Astolfo ed Eutichio/Chiesa Romana

Astolfo ed Eutichio/Chiesa romana

Ubi amatur non laboratur et, si laboratur, ipse labor amatur  Agostino

 

Secondo Raffaello Morghen (Medioevo cristiano, Laterza, 1978) la tradizione di Roma, della sua gloria,  della sua potenza  e della sua eternità  costituì, durante il Medioevo, il grande alveo in cui confluiscono le più vive e profonde correnti  ideali della nuova civiltà. 

Dunque, nella tradizione di Roma  è rappresentata la concezione ecclesiastico-religiosa, che si costituisce, s’ annoda e si intriga con la potenza terrena  e della gloria  guerriera  e politica dell’impero  antico, mentre si esaltano le nuove glorie della Roma cristiana,  degli apostoli, dei martiri e dei pontefici.

La theoria christiana risulta una vera sacra rappresentazione in veste romana imperiale!

Secondo me,- che vado oltre l’interpretazione, pur  esatta di Morghen, che rileva un filone della tradizione  di Roma di sapore schiettamente popolare, laico e romanzesco, che fissa l’urbs  come centro ideale  della più alta potenza umana- rimane intatto il nomen di Roma in tutto l’Occidente barbarico e specie in Italia,  per la presenza  del Basileus  di Costantinopoli, autocratoor,- che ha ribadito  il suo potere ed ha ricostituito l’imperium universale, sconfiggendo i goti ( 535-553)-  e del suo vicario, dell’esarca, a Ravenna suo principale rappresentante  e di altri funzionari minori bizantini, che  regolano la vita secondo il diritto romano  in Puglia, in Calabria nelle isole maggiori, italiche, nonostante l’invasione dei Longobardi nel 568.

La conquista dell’Italia è solo un insediamento di barbari, cristiani monofisiti  ariani,  che si consolidano in Italia settentrionale, lungo il corso del Po e dei suoi affluenti, avendo come capitale Pavia, mentre altri gruppi della stessa stirpe occupano stabilmente  Il ducato di Spoleto  e quello di Benevento, lasciando integra  una fascia romana sulla dorsale appenninica tosco- umbro-romagnola e marchigiana, che degrada  sia verso il Mare Adriatico  che verso il Mar Tirreno,  comprendente Roma col papa, un rappresentante bizantino,di norma siriaco, di secondaria importanza.

Anche i territori campani intorno a Napoli, le coste adriatiche ed ioniche dell’Italia  meridionale,  con le isole italiche, sono  controllati dalla flotta bizantina  e risultano romani,  seppure non distinti tra loro come ex terre dell’impero d’Occidente e  come terre, bizantine, che, comunque, formano un unicum agricolo,  coltivato  da popolazioni coloniche di lingua latina, secondo il sistema delle antiche  ville romane.

Inoltre in Occidente e in Italia  il cristianesimo  cattolico  ha ancora nel VI secolo un numero minore di fedeli  rispetto ai pagani  e sono inferiori certamente ai cristiani ariani, che coi Visigoti e Vandali hanno occupato  anche il territorio Iberico, parte della Gallia e della Germania  e l’Africa settentrionale.

Ariani e cattolici,  pur essendo  in contrasto, hanno un comune interesse a cristianizzare  le popolazioni idolatriche dei Pirenei e delle Alpi, degli Appennini e quelle  delle zone interne insulari.

Non si deve pensare che  l’ltalia è già tutta cristiana cattolica, ma forse solo il Lazio con la Sabina e il Piceno ha un maggior numero di Christianoi, data la potenza della domus anicia, che, avendo molte terre romane le fa gestire da coloni cattolici, anche se  sotto l’oculata sorveglianza di praesides ebraici, che hanno una sapienza amministrativa, propria delle dioikeseis (Cfr. G. Ravegnani, I bizantini in Italia, Bologna Il mulino  2004; A. Guillou,  La civilisation Byzantine, Paris, Artaud,1974;  G. Luzzatto, Breve storia economica dell’Italia Medievale PBE 1965.pp.32-40).

Si tenga presente, infine, che Roma intorno al 600  è diventata  un paesotto, sempre più spopolato,  non solo per le guerre ma anche le continue inondazioni del  Tevere e dell’Aniene, mentre prosperano i castella collinari che circondano l’urbe.

