De autore Operis censura

De autore operis censura.

Senti, Marco, come nel  1575 si applica la Censura  su  Compedium Theologicae Veritatis.

Si tratta cioè  di una censura di un’opera, che non indica l’ufficio di censore ma solo un giudizio critico su un testo  di cui non si conosce  l’esatto nome dello scrittore e  si cerca l’autentica paternità…

Tanti sono i nomi di quelli che hanno scritto Compendia theologicae veritatis nel Duecento!…

Per prima cosa si nega che  ci sia una sola sententia circa l’autore e quindi ci sono molteplici attribuzioni  e diverse opinioni  quis aurei huius libelli autor exstiterit,  non una est sententia.

Solo in epoca recente si è fatta l’ esatta attribuzione con identificazione di Hugues  Repelin de Strasbourg (Hugo Ripilinus Argentoratensis…, ma questa è un’altra quaestio (cfr. L.Pfleger, Der Dominikaner Hugo von Strassburg und das Compendium theologicae veritatis, Zeitschrift für Katholische Theologie 28 -1904-, pp. 429-440 e Cfr. Georg Steer, Hugo Ripelin, von Strassburg: zur Rezeptions, und Wirkungsgeschichte des Compendium theologicae veritatis im deutschen Spätmittelalter, Tübingen, M. Niemeyer, 1981)…

Poi  loannes de Combis  aggiunge che quidam ….autumant  e si serve del verbo autumo, la cui incerta etimologia fa pensare ad autem dico, come avviene per nego  -nec dico -. in modo da indicare un’ affermazione ben sostenuta secondo Gellio, Noctes Acticae, 15,3,6 (autumo non id solum significat aestumo, sed et  dico et opinor et censeo). Infatti secondo lo scrittore cinquecentesco  quidam Albertum re ac nomine magnum eius autorem autumant cioè alcuni ritengono giustamente autore Alberto Magno, anche se molti affermano che altri hanno scritto il libro.

Infatti dice: nunnulli  Aegidium Roma(num), alii  D. Tho Aquinatem, quem  plures  Seraphicum Bonaventuram  contendunt ( a cui molti  oppongono, in gara , nel tentativo di attribuirne  in modo tendenzioso la paternità  al Serafico Bonaventura).

Ad Egidio Colonna romano (1245-1316) agostiniano, che rileva i contrasti tra platonismo ed aristotelismo, non è possibile l’attribuzione del Compendium…per molte ragioni, vista poi la formulazione pratica ed emporica del I Giubileo della storia con Bonifacio VIII…

A suo parere  lo scrittore cinquecentesco ritiene  che  questi  si avvicinano di più  alla realtà (qui et rem propius, meo quidem iudicio,  attingere videntur), ed aggiunge che in essi, comunque,  si leggono haec  eadem ad verbum, paucis mutatis, paucioribusque additis,  in quanto si può vedere nei libri anche di Tommaso (in eius Opuscolis) maestro del Colonna.

Infine  attribuisce il libro a  Pietro Tarantasio sostenendo con molta cautela  l’attribuzione.  Nec desunt tandem qui Petro tarantasio inter sacrae thelogia professores  non obscuro, id tribuunt.

Eppure Petrus di Tarantasia- 1225-1276-  (Valle di Isère) è un grande studioso, abilissimo nella lettura theologica,  divenuto anche papa con nome di Innocenzo V, beatificato dalla Chiesa…

Lo scrittore cinquecentesco si rivolge poi al candido lettore (candide Lector) apostrofandolo con  un tu, in una ricerca di empatheia, impossibile tra il doctor fanaticus ed un lettore profano invitato ad abbracciare  la causa sine dolo (sedulo) diligentemente.

E’ un tentativo di passare dalla funzione emotiva di un dotto scrivente  a quella conativa di un ricevente, dilettante, capace, però, di attivarsi, in quanto  discipulus  spoudaios/sedulus.

Chi scrive cerca  un lettore, comunque sia,  che partecipi alla sua impresa!

