Una vecchia questione
Risposta a P. P.
Io e P. P. siamo amici, siamo stati in seminario (io in Ascoli e lui a Montalto, Ripatransone, Fano); abbiamo avuto eguale esperienza giovanile (meglio, adolescenziale) e ci siamo sempre rispettati.
Lui riconosce, a parole, le mie indubbie capacità di studioso e di ricercatore, ma chiaramente disconosce i meriti, quando afferma che gli è stato sempre difficile un dialogo con me, sottintendendo da una parte la sua disapprovazione per la mia ricerca storica (su Roma, sull’ellenismo, sull’ebraismo e specialmente sulla figura umana di Gesù) e dall’ altra rivelando il suo disagio di fronte alla mia specifica preparazione storica, linguistica e semantica e alla sua modestia argomentativa.
Ora sulla base dell’Articolo apparso al n.3 anno 2005 del mensile Riviera delle Palme “Una personale conclusione sulla storia del Cristianesimo”, riportato parzialmente e tagliato in varie parti, e dato alle stampe (senza mia autorizzazione e senza le debite correzioni di bozza) in mia assenza, dal Direttore ( che vi ha aggiunto una sua premessa ), fa un suo intervento.
L’amico si sente sollecitato ad intervenire “ non tanto dalle argomentazioni addotte dall’autore, quanto dalla nota premessa della redazione preoccupata ad attutire il colpo sul lettore “.
In effetti P.P. sente il dovere di difendere il suo credo ed è preoccupato per la fede .
Egli comincia col precisare l’inesattezza del termine conclusione che a suo dire sottende che le argomentazioni sono giunte al capolinea.
Io faccio notare all’amico che si tratta non di un solo lessema, ma del sintagma “ una personale conclusione”, che ha un preciso valore unitario come risultanza e che è fase iniziale in un percorso di revisione, definito nei miei lavori linguistici, paradigma analitico conclusivo (che precede quello sintetico e quello critico), che implica solo un parziale punto situazionale su una ricerca conclusa, non terminata, sull’argomento del cristianesimo (la ricerca, in quanto tale, non è mai esaustiva!), portato avanti per trentotto anni, ininterrottamente.
L’intervento di P. P., dettato da vecchie polemiche col direttore della rivista, è, comunque, centrato non specificamente sulla storia, ma genericamente sulla fede, distinta dal fideismo, e in sottordine su Gesù (inteso come un lieto evento, non una edulcorata storiella).
A parte la implicita polemica su storiella, “stupida” perché fatta su una trascrizione sbagliata del testo ( io ho scritto: la datazione storica… è certo comprovata dalle altre indicazioni storiche su Pilato, sui tetrarchi Erode Antipa e Filippo…. letta dal direttore indicazioni-storielle), chiaramente P.P. è fuori tema e non in linea col mio lavoro storico (d’altra parte, in varie occasioni egli ha confessato di essere disturbato dal mio lavoro sul Cristo, tanto da interrompere la lettura di Jehoshua ed Jesous?-Maroni,2003-, opera da me portata a lui,con affetto, per una valutazione serena) .
Non è quindi neppure necessario replicare sulle sue osservazioni: le sue argomentazioni (favorite dagli errori di trascrizione e da interpolazioni, da puerili giudizi e aggiunzioni al mio testo, specie su Girolamo) sono quindi inutili e vano sfoggio di pura eloquenza e gratuita cultura, da me ben conosciute .
Inoltre, il suo intervento avrebbe avuto un senso solo dopo l’articolo di Alighiero Massimi (Riviera delle Palme, n.1 anno 2005, Angelo Filipponi, un profondo studioso di grande talento) che lodava la profondità della mia ricerca e non ora su un articolo così mal assemblato: avrebbe dovuto capire che quel testo aveva solo qualcosa del lavoro del suo amico ed avrebbe dovuto chiedere, data l’amicizia di più di mezzo secolo, l’articolo completo, d’altra parte già conosciuto, perché da tempo scritto, inviato ai direttori del Messaggero e di Corriere Adriatico e di riviste specializzate.
