Astolfo ed Eutichio/Chiesa romana
Ubi amatur non laboratur et, si laboratur, ipse labor amatur Agostino
Secondo Raffaello Morghen (Medioevo cristiano, Laterza, 1978) la tradizione di Roma, della sua gloria, della sua potenza e della sua eternità costituì, durante il Medioevo, il grande alveo in cui confluiscono le più vive e profonde correnti ideali della nuova civiltà.
Dunque, nella tradizione di Roma è rappresentata la concezione ecclesiastico-religiosa, che si costituisce, s’ annoda e si intriga con la potenza terrena e della gloria guerriera e politica dell’impero antico, mentre si esaltano le nuove glorie della Roma cristiana, degli apostoli, dei martiri e dei pontefici.
La theoria christiana risulta una vera sacra rappresentazione in veste romana imperiale!
Secondo me,- che vado oltre l’interpretazione, pur esatta di Morghen, che rileva un filone della tradizione di Roma di sapore schiettamente popolare, laico e romanzesco, che fissa l’urbs come centro ideale della più alta potenza umana- rimane intatto il nomen di Roma in tutto l’Occidente barbarico e specie in Italia, per la presenza del Basileus di Costantinopoli, autocratoor,- che ha ribadito il suo potere ed ha ricostituito l’imperium universale, sconfiggendo i goti ( 535-553)- e del suo vicario, dell’esarca, a Ravenna suo principale rappresentante e di altri funzionari minori bizantini, che regolano la vita secondo il diritto romano in Puglia, in Calabria nelle isole maggiori, italiche, nonostante l’invasione dei Longobardi nel 568.
La conquista dell’Italia è solo un insediamento di barbari, cristiani monofisiti ariani, che si consolidano in Italia settentrionale, lungo il corso del Po e dei suoi affluenti, avendo come capitale Pavia, mentre altri gruppi della stessa stirpe occupano stabilmente Il ducato di Spoleto e quello di Benevento, lasciando integra una fascia romana sulla dorsale appenninica tosco- umbro-romagnola e marchigiana, che degrada sia verso il Mare Adriatico che verso il Mar Tirreno, comprendente Roma col papa, un rappresentante bizantino,di norma siriaco, di secondaria importanza.
Anche i territori campani intorno a Napoli, le coste adriatiche ed ioniche dell’Italia meridionale, con le isole italiche, sono controllati dalla flotta bizantina e risultano romani, seppure non distinti tra loro come ex terre dell’impero d’Occidente e come terre, bizantine, che, comunque, formano un unicum agricolo, coltivato da popolazioni coloniche di lingua latina, secondo il sistema delle antiche ville romane.
Inoltre in Occidente e in Italia il cristianesimo cattolico ha ancora nel VI secolo un numero minore di fedeli rispetto ai pagani e sono inferiori certamente ai cristiani ariani, che coi Visigoti e Vandali hanno occupato anche il territorio Iberico, parte della Gallia e della Germania e l’Africa settentrionale.
Ariani e cattolici, pur essendo in contrasto, hanno un comune interesse a cristianizzare le popolazioni idolatriche dei Pirenei e delle Alpi, degli Appennini e quelle delle zone interne insulari.
Non si deve pensare che l’ltalia è già tutta cristiana cattolica, ma forse solo il Lazio con la Sabina e il Piceno ha un maggior numero di Christianoi, data la potenza della domus anicia, che, avendo molte terre romane le fa gestire da coloni cattolici, anche se sotto l’oculata sorveglianza di praesides ebraici, che hanno una sapienza amministrativa, propria delle dioikeseis (Cfr. G. Ravegnani, I bizantini in Italia, Bologna Il mulino 2004; A. Guillou, La civilisation Byzantine, Paris, Artaud,1974; G. Luzzatto, Breve storia economica dell’Italia Medievale PBE 1965.pp.32-40).
Si tenga presente, infine, che Roma intorno al 600 è diventata un paesotto, sempre più spopolato, non solo per le guerre ma anche le continue inondazioni del Tevere e dell’Aniene, mentre prosperano i castella collinari che circondano l’urbe.
Fare la storia di circa 150 anni dal periodo di Gregorio Magno diventa un’operazione complessa, difficile, direi impossibile per la mancanza di dati reali storici e per la presenza di fonti solo ecclesiastiche.
