma solo vede che il bene altrui è il proprio bene e se constata la realtà leggendo esattamente che il male altrui, in quanto male comune, è male dell’uomo, dell’intera umanità, e lo riguarda – cfr. Epicuro, Scritti morali, Traduzione e introduzione di C. Diano, Bur, 1987 – !
*Gli ebrei, farisei, riprendendo la filosofia greca, imitano gli epicurei ed anche la loro spiritualità?
Sara, il pensiero greco entra in vari momenti nella cultura giudaica e lascia qualche segno come aveva fatto la giustizia medo- persiana e in Filone alessandrino è presente ogni forma della tradizione patria compresa quella sacerdotale sadducea e quella farisaica.
*Dunque, Filone fa un sintesi quando mette insieme sacro e profano seguendo ormai un processo filomano di integrazione in Alessandria?
Certo Sara. Gli ebrei della diaspora, specificamente gli alessandrini, avevano fatto la scelta condivisa anche dai sadducei e da Hyrcano asmoneo e da Antipatro, padre di Erode, all’atto della guerra alessandrina, cooperando all’impresa cesariana antitolemaica cfr. Antipatro, padre di Erode, in www.angelofilipponi, in una integrazione con la domus stessa giulia, da cui hanno la civitas e il nome di Giulio per la casata degli oniadi e degli altri fautori cesariani, compresi gli antipatridi erodiani che traggono immensi benefici finanziario-commerciali tali da decuplicare in un secolo il loro capitale, surclassando i trapiziti greci e gli argentarii romani: da Giulio Cesare a Domizio Nerone è facile rilevare l’epopea mercantilistica ebraica che risulta di proporzioni inimmaginabili, nonostante il breve biennio della millantata pazzia di Caligola, ora al servizio del militarismo imperiale, di cui anticipa con la penetrazione, dapprima commerciale, pacifica, la successiva conquista territoriale, che ne è avanguardia. Infatti la tzedaqah come atto di giustizia verso il fratello come amore per altro diventa espressione di un’avvenuta integrazione e segno di una futura epoca di romanizzazione, secondo i criteri tipici della colonizzazione ebraica, di cui l’alabarca di Egitto è il protagonista (cfr. Perché non ci è stato tramandato il libro di Flavio sull’alabarca? e cfr. Alabarca, in www.angeloflipponi.com) che, comunque, è anche il prototipo del contemplativo del Lago Maryut, del perfetto terapeuta interprete della legge. Filone dà il modello del vivere perfetto umano e terreno messo in relaione ad un vita celeste , sovrasensibile e divina, quasi anticipazione della Civitas dei agostinana, la cui civitas terrena come umbra di quella celeste, è opera umana e naturale.
*E Flavio?
Giuseppe Flavio, invece, in epoca flavia (69-96) in Ant. Giud., XX, 264 scrivendo Presso di noi giudei ha valore solo la sapienza, la conoscenza della legge e la capacità di interpretare il significato della sacra lettera esprime la sua scelta farisaica, l’adesione al pensiero di Banno, anacoreta, pur conservando la sua fede sacerdotale sadducea – cfr. Bios – . In un altro momento storico, quando non c’è più il tempio, quando non esiste più il monte Garizim samaritano, ma nel mondo romano c’è bisogno di acqua eterna, il pensiero farisaico-essenico contemplativo, nonostante le contraddizioni, sopravvive con Yohakanan ben Zaccai… È Giuseppe Flavio, dunque, che, come il giovane Siracide ad Alessandria e forse anche l’autore dell’Epilogo di Kohelet è lettore, a Roma, non solo della Bibbia, ma anche di storia toledoth/generazioni (in cui fa una sintesi di oltre 2000 anni per adattare la sua cultura mista a quella achemenide e seleucide dell’impero macedonico-persiano, universale, di Siria, in una trattazione specifica dell’impero assiro-babilonese, imbevuto della cultura sumerico-accadica), concede ai christianoi antiocheni ed alessandrini una possibilità di revisione che si legge chiaramente nell’opera di Clemente Alessandrino e specie di Origene, che, col magistero di Filone e di Paolo di Tarso, crea la forma basilare di un sistema religioso in cui il cristiano è capace di dare acqua viva/udor zoon , essendo diventato lui stesso fontana zampillante di vita eterna phgh udatos allomenou eis zoohn aioonion (Giovanni, 4, 1-41).
*Nonno, caro nonno, io di certo non sono riuscita seguire le tue argomentazioni sulla civiltà sumerica e sui reali contributi delle altre culture orientali e tantomeno quelle che vorresti dire alla maestra, che io ho registrato fedelmente. Una cosa, però, sicuramente, penso di aver capito, anche perché mi è rimasta impressa la richiesta della samaritana, al pozzo di Giacobbe, a Gesù, che afferma di avere un’acqua viva, eterna, che, bevuta una volta, non si avrà più sete poiché si diventa fontana di acqua zampillante nella vita eterna, ed è questa in grossolana sintesi: la Bibbia è un calderone con acqua naturale e sale, fatta bollire dai sacerdoti istruiti, che hanno mescolato le varie culture delle tante civiltà orientali succedutesi in oltre tremila anni e ne hanno fatto un pastone popolare, gustoso e saporito, dato come Parola di Dio, a seconda dei tempi di scrittura, giunta noi come sacra resa sempre più santa dal tempo!
Brava Sara. Bravissima!
Hai compreso, quindi, che la lezione naturale sumerica mesopotamica è basilare per la produzione letteraria biblica che, oltre tutto, ha in sé i contenuti di tante altre popolazioni e le ideologie tipiche di specifiche etnie e che la Bibbia è un libro composito, frutto dell’esperienza di vari popoli, che hanno anche loro un libro sacro, come l’Avesta, e tanti altri.
*Si nonno, grazie, grazie davvero! Forse anche la mia maestra ti dirà grazie.