Fuga di Erode

Da civis a Basileus!

La fuga di Heroodhs Iulios, civis romanus

La fuga di Erode da Gerusalemme, già occupata da Antigono, grazie all’aiuto di Barzafarne,   è  descritta da Flavio sia in Guerra giudaica che in Antichità Giudaica.

Gli antefatti sono il suicidio di Fasael- che si fracassa la testa su una sporgenza per non patire la prigionia (forse al suicidio, difficile in quelle condizioni di fuga, è preferibile la versione di un avvelenamento, tramite medici!) e la mutilazione di Hircano da parte di Antigono che gli stacca i lobi delle orecchie per invalidare il pontificato, che richiede perfetta integrità fisica.

Flavio cambia la toledot Generazioni  giudaica in  historia, concepita come opus rhetoricum maxime, dove al racconto  di un viaggio, diviso in quattro parti, si accompagna, oltre alla descrizione dei luoghi,  una serie di disavventure/ peripeteiai  con pathos, tanto da fare  un Romanzo ellenistico, con scene di pietas fraterno e filiale  e con la tensione amorosa sottesa.

Flavio, quindi, dopo aver scritto la sua prima opera in aramaico,con la pubblicazione in lingua greca  fa storia come ogni scrittore,  anche se professa di  servirsi dell’acribeia e di ricercare la verità,  ma in effetti fa un’opera prammatica secondo l’epoca in obbedienza ai canoni vigenti.

Così  narra Flavio in  Ant. Giud, XIV, 353 drammaticamente la vicenda della fuga da Gerusalemme, verso Herodion, lontana appena sette km, di Erode che porta in salva la sua famiglia: pose sopra i giumenti sua madre (Cipro), la sorella (Salome), la figlia di Alessandro, figlio di Aristobulo, che egli doveva prendere come moglie (Mariamne) e la madre di lei figlia di Hircano (Alessandra), le cose necessarie per il viaggio ed insieme ad una moltitudine, così andò in fretta in Idumea, senza che i nemici lo sapessero.

Lo storico, oltre ai dati per la comprensione della fuga, mostrail pathos, in un tentativo di emotiva partecipazione alla vicenda,ed aggiunge: non si può trovare  uomo così duro  per natura da non avere pietà, vedendo le donne  piangenti con i bambini,condotte  via, piangendo di dover abbandonare la patria, senza sperare di avere qualche bene.

E, dopo questa nota commossa, lo storico riprende: Erode sopportando con coraggio la crudezza della sorte  e forte contro ogni pericolo,  confortava i suoi durante il viaggio, invitandoli a non lasciarsi prendere dalla malinconia, la quale poteva essere pericolosa  nella fuga, con la quale solo sperava di salvarsi.

Nel fare questo breve  tratto si verifica  l’incidente della ruota del carro, su cui è trasportata Cipro, sua madre,  ed Erode, già scosso dalla mancanza di notizie circa la sorte del fratello Fasael, preoccupato dalla presenza dei parthi, oltre che degli avversari  politici, che lo incalzano, si deprime tanto da cercare il suicidio.

Flavio così dice: Erode quasi si uccise vedendo la madre in pericolo di morte, quando si rovesciò il suo carro.

Allora, preso da dolore e dallo spavento, timoroso che fosse raggiunto dai nemici, in questo stato disperato, trasse la spada per uccidersi, ma fu dai presenti trattenuto, i quali gli dissero: non dare questa soddisfazione ai nemici: non si addice a te, uomo forte liberarti così dai nemici e a loro consegnare i tuoi  più cari.

Flavio conosce il destino di Erode, la sua storia di re,  la sua forza morale, il coraggioso lottare contro le avversità!

E’ difficile credere  in questa fase iniziale di fuga, in uno stato d’animo depressivo in un militare di professione, egemoon di uno sparuto gruppo di fuggiaschi  bisognosi del suo coraggio e della sua forza!

Inoltre la vicinanza con la sua terra, l’Idumea  sotto il controllo della sua famiglia, dovrebbe dargli maggiore vigore!.

Erode è inseguito dai partigiani di Antigono il maran eletto dai parthi, ma in Idumea la roccaforte degli antipatridi, il pericolo è di molto inferiore.