Fare la storia di circa 150 anni  dal periodo di Gregorio Magno diventa un’operazione complessa, difficile, direi  impossibile per la mancanza di dati reali storici  e per la presenza di fonti solo ecclesiastiche.

Perciò per nostra personale  utilità e specifico interesse  abbiamo  diviso il lavoro, dopo attento esame,  operando prima sul settimo secolo, puntualizzando  lo studio sull’imperatore  Foca e sulla colonna  a Roma  e  sui papi siriaci romani, rappresentanti del potere bizantino, poi scavando sulla figura di Eutichio, esarca di Ravenna.

Ne è derivata un’altra luce sugli avvenimenti  così da ricostruire il contesto e  i sistemi di vita reale, al fine di capire il fenomeno del papato romano, che, costituitosi un proprio Patrimonium Sancti  Petri et Pauli,  nel nome dei due apostoli, illegittimamente, se lo conserva giostrando con papi, desiderosi di fare una politica nuova autonoma in senso popolare e romano, antibizantino.

Gregorio II (715-731) e Gregorio III ( 731-741) sanno gestirsi a scapito dell’ impero bizantino iconoclasta   e dello sfortunato esarca ravennate, Eutichio che, non  avendo  il solido appoggio navale e il supporto finanziario e militare di Bisanzio,   cade sotto i colpi dei Longobardi che si congiungono con il papato, intenzionati sempre più specie con Zaccaria (741-752) e Stefano II (752-757) a manovrare abilmente tra i longobardi ariani e cattolici, cercando di trarre il maggiore  utile possibile dallo scontro tra il re e i duchi  e tra l’ etnia longobarda e quella bizantina, avendo ormai l’appoggio popolare romano e quello degli abati benedettini antiariani ed anticonoclasti.

E così Eutichio (728-751),  preso tra due fuochi, inviso alle popolazioni, a causa della politica iconoclastica  imperiale, specie nella zona veneta e marchigiana, non avendo il sostegno continuo della flotta bizantina e di quella  consociata di Comacchio e di Bari – riottose ad intervenire contro i  coloni romani adriatici- pur avendo sagacia e l’abilità diplomatica, conclude miseramente la sua vita, fuggendo, mentre Astolfo  fa l’ultimo attacco  a Ravenna  per inglobare l’esarcato nel patrimonio longobardico.

Dunque, professore, se ho capito qualcosa,  studiare la figura di  Eutichio  e capire il suo mandato legatizio,   nel corso della iconoclastia di Leone III l’Isaurico  e poi di suo figlio Costantino V, Kopronimos,  è utile ai fini di fare un‘altra lettura del Papato romano  che si definisce erede di Roma imperiale, appena scomparso l’esarca di Ravenna ?!.

Allora la funzione nuova del papa  risulta  basilare  in relazione alla antica  coscienza di una diretta  discendenza secondo l’ideologia anicia, sviluppata  dai due Gregori, seguaci di Gregorio I:  sono  loro  gli iniziatori  di una politica autonoma popolare  romana  antibizantina, connessa con  la corte di Pavia prima e poi  decisamente impostatasi in senso franco!

E ciò avviene proprio mentre già urgono le prime invasioni saracene nel Meridione, dopo la scomparsa della flotta bizantina  e la  non  adeguata  difesa delle  coste ad opera dei  veneziani e dei baresi sull’Adriatico?!,

 Sul Tirreno  invece  c’è un’altra  situazione:  il pericolo saraceno  ancora  non esiste, considerata  la migliore organizzazione navale di Amalfi, di Pisa e di Genova, già competitive alla fine  del nono secolo, visti gli interessi economici e i rapporti commerciali con la corte Bizantina del duca di Napoli Sergio I, che ottiene, tra l’altro,  l’ereditarietà del titolo dall’imperatore stesso, intorno alla metà del nono secolo.

Le successive conquiste saracene  di Ripatransone -Ascoli Piceno-  (prima metà de lX secolo cfr. P.L. A. Vicione, Ripatransone sorta  dalle rovine di un castello etrusco, Fermo 1828   in  A. Rossi, Vicende ripane,  a cura dell’autore Febbraio 2007, p.19  dove si parla delle Grotte della Sanità in cui  i ripani in numero di 3.372, si rifugiano durante l’invasione dei Saraceni, comandati da Sabba)  e di Farfa nel 891, anno in cui  l’abate Pietro   si trasferisce  nel fermano a S. Vittoria in Matenano  (G. Nepi, Storia del comune di S. Vittoria in Matenano,1977)- sono  esemplari  atti di un predominio navale sull’Adriatico della flotta musulmana  in tutto il secolo.

