Gregorio di Nazianzo- Orazione 21, 19 in Tutte le orazioni (Bompiani, Milano 2000) scrive :Outoo kai ton erhmitikon bion tooi koinoonikooi katallattai: deiknus oti esti kai ieroosunh philosophos kai philosophia deomenh mustagogias/Cosi Atanasio -mesiths kai diallakths-concilia la vita eremitica con quella condotta in comunità mostrando che il sacerdozio è una filosofia e che la filosofia ha bisogno dell’esercizio mistico sacerdotale.
Oggi, Marco, vorrei trattare della gestione della comunità cattolica alessandrina all’epoca di Atanasio, subito dopo il Concilio di Nicea e la prima condanna dell’arianesimo, al momento del suo esilio romano e del valore universale del patriarcato alessandrino.
Perché, professore, vuole precisare questo aspetto, forse perché noi cristiani pensiamo che il papato di Roma all’epoca abbia valore superiore, quando, invece, è ancora una succursale orientale, di scarsa importanza ?
Seguimi nel discorso, lungo e non facile, e poi tira le conclusioni.
Inizio la trattazione del mio pensiero sul papato di Alessandria e sul suo potere catholikos con Luca.
Noi, oggi, leggiamo Luca 1,1-4 nel prologo al suo vangelo che scrive:
poiché molti hanno messo mano a stendere una narrazione dei fatti che si sono compiuti fra noi ( riferimento a Giovanni 15,27) secondo quanto ci hanno tramandato coloro che fin da principio furono i testimoni oculari e i ministri della Parola parve bene anche a me di scrivertene con ordine Eccellentissimo- kratiste- Teofilo, dopo aver seguito da vicino diligentemente ogni cosa fin dagli inizi, affinché ti renda conto con certezza delle cose in cui fosti istruito.
Professore, sono perplesso da anni davanti a ministri della Parola e ad eccellentissimo Teofilo!. Noi abbiamo pensato, sulla base delle false indicazioni cristiane, sempre, ad un figlio di Anano I ( Cfr Teofilo!). Ora, invece, penso che si possa parlare – e lei me ne potrebbe autorizzare- di un magistero della Parola come Gesù, verbo incarnato, secondo la scuola alessandrina: ma questo è possibile solo dopo le tre lettere di Ad Autolico di Teofilo di Antiochia!.Teofilo di Luca, allora, potrebbe essere Teofilo di Antiochia? E’ possibile, quanto sto dicendo, compreso il Kratiste, riferito a Teofilo, (diverso da ecsookhotate che vale kata ecsochhn/ secondo eccellenza di epoca giustinianea, intesa come carica politico-religiosa )?
Marco, ho posto il discorso col vangelo di Luca per mostrarti un’aporia/ oggetto di discussione con diaphora dissidio, per orientarti secondo la logica dei cristiani vincitori post costantiniani dopo la paura dioclezianea di sterminio. Desidero cioè che tu prenda atto esattamente dei fatti e delle azioni cristiane dalla fine del I secolo a tutto il II e il III secolo, fino al IV.
Perciò ti avverto di non spostare il problema dall’epoca dei vangeli sinottici a quella del Didaskleion alessandrino, o della ecclesia antiochena di Teofilo, ma di procedere con cautela nell’esame!.
Marco, sei troppo rapido nelle tue affermazioni e nel tuo procedere!: non è un rimprovero! : dico solo che è necessaria la cautela nel capovolgere i fronti e nel passare da un’epoca ad un’altra: ci vogliono prove reali tangibili; senza di esse si fanno ipotesi plausibili probabili.
Cerchiamo di verificare se è plausibile, degna di plauso-da plaudere- e credibile, la tua ipotesi su Teofilo di Antiochia, per poi procedere su quella di Gregorio di Nazianzo che legge la Vita di S. Cipriano e la Vita di Atanasio,- che ha già scritto la vita di Antonio, creando un Paradeigma/exemplum-?!.
Noi sappiano, dunque, che l’ecclesia di Antiochia è fondatrice di tutto il cristianesimo ed ha grande valore dai primi anni del II secolo insieme ad Efeso, dove c’è ancora il magistero di Giovanni(?).
Sappiamo che da tale sede si è formata una serie di colonie/apoikiai , tra cui quella di Roma, mentre altre poi si formeranno da quella di Alessandria, autonoma, in cui si sviluppa una centralità magistrale grazie a Panteno, accanto a quella giudaico-cristiana, filoniana.
