UN GIORNALISTA legge Caligola il Sublime

Caligola il Sublime è un’opera di revisione storica  che, insieme alla traduzione di  Antichità  Giudaiche di Giuseppe Flavio (XVIII,XIX, XX) e  di In Flaccum e di Legatio ad Gaium di Filone Alessandrino, rileva un‘altra storia giulio-claudia e ne coglie le connessioni  politiche ed economiche con quella giudaica, specie erodiana ( Cfr. Giudaismo romano I,II  e Il politico o Giuseppe). 

Paolo Di Mizio, mio alunno al Liceo Classico,  anno scolastico 1967-1968,   richiesto del suo parere, con  stima, non disgiunta da onestà e lealtà,  espresse, poco dopo la pubblicazione,  il suo giudizio, utile ai fini del successivo lavoro dell’autore, rimasto sempre ai margini della cultura ufficiale, nonostante i suoi meriti di ricercatore (cfr. Una vecchia questione).

Dopo nove anni il professore pubblica la lettera del  Giornalista e lo ringrazia per la precisa valutazione di Caligola il Sublime, riconoscendone la sagacia di giudizio,  segno della sua professionalità.

 

 

Sabaudia, 28-7-2009

 

Carissimo Angelo,

scusami innanzitutto per il ritardo con cui ti rispondo, ma è un ritardo che dipende in parte anche dal fatto che ho preso molto sul serio le quattro righe con cui mi chiedi un parere, dal quale sembra dipendere anche una tua decisione futura, e con ciò mi investi di una responsabilità non indifferente.

Ho per questo aspettato di avere il tempo di riprendere in mano il libro di Caligola e approfondirne la lettura.

Adesso, pur non avendo ancora del tutto terminato di leggerlo, penso di essermi formato un’idea definitiva.

Comincio col dirti che non sono uno storico: sono un giornalista e, al massimo, uno scrittore, che è , comunque, cosa molto diversa dallo storico, e, come tale, posso giudicare.

Io mi sono appassionato alla lettura del libro. Come già ti ho detto, è pieno di stimoli che spingono la curiosità intellettuale del lettore.

Da quello che posso capire, le tue analisi del protagonista, dei personaggi collaterali e del quadro storico sono molto originali, e i tuoi punti di vista mi sembrano sempre non conformisti: su ogni cosa applichi il metodo cartesiano del dubbio e cioè del non dare alcuna verità per scontata.

Inoltre, nel substrato del libro si legge una tua spinta etica, una tua lettura “morale” della storia, che io trovo appassionata e appassionante. Apprezzo molto il rigore appunto etico: anche per me la Storia o è “morale” o non è Storia.

Sono inoltre costernato dalla tua immensa erudizione sul mondo classico (sui banchi di scuola, invece, ti conobbi come analista di Foscolo!). E apprezzo infine il modo dettagliato con cui riporti le fonti e il fatto che riproduci brani in lingua originale (latino, greco…) e poi le traduci.

Tuttavia, quasi per gli stessi motivi che ho qui elencato, devo notare, dal punto di vista del lettore non specialista, che il libro costituisce una lettura difficile.

Innanzitutto, come dicevo, per la prosa, per lo stile espositivo, che a me piace molto, ma è indubbiamente aspro, molto denso, così fitto di citazioni (e questo va bene per lo storico, ma non agevola il lettore meno colto), così irto di riferimenti culturali e di rimandi che non sono alla portata di chiunque.

In secondo luogo, a rendere “difficile” la lettura, secondo me, contribuisce anche la costruzione, la “scaletta”, del libro, la quale presuppone un lettore già dotato di una conoscenza aprioristica dei fatti storici salienti.

Per esempio, ti faccio notare che praticamente non si trova un rigo sulla biografia di Caligola fino a pagina 27, dove comincia un capitolo che in realtà è più dedicato a Germanico che a Caligola stesso. Per le prime 26 dense pagine affronti preliminarmente i temi di fondo e di giudizio sul personaggio storico, con tesi di molto spessore e molto ben argomentate, ma esposte quando ancora il lettore (non specialista) non conosce nulla del personaggio e perciò non sa se partecipare e come partecipare al tuo giudizio. Per le prime notizie su Caligola bisogna aspettare pagina 76 (Caligola a Capri).

In due parole, quello che sto cercando di dire è che io ho preso in mano il tuo libro come fosse un libro divulgativo e invece ho scoperto che non è esattamente divulgativo, cioè adatto al “volgo” non specialista di storia. Se voleva esserlo, sappi dunque che, a mio giudizio, non lo è.

Dico questo perché voglio arrivare al dunque. Io non so – e non voglio – consigliarti se pubblicare o non pubblicare i cinque volumi sul Giudaismo Romano (tra l’altro non ti consiglio neppure di mandarlo in lettura a qualcuno della comunità ebraica italiana, perché sono sicuro che sarà un libro pieno di rose ma anche di spine, insomma non apologetico sul giudaismo).

Però penso che tu debba valutare due diversi elementi per decidere se affrontare la spesa della pubblicazione:

 

  • il primo elemento è, come ti ho detto, che il tuo modo di costruire il racconto storico non è di facile lettura e di facile divulgazione. Non lo è per il libro di Caligola e immagino lo sia ancor meno per l’altro lavoro. Per questo motivo, e per l’argomento stesso del lavoro, non credo si possa immaginare che cinque volumi sul giudaismo romano possano diventare un caso commerciale-editoriale, un best-seller nelle librerie.
  • Il secondo elemento è che i libri non si pubblicano solo per essere venduti ma anche per essere giudicati. Ma giudicati da chi? E perché? E qui veramente le risposte devi dartele da solo.

Da parte mia faccio un’amara riflessione: immagino che il mondo degli storici sia, come ogni altro ambiente culturale, sostanzialmente un circolo chiuso, una conventicola, una rete di cattedratici universitari, un sistema di potere autoreferente, una setta iniziatica, dove i non iniziati non hanno accesso, anzi vengono in ogni modo emarginati: anche con il silenzio, che è la peggiore delle critiche.

Ora, non credo tu faccia parte del sistema, dell’establishment culturale-storico (anzi per tua natura credo caso mai il contrario, che tu sia un ribelle e un anarchico). Questo significa che non credo tu possa sperare di essere “scoperto” e consacrato come grande storico da un critico autorevole e disinteressato, il cui giudizio ti ponga immediatamente al centro dell’attenzione e del dibattito storico. Tutto è possibile, ma  è anche molto improbabile.

Detto questo, aggiungo che la pubblicazione di un lavoro costato anni di lavoro e perigliose circumnavigazioni nel tempo e immensi viaggi del pensiero, costituirebbe certamente una soddisfazione personale, un momento di felicità come pochi, un piacere che può valere anche tutta una vita e che può essere un lascito per chi ci ha amati e ci sopravvive.

Un lavoro così, dovrebbe, se ci fosse giustizia al mondo, essere pubblicato “automaticamente”, per ordine divino –et sine conditio(ne)-.

Ecco, ti ho detto tutto quello che penso, come mi hai chiesto. Ho cercato di essere onesto. Spero di esserti stato un poco utile. Perdonami la lunghezza.

 

Tienimi informato delle tue riflessioni e decisioni.

 

Ti abbraccio, con grande stima

 

Paolo