Dunque, professore,  mi s’impone la domanda: Chi è l’esarca Eutichio? Che funzione ha avuto in Italia centrale?

Così mi chiede Marco, il mio migliore alunno, un ingegnere di buona cultura, educato storicamente  in senso medievale.

Nessuno mi ha parlato di Eutichio?!

Chi è costui?

Marco è un uomo che conosce, seppure  superficialmente, l’iconoclastia di Leone III – che vede l’idolatria in un  fenomeno favorito dai monaci orientali con la fabbrica redditizia  delle icone, acquistate e venerate dal popolo in Oriente, e  sacralizzate con profitto grazie al  lucroso commercio degli ossari e delle reliquie  in  Occidente, considerata la devozione di abati e monaci  e del Papa – e la sua storia,  ed ha seguito, comunque,  perfino le mie  lezioni  tecniche  su tale argomento e sull’idolatria nelle religioni monoteistiche, fino agli anni del vescovato di Ambrogio Squintani in Ascoli (1939-1958).

Il vescovo di Pizzighettone è  un vero christianos  tridentino!

Ha grande integrità morale e una fede in un unico Dio!  Dotato di una rigidità sacerdotale  spirituale,  pneumatica, subito dopo la II guerra mondiale, aveva cercato  incautamente di far togliere le tante immagini sacre, statue ed oggetti propri di un mondo ancora paganeggiante  nelle  chiese ascolane  di campagna per ripristinare la dignità  di fede  cristiana, secondo parametri di efficienza e di culto divino senza deviazione verso forme magiche o misteriche!.

Il povero vescovo, zelante nelle sue visite pastorali,  fu oggetto di persecuzione  da parte del popolo piceno, contadino,  inferocito per la proibizione dei manufatti religiosi, venerati come feticci, considerati quasi dei, per l’abolizione delle reliquie,  per l’abbattimento dei segni cristiani del rituale pasquale  e di quelli della Vergine, chiamata in modi diversi, secondo il sistema pagano (madonna nera isidea; madonna addolorata, madonna  panagia ecc) :   i parroci ignoranti  e fascisti di formazione crocifiggono il  prelato settentrionale che non conosce il fanatismo plebeo, isterico !

Marco, il mio caro ex alunno,  non conosce, però, la funzione dei bizantini nell’Italia centrale  e in quella meridionale ed insulare nell’VIII secolo e quindi non ha sentito mai nominare l’esarca Eutichio/ Eutuchiosil fortunato-, neanche da me!

Questi,  fatto esarca di Ravenna,  non raggiunge la città mentre questa  è in pericolo per le mire di Liutprando, intenzionato a conquistarla già nel  727,  facendo incursioni sulla costa romagnola e marchigiana,  seguendo la tattica già comprovata dal duca di Spoleto, che, comunque,  non è dalla sua parte.  Si è nel clima di una persecuzione iconoclastica  ed Eutichio è inviato ad imporre  la legge di Leone III in Italia.

La lotta contro le immagini è cominciata con le disposizioni prese nel 726 da Leone III, che replica alle accuse arabe di idolatria e  che impedisce il culto popolare delle icone dei frati cappadoci  ed armeni, che nei monasteri ne confezionano molte copie di pregevole valore.

L’ opposizione  del patriarca  di Costantinopoli, Germano, che non vuole la rimozione delle icone, determina sommosse popolari e una feroce predicazione monacale antimperiale già nel 729, per cui Leone III punisce i patriarchi  e metropoliti  protestatari, che hanno la solidarietà dei Papi Gregorio II e III che, dichiarando la legittimità del culto delle immagini nel sinodo romano del 731, devono  subire la confisca  delle terre  bizantine  italiche, assegnate ora al patriarca di Costantinopoli.

Costantino V successore di Leone III,  che invia Eutichio,  inizialmente è  più prudente, poi , rafforzatosi sul trono,  proclama comunque, il divieto delle immagini, avendo l’approvazione  da parte di un concilio ecumenico nel 754.

