Alba Fucens, la patria di Quinto Nevio Sutorio Macrone

*Professore, sono stato ad Alba Fucens ed ho visto la villa domus, le thermae, il teatro, thermpolion ed anfiteatro, ovale (96 mt x 79), e una città- colonia romana di notevole grandezza se si considera l’area di 34 ettari/ 136 iugeri. Mi sono meravigliato di trovare una urbs tanto bella, che doveva avere una funzione strategica nella difesa dell’Italia centrale, quasi presidio della via Valeria, ben protetta dal Monte Velino ed avente ai piedi il Lacus Fucinus, paludoso fino all’epoca dell’imperatore Claudio.

Alba Fucens

Marco, anch’io ho visitato Alba Fucens (Massa d’Albe ): mi ci ha portato mio genero Leonidas, un altro ingegnere, curioso.

* Su questa città, patria di Quinto Nevio Sutorio Macrone, devo farle domande, anche se sono già informato per aver letto Caligola il sublime, Cattedrale, Ancona 2008 pagg, 76-126, oltre che Giudaismo romano, II, Ebook 2011 e Per un bios di Ponzio Pilato, Amazon 2022. Nella I iscrizione leggo :

  • Q(uintus) NAEVIVS Q(uinti) F(ilius) FAB(ia tribu) SVTORIVS MACRO / PRAEFECTVS VIGILVM PRAEFECTVS PRAETORII / Ti(berii) CAESARIS AVGVSTI TESTAMENTO DEDIT / Quinto Nevio Sutorio Macrone, figlio di Quinto, della tribù Fabia, prefetto dei vigili, prefetto al pretorio sotto Tiberio Cesare-Augusto, lasciò in testamento (il denaro per la costruzione dell’anfiteatro). Nella seconda :
  • – PLE – – – ESIA … M . S – – – MARC.. / GLADIATORVM. PAR (ia) / IN COLONIA. ALBA. FVC. / ADIECTA. VENATIONE. / LEGITIMA Ediderunt. Cosa dicono in effetti le due iscrizioni?

Marco, la prima parla di Macrone civis albense e la seconda tratta di una ludiaria venatiouna caccia alle tigri nell’anfiteatro, costruito nella colonia- municipio , come inaugurazione del complesso ultimato in data ancora da stabilire e precisare.

*So, comunque, che molti hanno lavorato su queste iscrizioni di Alba Fucens, presenti perfino nel Corpus inscriptionum latinarum di Th. Mommsen (1817-1903) , ma io desidero sapere da lei, oltre che sulla casa di Quinto Nevio Sutorio Macrone, che era quasi nel centro città, anche sulle disposizioni testamentarie del pretoriano e del probabile periodo, in cui furono autorizzate.

Come storico, posso solo dirti che le disposizioni testamentarie – non attuabili nel dopo Caligola neanche sotto l’Impero di Claudio e Nerone, in quanto membri della stessa famiglia giulio/claudia- possono avere regolare e legittima applicazione nei 27 anni del periodo Flavio 67-96 d.C. oppure-cosa più probabile!- sotto Traiano nel 109 d.C., quando Gaius Balbillus, civis della tribù marsica, Fabia, diventa consul, circa settanta anni dopo la morte di Macrone e di sua moglie, della stessa tribù, cfr. Filoppappo in www.angelofilipponi.com quando Ulpio Traiano potrebbe aver autorizzato la costruzione dell’anfiteatro, in memoria di Macrone e di Ennia Trasilla, sorella di Tiberio Claudio Balbillo, padre del console in carica, prima ancora del suo trasferimento definitivo ad Atene, dove assume il nome di Philopappos, riunendosi con la sorella Claudia Balbilla.

Anfiteatro di Alba Fucens

*Bene, professore. Mi può parlare, in relazione anche alla prima iscrizione, della figura di Quinto Sutorio Macrone, cittadino albense in epoca tiberiana e caligoliana, e della sua fulgida carriera militare e della costruzione dell’Anfiteatro ?