Mentre Flavio seguita a  magnificare l’animus  forte di Erode, senza rimanere ancorato alla presente situazione e posticipa gli eventi futuri –Ed avendo molte volte combattuto coi Parthi, nel viaggio, riportò sempre la vittoria. E là dove sconfisse i Giudei, quando ottenne il regno, edificò una fortezza e una città di nome Herodion– ,  si verifica che arriva  il fratello Giuseppe con rinforzi   e con tanta popolazione fuggiasca, timorosa dei parthi.

Giunti nella città di Resa, col fratello si consiglia sul da farsi poiché lo segue una grande moltitudine, oltre ai soldati mercenari, stranieri,  e si decide che, essendo ancora lontana  Masada, quasi 50Km, è necessaria una selezione tra i fuggiaschi, dato  anche il limite di capienza della fortezza.

Perciò, a detta di Flavio,  ne mandò via più di 9000 ordinando loro di salvarsi in Idumea e diede loro le spese per il viaggio e da lì condusse con sé i suoi congiunti ed amici a Masada. Nella fortezza lascia suo fratello per la difesa delle donne  con 800 uomini (Guerra Giud, I,267).

Ora inizia la seconda fase del suo viaggio, quello verso la Nabatea, che sembra fatto quasi  in solitudine – probabilmente  con qualche cavaliere  di scorta e cammelli  per viveri ed acqua-

Erode ha intenzione di andare a Petra  e, perciò, si dirige verso sud e pensa che il re Malco, amico di suo padre, possa saldare il debito di 300 talenti con cui riscattare il fratello e  si accinge al viaggio, convinto di ottenere il denaro portando con sé il piccolo Fasael di sette anni, figlio del fratello primogenito, da dare come ostaggio alre nabateo.

Da Macheronte viene, invece, verso il piccolo gruppo di giudei una colonna di cavalieri con un messaggio, in cui  è scritto che è vietato  entrare nel territorio nabateo.

E così le carthae di credito di Antipatro  non servono per la riscossione del debito: ad Erode giunge la notizia che il fratello è morto e che quindi non ha l’obbligo del riscatto.

Secondo Flavio il re Malco ha un comportamento ambiguo per non pagare il debito: inizialmente respinge Erode e  gli impedisce di arrivare alla capitale sede del suo tempio tesoro, poi lo fa inseguire, per scusarsi, fino a Pelusio.

Lo storico mette insieme fatti diversi a seguito della conoscenza della fortunata fuga di Erode e del suo ritorno successivo in patria coi romani!

All’epoca della fuga, invece, Malco manda un messaggero  ad intimargli di uscire il più presto dal paese col pretesto di una imposizione dei parthi  (ibidem, 276)

Flavio, comunque, spiega che il re e i suoi consiglieri, desiderosi di appropriarsi della somma di Antipatro,  si comportano in modo infame  per non  restituire la somma dovuta.

Dunque, Erode deve volgersi verso L’Egitto, unica via libera di salvezza e  presentarsi a Cleopatra, prossima al parto dei gemelli.

Il viaggio in Egitto  è lungo e difficile, specie dopo le scoscese  pendici del  monte Casio dove c’è il tempio di Zeus, prima di  arrivare a Rinocolura e al lago Serbonide (Cfr. A.Filipponi,  Fuga in Egitto di  Giuseppe in Jehoshua o Jesous?, Maroni, 2003),   una zona  molto desertica anudron deinoos secondo Erodoto (St.III,5), dopo  tre giorni di cammino e poi, dopo  altri giorni,  fino a Pelusio (cfr. Guerra Giud. I, 277-78).

Plutarco in vita di Antonio mostra che Gabinio teme la marcia fino a Pelusio, dovendo passare per le distese di sabbie profonde e senza acqua lungo l’Egregma e la palude Serbonide  che è separata da un sottile striscia di terra dal Mediterraneo( Antonio, 3,6).

Secondo Flavio  il tetrarca non riuscendo  a trovare navi nella città, si rivolge alle autorità/egemones che lo accompagnano e lo scortano ad Alessandria.