Perciò per nostra personale utilità e specifico interesse abbiamo diviso il lavoro, dopo attento esame, operando prima sul settimo secolo, puntualizzando lo studio sull’imperatore Foca e sulla colonna a Roma e sui papi siriaci romani, rappresentanti del potere bizantino, poi scavando sulla figura di Eutichio, esarca di Ravenna.
Ne è derivata un’altra luce sugli avvenimenti così da ricostruire il contesto e i sistemi di vita reale, al fine di capire il fenomeno del papato romano, che, costituitosi un proprio Patrimonium Sancti Petri et Pauli, nel nome dei due apostoli, illegittimamente, se lo conserva giostrando con papi, desiderosi di fare una politica nuova autonoma in senso popolare e romano, antibizantino.
Gregorio II (715-731) e Gregorio III ( 731-741) sanno gestirsi a scapito dell’ impero bizantino iconoclasta e dello sfortunato esarca ravennate, Eutichio che, non avendo il solido appoggio navale e il supporto finanziario e militare di Bisanzio, cade sotto i colpi dei Longobardi che si congiungono con il papato, intenzionati sempre più specie con Zaccaria (741-752) e Stefano II (752-757) a manovrare abilmente tra i longobardi ariani e cattolici, cercando di trarre il maggiore utile possibile dallo scontro tra il re e i duchi e tra l’ etnia longobarda e quella bizantina, avendo ormai l’appoggio popolare romano e quello degli abati benedettini antiariani ed anticonoclasti.
E così Eutichio (728-751), preso tra due fuochi, inviso alle popolazioni, a causa della politica iconoclastica imperiale, specie nella zona veneta e marchigiana, non avendo il sostegno continuo della flotta bizantina e di quella consociata di Comacchio e di Bari – riottose ad intervenire contro i coloni romani adriatici- pur avendo sagacia e l’abilità diplomatica, conclude miseramente la sua vita, fuggendo, mentre Astolfo fa l’ultimo attacco a Ravenna per inglobare l’esarcato nel patrimonio longobardico.
Dunque, professore, se ho capito qualcosa, studiare la figura di Eutichio e capire il suo mandato legatizio, nel corso della iconoclastia di Leone III l’Isaurico e poi di suo figlio Costantino V, Kopronimos, è utile ai fini di fare un‘altra lettura del Papato romano che si definisce erede di Roma imperiale, appena scomparso l’esarca di Ravenna ?!.
Allora la funzione nuova del papa risulta basilare in relazione alla antica coscienza di una diretta discendenza secondo l’ideologia anicia, sviluppata dai due Gregori, seguaci di Gregorio I: sono loro gli iniziatori di una politica autonoma popolare romana antibizantina, connessa con la corte di Pavia prima e poi decisamente impostatasi in senso franco!
E ciò avviene proprio mentre già urgono le prime invasioni saracene nel Meridione, dopo la scomparsa della flotta bizantina e la non adeguata difesa delle coste ad opera dei veneziani e dei baresi sull’Adriatico?!,
Sul Tirreno invece c’è un’altra situazione: il pericolo saraceno ancora non esiste, considerata la migliore organizzazione navale di Amalfi, di Pisa e di Genova, già competitive alla fine del nono secolo, visti gli interessi economici e i rapporti commerciali con la corte Bizantina del duca di Napoli Sergio I, che ottiene, tra l’altro, l’ereditarietà del titolo dall’imperatore stesso, intorno alla metà del nono secolo.
Le successive conquiste saracene di Ripatransone -Ascoli Piceno- (prima metà de lX secolo cfr. P.L. A. Vicione, Ripatransone sorta dalle rovine di un castello etrusco, Fermo 1828 in A. Rossi, Vicende ripane, a cura dell’autore Febbraio 2007, p.19 dove si parla delle Grotte della Sanità in cui i ripani in numero di 3.372, si rifugiano durante l’invasione dei Saraceni, comandati da Sabba) e di Farfa nel 891, anno in cui l’abate Pietro si trasferisce nel fermano a S. Vittoria in Matenano (G. Nepi, Storia del comune di S. Vittoria in Matenano,1977)- sono esemplari atti di un predominio navale sull’Adriatico della flotta musulmana in tutto il secolo.
