Antonio e l’Asia

II Libro

Erode Basileus

 

 

 

 

Antonio e l’ Asia

Dopo la vittoria a Filippi, Antonio, attraversata trionfalmente la Grecia, veleggia verso Efeso e prende possesso ufficialmente  delle zone dell’Asia Minore e della Siria.

Noi, in   Antipatro, padre di Erode  abbiamo fatto  cenni sulla  reale situazione storica sul periodo 44-40 a.C ed  abbiamo rapidamente trattato episodi successivi la morte di Cesare, perciò,  ora  riteniamo necessario fare un vero punto situazionale, seppure sintetico, per far partecipare effettivamente il lettore agli eventi orientali e per far comprendere  quanto sia  difficile  la scelta di pars per un civis romano asiatico  o siriaco o palestinese!

Scegliere la pars  significa  rischiare la vita, nel clima di tante guerre civili, che si succedono in questi circa 4 anni: un civis  può essere fautore,  prima, dei cesaricidi o dei vendicatori  della  morte di Cesare,  dopo la guerra di Modena, e poi , dopo la  battaglia di Filippi, nel corso della guerra perusina,41-40  essere o antoniano o ottavianeo in una caotica lotta di  pretendenti al potere a seguito del II triumvirato.

Ottaviano  infatti, rimasto in Italia cerca di  accontentare i 100.000 veterani facendoli possessori di terre, espropriate, nelle più fertili regioni  provinciali, provocando la ribellione  dei vecchi proprietari  e quindi una guerra civile. Ad opporsi ad Ottaviano  è Lucio Antonio con la moglie del fratello Antonio, Fulvia, per impedire  al triumviro   regolatore delle cose italiche  la sua ripartizione  ritenuta ingiusta  peoclamandolo  Hostis nemico della  res publica.  Secondo Appiano (Guerre civili, 5, 19, 75) e Plutarco (Antonio, 30, 4) il bellum perusinum   è  un tentativo di far tornare  Antonio in Italia  dall’Oriente di una moglie gelosa  desiderosa di interrompere il rapporto del marito con Cleopatra, ancora nemmeno iniziato.   In effetti Antonio  In Asia sta regolando  gli asiatici come Ottaviano sta facendo in Italia  e, perciò, visto l’esito infruttuoso  della politica antiottavianea decide, conosciuta  la presa di Perugia,  di   far arrivare in Oriente i suoi legati e la moglie.

I due uomini politici non hanno reali possibilità di comunicazione ufficiale e perciò  la loro azione  è interpretata come ostile : infatti le lettere senatorie  o  gli ambasciatori, date le distanze geografiche, di solito  risultano tardivi, rispetto alle voces  popolari dei porti (Pozzuoli, Brindisi, Corinto, Efeso, Alessandria, e alle forme suppletive  dei messaggi cifrati di fumi sui monti, dell’uso dei colombi e dei tabellarii, pur celeri (Cfr .Arte e comunicazione nel Mondo antico, a cura di E.A Havelock e J.P. Hershbel, Laterza 2005).

Perciò   penso di fare cosa gradita ad un mio discepolo, riportando  quanto scritto  sommariamente nel precedente libro,   Antipatro, padre di Erode, al fine di una precisazione dei fatti .

Erode  sa che la nomina di Cassio è del senato, ma attende notizia da Antonio, che è impegnato nella guerra modenese -in cui si sono scontrati le forze senatorie comandate dai due consoli dell’anno Gaio Vibio Pansa e Aulo Irzio, congiunte con le truppe del giovane Ottaviano e l’esercito antoniano, che assedia il cesaricida Decimo Bruto, il 21 aprile del 43,  risultato sconfitto-.

 La vittoria senatoria non ha impedito, a causa della morte dei due consoli quasi simultanea, ad Antonio, comunque, la congiunzione con le altre forze cesariane e  con quelle di P. Ventidio Basso proveniente dal Piceno e con quelle dalle Gallie di Emilio Lepido e di Munacio Planco. Grazie a questa riunione di forze cesariane Ottaviano è costretto a venire ad un accordo (poi sancito dalla lex Tizia) con Emilio Lepido e con Antonio.