Quinto Sutorio Macrone fu un capo pretoriano, nominato praefectus da Tiberio prima del 18 ottobre 31 d.C. in quanto fino ad allora era stato a capo dei vigili, avendo avuto il mandatum, però, di essere la guardia del corpo dell’imperatore, consigliato da Trasillo di Mendes, che aveva riunito la sua famiglia a Capri, con la moglie Aka II, con la figlia Ennia Trasilla (moglie di Macrone) e con suo figlio Tiberio Claudio Balbillo, nella casa accanto al suo Specularium Osservatorio astronomico privato-.

*Professore, Macrone dipendeva come praefectus vigilum, all’epoca, da Tiberio, che viveva a Capri , direttamente, ed indirettamente da Elio Seiano, amante di Giulia Livilla, ex moglie di Druso minore, assimilato all’imperatore, che comandava a Roma anche al suo vice, Grecino Lacone?

Ritengo che  Tiberio a Capri diede immenso potere al genero di Trasillo, che era il mago, le cui predizioni erano seguite fedelmente dall’imperatore, che abitava mensilmente in una delle dodici ville, costruite su consiglio astrologico, protette da reparti misti di praetoriani e di vigiles, obbedienti a Macrone, che comandava anche ai vigiles a Roma, retti da Grecino Lacone, il quale probabilmente gli assicurava la fides di tutte le truppe urbaniciane, stanziate nella capitale o di passaggio, e  quella dei Classiarii -milizie marittime della flotta del  Miseno.

*Per lei, la data della morte di Seiano è basilare per la ricostruzione storica del bios di Gesù Christos al pari della venuta di Macrone il 17 ottobre 31, in Curia, con lettere dell’imperatore, da consegnare al console in carica, P. Memmio Regolo, e ai comandanti di Castra praetoria, informati della sua nomina a praetorii praefectus, dopo accordi con Lacone, che doveva provvedere a sostituire i praetoriani di guardia al senato, convocato al tempio di Apollo, coi suoi vigiles: Tiberio, scoperta la congiura e conosciuto perfino il giorno della rivoluzione, da Antonia Minore, sua cognata,- che sembra lo informò tramite Pallante, secondo alcuni, o tramite Cenide, secondo altri – agì con la massima segretezza e tempestività, isolando il potente presunto, re dell’universo – così acclamato dal popolo che considerava ormai l’imperatore re di un isolotto – e, poi, condannandolo a morte.

Marco, ho impiegato anni per avere chiara la situazione sia a Capri che a Roma, oltre che in Giudea e in Siria, studiando ogni personaggio coinvolto, dopo aver rilevato anche un buco storico, specie in Tacito, rivedendo Svetonio e Cassio Dione e traducendo Antichità giudaiche, non solo per scrivere Caligola il sublime, ma anche Giudaismo romano II ed una infinità di articoli su Giulio Erode Agrippa, presente nell’isola, su Cenide e sul fratello Pallante, agenti finanziari di Antonia minor, su Pomponio Flacco, su Elio Capitone e specie su Ponzio Pilato – che, pagando i qainiti, incaricati di fare l’acquedotto, col denaro sacro del tempio, o Corbanas, destinato ai poveri e alle vedove, compiva azione sacrilega e risultava insolvente pagatore, tanto da avere la maledizione sacerdotale, scatenare il popolo aramaico figlio di Dio, che non poteva minimamente toccare tale denaro, e, quindi, spingerlo alla ribellione, convinto che era giunto il tempo della liberazione dai romani, che coincideva con la venuta del Messia-!.

*Ho seguito bene la sua opera, professore, ed ho letto attentamente le pagine sulla fine di Seiano e sulla posizione, avuta da Macrone, specie nella seconda fase del processo, sul tempio della Concordia!. Ho anche compreso la sua protezione a Caligola – astro nascente, docile nei confronti del nonnopater, educato al servitium, anche mentre apprendeva l’arte di regnare – la concordata azione col giovane principe del soffocamento dell’ imperatore malato, dell’elezione imperiale, dei festeggiamenti a Capri, del ritorno a Roma – che impazzisce nell’onorare il neos sebastos, giovane Augusto, figlio di Germanico, arrivato in città dopo 10 giorni di viaggio da Miseno, sotto la scorta del pretoriano, la cui funzione risulta onnipotente nel periodo del kronikos bios/ aetas saturnia-!.