Bisogna pensare che Erode fa lo stesso tragitto di suo padre Antipatro con i suoi 1500 soldati da portare in aiuto a Mitridate pergameno in soccorso di Cesare, imbottigliato ad Alessandria(cfr  Antipatro il padre di Erode. cit).

La fonte flaviana enfaticamente mostra l’azione di Erode e il suo cammino seguendo la vicenda del protagonista secondo la storiografa prammatica e quindi mostra letterariamente le vicende, senza curare l’aspetto morfologico e corografico, economico-finanziario. sociale,  teso a fare un ritratto eroico del protagonista poi divenuto Re di Giudea: allo storico interessa miscere utile et dulce per attirare il lettore romano-ellenistico, per caratterizzare la figura di Erode (prosopon equivale a faccia, persona, personaggio).

Allo storico preme il personaggio non la descrizione dei paesaggi durante la fuga e tanto meno mostrare gli interessi/affari di Erode per finanziare la sua lunga fuga  e per giungere fino a Roma, meta della sua fuga.

Non ci dà, infatti, né i compagni di fuga, che pur ci devono essere, né indica esattamente il percorso anche se dà qualche specifica  indicazione corografica e talora mostra uno scoraggiamento con depressione tale da far pensare al suicidio, inverosimile per un combattente audace, determinato a conseguire il suo personale skopos .

Chiaramente Erode sa che Antonio è lontano dall’Egitto da oltre otto mesi e conosce la situazione dei territori in Italia in subbuglio, specie quelli meridionali, avendo saputo della ricongiunzione con sua moglie Fulvia e poi degli accordi di Brindisi, del suo coniugium a Roma, in cui sta passando l’inverno.

Erode, pur non essendo un vero ebreo ma un arabo-idumeo, sa che per lui che si presenta con le lettere di Hircano, come precedentemente per  suo padre, scatta la tzedaqah.

Con questo termine si indica fare un atto di giustizia  con manifestazioni concrete proprie di un giudeo verso il fratello.

Erode può disporre, dunque, di depositi bancari familiari del tempio di Leontopoli, (anche se non di Antipatro) e  di ogni  trapeza banca egizia, che  sborsa moneta contante o chartae da presentare ad agenti che sono in qualsiasi  porto del Mediterraneo, obbligati a pagare quanto scritto nelle lettere di accompagnamento.

Non è escluso che Erode sia accompagnato da agenti di fiducia delle trapezai stesse, che patrocinano l’impresa erodiana.

Erode conosce come  la pietà con  commiserazione per il fratello in difficoltà non rimane sterile eleos, ma si traduce immediatamente in  prestito in denaro, come atto di giustizia verso il contribulo.

Essere tzadiq è aspirazione dell’usuraio ebraico, specie alessandrino,  che si purifica con  l’assistere il fratello.

Erode, quindi, prende moneta  liquida  e chartulae  creditizie  da versare in trapezai nei porti greci, accettate  con  scambio immediato in talenti, dracme,  denarii, sesterzii, assi, quadranti    per finanziare la sua impresa.

Chiaramente al suo seguito ci sono trapezitai ed argentarii  insomma uomini di affari   che o personalmente o  tramite schiavi  dispongono di servi tesorieri,  cassieri, probatores  e  publicani che dissigillano tramite impiego di tessere  il sigillo di sacchi chiusi,  contenenti monete saggiate, in qualità di negotiatores  (Cfr J.Andreau, Le vie financière dans le monde romain. in Annales  Année 1989 e A. Petrucci, Mensam exercere, cit).

Non si crede che Erode sia ricevuto da Cleopatra,  impegnata  nei preparativi del parto.

Probabilmente la notizia di Flavio che Erode è accolto e trattenuto a corte, comunque, con la promessa di diventare un egemoon  strategos dell’ esercito  egizio senza essere persuaso  a  rimanere, non è vera, ma  sottende  solo un atto formale di amicizia e di ospitalità.

 Infatti lo storico subito scrive: Erode è deciso a recarsi a Roma  sebbene sia inverno e  l’Italia sia in rivolta e in gravi disordini. (ibidem,376).