Dunque, professore, mi s’impone la domanda: Chi è l’esarca Eutichio? Che funzione ha avuto in Italia centrale?
Così mi chiede Marco, il mio migliore alunno, un ingegnere di buona cultura, educato storicamente in senso medievale.
Nessuno mi ha parlato di Eutichio?!
Chi è costui?
Marco è un uomo che conosce, seppure superficialmente, l’iconoclastia di Leone III – che vede l’idolatria in un fenomeno favorito dai monaci orientali con la fabbrica redditizia delle icone, acquistate e venerate dal popolo in Oriente, e sacralizzate con profitto grazie al lucroso commercio degli ossari e delle reliquie in Occidente, considerata la devozione di abati e monaci e del Papa – e la sua storia, ed ha seguito, comunque, perfino le mie lezioni tecniche su tale argomento e sull’idolatria nelle religioni monoteistiche, fino agli anni del vescovato di Ambrogio Squintani in Ascoli (1939-1958).
Il vescovo di Pizzighettone è un vero christianos tridentino!
Ha grande integrità morale e una fede in un unico Dio! Dotato di una rigidità sacerdotale spirituale, pneumatica, subito dopo la II guerra mondiale, aveva cercato incautamente di far togliere le tante immagini sacre, statue ed oggetti propri di un mondo ancora paganeggiante nelle chiese ascolane di campagna per ripristinare la dignità di fede cristiana, secondo parametri di efficienza e di culto divino senza deviazione verso forme magiche o misteriche!.
Il povero vescovo, zelante nelle sue visite pastorali, fu oggetto di persecuzione da parte del popolo piceno, contadino, inferocito per la proibizione dei manufatti religiosi, venerati come feticci, considerati quasi dei, per l’abolizione delle reliquie, per l’abbattimento dei segni cristiani del rituale pasquale e di quelli della Vergine, chiamata in modi diversi, secondo il sistema pagano (madonna nera isidea; madonna addolorata, madonna panagia ecc) : i parroci ignoranti e fascisti di formazione crocifiggono il prelato settentrionale che non conosce il fanatismo plebeo, isterico !
Marco, il mio caro ex alunno, non conosce, però, la funzione dei bizantini nell’Italia centrale e in quella meridionale ed insulare nell’VIII secolo e quindi non ha sentito mai nominare l’esarca Eutichio/ Eutuchios– il fortunato-, neanche da me!
Questi, fatto esarca di Ravenna, non raggiunge la città mentre questa è in pericolo per le mire di Liutprando, intenzionato a conquistarla già nel 727, facendo incursioni sulla costa romagnola e marchigiana, seguendo la tattica già comprovata dal duca di Spoleto, che, comunque, non è dalla sua parte. Si è nel clima di una persecuzione iconoclastica ed Eutichio è inviato ad imporre la legge di Leone III in Italia.
La lotta contro le immagini è cominciata con le disposizioni prese nel 726 da Leone III, che replica alle accuse arabe di idolatria e che impedisce il culto popolare delle icone dei frati cappadoci ed armeni, che nei monasteri ne confezionano molte copie di pregevole valore.
L’ opposizione del patriarca di Costantinopoli, Germano, che non vuole la rimozione delle icone, determina sommosse popolari e una feroce predicazione monacale antimperiale già nel 729, per cui Leone III punisce i patriarchi e metropoliti protestatari, che hanno la solidarietà dei Papi Gregorio II e III che, dichiarando la legittimità del culto delle immagini nel sinodo romano del 731, devono subire la confisca delle terre bizantine italiche, assegnate ora al patriarca di Costantinopoli.
Costantino V successore di Leone III, che invia Eutichio, inizialmente è più prudente, poi , rafforzatosi sul trono, proclama comunque, il divieto delle immagini, avendo l’approvazione da parte di un concilio ecumenico nel 754.
Il popolo e i monaci non si sottomettono, nonostante le misure violente dell’imperatore (distruzione delle immagini e delle reliquie e imposizione di rinunciare a esse, con giuramento) ed allora l’imperatore nel 764 emana un decreto riprendendo la legislazione di Leone III che già nel 717 contro Gregorio II aveva aumentato le imposte su tutto il territorio dell’impero per risanare il fisco dopo la guerra con gli Arabi.
