Sono veramente storici gli accademici italiani!
Filioque e Leone III
Abbiamo già scritto in Filioque e il concilio di Toledo www.angelofilipponi.com che nel vangelo di Giovanni 15,26 si trova scritto o para tou patros ekporeuetai e si parla, in epoca antonina, dello Pneuma Agion/ Spirito Santo.
Viene usato da Giovanni il termine ekporeuomai (non ekporeuoo) per intendere che dal Padre deriva, in quanto inviato, lo Spirito, da leggersi in chiave gnostica e plotiniana, secondo emanazione.
La lettura giovannea è resa bene ad opera dei padri consiliari a Nicea, ma poi è modificata sostanzialmente nelle precisazioni del Concilio di Costantinopoli Cfr E Book Amici cristiani, Perché diciamo Credo? che sono aggiunzioni dottrinali a seguito dello studio di uomini, come i cappadoci, e specie di Gregorio di Nazianzo.
Questi in due Orazioni (31 e 41) affronta il problema ed è chiaramente in grave difficoltà nello spiegare ad oppositori ariani e ad altri eretici, che lo Spirito Santo deriva dal Padre tramite il figlio usando all’attivo e al passivo il verbo ekporeuoo/procedo.
Da ekporeuoo si forma il sostantivo, derivato, ekporeusis, come da procedo latino deriva il nome processio.
Girolamo ed Agostino accettano la lezione orientale, senza entrare in merito all’equivoco e all’anfibolia terminologica, dato il diverso valore di procedo e di processio.
Procedo, in latino, non ha esattamente lo stesso valore di Ekporeuoo nè quello di ekporeuomai in greco, e il termine processio latino a Roma, in Italia e in Occidente non è neanche simile a ekporeusis che vale il procedere cioè la processione, la derivazionecome marcia di un popolo che precede un personaggio importante (di norma un governatore provinciale inviato dal senato e dall’ imperatore o il pontifex maximus nello svolgimento dei riti pagani; a Costantinopoli , Nuova Roma, e in Oriente, invece la processione è un fatto religioso cristiano, come celebrazione di un rito o come festosa partecipazione popolare ad un avvenimento religioso o spirituale cristiano).
Sulla differenza tra processio in latino e ekporeusis in greco ci sono molti problemi culturali in relazione ad una terminologia ambigua, volutamente lasciata equivoca per lasciare insoluta la questione, grazie all’uso di sinonimi.
Neanche è possibile capirsi tra cristiani cattolici occidentali cristiani ed ortodosso orientali: lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio (dià tou uiou), per gli ortodossi, che si oppongono agli ariani e che così spiegano la processione dal Padre e dal Figlio, senza intaccare l’unità della Trinità, sulla base di un unico principio divino.
Ora quanto detto vale ancora di più dopo la conversione dall’arianesimo del re visigoto e del suo popolo in Spagna.
In seguito in Francia e in Italia ed anche nelle Chiese balcaniche, insieme al rito Eucaristico si tollera la formulazione del Credo con l’aggiunzione di Filioque, che diventa usuale in Occidente per quasi due secoli, in cui si accentua il distacco dell’Italia e del papato dal bizantinismo, come abbiamo mostrato in Bonifacio IV e Foca e in Eutichio e d Astolfo.
Ora, inoltre, ci poniamo il problema di quando e di chi lo ratifica nella sede romana papale, a seguito dell’usurpazione da parte di Carlo Magno, che avrebbe dovuto assumere, secondo Leone III e la curia romana, il titolo di autokratoor toon romaioon ora tenuto illegittimamente da Irene di Atene, che ha avvelenato suo marito Leone IV.
Sembra che una “certa” ratifica ufficiale avvenga nell’anno del signore 809 ad opera di Leone III, quel papa che nel Natale dell’800 incorona Carlo Magno imperatore del Sacro romano Impero…
Prima di quel Natale ci sono trattative tra Leone e Carlo che portano alla consacrazione imperiale del re dei Franchi e dei Longobardi già considerato defensor fidei in quanto patricius romanorum.
Il vero direttore delle trattative però, specie di quelle di Paderbon, è certamente Alcuino di York, che ha un punto fermo nella sua politica : il papa non può essere giudicato da un’autorità umana, ma solo da Dio, in quanto è suo vicario sulla terra e legge vivente secondo le scritture.
La sua formulazione autentica è: prima sedes a nemine iudicatur.
Questa formulazione sarà la base per il Dictatus papae di Gregorio VII, che legge prima sedes “romana” e a nemine come a nullo homine.