Il popolo e i monaci non si sottomettono, nonostante le misure violente dell’imperatore (distruzione delle immagini e delle reliquie e imposizione di rinunciare a esse, con giuramento) ed allora l’imperatore nel 764 emana un decreto  riprendendo la legislazione di  Leone III  che già nel 717 contro Gregorio II  aveva aumentato le imposte su tutto il territorio dell’impero per risanare il fisco dopo la  guerra con gli Arabi.

La Chiesa romana  ne risente in quanto colpita nelle vaste proprietà fondiarie in Italia, e Gregorio, rifiutatosi di pagare, afferma che i proventi delle imposte italiane devono essere utilizzati per le necessità locali.

Ben più grave è invece l’ingiunzione da parte di Leone III a tutti i cittadini ebrei dell’impero di convertirsi al cristianesimo, pena l’inglobamento dei beni con atimia,  in base al principio secondo cui per la stabilità dello Stato è necessaria un’uniformità di fedi.

Eutichio  risulta, quindi, un perfetto esecutore di ordini in quanto secondo il Liber pontificalis è  un patricius eunucus, cubicularius, che sbarcato  a Napoli, presso il duca, un funzionario bizantino,  da lì cerca di far uccidere  papa Gregorio II, e fatto prima un viaggio di terra, passando in rassegna i domini romano-bizantini del Tirreno per poi fare  un iter  ispettivo lungo la Via Salaria per risalire infine verso l’alto Adriatico, via mare,  dopo l’imbarco a Truentum.

L’esarca mostra la sua abilità diplomatica  con la corte di Pavia tanto da  attirare nella sua orbita Liutprando, che è intenzionato a rompere l’alleanza tra Trasamondo, l’infedele duca di  Spoleto e il papa, interessato a minare l’autorità regale.

Nel frattempo l ‘autorità di Eutichio è minata dagli abati di Bobbio e di Farfa, che sono  contrari all’iconoclastia e fomentano insurrezioni in Ravenna stessa.

L’esarca è costretto a rifugiarsi nella laguna veneta, dove,  comunque, riordina il potere bizantino,  facendo processare lo stesso doge,  in quanto carica non legittimata  da Bisanzio ed istituisce  un’ altra magistratura con  cinque  magistri militum, che, però, detengono il potere  per il breve tempo,  in cui l’esarca è a Comacchio, poiché  il popolo insorge a favore della ricostituzione della figura del doge  avendo avuto lettere dirette dall’imperatore stesso, di conferma.

Infatti ambasciatori veneti concordano col Basileus di fornire una flotta  in soccorso a quella bizantina contro Liutprando, ora congiunto col papato.

Zaccaria, allora, si fa mediatore tra i bizantini e i longobardi convincendo inoltre Trasamondo a ritirarsi in convento, dopo averlo salvato e protetto a Roma,  e  favorendo lo stesso Eutichio,  che ora non più minacciato da  insurrezioni, può soggiornare a Ravenna: l’azione politica del papa è un capolavoro di diplomazia e  di strategia, degna di Ottaviano Augusto, autorizzato ad avere rapporti plurimi con le popolazioni autonome del Veneto e della Puglia, con l’esarca stesso e con i longobardi, quando già è pronto un piano di alleanza con Pipino il Breve.

Dopo il ritiro di Rachis,   l’esarca è improvvisamente accerchiato e immobilizzato sia da forze longobardiche  del nuovo re Astolfo che da quelle latine papali popolari anticonoclastiche.

L’attacco di Astolfo sorprende l’esarca Eutichio  che  muore mentre, combattendo, si  allontana da Ravenna.

Con la scomparsa di Eutichio  finisce l’esarcato, il cui territorio  inglobato inizialmente da  Astolfo, viene poi ceduto al papato, registrato come donazione, a seguito dell’intervento dei Franchi.

Il papato romano, libero dal pericolo bizantino, ora trova un alleato cattolico contro gli ariani longobardi, avendo  in possesso non solo le terre romane occidentali ma anche quelle nominali bizantine e soprattutto  può millantare  la potestas con auctoritas dell ‘Antica Roma.

Astolfo,  avendo già dato grande rilievo non più ai romani, cattolici,  come suo fratello Rachis, ma all’elemento longobardico, ariano, vuol  punire papa Zaccaria e la sua politica infida, a favore di Trasamondo di Spoleto, propria di un  funzionario orientale.