Perciò il testo,- non potendo essere chiaro per i limiti sintetici, deve essere  precisato ed integrato con maggiori dati, in modo accurato  tanto da evidenziare i fatti, le personalità coinvolte, le ragioni degli eventi del periodo. Procediamo dunque nella trattazione ripartendo dai disegni del dictator.

Prima di morire Cesare ha pianificato, come suo solito, lo stanziamento delle varie legioni, poste nei punti chiave dell’Occidente, fissando i munera  dei rispettivi legati e segnando le regioni  affidate, ed  ha  fissato per la Guerra parthica la ricongiunzione di tutte le milizie  orientali con quelle già poste sotto Ottaviano, suo erede, ad Apollonia, destinate a partire il 18 Marzo del 44.

E’ un imponente esercito, mai visto  in azione nell‘impero romano, con due grandi basi navali quella di Miseno sul Tirreno  e quella di Ravenna sull’ Adriatico.

Ora dopo la sua morte, nel marasma rivoluzionario e controrivoluzionario, stabilitosi in città, alla presenza ancora dei cesaricidi, garanti del piano strategico militare devono essere i consoli e il senato.

I due consoli dell’anno 44,  Marco Antonio e Cornelio Dolabella, già per conto proprio  elementi irrequieti ed inaffidabili, succubi delle rispettive mogli (Fulvia e Tullia), risultano  impegnati non solo a frenare i tumulti cittadini,  ma anche a falsificare il testamento cesariano ed altri scritti  del dictator a proprio vantaggio (Cfr Cicerone, II Filippica)

Solo dopo un quattro/ cinque mesi dalla  morte, tra luglio ed agosto  la situazione  si delinea in senso popularis ed antoniana  sfavorevole ai cesaricidi, che fuggono in Asia e anche ai conservatori pompeiani, che già si sono appropriati della flotta di Capo Miseno con Sesto Pompeo, richiamato dalla Spagna.

Cesaricidi e pompeiani, comunque, fanno affidamento sul senato  e su Cicerone,- ora tornato nell’agone politico, dopo l’otium   forzato in ottemperanza al divieto cesariano- avendo accolto il giovane Ottaviano – il quale, venuto da Apollonia, come un capobanda,  ha arruolato truppe ed ha inglobato nel suo raccogliticcio esercito molti disertori e si è presentato a Roma, facendo un colpo di stato e si è dichiarato  capo del  partito aristocratico – con  l’appoggio di quasi tutti i senatori, convinti di trovarsi di fronte ad un apolitico iuvenis di 18 anni e di poterlo manovrare a proprio piacere.

Secondo diritto, al di là del comportamento consolare, Antonio, temendo un’azione congiunta, subito dopo la fuga dei Cesaricidi, impone a Decimo Bruto di deporre il comando della Gallia  ed invade il territorio con le truppe centro- settentrionali cesariane,

Il senato, che avrebbe dovuto ratificare la legittimità  del decreto consolare, invece, spedisce truppe, alla fine dell’anno in soccorso di Decimo Bruto, facendo scoppiare la guerra civile.

All’inizio dell’anno successivo i due consoli Irzio e Pansa, seguiti da Ottaviano , che ora ha un imperium propraetorium, marciano  contro Antonio, che assedia Decimo Bruto a Modena con sei legioni ed è in attesa dell’arrivo  di altri legati cesariani.

Antonio, fiducioso nel loro arrivo, attende, pur temendo di essere accerchiato dalla coalizione senatoria.

L’ ordine, dunque,  dato da Antonio, è contraddetto dal senato che obbliga Munacio Planco ed Emilio Lepido  a portare aiuto non al collega cesariano, ma  ai consoli eletti  e ad Ottaviano.

Ne  deriva  che a  Roma sorgono tafferugli, per cui molti fuggono  e si dirigono verso lo schieramento militare a  seconda del loro indirizzo politico.