Infatti il pontefice afferma quod unicum est nomen in mundo, quod a nemine ipse iudicari debeat, quod Romanus Pontifex si canonice ordinatus, meritis beati Petri indubitabiter efficitur sanctus/ che unico è il nome nel mondo e che il pontefice romano se ordinato canonicamente, senza dubbio è reso Santo dai meriti del beato Pietro e che non debba essere giudicato da nessuno.
Al di là della lettura gregoriana (cfr. Filone e Gregorio VII ), a noi preme in questa sede mostrare la vicenda di Leone III (795-816), successore di Adriano I(772-795), che è riuscito in vario modo ad imporsi a Carlo figlio di Pipino e a completare astutamente l’opera dei suoi predecessori ottenendo le terre bizantine, quasi al completo, dell’ex esarcato di Ravenna come donazione, come si rileva dal suo epistolario con la curia di Aquisgrana ( Cfr. Eutichio ed Astolfo).
Leone III, eletto appena inumato il suo predecessore, non è uno stinco di santo ed è accusato dal nipote di Adriano e da Campolo, sacellarius, che iniziano un’opposizione , che sfocia nel 799 in un attentato e in un allontanamento dalla sede papale.
Il papa, scampato grazie alla protezione del duca di Spoleto, fa propagandare la sua fuga come quella di un abbacinato e ferito mortalmente, capace, comunque, di fare un lungo viaggio con un seguito di quasi 200 presbiteri e diaconi fino a Paderbon in Westfalia, dove ha la residenza estiva Carlo.
Non si hanno notizie circa questo incontro tra Leone III fuggiasco- uomo astuto, senza blasone e senza reale credito, anche se attorniato da una curia itinerante accusato di innumerevoli crimini dalla pars avversa – e il re dei Franchi e Longobardi…
Secondo me , la curia franca dominata da Alcuino, seppure non allineata con Leone III, ha già delineato la propria politica nei confronti del papato romano, in relazione alle direttive del concilio di Francoforte del 798, in cui si è stabilita da una parte la confutazione dell’ adozionismo e da un’altra la strategia operativa del patricius romanorum, fedele scudiero del papa, massima potestas temporale rispetto all’auctoritas divina del vicario di Cristo.
Di tale trattativa non ci sono tracce né di dialoghi né di formulazioni, quasi ci fosse stato un incontro privato senza la presenza di scribae curiales e quindi non ci sono documenti comprovanti l’intesa, che poi si manifesta con la venuta in Italia e a Roma di Carlo e col reinsediamento del pontefice.
Infatti l’elezione di Carlo ad autokratoor toon Romaioon, a Roma, ad opera di Leone III, non è il risultato di un’improvvisazione politica, ma è un atto che conclude un accordo in relazione alla mutata situazione politica orientale, a Costantinopoli.
Leone III, al momento della sua elezione papale, ha già inviato le chiavi del sepolcro di S Pietro, come testimonianza di fiducia e segno del potere di Carlo patricius romanus, suo scudiero temporale.
A Carlo il papa ha, poi, notificato la notizia dell’usurpazione imperiale di Irene di Atene, macchiatasi dell’avvelenamento del marito Leone IV e del suo governo illegittimo con suo figlio Costantino VI.
Il papato romano, prima sedes occidentale, e quello costantinopolitano, prima sedes orientale, secondo Teodosio I, sono concordi nel dichiarare usurpatrice del titolo imperiale Irene!
Bisogna pensare che l’acclamazione popolare romana sia atto accettato anche da Costantinopoli, con cui Leone III ha anche una comune professione di Fede circa ekporeusis.
A Carlo, pur salutato augusto, grande e pacifico imperatore dei romani, sembra, comunque, non piacere l’acclamazione in quanto nel Natale dell’800 ha già intavolato trattative con Irene per un matrimonio tra sua figlia Rotrude e Costantino VI ( Eginardo, Vita Karoli).
Solo dopo la morte di Costantino VI e poi quella di Irene e la successione di Niceforo sul trono, la curia papale e quella palatina di Aquisgrana iniziano di comune accordo a propagandare il sacro romano impero, esaltando l’elezione papale romana di Carlo (Cfr. Annales regni Francorum e Liber pontificalis ).
Comunque, nel Natale dell’800 la vacantia del titolo di Basileus catholikos permette al pontefice la nomina imperiale al patricius romanorum difensore dei diritti del nuovo papa , dopo il giudizio sui suoi persecutori, condannati a morte, ma graziati da Leone III e confinati.