La Chiesa romana ne risente in quanto colpita nelle vaste proprietà fondiarie in Italia, e Gregorio, rifiutatosi di pagare, afferma che i proventi delle imposte italiane devono essere utilizzati per le necessità locali.
Ben più grave è invece l’ingiunzione da parte di Leone III a tutti i cittadini ebrei dell’impero di convertirsi al cristianesimo, pena l’inglobamento dei beni con atimia, in base al principio secondo cui per la stabilità dello Stato è necessaria un’uniformità di fedi.
Eutichio risulta, quindi, un perfetto esecutore di ordini in quanto secondo il Liber pontificalis è un patricius eunucus, cubicularius, che sbarcato a Napoli, presso il duca, un funzionario bizantino, da lì cerca di far uccidere papa Gregorio II, e fatto prima un viaggio di terra, passando in rassegna i domini romano-bizantini del Tirreno per poi fare un iter ispettivo lungo la Via Salaria per risalire infine verso l’alto Adriatico, via mare, dopo l’imbarco a Truentum.
L’esarca mostra la sua abilità diplomatica con la corte di Pavia tanto da attirare nella sua orbita Liutprando, che è intenzionato a rompere l’alleanza tra Trasamondo, l’infedele duca di Spoleto e il papa, interessato a minare l’autorità regale.
Nel frattempo l ‘autorità di Eutichio è minata dagli abati di Bobbio e di Farfa, che sono contrari all’iconoclastia e fomentano insurrezioni in Ravenna stessa.
L’esarca è costretto a rifugiarsi nella laguna veneta, dove, comunque, riordina il potere bizantino, facendo processare lo stesso doge, in quanto carica non legittimata da Bisanzio ed istituisce un’ altra magistratura con cinque magistri militum, che, però, detengono il potere per il breve tempo, in cui l’esarca è a Comacchio, poiché il popolo insorge a favore della ricostituzione della figura del doge avendo avuto lettere dirette dall’imperatore stesso, di conferma.
Infatti ambasciatori veneti concordano col Basileus di fornire una flotta in soccorso a quella bizantina contro Liutprando, ora congiunto col papato.
Zaccaria, allora, si fa mediatore tra i bizantini e i longobardi convincendo inoltre Trasamondo a ritirarsi in convento, dopo averlo salvato e protetto a Roma, e favorendo lo stesso Eutichio, che ora non più minacciato da insurrezioni, può soggiornare a Ravenna: l’azione politica del papa è un capolavoro di diplomazia e di strategia, degna di Ottaviano Augusto, autorizzato ad avere rapporti plurimi con le popolazioni autonome del Veneto e della Puglia, con l’esarca stesso e con i longobardi, quando già è pronto un piano di alleanza con Pipino il Breve.
Dopo il ritiro di Rachis, l’esarca è improvvisamente accerchiato e immobilizzato sia da forze longobardiche del nuovo re Astolfo che da quelle latine papali popolari anticonoclastiche.
L’attacco di Astolfo sorprende l’esarca Eutichio che muore mentre, combattendo, si allontana da Ravenna.
Con la scomparsa di Eutichio finisce l’esarcato, il cui territorio inglobato inizialmente da Astolfo, viene poi ceduto al papato, registrato come donazione, a seguito dell’intervento dei Franchi.
Il papato romano, libero dal pericolo bizantino, ora trova un alleato cattolico contro gli ariani longobardi, avendo in possesso non solo le terre romane occidentali ma anche quelle nominali bizantine e soprattutto può millantare la potestas con auctoritas dell ‘Antica Roma.
Astolfo, avendo già dato grande rilievo non più ai romani, cattolici, come suo fratello Rachis, ma all’elemento longobardico, ariano, vuol punire papa Zaccaria e la sua politica infida, a favore di Trasamondo di Spoleto, propria di un funzionario orientale.
Astolfo, violata la tregua ventennale, sconfitto Eutichio, prende Ravenna e si dirige verso Roma, mentre il nuovo papa, diacono, Stefano II, funzionario bizantino, dopo la brevissima elezione dell’omonimo presbitero, morto dopo 4 giorni, neanche registrato come papa, si rivolge a Costantino V, che da poco ha ripreso le redini dell’impero.