Decidio Saxa, Ventidio Basso e Lucio Censorino decidono di seguire Antonio, anche se  proclamato dal senato nemico/hostis dello stato e quindi ne condividono la sorte  insieme ad Asinio Pollione,  che sta venendo dalla Spagna (Cicerone, Ad Brutum, .1,3  hostes autem iudicati, qui M. Antoni  sectam secuti sunt.)

Ventidio Basso, mentre attende Pollione, procede lentamente con due legioni e nel cammino rastrella disertori, con cui forma un’altra legione, in massima parte, umbri e piceni.

Anche Munacio Planco tergiversa,  ma ha un suo piano in quanto  ambiguo e opportunista//eukairos, e all’occorrenza anche morbo proditor/ un malato traditore   secondo la valutazione del militare Velleio Patercolo (St.Rom. II, 83, 1-3).

Molto diverso è il giudizio del politico Cicerone che ha la massima  fiducia  (ad Familiares, 10,14 ) in un uomo definito da tutti infidus kinaedos,  abile a mascherarsi come pantomimo della fabula saltica,  estremamente lascivo e sfrontato  nel suo erotismo campano!.

Grazie alla vigilanza di Ottaviano e dei consoli, i conservatori  impediscono il ricongiungimento ai legati antoniani, che cercano  di passare l’Appennino e  di congiungersi a nord.

Allora Lepido con quattro legioni si stanzia nella Gallia Narbonense,  Planco con altre 4  nella Gallia Lugdunense ed attendono  le tre legioni di Pollione, ferme in Spagna, e solo Ventidio tenta un colpo di mano su Roma per spaventare la popolazione e per sollevare il popolo a favore di Antonio. Siccome mancano i rifornimenti, la situazione di Modena è tragica a causa della fame.

Antonio, comunque, non riuscendo a prendere la città,  temendo  di essere attaccato e circondato, fa una sortita contro Pansa  nei pressi di Forli e lo sconfigge e ne provoca il ferimento (il console viene portato a Bologna, dove muore!).

Il tempestivo arrivo di Irzio, però, fa fuggire Antonio che comunque, apprende la morte in battaglia di ambedue i consoli.

Anche se è costretto a ritirarsi all’arrivo di Ottaviano, Antonio  risulta in vantaggio rispetto all’ avversario politico, che cerca di conciliarsi con i legati cesariani  in un riavvicinamento generale di tutto il partito popularis antisenatorio.

Perciò, non insegue Antonio, anche se Cicerone ancora esulta  ed è fiducioso in Planco, convinto che,  anche dopo la morte dei due consoli, con 14 legioni congiunte si possa prevalere sui populares.

Ottaviano, invece, si riconcilia con Antonio e conclude con lui e con Lepido il secondo  triumvirato che risulta ora magistratura, proposta e legittimata  da un tribuno, in Roma!.

Come conseguenza la capitale ha un bagno di sangue: ogni triunviro mette a morte i nemici con liste di proscrizioni : Cicerone, proscritto da Antonio,  muore il 7 dicembre del 43  a Formia.

Ora, gli eserciti antoniani  secondo Levi (Cfr  A.M. Levi, Augusto e il suo tempo, Milano 1986) passano  gli  Appennini  e  le  Alpi e si accordano per avere una precisa coscienza delle loro forze.

Questi, riuniti, sono in attesa di Antonio e collegano le truppe  fra  loro: Lepido, governatore  della Narbonense ha 4 legioni; Asinio Pollione della Spagna  ne ha 3;  Munacio Planco. governatore della Lugdunense  4 legioni ;  Ventidio Basso tre (inizialmente  ne ha  due poi ne forma un’altra con disertori dell’Umbria e del Piceno -Appiano, St.Rom.,3,72-):

Antonio senza più ostacoli da parte di Decimo Bruto e di Ottaviano incontra i suoi legati a Vada Statia  Vado ligure  (Cfr.  Cicerone  ad Fam. 11,10).