Astolfo, violata la tregua ventennale, sconfitto Eutichio, prende Ravenna e si  dirige verso Roma, mentre il nuovo papa, diacono,  Stefano II, funzionario bizantino, dopo la brevissima elezione dell’omonimo presbitero, morto dopo 4 giorni, neanche registrato come papa,  si rivolge a Costantino V, che da poco ha ripreso le redini dell’impero.

 Il papa è costretto, comunque,  a pagare  per il momento un tributo annuo per salvarsi dalla difficile situazione in cui versa la Chiesa romana, priva dell’appoggio bizantino.

Allora Stefano II  decide di chiedere aiuto a Pipino il breve che deve la sua consacrazione regale  a papa Zaccaria,  non  potendo fidare nell’aiuto bizantino di Costantino V, che, inoltre, chiede la restituzione dei  territori dell’esarcato  e di quelli  dati da  Liutprando a Papa Zaccaria  in nome di un presunta  donazione di Costantino(?).

Comunque, l’imperatore, non avendo più come referente l’esarca,  nomina  legatus il papa, riconoscendone implicitamente  la funzione mediatrice  tra i longobardi e tra questi e i bizantini  e specialmente nella gestione delle ville romane  e dei loro patrimoni inalienabili, ora sotto il controllo degli abati benedettini, abili a tenere  i coloni riuniti in  forme di cooperazione  agricola, secondo statuti flessibili  di manovalanza  salariata e caritativa, espansi anche ai territori non italici (Cfr. G. Romano,le dominazioni barbariche  in Storia politica d’Italia, F. Vallardi Milano 1909; G Volpe, il Medio Evo,Firenze 1925  F. Lot, La fin du monde antique et le debut  du Moyen Age,  Paris, 1927. L Salvatorelli, L’Italia medievale  dalle invasioni barbariche  agli inizi del secolo XII, Milano 1932; E. Pirenne, Maometto e  Carlo Magno , Bari 1939, G. Luzzatto, I servi delle grandi proprietà ecclesiastiche, dei secoli IX e X, Pisa 1910;  G. Luzzatto,  Breve storia  economica dell’Italia Medievale,  PBE  1965).

In effetti tale titolo risulta solo marginalmente in alcune carte, in quanto l’incarico è effimero  ed inconsistente nella realtà, data la non  presenza di milizie  bizantine in Italia centrale.

Professore, il gioco politico del papa  è scoperto, se la situazione è  quella  così indicata!

Marco, a me sembra che  questa sia la risultanza storica!

Stefano riprende l’esempio di Zaccaria, che, non potendo convincere Astolfo,  scrive in prima persona  lettere ai popoli come se fosse Pietro il discepolo di Cristo, in persona,  e li chiama   affabilmente suoi figli, uomini devoti e fedeli a Dio Salvatore.

Poi accantona la predica tribunizia, utile a chiamare a raccolta il gregge a difesa del proprio pastore, smette di minacciare Pipino – che non è sollecito nell’aiuto-  di scomunica e una volta liberato dai longobardi  ottiene  la restituzione totale delle terre già assegnate da Liutprando a Gregorio II e a Zaccaria.

Stefano II completa la consegna ufficiale con la deposizione sulla tomba di Pietro delle chiavi  delle città a lui donate  con la  carta  della promessa carisiaca,  che è un vero trattato, con donazione di Pipino a Carisium (Quierzy) nel 754, coram populo!.

Il papa, temendo  il pericolo ariano  decise di andare  a Quierzy presso Pipino il Breve  per avere al suo fianco  un sicuro appoggio cattolico:  Il suo viaggio  tra popoli anche ariani, ostili, avventuroso, diplomatico, era stato utilissimo per conoscere il mondo occidentale capire il significato di Roma aeterna e  il valore reale del Pontificato romano : la promessa carisiaca è di questo periodo.

ll papato ora ha  un patronus  per arginare il pericolo longobardico ariano, ora che non ha più la difesa del diritto  romano bizantino, consapevole che il suo titolo vale quanto quello di uno dei  tanti abati  benedettini!.

Con la promessa carisiaca la figura papale risulta ingigantita in Occidente.

L’abilità  diplomatica e politica di Stefano II è coronata da successo perché  con Zaccaria ha creduto nel valore delle masse agricole che, se coscienti,  hanno il potere politico, secondo il diritto romano.