Sappiamo, infine, che molte altre colonie cristiane sono diffuse in Antiochia di Pisidia e in altre zone dell’Asia Minore, che hanno un proprio credo cristiano con capi locali.
Cerchiamo, ora, di esaminare Kratistos, uno dei superlativi di agathos, che ha valore diverso a seconda dei tempi: indica il più forte, in senso guerriero, ma può indicare specie al plurale gli ottimati come classe sociale sulla base di kratos,ous/ forza, e quindi sottende signoria e potere, ma vale anche come eccellentissimo in quanto si tratta di un potente che ha autorità su una zona di norma estesa geograficamente, come un prefetto del tipo di Felice o di Festo, ambedue definiti da Luca in Atti degli apostoli ( 23.26 e 24.3) kratistos, riverito come un’eccellenza tra i funzionari imperiali.
Anche Flavio intorno al 94 d.C. in Contro Apione definisce Epafrodito Kratiste androon e lo chiama timiootate moi / uomo pregevolissimo degno di molta stima .
Possiamo dire che da Domiziano fino ai primi antonini il termine è usato per i tanti governatori romani dell’imperium e quindi si potrebbe spostare la datazione di Luca il caro dottore che fin da giovane ha seguito la comitiva di Paolo, ed ha scritto la sua opera dopo la scrittura di Giuseppe Flavio di Antichità Giudaiche e di Contro Apionem, che sono del 94.
Non possiamo, allora, più dire che Teofilo sia il figlio di Anano che è morto sembra nella repressione intorno al 66 d.C. dopo la fine di Anano II!?
E quindi,Professore?
Si può allora parlare di un Teofilo di Antiochia un uomo nato tra il Tigri e l’Eufrate- un adiabene forse?- nei primi anni dell’epoca traianea, convertito al cristianesimo intorno agli anni 150-60, divenuto vescovo di Antiochia nel 169 morto sotto Commodo, come di un kratistos eccellentissimo capo?
Non dico questo, Marco. Sto seguendo il tuo discorso e sto vagliando la situazione in epoca antonina. Per me storicamente sarebbe un non senso, un anacronismo palese, ma per i cristiani, antiocheni, abituati a confondere, a fare volutamente combinazione/ sugkrisis, potrebbe anche essere una normalità sovrapporre i personaggi in quanto tendono all’edificazione morale, tramite ricordi storici, senza fare critica storica: Teofilo di Anano e Teofilo vescovo di Antiochia potrebbero essere l’uno nell’altro, indistinti.
Da anni seguo la vicenda di una stessa operazione su Cipriano di Cartagine e Cipriano di Antiochia di Pisidia, avendo come base l’orazione 24 di Gregorio di Nazianzo del 379 e Storia di S. Cipriano di Eudocia Augusta, opera in versi -esametri- scritta dopo il 450, anch’essa con un doppio personaggio.
Si fa confusione di un autore del III secolo, morto nel 258 con un altro omonimo morto nel 302/3 in un epoca di celebrazione dei martiri, dopo la vittoria costantiniana e poi teodosiana, nel clima di lotte ariane, in una pazza ricerca delle reliquie per gli altari da consacrare nelle chiese.
Mi vuole dire, professore, perciò, che è un uso cristiano sugkrinein fondere historia e muthos, mettere insieme personaggi di età diverse ai fini dell’edificazione morale e della formazione del fedele christianos?.
Sembra.
Il riunire due in uno, disponendoli ordinatamente per una congiunzione armoniosa è certamente tipico del IV secolo: non deve sorprendere, quindi, che Atanasio metta insieme/ amphotera sunhrmosato Regno dei cieli e Regno di Dio, fondendo le imprese di un capo aramaico militare con un predicatore itinerante del II secolo,cioè di Jehoshua con Iesous.
Dagli encomi e dai panegirici retorici, propri delle celebrazioni delle memorie cristiane, deriva anche la coscienza di vittoria e sui pagani e sugli ebrei con rivendicazioni, al momento della ricerca dei martiri e delle loro ossa.