Ci sono ancora, comunque,  scaramucce con Antonio  da parte dell’esercito senatorio, che opera  contro i nemici dello stato, nella convinzione  di un reale appoggio dell’antoniano Munazio Planco che, invece, è  già collegato con gli altri legati cesariani.

Ottaviano, divenuto console con Quinto Pedio, altro erede cesariano,   torna ad essere   cesariano, acclamato da tutti ed abbandona la fazione senatoria e Decimo Bruto.

Segue una divisione dell’Occidente sulla base  reale delle forze dei singoli capi e delle zone effettivamente controllate: ad  Antonio toccano tutte  le Gallie meno la pars pirenaica  con la Spagna, affidata al cesariano  Asione Pollione, mentre il resto della Spagna a Lepido,  ad Ottaviano spetta  L’Italia:  l’Oriente risulta ancora da dividere, in quanto dominato da forze pompeiane e retto dai cesaricidi in molte zone, col favore del senato stesso.

Le province di Antonio sono assegnate ad Asione Pollione la Gallia Cisalpina, a Ventidio Basso la Lugdunense, mentre a Fufio  Caleno il  resto della Transalpina  (Cassio Dione St.Rom, 48,10 ;  Appiano,,St.Rom.,  5,3 ) e a Planco  la Narbonnese.

Mentre questi Legati per Antonio e Vipsanio Agrippa   legatus  per Ottaviano (In Italia) tengono il loro esercito in servizio in  Occidente, i duumviri (Lepido non partecipa)  affrontano i cesaricidi e li vincono a  Filippi  (Plutarco, Antonio,22)

Ottaviano, allora,  torna in Italia  per l’assegnazione  ai veterani delle terre in Umbria e in Galla Cisalpina, avendo contrasti coi proprietari espropriati, che formano una classe intermedia di piccoli ed autonomi possessori  di terre;  Antonio. invece,  inizia il suo viaggio da trionfatore in Grecia e in Asia,  mentre in Italia a causa di Fulvia, sua moglie  e di Lucio Antonio, suo fratello, si accende  la guerra di Perugia, dove i due  si sono asserragliati per difendersi  dai legati ottavianei, blandamente soccorsi dai legati antoniani.

Moglie e fratello di Antonio rivendicano che non solo Ottaviano ma anche Antonio ha il merito delle assegnazioni e vogliono estenderla al meridione dell’Italia specie in Campania, dove nell’ inverno del 41/40,  ad opera di Munacio Planco,  si fa la suddivisione nel beneventano, tra i campani.

La situazione in Italia  è  caotica , dunque,  subito dopo la presa di Perugia, in quanto ci sono contrasti tra i beneficiari della legge –  gli espropriati e cacciati dalle terre – e  disordini, in seguito alla fuga dei due cognati, che cercano di congiungersi con Munacio Planco, che ha l’ordine di  condurre le proprie forze in Oriente e mettersi a  disposizione di Antonio.

Fulvia e Lucio Antonio in fuga sono desiderosi di congiungersi con Antonio insieme a Planco, che ha le truppe pronte per l’imbarco a Brindisi.

Questa è la situazione in Italia nel 40 mentre in Asia, in Siria e in Palestina già è in atto l’invasione dei Parthi.

La zona occupata  è molto ampia e  gli eserciti parthici sono tre, suddivisi in modo da controllare  tutto il territorio occupato: Quinto Labieno, figlio di Labieno, ex cesaricida, fuggito  in Parthia è  ora  parthicus dux  un condottiero con poteri di satrapo e guida l’esercito col satrapo  Barzafarne (detta anche Barzafrane e Phranipate) e con Pacoro il figlio  di Orode II, principe ereditario.

L’ Asia Minore è sotto controllo di Quinto Labieno, che è stanziato tra il Tauro e l’Amano, mentre la costa asiatica – meno  la zona costiera tra Panfilia e Cilicia – è controllata dalla flotta romana che domina il Mediterraneo,  specie quello meridionale con la flotta egizia alleata  e quella fenicia.