Se Eutichio nel periodo tra il 728 e 751 non può svolgere il suo mandato  bizantino il merito è di Papa Zaccaria:  specie nell’  ultimo dodicennio il papa ridà un volto alla città di Roma, e  si sgancia dal potere bizantino  mettendo in fibrillazione il mondo longobardico, ora diviso tra il potere periferico di Spoleto e Benevento e quello centrale di Pavia, altalenando il suo consenso   in una guerra civile  passando ora da una pars  ora ad un’altra, tanto  da  annullare  il potere  di Trasamondo  (costretto al ritiro in Convento) e  da logorare lo stesso potere centrale di Liutprando e di Rachis (anche lui divenuto monaco), ed infine  quello di Astolfo con cui scende a patti, pur fingendo di voler impedire l’attacco definitivo e risolutivo  all’esarcato.

La scaltrezza del papa  è massima nel riallacciare, pur mantenendo il suo pensiero anticonoclastico,  i rapporti col figlio di Leone III   Costantino V, che ha ripreso il potere in Costantinopoli dopo la fine dell’usurpatore Artavaste, per usufruire  delle donazioni di Norma e di Ninfa (Cisterna Latina)  e poi di Osimo, Numana ed Ancona, che inizialmente sono state inglobate nel regno longobardico, ma poi consegnate da Liutprando al Patrimonio di S. Pietro e Paolo.

Stefano II completa la sua opera  chiedendo  di essere protetto  dal re longobardo ariano al  re franco,  che ora non può non accettare l’invito papale, dopo che papa Zaccaria  ha risolto il quesito posto  da Burcardo di Wuerburg e  da Fulrado, abate di S. Denis, venuti a Roma per la vertenza  sorta tra i  fautori dei maggiordomi  e i legittimi re merovingi:   è degno di regnare chi ha potere reale o chi, come Childerico III ha sangue reale?.

La risposta  del papato, ora giudice sul potere legittimo  tra i barbari, in nome di Roma aeterna   è che è  legittimo rex chi ha  potestas con auctoritas poiché  può assicurare pax ed iustitia al suo popolo

Perciò davanti a delegati papali vengono autorizzate la consacrazione a Soissons di Pipino  ad opera di Bonifacio di Magonza e la deposizione  del re merovingio, fannullone!.

Per arrivare a tanto il papato ha dovuto per un secolo e mezzo essere logorato sotto  le invasioni  dei longobardi, ma  alla fine ha vinto costringendo  Liutprando  a donare  nel 742   al papa Zaccaria  le città da lui occupate  dell’esarcato e la pars dei patrimoni della Chiesa in Sabina, sottratti dai duchi di  Spoleto trent’anni prima!

Zaccaria e Stefano  hanno coscienza del vuoto di potere romano in Occidente e del valore del Mito di Roma aeterna, tra le popolazioni barbariche, sia ariane che cattoliche, specie tra  i Franchi e gli Angli.

Zaccaria  ha legittimato  se stesso come legatus orientale   proponendosi  come rappresentante romano, che può  dare potestas ed  auctoritas  in nome di Roma aeterna, considerandosi da uomo di formazione orientale,  polites romano  e vir  disciplinato secondo la Pragmatica Sanzione: ha saputo   svolgere la sua funzione vicaria  legatizia  con successo, ingannando la buona fede barbarica: la superiorità del clero bizantino orientale sulle masse occidentali e sui  re barbari è tale che  la chiesa romana fa bere ogni  acqua  a popoli  germanici mal cristianizzati secondo la tradizione  romano-ellenistica.

Il clero, come Mosè con gli ebrei nel deserto, guida le masse alla libertas  christiana, mantenendole ignoranti (Cfr. A Filipponi, L’altra lingua l’altra storia, Demian 1995)!.

Si sa solo  che Zaccaria  crede di aver tale autoritas  con potestas in quanto non solo funzionario  imperiale, ma anche capo religioso occidentale perché da  secoli  il papato romano è riconosciuto   paritario al  patriarca costantinopolitano, pontefice massimo, autorizzato da Teodosio ( e forse da Costantino).

E’ Zaccaria che per primo ha pensato ad una falsa donazione di Costantino a papa Silvestro, sulla  base di carte a noi non note della famiglia anicia?!

E’ lui  il falsario, che ha una perfetta conoscenza della lingua  greca, che traduce dal latino  in greco per i prelati ancora dipendenti dall’impero di Bisanzio  stanziati nel Meridione d’Italia e nelle grandi isole,  i Dialoghi di Gregorio Magno (J.P. Migne, Patr. Lat. LXXXIX)!.