Il papa è costretto, comunque, a pagare per il momento un tributo annuo per salvarsi dalla difficile situazione in cui versa la Chiesa romana, priva dell’appoggio bizantino.
Allora Stefano II decide di chiedere aiuto a Pipino il breve che deve la sua consacrazione regale a papa Zaccaria, non potendo fidare nell’aiuto bizantino di Costantino V, che, inoltre, chiede la restituzione dei territori dell’esarcato e di quelli dati da Liutprando a Papa Zaccaria in nome di un presunta donazione di Costantino(?).
Comunque, l’imperatore, non avendo più come referente l’esarca, nomina legatus il papa, riconoscendone implicitamente la funzione mediatrice tra i longobardi e tra questi e i bizantini e specialmente nella gestione delle ville romane e dei loro patrimoni inalienabili, ora sotto il controllo degli abati benedettini, abili a tenere i coloni riuniti in forme di cooperazione agricola, secondo statuti flessibili di manovalanza salariata e caritativa, espansi anche ai territori non italici (Cfr. G. Romano,le dominazioni barbariche in Storia politica d’Italia, F. Vallardi Milano 1909; G Volpe, il Medio Evo,Firenze 1925 F. Lot, La fin du monde antique et le debut du Moyen Age, Paris, 1927. L Salvatorelli, L’Italia medievale dalle invasioni barbariche agli inizi del secolo XII, Milano 1932; E. Pirenne, Maometto e Carlo Magno , Bari 1939, G. Luzzatto, I servi delle grandi proprietà ecclesiastiche, dei secoli IX e X, Pisa 1910; G. Luzzatto, Breve storia economica dell’Italia Medievale, PBE 1965).
In effetti tale titolo risulta solo marginalmente in alcune carte, in quanto l’incarico è effimero ed inconsistente nella realtà, data la non presenza di milizie bizantine in Italia centrale.
Professore, il gioco politico del papa è scoperto, se la situazione è quella così indicata!
Marco, a me sembra che questa sia la risultanza storica!
Stefano riprende l’esempio di Zaccaria, che, non potendo convincere Astolfo, scrive in prima persona lettere ai popoli come se fosse Pietro il discepolo di Cristo, in persona, e li chiama affabilmente suoi figli, uomini devoti e fedeli a Dio Salvatore.
Poi accantona la predica tribunizia, utile a chiamare a raccolta il gregge a difesa del proprio pastore, smette di minacciare Pipino – che non è sollecito nell’aiuto- di scomunica e una volta liberato dai longobardi ottiene la restituzione totale delle terre già assegnate da Liutprando a Gregorio II e a Zaccaria.
Stefano II completa la consegna ufficiale con la deposizione sulla tomba di Pietro delle chiavi delle città a lui donate con la carta della promessa carisiaca, che è un vero trattato, con donazione di Pipino a Carisium (Quierzy) nel 754, coram populo!.
Il papa, temendo il pericolo ariano decise di andare a Quierzy presso Pipino il Breve per avere al suo fianco un sicuro appoggio cattolico: Il suo viaggio tra popoli anche ariani, ostili, avventuroso, diplomatico, era stato utilissimo per conoscere il mondo occidentale capire il significato di Roma aeterna e il valore reale del Pontificato romano : la promessa carisiaca è di questo periodo.
ll papato ora ha un patronus per arginare il pericolo longobardico ariano, ora che non ha più la difesa del diritto romano bizantino, consapevole che il suo titolo vale quanto quello di uno dei tanti abati benedettini!.
Con la promessa carisiaca la figura papale risulta ingigantita in Occidente.
L’abilità diplomatica e politica di Stefano II è coronata da successo perché con Zaccaria ha creduto nel valore delle masse agricole che, se coscienti, hanno il potere politico, secondo il diritto romano.