Labieno come  Parthicus legatus  di Pacoro controlla, dunque, la zona  quando già Barzafarne è passato dalla Siria in  Galilea.

Ad Hircano, etnarca di Giudea,  sono note le vicende dell’invasione e forti sono le ripercussioni sul  territorio  giudaico in quanto sono riprese le staseis filopartiche dei lhistai e le sedizioni popolari fomentate da farisei  ed esseni.

Hircano, dunque, dopo la sconfitta di Cassio a Filippi, la morte di Antipatro prima e poi di quella di Malico, ha seguito il trionfale procedere di Antonio in Asia, ma ha rilevato  continue agitazioni  nel suo  territorio.

L’ etnarca, come tutti i re di Asia, piccoli o grandi, hanno dignitari di corte, preposti ai servizi segreti (Oi epi toon aporrhtoon in Appiano, Mithridateios, XII,22,85 e in  Plutarco, Lucullo,17), confermati da un’iscrizione di Delo (cfr. F. Durrbach, Choix d’inscriptionS de Délos, Paris 1921).

Hircano, perciò, rileva in Giudea un mutamento generale  insurrezionale a causa della vittoriosa impresa parthica,  data la comunanza di lingua di religione  e di tradizioni.

Esseni e farisei sobillano il popolo richiamandolo alla propria cultura, alla musar e a ribellarsi alla romanitas, ai sadducei e  ad  Hircano e ai figli di Antipatro suoi egemones, onorati e da Cesare  e dai romani.

Perciò  l’etnarca, ora  vedendo precaria la situazione di Fasael e di Erode, che sono rispettivamente  epimeletai  di Galilea  e di Giudea, in quanto rovinati dalla scelta cesaricida, insicuro circa la nuova scelta di pars  tra Antonio ed Ottaviano, è  pressato dagli integralisti filoparthici, Lhistai-zelotai.

Dopo l’assassinio di Malico, crede giunto, comunque,  il momento di una separazione dai romani e dalla protezione degli antipatridi anche loro incerti su Antonio – che Neos Dionisos  è accolto dalle città greche, come il dio sooter dell’Oriente e che ora sbarcato in Asia, è festeggiato da folle di suoi acclamatori tanto che in Bitinia lo definiscono figlio di Heracles  –  e su Ottaviano, che sta risolvendo la guerra perugina, fomentata da Lucio Antonio e da Fulvia, la moglie di Antonio- che hanno ingigantito il problema dell’assegnazione di terra ai militari reduci,  a scapito dei coloni umbri e gallici, desiderosi di spartire anche il territorio beneventano a favore dei milites antoniani-.

Ora a corte, a Gerusalemme, domina Elice, il fratello di Malico, che è voglioso di vendetta e contro Erode e contro i romani, consapevole dell’ambiguità di Hircano, che ha dovuto cedere alla bia romana.

Elice trascina il debole Hircano verso i piani di Malico cioè di un rafforzamento della pars aramaica, in una richiesta di aiuto ai parthi, già pronti per l’invasione della Siria, desiderosi di recuperare il potere secondo la cultura achemenide e seleucide. Flavio (Guerra Giudaica,I, 236) dice che di nuovo sorge una stasis in Gerusalemme contro Fasael che, comunque – nonostante il mancato aiuto del fratello Erode, nel frattempo malato e trattenuto presso Gaio Fabio, un legatus cesaricida, lasciato come responsabile di Damasco – riesce a domare.

Elice, però, col favore da Hircano si impadronisce di phrouria (roccaforti)  tra cui anche Masada, e si collega anche con Antigono che, favorito da Tolomeo suo cognato e da Marione, tiranno di Tiro, cerca di invadere la Galilea e di occupare tre fortezze (Ant. Giud, XIV 297-89)  grazie anche  a  Gaio Fabio,  corrotto con denaro.

La vicenda si conclude con una violenta reazione,  vittoriosa, di Erode che sconfigge i tiranni a lui contrari ed Antigono stesso,  prima ancora di poter entrare in Galilea e si presenta come vincitore a Gerusalemme.