In merito ad un lavoro storico tanto complesso, di così lunga durata, che studia, oltre la figura umana di Gesù, anche la storia di un quinquennio (che va dal 18 ottobre 31 al 36 d. C), fatta con un’ indagine non solo sui fatti storici, ma anche su quelli economici, in varie lingue ( aramaico, greco e latino) al fine di determinare la situazione storica giudaica, giudaico- ellenistica e giudaico-parthica e di inserirla nel contesto dell’impero romano e di rilevare la guerra di circa duecento anni tra il giudaismo integralista e l’ordinato sistema politico romano prima repubblicano, poi imperiale (famiglia giulio-claudia; flavia ed antonina), P.P. ha il coraggio di giudicare il tutto come “nulla di nuovo sotto il cielo”, sulla scia di Qohelet.
Pur comprendendo l’amico e la sua superficiale lettura, devo necessariamente far rilevare le novità storiche di un tale lavoro, oltre alla novità di metodo.
Ho piena coscienza di aver fatto scoperte culturali e letterarie, degne di essere propagandate a livello internazionale:
- Scoperta del ruolo nella storia romana della figura di Giulio Erode Agrippa figlio di Aristobulo di Erode il grande e di Berenice, therapeuon -educator di Tiberio il giovane, turannodidascalos di Caligola , fratello di latte di Claudio, filosofo scettico, maestro dei cinque tropoi che portano alla sapienza e assertore dell’epoché , re di Giudea (41-44).
- Individuazione e caratterizzazione di Antonia minor, figlia di Ottavia e di Antonio, moglie di Druso Maggiore, madre di Germanico, Claudio e Livilla, sotto l’impero di Tiberio e sua antagonista nella successione con la costituzione di un partito giulio, opposto a quello claudio, sua funzione mercantile e rapporto con il sistema bancario giudaico.
- Rilievo del vuoto di potere in Siria dal 18 ottobre 31 al 36 d. C, a seguito della influenza di Artabano III nell’area eufrasica, dopo la fine di Elio Seiano, specie dopo la morte del governatore Pomponio Flacco, a causa anche del mancato invio di L. Lamia come governatore da parte di Tiberio (che, impegnato a far fuori i suoi nemici seianei, trascura la politica orientale).
- Studio sulla figura umana di Jehoshua Barnasha Meshiah (Jesous Christos Kurios ), qanah,kain, maran.( zelota, mastro-architetto, re), sulla sua probabile epopea (vittoria sui romani, entrata in Gerusalemme, conquista della città bassa, poi della torre Antonia e del Tempio, proclamazione del Malkuth, federazione con la Parthia, nuovo patto con Dio e riconsacrazione del tempio, nuovo calendario e nuovi sacerdoti, sua morte, dopo la conquista di Gerusalemme ad opera di Lucio Vitellio ).
- Scoperta della funzione mercantile trapezitaria (bancaria) degli oniadi (figli di Onia IV fuggito in Egitto nel 146 a. c.) e specie dell’alabarca di Egitto, Alessandro, della sua potenza economica dei suoi rapporti con Antonia minor, con Caligola e Claudio e quindi di tutto il giudaismo ellenistico con la famiglia giulio claudia e con le comunità greca ed egizia alessandrina.
- Scoperta della presenza di un sacerdozio essenico in Gerusalemme accanto a quello sadduceo nell’epoca di Giulio Erode Agrippa e della funzione intermedia del sommo sacerdote Teofilo, figlio di Anano I, (a cui sono dedicati da Luca Vangelo ed Atti degli apostoli) .
7. Novità assoluta è la scoperta che sotto il sintagma regno dei Cieli si cela una fase storica che va dal 63 a.C. fino alla distruzione del Tempio del 70 d.c. e che termina con la Galuth (cacciata definitiva del giudaismo dalla Palestina ad opera di Adriano dopo la rivolta di Shimon Bar Kokba 134-136 d.c.) ben distinta da quella conosciuta e contrassegnata con il sintagma Il regno di Dio, che inizia ad Antiochia nel 43-44 e che diventa Cristianesimo, una religione licita con Costantino: per secoli si è pensato che i due sintagmi fossero solo sinonimi.
- Di Teofilo, l’eccellentissimo Teofilo a cui Luca dedica il suo vangelo ( e poi anche Gli atti degli apostoli), nessuno sa chi sia.