Si sa che Erode  con l’aiuto di qualche nave egizia mercantile giudaica, anche se ai primi di novembre, fa vela verso la Panfilia, dove, a causa di una tempesta,  riesce a  fatica a  raggiungere Rodi,  dopo aver gettato a mare il carico( Ibidem 37)

Erode, nonostante il naufragio e la perdita del carico, ha molte risorse finanziarie  se poi  con l’appoggio  di due cives romani, probabilmente giudaici ellenisti, armatori, di nome Sappino (Sapkika) e Tolemeo, può aiutare gli abitanti di Rodi capitale, a ricostruire  e restaurare la città, danneggiata nel corso della guerra  contro Cassio, e poi allestire una triremi  e fare vela verso l’Italia,  con gli amici e col suo gruppo pelusiaco ed alessandrino di trapezitai.

Da Flavio si conosce Brindisi come luogo di approdo, da cui inizia il viaggio per Roma.

Il viaggio di 568 km Brindisi – Roma  è un iter lungo e richiede per un gruppo di cavalieri  una diecina  di giorni da farsi a  tappe  servendosi delle stationes/paroikiai- luoghi di fermata e riposo per il cambio di cavalli – e dell’aiuto dei paroikoi, incaricati statali che riforniscono di viveri,- sale e pane- offrono (Parechoo/concedo, do) un tetto (albergo)  e  accomodano i carri e dànno l’occorrente per il viaggio provvedendo di fieno e  paglia  ai cavalli, lavorando di norma  per i tabellarii, ma anche ad ogni viandante,tramite pagamento di sesterzii, o  gratuitamente per i magistrati.

Orazio con la V satira – il viaggio a Brindisi – mostra, tre anni dopo il viaggio al contrario di Erode,   le varie tappe prima di arrivare alla meta con i suoi amici, plenipotenziari.  A noi non interessano i vari passaggi e la divisione dell’iter in tappe: si crede, comunque, che il gruppo speditamente arriva a Roma, dopo avere fatto il tratto marittimo  della Apulia  e scavalcato l’Appennino,  senza perdere l’occasione di vedere Terracina/Anxur il tempio di Iuppiter Anxurus (Virgilio, Eneide, VII, 5,799)  (sul Monte S. Angelo), il cui culto oracolare è sacro per le popolazioni circonvicine come  Monte Sion di Gerusalemme per gli aramaici.

Erode, arriva a  Roma intorno al 20 di Dicembre  e vi resta sette giorni.

Flavio, infatti,  racconta che il giovane si presenta in  casa di  Antonio, alle Carinae e racconta quanto gli è capitato , mostrando come suo fratello Fasel  è stato preso ed ucciso dai Parthi, come Hircano sia tenuto da loro prigioniero  e come Antigono sia stato fatto re  con la promessa di dare 1000 talenti e 500 donne delle prime famiglie e della stessa loro stirpe e come lui,  di notte, allontanate le donne, preventivamente,  sia fuggito dalle mani dei nemici e sopportato tante difficoltà.

Erode aggiunge che i suoi parenti, partecipi del suo pericolo, subiscono ora l’assedio (a Masada) e che lui avendo navigato nella tempesta, ha superato alla fine ogni pericolo, spinto dalla premura spoudh-studium di raggiungere Antonio, in cui è riposta ogni speranza di aiuto (Ant Giud.,XVI,  379-380).

Antonio è il suo Theos, in cui è posta ogni elpis in quanto è monh Bohtheia: Erode non è un ebreo, non è un aramaico, che recita lo shema e che ha un solo padrone, Dio!

Erode non è un giudeo, è un romanizsato e philellhn che crede in Roma, in Antonio, in Belial/ il denaro! Il termine spoudh condensa lo stato d’animo di chi ha cura, interesse, assillo, amore  fisso e compie ogni azione per il conseguimento della sua ansiosa cura/therapeia nel completamento del suo studium.

Flavio mostra come Antonio abbia compassione delle sofferenze  del fidus Erode e pensa alla sorte comune  di uomini, che pur di alta condizione sociale,  siano soggetti ai capricci della fortuna!.