Hircano ora, di nuovo si piega  alla necessitas  e si riappacifica  con gli antipatridi,  presentandosi  con corone ad Erode  insieme al popolo gerosolomitano, concludendo con lui un accordo grazie alla promessa di matrimonio tra il figlio di Antipatro e sua nipote Mariamne, figlia di Alessandra e di Alessandro, figlio di Aristobulo. (Ibidem, 300).

D’altra parte la sua strategia antierodiana non ha avuto successo in Bitinia perché Erode corrompe Antonio con denaro e si compra la fiducia del triumviro, un tempo amico di suo padre: la denuncia dei suoi ambasciatori contro Erode, già seguace di Cassio,  non è accolta (Ibidem, 302).

Perciò, Hircano, di fronte alla bia  romana, si arrende e interrompe le sue relazioni con gli altri reguli, che hanno stretto patti di non belligeranza con i Parthi  i quali hanno chiesto ai re di Galazia, di Cappadocia e di Cilicia di poter passare per il loro territorio.

Hircano ha mandato, poi,  un’altra ambasceria ad Efeso, dove si trova Antonio, che ha accettato la sua  corona d’oro ed  ha fatto un decreto a favore dei giudei, indirizzando lettere a Tiro e ai suoi abitanti, a Sidone, ad Antiochia ed Arado (Cfr. Ant.Giud.,306-322).

Hircano, quindi, ora viene onorato da Antonio, che segue la politica cesariana in favore degli ebrei, filoromani, abolendo quanto fatto da Cassio  secondo il nuovo mandato senatorio, conforme ai decreti cesariani.

Antonio dice espressamente noi, dopo aver spezzato con le armi la follia di Cassio, con editti e decreti ristabiliamo l’ordine nei territori da lui saccheggiati,  in modo che i nostri alleati  riabbiano il loro. E quanto fu venduto ed apparteneva ai giudei, sia persone che beni,  sia loro  restituito; gli schiavi siano liberi come  erano prima, e i beni siano restituiti ai padroni originari (Ibidem, 321).

Secondo Flavio, Antonio così chiude E voglio che chiunque non ottemperi al mio editto sia portato in tribunale  e, se reo.  sarà mia cura punire, come merita, il suo delitto (Ibidem 322).

A Dafne, non lontano da Antiochia, di nuovo Antonio fissa il suo pensiero a favore degli ebrei e di Erode, che ha ancora di più pagato  denaro e fatto doni, e che riesce a parare i colpi delle accuse, rivoltegli da abili parlatori, che sostengono i diritti di oltre 100 protoi e di Antigono, grazie a Valerio Messala Corvino e allo stesso Hircano.

La vittoria è completa perché Antonio chiede espressamente ad Hircano, su richiesta di Valerio Messalla, dopo aver sentito le due partes: quale dei due capi governa meglio la nazione?

Avuta la risposta: Erode e i suoi,  cioè il gruppo filoromano  Antonio  se ne rallegra, ricordando il padre e la sua impresa sia con Gabinio che con Cesare, nomina i due fratelli  col titolo di tetrarca: tetrarchas apodeiknusin tous adelphous pasan dioikein thn Ioudaian epitrepoon/ nomina tetrarchi i fratelli ingiungendo loro di amministrare tutta la Giudea (Guer. giud. I, 244).

Il titolo è equivalente a quello di dinasta, arconte  o tyrannos e nella zona palestinese è in relazione ad un Etnarca, che è chiaramente Hircano, sommo sacerdote.

Questi cerca di calmare i compatrioti della parte avversa che non vogliono accettare il verdetto di Antonio, il quale fa arrestare alcuni e fa uccidere altri, scacciando dal suo cospetto i restanti.

A seguito di questo verdetto, a Gerusalemme, sorge una nuova rivolta e il sinedrio invia una ambasceria di mille uomini a Tiro, dove ora è Antonio.