Se Eutichio nel periodo tra il 728 e 751 non può svolgere il suo mandato bizantino il merito è di Papa Zaccaria: specie nell’ ultimo dodicennio il papa ridà un volto alla città di Roma, e si sgancia dal potere bizantino mettendo in fibrillazione il mondo longobardico, ora diviso tra il potere periferico di Spoleto e Benevento e quello centrale di Pavia, altalenando il suo consenso in una guerra civile passando ora da una pars ora ad un’altra, tanto da annullare il potere di Trasamondo (costretto al ritiro in Convento) e da logorare lo stesso potere centrale di Liutprando e di Rachis (anche lui divenuto monaco), ed infine quello di Astolfo con cui scende a patti, pur fingendo di voler impedire l’attacco definitivo e risolutivo all’esarcato.
La scaltrezza del papa è massima nel riallacciare, pur mantenendo il suo pensiero anticonoclastico, i rapporti col figlio di Leone III Costantino V, che ha ripreso il potere in Costantinopoli dopo la fine dell’usurpatore Artavaste, per usufruire delle donazioni di Norma e di Ninfa (Cisterna Latina) e poi di Osimo, Numana ed Ancona, che inizialmente sono state inglobate nel regno longobardico, ma poi consegnate da Liutprando al Patrimonio di S. Pietro e Paolo.
Stefano II completa la sua opera chiedendo di essere protetto dal re longobardo ariano al re franco, che ora non può non accettare l’invito papale, dopo che papa Zaccaria ha risolto il quesito posto da Burcardo di Wuerburg e da Fulrado, abate di S. Denis, venuti a Roma per la vertenza sorta tra i fautori dei maggiordomi e i legittimi re merovingi: è degno di regnare chi ha potere reale o chi, come Childerico III ha sangue reale?.
La risposta del papato, ora giudice sul potere legittimo tra i barbari, in nome di Roma aeterna è che è legittimo rex chi ha potestas con auctoritas poiché può assicurare pax ed iustitia al suo popolo
Perciò davanti a delegati papali vengono autorizzate la consacrazione a Soissons di Pipino ad opera di Bonifacio di Magonza e la deposizione del re merovingio, fannullone!.
Per arrivare a tanto il papato ha dovuto per un secolo e mezzo essere logorato sotto le invasioni dei longobardi, ma alla fine ha vinto costringendo Liutprando a donare nel 742 al papa Zaccaria le città da lui occupate dell’esarcato e la pars dei patrimoni della Chiesa in Sabina, sottratti dai duchi di Spoleto trent’anni prima!
Zaccaria e Stefano hanno coscienza del vuoto di potere romano in Occidente e del valore del Mito di Roma aeterna, tra le popolazioni barbariche, sia ariane che cattoliche, specie tra i Franchi e gli Angli.
Zaccaria ha legittimato se stesso come legatus orientale proponendosi come rappresentante romano, che può dare potestas ed auctoritas in nome di Roma aeterna, considerandosi da uomo di formazione orientale, polites romano e vir disciplinato secondo la Pragmatica Sanzione: ha saputo svolgere la sua funzione vicaria legatizia con successo, ingannando la buona fede barbarica: la superiorità del clero bizantino orientale sulle masse occidentali e sui re barbari è tale che la chiesa romana fa bere ogni acqua a popoli germanici mal cristianizzati secondo la tradizione romano-ellenistica.
Il clero, come Mosè con gli ebrei nel deserto, guida le masse alla libertas christiana, mantenendole ignoranti (Cfr. A Filipponi, L’altra lingua l’altra storia, Demian 1995)!.
Si sa solo che Zaccaria crede di aver tale autoritas con potestas in quanto non solo funzionario imperiale, ma anche capo religioso occidentale perché da secoli il papato romano è riconosciuto paritario al patriarca costantinopolitano, pontefice massimo, autorizzato da Teodosio ( e forse da Costantino).
E’ Zaccaria che per primo ha pensato ad una falsa donazione di Costantino a papa Silvestro, sulla base di carte a noi non note della famiglia anicia?!
E’ lui il falsario, che ha una perfetta conoscenza della lingua greca, che traduce dal latino in greco per i prelati ancora dipendenti dall’impero di Bisanzio stanziati nel Meridione d’Italia e nelle grandi isole, i Dialoghi di Gregorio Magno (J.P. Migne, Patr. Lat. LXXXIX)!.