Ricordata l’amicizia ed ospitalità di Antipatro, intascato il denaro  dei trapezitai ebraici, Antonio dichiara di essere disposto a difendere la sua causa contro Antigono, da lui odiato perché considerato persona sediziosa e nemica dei romani (stasiasthn ..kai romaiois echthron ibidem, 382).

Secondo Flavio anche Ottaviano è dalla sua parte, perché cognato di Antonio, ora, e perché memore dei benefici di Antipatro nei confronti del padre Cesare,

 Perciò, Ottaviano era  molto ben disposto alla concessione della dignità e alla cooperazione a  quanto Erode desiderava / pros thn acsiosin kai thn toon bouleuto Hroodhs sunergeian etoimoteros hn (ibidem 383).

Flavio aggiunge per mostrare i documenti, su cui si basa l’elezione a Basileus di Erode (ibidem 384-385) la convocazione del Senato, e la sua unanime decisione di contrapporre al maran/re aramaico, illegittimo, di nomina parthica, il basileus, legittimo,  di nomina romana, evidenziando il crimen di Antigono e la regalità riconosciuta di Erode: convocato il senato, (M. Valerio) Messalla (Corvino)(praetor suffectus nel 40, console nel 31)  e  (L.Sempronio ) Atratino  (anche lui praetor) presentarono Erode  e ricordarono i benefici di suo padre, come era stato favorevole ai romani e contemporaneamente accusavano Antigono  affermando che era manifesto nemico dei romani  non solo per le azioni precedentemente da lui commesse,  ma perché ora avendo avuto il principato dai parthi disprezzava i Romani. Il senato si eccitò per tali discorsi ed Antonio dimostrò che era bene che Erode avesse il regno nella guerra contro i parthi. La proposta piacque a tutti e si stabilì di creare re Erode.

Non diversamente lo storico scrive in Guerra giudaica I.285 riferendo le parole di Antonio – per cui tutti votarono a favore  epipsephizontai pantes-:  pros ton kata Parthooon polemon  basileuein  Heroodhn  sunpherein elegen /per quanto riguarda la guerra dei Parthi, diceva che è conveniente che Erode regni.

Si rilevi l‘equivoco di Pros ton kata Parthoon polemon: sembra che si voglia dire che Erode sia un dux utile alla guerra contro i Parthi o quanto meno che il regno di Erode convenga nella guerra contro i Parthi, insomma che nella particolare situazione siriaca il regno di Erode  possa aiutaree favorire  il ripristino dello status quo in tulla  la zona.

Lo storico  ebraico, oltre al possibile aiuto militare e finanziario effettivamente dato da Erode nel 38 che va di persona a Samosata, forse  ritiene  il Regnum  erodiano conveniente sumpheron  all’impero romano in oltre trenta anni,- dal 38 al 4 a.C.. ai fini della romanizzazione ed ellenizzazione della regione!?

Flavio, in conclusione, precisa che, riunitosi il senato, in seduta straordinaria –  si dovrebbe essere nel  periodo dei Saturnalia , tra il 17 e 23 dicembre –  i pretori presentano ufficialmente Erode figlio di Antipatro, il soothr di Cesare, e lo oppongono all’asmoneo aramaico filoparthico, che ha misos per i romani.  Subito dopo Antonio, visto propenso il senato, afferma che è un bene che Erode regni nella guerra contro i parthi, determinando così l’elezione a Re di Erode.

Lo storico  giudaico aggiunge  e spiega. che secondo la logica sacerdotale ebraica l’elezione non è legale,  in quanto il titolo spetta di diritto,  se deposto Antigono, ad un altro asmoneo, ad Aristobulo III, fratello di Mariamne, destinato così a morte, nonostante la parentela: Antonio aveva molta famigliarità con Erode ed aveva ottenuto per lui un regno  contro ogni sua attesa e oltre la sua speranza: lui non era andato per chiederlo, poiché neanche pensava che i romani  dovessero concederglielo perché erano soliti darlo ad uno della famiglia sacerdotale: lo avrebbero dovuto dare al fratello di sua moglie, che era da parte paterna nipote di Aristobulo e per parte materna, nipote di Hircano (Aristobulo III) – e questi invece Erode fece uccidere, come diremo a suo tempo( Ant. Giud. XIV, 386-387).