Ciò, comunque, non sottende la scadimento della prima sedes orientale, soggetta all’autokratoor legittimo costantinopolitano, appena ripristinato secondo diritto.
Ciò neppure può implicare legittimità alla novitas del rito di investitura da parte della prima sedes romana del patricius romanorum, illegittima!
Non si tratta, dunque, della fondazione di un Sacro romano impero– un altro falso storico, non proponibile all’epoca- ma di un’usurpazione di successione imperiale come una restitutio imperii alla pars Occidentale , come se mai ci fosse stato l’atto ufficiale di Odoacre di consegna delle insegne imperiali valentiniane nel 476 a Zenone, che gli concede il titolo di patricius romanorum, proprio di un funzionario imperiale…
Niceforo,il Logoteta (802-811) infatti , il successore di Irene, convinto assertore dell’unicità dell’imperium romano e della sua unica consacrazione, pur riconoscendo nominalmente a Carlo l’elezione imperiale, ad opera del papato, propria di un usurpatore, lo obbliga a riconsegnare il territorio del Veneto, l’Istria e la Dalmazia, a riconoscere perfino un trattato del duca beneventano Arechi con Costantinopoli, a legittimare il principe bizantino di Napoli, Stefano, e quello del governatore di Sicilia.
Carlo, convinto della supremazia imperiale bizantina, accetta le condizioni del basileus orientale e ne ha un parziale e momentaneo riconoscimento di potere imperiale in Occidente.
L’imperatore bizantino, infine, impone che la prima sedes costantinopolitana e quella romana abbiano un comune credo secondo la tradizione niceno – costantinopolitana circa l’ekporeusis dell’Agion pneuma.
Ne deriva che Carlo, richiesto del suo parere come defensor fidei, dalla prima sedes romana, pur desideroso di non disattendere le attese dell’imperatore bizantino in materia di fede , deve necessariamente cedere alle richieste dei membri della chiesa gallicana riunita ad Aquisgrana circa il filioque isidoreo, avendo già risolto la questione circa l’adozionismo con Alcuino che, al concilio di Francoforte prima e poi ad Aquisgrana ha confutato le proposizioni adozioniste di Felice di Urgell.
Ora, dunque Carlo. per favorire la concordia religiosa tra i franchi accetta il filioque e si oppone anche a Papa Leone III che è legato da tempo alle formulazioni bizantine.
Il filioque è parte integrante del Credo recitato durante la messa in tutto l’Occidente meno che in alcune parti del suolo italico e a Roma.
Il filioque, ormai entrato nel rito consueto in Occidente da oltre 2 secoli, è diventato una quaestio aperta per oltre due secoli tra la chiesa gallicana e quella romana fino ai tempi di Silvestro II il precettore di Ottone III (999-1003) quando a seguito dell’incremento dato alla riforma cluniacense, si chiude con l’accettazione della processio dello Spirito santo e dal Padre e dal Figlio, anche a Roma.
Il papa Leone III, infatti, rimane nella sua fides costantinopolitana anche dopo il concilio di Aquisgrana e la risposta autoritaria di Carlo, e sembra ribadire le sue certezze conformemente al credo atanasiano.
Il papa, fin dagli inizi del suo pontificato è distante dal filioque di Isidoro e segue l’indirizzo costantinopolitano e poi si oppone a Carlo, che per calcolo politico accetta le formulazioni di Aquisgrana e le convalida.
L’imperatore anzi stabilisce di accettare la tradizione già secolare occidentale, imponendo anche la recita del credo durante la Messa.
Papa Leone, rifiutando di sottoscrivere quanto decretato dalla chiesa gallicana, si separa dalla cattolicità in nome dell’ortodossia.
Leone è un papa tosto, che ha una sua politica ancora da funzionario bizantino, nonostante i cedimenti al re dei Franchi e dei longobardi, militarmente i superiore!.
Il papa -ripeto- resta fedele al suo pensiero sulla processio/ ekporeusis e mantiene la sua parola alla comune affermazione di fede col patriarca di Oriente, chiamato ( anche lui come l’imperatore ) Niceforo.
Solo un cinquantennio dopo papa Silvestro II e la fine della divisione tra la Chiesa gallicana e quella romana per il filioque, ci sarà nel 1054 lo scisma tra i cattolici e gli ortodossi.
E’ una vittoria della fede o della politica!
La theologia mostra la sua forza?!