E’ possibile forse fra te,  Marco,  e me, oggi nel 2018, non tra  Joannes de Combis in epoca tridentina con un suo lettore candidus, confratello puro e schietto nella sua fides, cieca, secondo le theorie dei commentatori dell’Ars Poetica di Orazio,  propria   del Cardinale vescovo di Ugento , Sebastiano Minturno,  abile a miscere delectare et docere, dulce et utile, cioè platonismo ed aristotelismo!

Eppure l’autore cinquecentesco pensa di poter attirare  in qualche modo con il divertimento e il piacere della ricerca del  nomen autoris (autoris nomine parum oblectatus) il lettore, un uomo che parla  il volgare italiano, ma educato in lingua latina e greca.

Perciò aggiunge: Habes enim unde purissimos Theologiae latices extremis (ut aiunt) labiis delibes/ tu hai infatti dove poter gustare le purissime sorgenti di Theologia  a fior di labbra. 

Al discepolo, si aprirà allora un facilis aditus , un facile passaggio senza dover subire il gorgo fragoroso dell’onda.

L’autore incita  con un orsù/ age, – perché, a detta di Aristotele, agli antichi furono attribuite plurimae gratiae/moltissime attrattive,  ma non   perfecerunt, invenerunt tamen  facile- ad osare,  che è proprio dei chi inizia.

Questa è la sua conclusione, in forma interrogativa, tipica del  periodo controriformistico, propria del Piccolomini e del Varchi ( cfr. L’altra lingua l’altra storia, cit. ): cur non eadem iis, qui  multa paucis et apte quidem absolverunt, nixi sunt, quando ars brevis, vita longa.?/ perché non affidarono le medesime cose a quei pochi che  compirono  del tutto e bene molte cose, dato che l’arte è breve e la vita lunga?

Caro Marco, l’opera in questione è oggi da tutti ( quasi) creduta di Hugues de Strasbourg ma per  secoli i critici si sono orientati  e sbizzarriti in  varie attribuzioni, a volte anche risibili

Ho rivisto dopo molti anni queste pagine, lasciate in sospeso e senza pubblicazione  ed ora le ho riportate alla luce  come in una conversazione  con te,  sulla cultura  medievale, ripresa dai commentatori  di Orazio  dopo il concilio di Trento.

Perché ?, professore.

Mi sembra di capire che  ora non debba più scrivere e che debba ormai decidere di non pubblicare più.

A chi serve il  mio pensiero, oggi?

In una Italia formale e commerciale la mia pagina è inutile.   

Non mi sento più tranquillo,inoltre, neanche quando ricopio i miei quaderni  scritti  a mano:  dovunque mi sento come spiato  nello scrivere:  il mio sito  non è più mio!.

Ora tutti copiano  e scrivono banalità, piacevoli, vestendosi dei panni altrui, mentre io ricopio il frutto di un lavoro certosino, di studi fatti in solitudine, abbandonati da anni,  specie  quello della lettura dell’Epistolario di Bernardo di Clairveaux…

Seguiti a scrivere! – mi suggerisce Giovanni, -lei ha orientato tanti di noi, ed ha lasciato una bava di lumaca argentata…

Io so bene di non avere una funzione  e di non aver alcuna verità da proporre,di essere un saggio che non conosce la via, ma la cerca procedendo secondo natura e ragione ,,, 

In epoca tridentina, invece , Marco, uno scrittore, come De Combis, in obbedienza alle norme del Concilio, anche se in latino, ha un intento formativo, sentendo di avere  la missione di edificare moralmente  il  lettore candido, semplice,  bambino e  superficiale, docile, comunque,  alla parola del docente.

L’autore tridentino raccoglie, raduna, riunisce ( Collatum da confero  sottende un operazione accurata di raccolta) i  compendia theologicae veritatis, di scrittori domenicani e francescani del Duecento, ispirati dallo Spirito Santo, esemplari maestri da opporre ai fautori della Riforma luterana.

Anche gli intellettuali in volgare fanno la stessa cosa, come Tasso,    che dà al fanciullo egro /malato la medicina amara, mista al dolce, al fine della guarigione.

All’umanità viene dato per  secoli il vero storico, cattolico, condito in molli versi: La Gerusalemme liberata è esempio di un grande ufficio e pio  per un’epica classica cristianamente rinnovata!