Erode non ha titoliper ‘elezioen regale, è un privato e  un popularis!

Flavio mostra accuratamente le fasi solenni, che seguono lo scioglimento del senato: questo titolo, cosa che nessuno sperava, il senato diede, entro 7 giorni,  e lo licenziò dall’Italia; Antonio e Cesare, avendo lasciato il senato, tennero in mezzo Erode e precedettero gli altri consolari per sacrificare in Campidoglio  e per porvi il decreto del Senato.

 Lo storico usa quasi gli stessi termini in Guerra Giudaica  I,285, dove spicca la posizione centrale di Erode tra Antonio ed Ottaviano che va con gli upatoi (consules), attorniati dagli altri magistrati Thusontes te kai dogma anathhsontes eis to Kapetoolion.

Con i due futuri- participi- , col solo dogma/editto, usati con valore finale,  Flavio indica in modo compendioso che si va all’aerarium, che è nel Tempio di Saturno, sito alle falde del Campidoglio, sottendendo forse il tabularium. Per meglio documentare Flavio aggiunge: Antonio poi fece un convito ad Erode, il primo del suo regno  nella 184 ^ Olimpiade e sotto il consolato di Domizio Calvino Secondo  e di Caio Asinio (Anno 40).

La notizia sottende un‘altra, cioè l’invio di corrieri a notificare la partenza già avvenuta di Ventidio Basso e quella prossima di Erode a  L. Dellio, che è presso Cleopatra  con l’ordine di tenersi pronto ad unirsi ad Erode per ristabilirlo nel paese contro Antigono, con il sostegno di Silone e di Ventidio stesso.

Non sembra, a questo punto,  nemmeno il caso di dover controbattere le opinioni di Shalit (op cit)  e di Prause (op. cit. e di altri che ritengono che Erode sia andato a Roma per difendere i dritti del cognato, un ragazzo di 12 anni, insignificante per il senato romano che invece ben conosce Antipatro e i suoi figli per la filoromanità accertata.

Per me,  la comprensione esatta di questi passi flaviani, tradotti tra il 1970 e il 1980,  ha permesso di superare il nodo della basileia legittima per i filoromani,ma illegittima per gli aramaici. Inoltre dopo questa lettura ho potuto procedere spedito sulla decifrazione del crimen di Gesù Christos, punito come quello di Antigono, flagellato ed ucciso da Antonio ad Antiochia, coram populo, come esempio illegittimo di regalità, senza autorizzazione romana (Ant Giud., XIV, 487-491.)

L’uccisione avviene per istigazione di Erode, il quale  teme che Antigono,  portato a Roma, possa  dimostrare di  essere il legittimo re, nonostante le offese al popolo romano, rispetto a lui  comune, privato, cittadino.

Secondo Flavio Erode diede molto denaro ad Antonio e lo convinse a liberarsi di Antigonoed ebbe fine il potere degli asmonei  dopo centoventisei anni.

Lo storico conclude così: Splendida ed illustre  fu la loro casata  sia per stirpe che per il loro ufficio sacerdotale ed ancora di più per le imprese compiute dai fondatori per la nazione. Persero, però, il regno a causa delle lotte interne e lo passarono ad Erode, figlio di Antipatro, venuto da una famiglia comune  popolare  e da una stirpe che era soggetta ai re.

Flavio, di famiglia sacerdotale, imparentato con gli asmonei mostra la disparità tra la nobiltà asmonea ed Erode, definito idioths un privato, la cui famiglia è popolare – oikias dhmotikhs– e il  cui  genos /stirpe è idiotikon kai  upakouon  tois basileusi / privata e soggetta ai re.

Antonio per lo storico ebraico, che rileva l’accanimento contro il povero Antigono,  è nel complesso uomo mite, certamente  più pius che crudele:  è suo il comando di rinviare a Gerusalemme dai parenti  per una dignitosa tumulazione  il cadavere  del padre di Antigono, Aristobulo II, morto nel 49, tenuto sotto miele, insepolto,  per anni !