Il Documento del Constitutum constantini/ Donazione di Costantino  potrebbe  essere  a detta di studiosi, prodotto da letterati della sua curia,  abili a creare un  falso letterario, vista la richiesta dei barbari  per la concessione di potestas  con auctoritas: non è sufficiente la prammatica sanzione di Giustiniano, dopo l’editto longobardico di Rotari, che tiene presente il diritto romano in molti punti della sua legislazione, di base germanica.

La non autenticità dello scritto circa il primato della Chiesa di Roma sulle Chiese patriarcali orientali, la sovranità su tutti i sacerdoti, la sovranità della Basilica del Laterano  su tutte le chiese e le estese proprietà immobiliari,  soprattutto circa la superiorità del potere papale su quello imperiale e la giurisdizione civile del pontefice su Roma, l’Italia e l’intero impero romano di Occidente,  pur non essendo certificata,  ha valore legale per i barbari!.

Zaccaria ha mandato in convento prima Trasamondo, duca di Spoleto, e poi lo stesso  re Rachis!: è un politico raffinato capace di muoversi nelle difficili situazioni sia con Liutprando che con Astolfo quando ancora ha  potere l’esarca a Ravenna, suo diretto superiore.  Impone un tregua ventennale, come un vero legatus e la fa rispettare  grazie al favore popolare ed ha promesse con elargizioni di terre  per la sua mediazione tra parti  in belligeranza pensando al profitto  della Chiesa romana.

E‘ vir scaltro  che sa muoversi tra il duca di Spoleto e il re di Pavia, avendo competenze giuridiche, e  si serve  anche degli abati benedettini  ed è abile a ricavarsi un territorio con la sua diplomazia levantina, destreggiandosi tra il diritto romano e quello longobardico tra Eutichio e Liutprando, e poi scavalcando l’esarca,  manovrando tra la corte bizantina e quella pavese di Astolfo.

Sa approfittare anche dei maneggi rivoluzionari alla corte di Costantino  V quando c’è il colpo di Stato di Artavaste e poi, alla reazione bizantina, sa allinearsi coi vincitori.

In questo  particolare momento, maggiormente interessa a Zaccaria  un riconoscimento ufficiale sulle partes demaniali  illecitamente ed illegittimamente considerate romane, in modo da dichiarare la sovranità del papa romano di Roma,  su tutti i territori che un tempo facevano parte della Regio suburbicaria.

Questa, costituita da una linea ideale che univa la punta settentrionale della  Corsica con la  zona di Venezia  e l’Istria alla  campagna romana a sud di Roma, in cui terre, che erano dell’imperium romano bizantino, di nome ancora sotto l’esarca, fuse con quelle dell’impero di Occidente ancora con ville, era considerata da secoli come romana  e perciò poteva essere concessa a fittavoli che ne potevano  prendere possesso in quanto terre incolte,  inalienabili di una non nominata  Chiesa romana, abbandonate.

Di queste terre ora sotto il potere nominale ecclesiastico sia del papa che dell’abate di Farfa e di quello di Montecassino,  si chiede una garanzia che non può venire né dalla Prammatica Sanzione né dall’editto di Rotari.

Una sola cosa è certa: Il papa romano è una falsa autorità, un funzionario ancora bizantino come l’ abate di Farfa – che, ha le sue terre inalienabili, fino a tutto il Sannio con la Sabina e il Piceno  perché romane, cioè non  soggette ai Longobardi, in quanto territori abbandonati di ex ville, circondanti  quella porzione limitata del Lazio, ora considerata Patrimonium Sancti Petri et Pauli, sulla base del muthos di una venuta a Roma di un Pietro e Paolo, apostoli cristiani-.

D’altra parte anche Farfa  sulla base di terre romane ha avuto come  ecista  un siriaco, fondatore del  primo monastero  farfense – un ignoto Lorenzo  venuto con la sorella Susanna –  distrutto dai longobardi e poi ricostruito da abati di origine franca, benedettini ,  con un territorio progressivamente  ampliatosi  sulla dorsale appenninica sabino- umbro marchigiano- abruzzese che  penetrano perfino entro i territori del ducato di Spoleto e quello di Benevento, là dove manca l’auctoritas longobardica  e ci sono tracce antiche di romanitas sia imperiale occidentale che quelle bizantine postgiustinianee.