Saperlo non è un bene per i cristiani: è un figlio di Anano I e fratello di Anano II , che fece uccidere Giacomo il fratello nella carne di Gesù, cognato di Kaifas Nel 37, l’anno dopo la morte di Gesù, Vitellio dà la carica di sommo pontefice a Teofilo al posto di Gionata, (suo fratello deposto) cfr. Flavio, Ant. Giud. XVIII,123. Curiosità nella curiosità: tutti i cinque figli di Anano I furono sommi sacerdoti, oltre al genero Kaifas ( Ant-Giud.,XX,198 )Teofilo fu rimosso da Erode Agrippa nel 41 e al suo posto fu fatto sommo sacerdote Simone, figlio di Boetho detto Cantera.
Kaifas fu per 18 anni sommo pontefice e dopo di lui si succedono i figli di Anano I: gli anano furono annientati dagli zeloti (cfr Guer. Giud. IV,160 e sgg).
Non è qui il caso di mostrare le tante altre novità linguistiche (sulla lettura del Padre Nostro, su passi evangelici e biblici ecc) letterarie (circa il Peri Upsous,,circa il sistema allegorico ecc. ) culturali e storiche, ma ritengo di poter affermare di essere uno storico, che proprio perché in possesso di un metodo linguistico-storico (con cui ho insegnato ed insegno proficuamente) ho potuto scrivere ponderosi saggi storici (tra cui ha grande rilievo Giudaismo romano, un ‘opera inedita per ora, in tre tomi che mostra, tra l’altro, la guerra tra Giudaismo e Roma con molte implicazioni socio- economiche, includente anche la vicenda di Gesù Cristo), ben valutati da specialisti come Riccardo Calimani (autore di Gesù l’ebreo ,Rusconi Editore, di Paolo Scie Mondatori) e da altri.
Ricordo, inoltre, all’amico che le traduzioni di Giuseppe Flavio, di Filone, di Clemente Alessandrino (oltre che quelle latine di Bernardo e di Goffredo di Auxerre) e la conoscenza, seppure modesta, dell’aramaico, mi hanno dato possibilità di lettura diversa rispetto a quella tradizionale e di maggiore comprensione degli enunciati in esame, grazie ad una migliore conoscenza del contesto.
Mi meraviglio che l’amico, conoscendo me come professore (che gli si è proposto per anni come formatore e come insegnante, fornito di metodo e che spesso gli ha illustrato le fasi del metodo, le suddivisioni in paradigmi conclusivo -analitico, sintetico, critico, ben evidenziati in tante lezioni tecniche sia a scuola che con libri –Leggiamo Insieme ..Ungaretti, e in saggi come L’ Altra lingua, l’altra Storia, Demian, Teramo 1995 e nel commento inedito al De Joseph di Filone di Alessandria), abbia potuto scrivere: A Filipponi manca il metodo storico, pertanto, non riesce ad evitare che le sue ricerche diventino apologetiche. Lui sa benissimo che io ho scritto solo per ricercare non per fare apologie (non sono di parte).
Tutto si può dire su uno studioso come Filipponi, ma neppure si può pensare che non abbia metodo: tutta la vita è stata dedicata allo studio, alla ricerca metodologica, alla storia: lo provano le mie tecniche operative e la mia biblioteca, lo dimostra l’ assenza dalla vita cittadina, l’anachoresis, con la professione (oltre quella di gelataio e contadino ) muratore, unico svago ai tanti, lunghissimi studi di varia natura; lo testimoniano i miei alunni (professionisti seri), che seguono le mie impostazioni metodologiche linguistico-semantiche e storiche.
E P. P. pensi al significato di amicizia, specie in senso senecano, rifletta sulla differenza e perfino sulla diversità di cultura e soprattutto eviti di dare giudizi specie perché tra me e lui, ormai vicini ai settanta anni, c’è una grande barriera culturale che diventa per lui, cosi teleologicamente confessionale, un abisso: è bene però, accettare l’altro, senza volerlo etichettare, senza tentare valutazioni, meglio ancora amarlo, cristianamente, senza conoscerlo.
S. Benedetto del Tronto ( che non è stata mia patria, nonostante il mio domicilio sessantennale) almeno stia zitta (a cominciare dal mio amico) su un suo cittadino volutamente ignorato e lo lasci lavorare in santa pace.
Angelo Filipponi
S. Benedetto del Tronto, 12.11.2005