Gli ambasciatori fanno proteste  tanto che Antonio comanda all’Arconte di Tiro – dopo l’uccisione di Marione –  di prenderli  e di punirli, mentre Erode ed Hircano cercano di farli desistere dalla insensata avversione, esortandoli a non causare con la loro azione rovina per loro e per la patria. Poiché i due non riescono a farli smettere e quelli anzi aumentano  il loro furore, Antonio manda i suoi soldati e molti sono gli uccisi e i feriti.

Nonostante la feroce repressione, gli scampati  mettono in subbuglio la città, ed allora Antonio condanna a morte i prigionieri (Ibidem 247).

Il testo sia di Antichità Giudaiche che quello di Guerra Giudaica non è chiaro: gli storici hanno diverse  interpretazioni a secondo della loro lettura generale . S. Sandmel (Herodes.Bildnis eines Tyrannen, Stoccarda Berlino,1968) rileva la sola posizione cassiana  di Erode, G. Prause (Erode il grande, Rusconi1981) mostra la singolare azione di Hircano re tentenna, altri  W. Otto (Herodes. Beitraege sur Geschichte des letzen juedischen Koenighauses, Stoccolma,1913) e R.  Paribeni (Storia d’Italia illustrata II. L’impero romano, Milano 1938) mostrano la situazione sempre più  convulsa a causa delle differenze religiose e dei contrasti tra filoromani ed antiromani.

Secondo noi, nel 41 si è alla presenza di due fazioni, quella aramaica di Antigono e quella romano–ellenistica di  Hircano, sostenuto da Erode e da Fasael.

Fino ad allora le due fazioni erano state essenzialmente giudaiche e divise sul nome di Hircano e di Aristobulo: intorno al primo si raggruppavano farisei, popolo ed Antipatro; intorno al secondo i sadducei e il clero medio del Tempio.

Dal momento pompeiano (dal 63, anno della presa del Tempio)  le due fazioni si  colorano di diverse forme ed hanno una connotazione filoromana quella di Hircano e filoparthica quella di Aristobulo e dei suoi  figli (Alessandro ed Antigono).

La situazione risulta sempre più caotica per la sconfitta di Licinio Crasso a Carre e per la guerra civile tra Cesare e Pompeo, che lacera l’imperium, di cui la Giudea è una piccolissima porzione.

Di conseguenza, nel corso di oltre un decennio tutta l’area palestinese ha fiducia di poter conseguire una propria autonomia statale grazie alla possibile connessione con la confederazione di stati, transeufrasica, dominata dal re dei re, come in epoca seleucide ed achemenide, proprio quando dalla prima guerra civile tra cesariani e pompeiani non è venuta una pacificazione universale, secondo la volontà di Giulio Cesare, ma è derivata un’altra guerra, specie dopo la morte del  dictator,  tra i cesaricidi e gli anticesaricidi, lacerati da nuovi contrasti tra gli stessi vincitori populares.

Orode II, conscio della grave situazione romana, che già sta precipitando in un‘altra guerra tra Antonio ed Ottaviano, anche se i due  si sono divise le orbite di governo (al primo tocca l’Oriente e al secondo l’Occidente, Italia, Gallia e Spagna, ed Africa dopo l’esautorazione di Emilio Lepido), ha accolto pompeiani, disertori da Filippi, e legati di Cassio, dai quali ha notizie certe  sulla politica di un così potente stato nemico di oltre 3.000.000 di Km2 ,quasi il doppio del suo pur grande stato.

Orode ritiene ora giunto, dopo oltre un decennio di attesa  e di preparativi militari, grazie anche all’aiuto di legati romani  come Quinto Labieno, figlio di Tito, morto a Munda, il momento di raggiungere il Mediterraneo, di riconquistare i confini della grande Siria seleucide e di fare una politica come quella degli achemenidi, di cui i parthi sono gli eredi legittimi.

Orode ha fatto anche tentativi diplomatici con i re caucasici  di Colchide, di Iberia e di Albania al nord per avere in caso di emergenza,  truppe di fanteria e di cavalleria ed ha avuto risposte incerte, in quanto si teme di più un nemico lontano  che uno vicino.