Hai letto anche la ferocia di Macrone nel reprimere i congiurati seianei in Per un bios di Ponzio Pilato, oltre che nell ‘attaccare la pars giulia– composta da Agrippina, figli ed ex legati del marito Germanico, congiurati, al fine di vendicarne la morte –?

Certo. Ho potuto comprendere il giudizio di Tacito su Macrone peggiore di Seiano – impegnato nello scovare i partecipi alla rivoluzione di Seiano e a sterminare i giuli fino a quando non rileva i primi segni dello stato senile demenziale dell’imperatore, che viene abbandonato al suo destino come astro tramontante – ed ho seguito il suo saltare sul carro dell’ astro nascente insieme a Giulio Erode Agrippa e ad Antioco di Commagene, già nel l’estate del 36 d.C. e il suo elogiare i primi atti imperiali di Gaio Caligola, demokratikotatos, fino alla sua malattia e al suo cambiamento di politica, dopo la guarigione, con la volontà di attuazione della successiva Neoteropoiia e dell’Ektheosis!.

Quindi, hai compreso anche la reazione di Gaio Germanico che, non potendo più sopportare il pretoriano, ora magister- educatore, desideroso di ammaestrare ed orientare come tutor l’imperatore, lo condanna a morte con la moglie – pur sua amante!- ?.

* Alla morte di Seiano doveva essere ancora giovane. Quanti anni aveva Sutorio Macrone?

Si. Era ancora giovane. Macrone, il 18 ottobre del 31, doveva avere l’età di 46 o 47 anni, mentre Ennia Trasilla doveva essere molto giovane e viveva a Capri col padre e la madre, da oltre quattro anni, in un ambiente, favorevole all’ascesa al trono del giovane figlio di Germanico, sposato con Giunia Claudia per tre anni (33-36), ansioso prima per la sorte di fratelli e della madre, poi dei tanti amici del padre, e infine incerto circa la successione, essendo chiaramente Tiberio, inclinato verso la scelta di Tiberio Gemello, figlio di Druso Minore. Macrone, fatta la scelta tra Caligola e Tiberio Gemello, fatta avvicinare la moglie all ‘erede designato al trono, vedovo, lo favorisce e lo difende spesso dalle accuse dei cortigiani e dai sospetti dell’imperatore, senilmente rimbambito, risultando, comunque, un controllore severo e un consigliere troppo invadente per un giovane creativo come Caligola, che, dopo la guarigione, lo liquida, inviando una lettera di condanna a morte: il pretoriano, esautorato, nel 38, preferisce suicidarsi e fa il suo testamento, anche a favore dei concittadini albensi, per non privare la sua famiglia del patrimonio, che, altrimenti, sarebbe stato incamerato nel fisco imperiale perché di un civis, bollato come hostis.

*Come praetorii praefectus fu, allora, davvero inflessibile e peggiore di Seiano?

Marco, Macrone fu sostanzialmente un fedele pretoriano tiberiano finché il leone Tiberio fu capace di regnare, essendo sano di mente, come ogni altro ministro tiberiano,- praefectus o epitropos o legatus e, come tale, fu vigile e severo custode dell’ auctoritas imperiale in Occidente e in Oriente dirigendo violente persecuzioni contro i familiari e gli amici di Seiano ed il partito giulio, assicurandosi il completo controllo dell‘Urbs, ponendo a capo delle coorti dei vigili il suo amico Graecinus Lacone– e non fece un’ambiziosa politica personale e familiare, ma fu ligio agli ordini tiberiani e poi caligoliani, nonostante i tanti intrighi al capezzale del malato Caligola, di cui rimase fautore anche contro il parere dell’ amico Avillio Flacco, governatore di Egitto – cfr. Angelo Filipponi, Filone In Flaccum, una strage in epoca caligoliana, Ebook 2012 – .