Il Documento del Constitutum constantini/ Donazione di Costantino potrebbe essere a detta di studiosi, prodotto da letterati della sua curia, abili a creare un falso letterario, vista la richiesta dei barbari per la concessione di potestas con auctoritas: non è sufficiente la prammatica sanzione di Giustiniano, dopo l’editto longobardico di Rotari, che tiene presente il diritto romano in molti punti della sua legislazione, di base germanica.
La non autenticità dello scritto circa il primato della Chiesa di Roma sulle Chiese patriarcali orientali, la sovranità su tutti i sacerdoti, la sovranità della Basilica del Laterano su tutte le chiese e le estese proprietà immobiliari, soprattutto circa la superiorità del potere papale su quello imperiale e la giurisdizione civile del pontefice su Roma, l’Italia e l’intero impero romano di Occidente, pur non essendo certificata, ha valore legale per i barbari!.
Zaccaria ha mandato in convento prima Trasamondo, duca di Spoleto, e poi lo stesso re Rachis!: è un politico raffinato capace di muoversi nelle difficili situazioni sia con Liutprando che con Astolfo quando ancora ha potere l’esarca a Ravenna, suo diretto superiore. Impone un tregua ventennale, come un vero legatus e la fa rispettare grazie al favore popolare ed ha promesse con elargizioni di terre per la sua mediazione tra parti in belligeranza pensando al profitto della Chiesa romana.
E‘ vir scaltro che sa muoversi tra il duca di Spoleto e il re di Pavia, avendo competenze giuridiche, e si serve anche degli abati benedettini ed è abile a ricavarsi un territorio con la sua diplomazia levantina, destreggiandosi tra il diritto romano e quello longobardico tra Eutichio e Liutprando, e poi scavalcando l’esarca, manovrando tra la corte bizantina e quella pavese di Astolfo.
Sa approfittare anche dei maneggi rivoluzionari alla corte di Costantino V quando c’è il colpo di Stato di Artavaste e poi, alla reazione bizantina, sa allinearsi coi vincitori.
In questo particolare momento, maggiormente interessa a Zaccaria un riconoscimento ufficiale sulle partes demaniali illecitamente ed illegittimamente considerate romane, in modo da dichiarare la sovranità del papa romano di Roma, su tutti i territori che un tempo facevano parte della Regio suburbicaria.
Questa, costituita da una linea ideale che univa la punta settentrionale della Corsica con la zona di Venezia e l’Istria alla campagna romana a sud di Roma, in cui terre, che erano dell’imperium romano bizantino, di nome ancora sotto l’esarca, fuse con quelle dell’impero di Occidente ancora con ville, era considerata da secoli come romana e perciò poteva essere concessa a fittavoli che ne potevano prendere possesso in quanto terre incolte, inalienabili di una non nominata Chiesa romana, abbandonate.
Di queste terre ora sotto il potere nominale ecclesiastico sia del papa che dell’abate di Farfa e di quello di Montecassino, si chiede una garanzia che non può venire né dalla Prammatica Sanzione né dall’editto di Rotari.
Una sola cosa è certa: Il papa romano è una falsa autorità, un funzionario ancora bizantino come l’ abate di Farfa – che, ha le sue terre inalienabili, fino a tutto il Sannio con la Sabina e il Piceno perché romane, cioè non soggette ai Longobardi, in quanto territori abbandonati di ex ville, circondanti quella porzione limitata del Lazio, ora considerata Patrimonium Sancti Petri et Pauli, sulla base del muthos di una venuta a Roma di un Pietro e Paolo, apostoli cristiani-.
D’altra parte anche Farfa sulla base di terre romane ha avuto come ecista un siriaco, fondatore del primo monastero farfense – un ignoto Lorenzo venuto con la sorella Susanna – distrutto dai longobardi e poi ricostruito da abati di origine franca, benedettini , con un territorio progressivamente ampliatosi sulla dorsale appenninica sabino- umbro marchigiano- abruzzese che penetrano perfino entro i territori del ducato di Spoleto e quello di Benevento, là dove manca l’auctoritas longobardica e ci sono tracce antiche di romanitas sia imperiale occidentale che quelle bizantine postgiustinianee.