Perciò, ha fatto una capillare azione antiromana con una grande propaganda in lingua aramaica tra le popolazioni lungo il corso del Tigri e ancora di più lungo quello dell’Eufrate ed ha mandato lettere  per avere la neutralità o il permesso di passaggio per l’invasione della Siria ai dinasti più  o meno sotto la tutela romana dall’epoca di Pompeo.

Infine ha fatto una propaganda in lingua greca  per la riconquista dei territori asiatici, siriaci, palestinesi, in nome della  cultura  greco-persiana seleucide ed achemenide .

Perciò il movimento aramaico dei partigiani/zelotai/lhistai, rinvigorito, si è amplificato ed ha raggiunto il massimo proprio intorno agli anni 42-41, tanto che i filoparthici dominano in ogni  città, come segno della loro supremazia.

Anche in Galilea e in Giudea il fenomeno  è dilagato e non è affatto fermato dagli editti antoniani, che anzi fomentano maggiori contrasti ed aizzano maggiormente il patriottismo nazionalistico in nome di una comune cultura, lingua e religione.

In questa situazione inoltre  a Gerusalemme  la posizione di Hircano, dominato da Elice, invece di rafforzarsi, grazie all’accordo con Erode a seguito della promessa di matrimonio con la nipote, ha prodotto effetti tali da indebolire il fronte filoromano, nonostante la presenza di Valerio Messala,  favorevole all’amico Erode, passato ora alla pars di Antonio.

Marco Valerio Messala Corvino, considerato letterato da Velleio Patercolo II,36,1 è fulgentissimus iuvenis, proximus in illis castris  Bruti Cassique auctoritati, cum essent qui eum ducem poscerent, servari beneficio Cesaris maluit,quam dubiam spem armorum temptare amplius./ un giovane brillantissimo che nell’esercito di Bruto e di Cassio  godeva di un prestigio, quasi pari a quello dei capi, pur essendo da qualcuno invitato ad assumere il comando, preferì aver salva la vita per la clemenza di Cesare che tentare più oltre l’incerta speranza della lotta (ibidem,II,71,1)

Sembra che solo ad Azio sia attestato il tradimento da Antonio e quindi il passaggio alla parte avversa (deficere ad Octavianum ).!

E’ un momento in cui non c’è stabilità neanche nella famiglia di Antipatro.

Infatti ora c’è contrasto con incomprensioni e rivalità nel  seno stesso della famiglia degli antipatridi: Fasael il maggiore non nasconde la sua insoddisfazione rispetto alla supremazia del secondogenito, imparentato con la dinastia regnante, e si collega col clan idumeo di Doris, prima moglie di Erode e con quello degli altri fratelli, che sono in difesa della legittima consorte,- già madre di Antipatro iunior, un bambino di dieci anni – rilegata ad un rango inferiore, rispetto all’asmonea.

Ne deriva che l’alleanza con Hircano priva Erode dell’aiuto sicuro del clan idumeo ed indebolisce il partito filoromano giudaico, che ha un potere ora inferiore rispetto a quello nazionalistico antigoniano, compatto specie in Gerusalemme, dove c’è l’appoggio popolare con  i voti del sinedrio, che ha anche il sostegno di quanti, stranieri, arrivano in Gerusalemme per le festività rituali.

Infine Hircano, Fasael ed Erode non hanno seguito in  Giudea,  ma solo in Idumea e lungo la fascia da Ascalona fino a Pelusio e in Egitto,  hanno credito in relazione alla comune, seppure controversa, azione di malcelato appoggio nei confronto dei cesaricidi e di ambiguo comportamento con Cassio, il cui legatus Q. Dellio ancora tiene rapporti con la corte egizia, la cui flotta controlla quella porzione di Mar Mediterraneo.

Il legatus, comunque, è passato  da Dolabella  a Cassio nel 43 e poi ad Antonio nel 42, rimanendo in Egitto.