*Professore, alcuni ritengono che la seconda epigrafe, quella rinvenuta nei pressi del Foro, sulla via Valeria , dove si parla di spettacoli gladiatori indetti ad Alba, forse potrebbe essere dell’epoca di Claudio, quando l’imperatore iniziò il risanamento della palude del Fucino nel 52 o di qualche mese successivo alla fine dei lavori nel 53, quando vi allestì una naumachia con migliaia di marinai suddivisi in due schiere, quella dei rodiesi e quella dei siciliani.

Marco, conosci la battaglia navale sul Lago Fucino?! allora, sai che l’appaltatore, il ricchissimo Callisto, fu pubblicamente chiamato ladro da Agrippina minor, madre di Domizio Nerone, per i lavori imperfetti che causarono incidenti anche mortali!. Claudio non era nuovo a queste forme ludiche, popolari: infatti imitava Giulio Cesare che ne fece una nell’area del Campo Marzio ed Ottaviano Augusto che si serviva dei Septa per la naumachia.

Professore, il lavoro degli ingegneri, pagati da Narciso, non fu facile perché l’emissario sotterraneo si ostruiva in breve tempo per il costante flusso di detriti dei torrenti, che alzavano il livello delle acque essendo il loro corso molto vorticoso, tanto da farle ristagnare e creare palude nel corso di pochi anni. Infatti il lavoro di bonifica, terminato da Alessandro Torlonia (1800-1886) nel 1876, durò quasi un ventennio e prosciugò il lago Fucino, che era all’epoca il terzo lago italiano dopo quello di Garda e il Lago Maggiore, che, però, era ad oltre 600 metri di altitudine e con acque ristagnanti per il flusso delle acque torrentizie. Il principe, avuti i fondi di investimento, iniziò la sua opera sulla base di studi tecnico-scientifici dei ritrovamenti dei cunicoli di Claudio e li potenziò, rilevando l’errore dei costruttori latini nell‘ipogeo fluviale del 52 d.C , fatto su monte Salviano, ostruito dai detriti e creando un emissario che dovesse confluire nel Liri, finanziando l’opera, fino al completo prosciugamento della palude, ora Piana di Avezzano.

Cunicolo dell’epoca di Claudio

Piantina delle popolazioni che avevano in comune i culti di Ercole, della dea Fortuna -di Palestrina- e di Giove Anxur – di Terracina-.

Certo Marco, il principe Torlonia si servì degli errori degli antichi ingegneri, pagati da Narciso, per la realizzazione della sua monumentale opera.

Emissario Torlonia

*Professore, la zona di Alba Fucens, marsica, era conosciuta come palude in Oriente già nel III secolo a.C.?

Sembra di si. Infatti si conosce un poeta, autore di commedie e cantore di animali e di piante esotiche, che ha lasciato versi, in cui si rileva una grande abilità retorico- simbolica, Licofrone di Calcide (330-270 a.C) , scrittore vissuto ad Alessandria alla corte del lagide Tolomeo Filadelfo, che conosceva la limnh Phorkou -il Lago Fucino e ne aveva rilevato le acque rossastre al tramonto, a causa di alghe, e che aveva notato il biancore anche delle pietre della Marsica.

*Su Alba, comunque, professore , ci sono altre spiegazioni con differenti letture, che riportano al ligure albium -città fortificata (Albenga- castrum Ingaunum) o Albalonga intesa come altura o anche come bianca da albus-.a-um ) come forse anche su Fucens, collegato con Fucino.

Certo. Orazio (Satire 1, 5,25-6 ) rileva nel viaggio a Brindisi che il Tempio di Giove Anxur gli appare come una montagna bianca per il candore dei sassi : ...atque subimus /impositum saxis late candentibus Anxur, mentre altri scrittori marcano il significato di Fucens (cfr. Quintiliano, Inst.orat., 12, 10,75) mostrando che la zona era ricca di uomini che sapevano tingere la lana servendosi di un particolare sistema di inlinere fuco o di fucare cioè di utilizzare la pianta dell’oricello, un lichene fucus-phokos, tipico ancora della zona di Avezzano, Celano o Massa d’Albe, per dare colore celestino -rosato o rosso fuoco o porpora, a seconda delle dosi!.

*Grazie, professore. E’ sempre un piacere sentirla.

Grazie a te, Marco. Per me è un dono comunicare con te.