All’epoca   di Zaccaria e di Stefano II esiste solo un territorio  vasto romano  senza padroni, in quanto pesti, epidemie, cataclismi hanno decimato la popolazione romana  a seguito della lunga  guerra gotico-bizantina e poi dell’improvvisa conquista longobardica: sippe e fare, formazioni militari arimanniche, sono rispettose delle terre demaniali romane,  seppure spopolate, acquitrinose, o vicine ai fiumi e al mare, considerate quasi  maledette da barbari, di religione  cristiana ariana, rispetto alle terre  collinari e montane di loro gradimento.

Nel nome anicio perciò, già i  benedettini di Subiaco, Montecassino , Farfa  iniziano una colonizzazione nuova dell’Italia centrale riprendendo il modello dell’antica  colonizzazione romana, creando nel monastero un’area artigiana  favorendo  mestieri agricoli,( fabri),   in linea con la cultura contadina romana riportata in auge dagli scriptoria benedettina ( Cfr A Filipponi, L’altra lingua l’altra storia, Demian 1995.)     Si ricordi che  un abate non ha minore potere in Italia, nel periodo longobardico, tra ariani e cattolici,  di un Papa, fino alla presa di  Alessandria, in epoca monotelita, anno 641! E nemmeno fino alla  costituzione del Sacro Romano Impero nel Natale dell’800 ! Solo coi discendenti di Carlo Magno (Cfr . Liber pontificalis, ed Duchesne , Paris 1886, vol.II p.7; L. Duchesne, le premiers temps de L’etat pontifical, Paris  1904 ed Einhardo, Vita  Karoli Magni  in Scr. rer, germ. ed. Holder- HeggerHannover 1911 e cfr  R .Morghen, Medioevo Cristiano Laterza 1978; A Dempf, Sacrum imperium -trad. di C.Antoni, 1882)  comincia a  trapelare la falsa Donazione di Costatino, composta forse a S Denis, per come è scritta nella sua forma “franca” e il papa inizia la sua trionfale ascesa  verso il primato di Pietro, che risulta collaudato con la fine di Carlo il Grosso nel 880!

ll documento costantiniano,- che già serpeggia come autentico  anche se  è  un falso in cui la Chiesa è riconosciuta “Stato” con Cristo fondatore e sovrano, rappresentato dai pontefici con le stesse prerogative imperiali e che, soli, possono assegnare la corona ai potenti  della terra- sembra essere di questo periodo,  tra la metà dell’ottavo secolo e la sua fine, oppure  della metà del nono secolo in ambito parigino.

E che valore avrebbe in un tale contesto storico la donazione di Sutri  del 728 di Liutprando a Gregorio II?

Un tentativo longobardico di mettere in cattiva luce  un funzionario bizantino  di fronte all’imperatore di Oriente, occupato nella questione iconoclastica ?! La cosa è incerta: si sa però che Leone III  impegnato nella politica interna ad imporre l’iconoclastia sia in Oriente che in Occidente- dove ha grande resistenza per il consolidato culto  occidentale delle icone e delle reliquie – e in politica estera con gli Arabi  invia  un fedelissimo, Eutichio a riportare l’ordine in senso religioso e ad imporre il rispetto delle clausole  ai longobardi.

Il nuovo esarca all’inizio del suo mandato  deve cedere, comunque,  alla iniziativa di papa Gregorio II, dopo il mancato attentato, e all’appropriazione indebita del territorio  di  Narni e del  Castello di Sutri, roccaforti bizantine a difesa del ducato romano e anche successivamente  con Papa Zaccaria è costretto ad una politica cauta per i rapporti stretti tra il ducato di Spoleto e il papa, riottosi nei confronti del re longobardo  e quindi non può impegnarsi contro Liutprando e si mantiene neutrale in attesa di eventi propizi e di rinforzi militari dall’Oriente.

Il compito di Eutichio risulta difficile, non realizzabile

Eutichio ha nuova coscienza in punto di morte della potenza della Ecclesia romana cattolica.?

Forse.

Dall’angolazione di Eutichio, esarca ed eunuco bizantino,  la grandezza del papato è nella sua continuità ecclesiale  patriarcale, nella sua romanitas  e nell’ideologia sacerdotale degli anici, capaci di di trasformare il cesaropapismo in theocrazia,  e di creare una dittatura christiana cattolica, elitaria, culturale monacale,  vista la deficienza delle masse romanizzate  imbarbarite occidentali!.