All’epoca di Zaccaria e di Stefano II esiste solo un territorio vasto romano senza padroni, in quanto pesti, epidemie, cataclismi hanno decimato la popolazione romana a seguito della lunga guerra gotico-bizantina e poi dell’improvvisa conquista longobardica: sippe e fare, formazioni militari arimanniche, sono rispettose delle terre demaniali romane, seppure spopolate, acquitrinose, o vicine ai fiumi e al mare, considerate quasi maledette da barbari, di religione cristiana ariana, rispetto alle terre collinari e montane di loro gradimento.
Nel nome anicio perciò, già i benedettini di Subiaco, Montecassino , Farfa iniziano una colonizzazione nuova dell’Italia centrale riprendendo il modello dell’antica colonizzazione romana, creando nel monastero un’area artigiana favorendo mestieri agricoli,( fabri), in linea con la cultura contadina romana riportata in auge dagli scriptoria benedettina ( Cfr A Filipponi, L’altra lingua l’altra storia, Demian 1995.) Si ricordi che un abate non ha minore potere in Italia, nel periodo longobardico, tra ariani e cattolici, di un Papa, fino alla presa di Alessandria, in epoca monotelita, anno 641! E nemmeno fino alla costituzione del Sacro Romano Impero nel Natale dell’800 ! Solo coi discendenti di Carlo Magno (Cfr . Liber pontificalis, ed Duchesne , Paris 1886, vol.II p.7; L. Duchesne, le premiers temps de L’etat pontifical, Paris 1904 ed Einhardo, Vita Karoli Magni in Scr. rer, germ. ed. Holder- HeggerHannover 1911 e cfr R .Morghen, Medioevo Cristiano Laterza 1978; A Dempf, Sacrum imperium -trad. di C.Antoni, 1882) comincia a trapelare la falsa Donazione di Costatino, composta forse a S Denis, per come è scritta nella sua forma “franca” e il papa inizia la sua trionfale ascesa verso il primato di Pietro, che risulta collaudato con la fine di Carlo il Grosso nel 880!
ll documento costantiniano,- che già serpeggia come autentico anche se è un falso in cui la Chiesa è riconosciuta “Stato” con Cristo fondatore e sovrano, rappresentato dai pontefici con le stesse prerogative imperiali e che, soli, possono assegnare la corona ai potenti della terra- sembra essere di questo periodo, tra la metà dell’ottavo secolo e la sua fine, oppure della metà del nono secolo in ambito parigino.
E che valore avrebbe in un tale contesto storico la donazione di Sutri del 728 di Liutprando a Gregorio II?
Un tentativo longobardico di mettere in cattiva luce un funzionario bizantino di fronte all’imperatore di Oriente, occupato nella questione iconoclastica ?! La cosa è incerta: si sa però che Leone III impegnato nella politica interna ad imporre l’iconoclastia sia in Oriente che in Occidente- dove ha grande resistenza per il consolidato culto occidentale delle icone e delle reliquie – e in politica estera con gli Arabi invia un fedelissimo, Eutichio a riportare l’ordine in senso religioso e ad imporre il rispetto delle clausole ai longobardi.
Il nuovo esarca all’inizio del suo mandato deve cedere, comunque, alla iniziativa di papa Gregorio II, dopo il mancato attentato, e all’appropriazione indebita del territorio di Narni e del Castello di Sutri, roccaforti bizantine a difesa del ducato romano e anche successivamente con Papa Zaccaria è costretto ad una politica cauta per i rapporti stretti tra il ducato di Spoleto e il papa, riottosi nei confronti del re longobardo e quindi non può impegnarsi contro Liutprando e si mantiene neutrale in attesa di eventi propizi e di rinforzi militari dall’Oriente.
Il compito di Eutichio risulta difficile, non realizzabile
Eutichio ha nuova coscienza in punto di morte della potenza della Ecclesia romana cattolica.?
Forse.
Dall’angolazione di Eutichio, esarca ed eunuco bizantino, la grandezza del papato è nella sua continuità ecclesiale patriarcale, nella sua romanitas e nell’ideologia sacerdotale degli anici, capaci di di trasformare il cesaropapismo in theocrazia, e di creare una dittatura christiana cattolica, elitaria, culturale monacale, vista la deficienza delle masse romanizzate imbarbarite occidentali!.