Marco, parlo di un fenomeno agiografico diffuso già nel II e III: I christianoi essendo separati gli uni dagli altri a volte anche scismatici, eretici nelle loro formulazioni e poco comunicanti tra loro, viventi in comunità spesso acefale, isolati, pregano un loro Dio, hanno credi differenziati con dioichetai ed episkopoi, la cui funzione morale è in relazione al loro specifico ruolo locale. Rispondendo su Teofilo di Antiochia, devo confessare che Teofilo è basilare per il cristianesimo del II secolo perché è connesso col pensiero filoniano su Dio Pater e su Dio Logos, di cui fa una precisa distinzione quella tra logos endiathetos/ logos pensiero e logos prophorikos logos parola chiara in De vita Moisis : il logos appare in due forme e nell’universo e nella natura umana; nell’universo sotto la forma delle idee immateriali ed esemplari, dalle quali è formato il mondo intellegibile, e sotto la forma delle realtà visibili che sono delle imitazioni e delle copie di queste idee; nell’uomo una di queste forme è interiore, l’altra è esternata dalla parola, la prima è come una fonte, la seconda scaturisce da essa: una è sede e fonte delle virtù ideali; l’altra è guida e maestro di virtù, ma in quanto logos spermatikos, è suscitatore e generatore di virtù nell’anima.
Inoltre Teofilo nella sua opera rileva la generazione del Verbo dalla sostanza (ousia) del padre e l’identificazione dello Spirito Santo con la Sapienza/Sophia. Il to gennan precede il to dhmiourgein in quanto il figlio è generato non creato e Dio ingenerato in quanto padre ingenerato della natura,per cui il figlio non è poihma ma gennhma .
Infine Teofilo segue la teoria della predestinazione e della retribuzione del Siracide affermando che l’anima è immortale e che l’immortalità è un dono di Dio ai buoni.
Il Teofilo di Antiochia ha un credo quasi simile- data la comune connessione al pensiero platonico filoniano- a quello alessandrino, sebbene differisca per la lettera rispetto all’allegoria.
Quindi i due Teofilo sono compatibili per i christianoi.
Potrebbe, professore, dunque Eusebio prima, poi Atanasio e Gregorio di Nazianzo nella lotta tra la scuola di Antiochia e quella di Alessandria fare una tale confusione nella crisi, a seguito della questione ariana e della lettura diversificata di Origene?.
Marco, ora il problema è molto più complesso perché diventa storico ed investe la tradizione del Credo stesso ( cfr. Amici cristiani perché diciamo Credo ?). non solo negli anni tra il concilio di Nicea e quello di Costantinopoli, ma si allunga fino al periodo postteodosiano.
Bisogna aggiungere che non solo per questi motivi ma anche per il culto dei martiri e per il relativo commercio delle reliquie potrebbe essere possibile uno scambio di persona o confusione di due persone o di tante altre sugkriseis sulla definizione filosofico-teologale del Pathr, dello Uios e dell’ Agion Pneuma, a seguito della condanna origeniana e dell’arianesimo, pur nel clima politico del regno di Costanzo II filoariano e dell’apostasia di Giuliano e del periodo stesso preteodosiano, concluso con la sconfitta di Valente nel 378.
Io, Marco, avrei due casi, uno è quello del mito di Giacomo maggiore, il fratello di Giovanni, la cui vita è vista in connessione con quella del mago Ermogene e l’ altro è quello di Cipriano di Cartagine confuso con Cipriano di Antiochia di Pisidia.
Del primo ho fatto cenni in qualche mio lavoro (cfr.Il mito di Santiago); del secondo non ne ho mai parlato, ma per me è una vera vergogna specie dopo che ho letto Eudocia Augusta Storia di S. Cipriano.
Marco, perciò, io non posso escludere che ci sia confusione tra Teofilo di Anano e Teofilo di Antiochia, ma neanche posso affermarlo anche se ho avuto molti dubbi quando lavoravo allo storico Cristiano sulla serietà (successiva) di Eusebio, Atanasio e Gregorio di Naziano e di Girolamo e dello stesso Agostino.
Eusebio, infatti, parlando di S. Cipriano, il mago di Antiochia di Pisidia, lo confonde con l’omonimo Santo di Cartagine, che appena conosce di nome, anche se successivamente ritenuto padre della Chiesa, nato il 205 e morto martire sotto Valeriano nel 258, scrittore famoso per i trattati sui Lapsi, per le lettere e per il De ecclesiae catholicae unitate.
Eusebio ha già fatto propria l’assimilazione di Tecla di Seleucia, fedele citata in Atti degli apostoli, con Tecla di Iconio e quella di Giusta con Giustina connesse con personaggi come Paolo di Tarso e Cipriano di Antiochia di Pisidia…
Io non so dirti se tutto questo dipenda da Eusebio o sia diventato d’opinione pubblica dopo la consacrazione sincretica dei due Cipriano ad opera di Gregorio di Nazianzo ( cfr J. Coman, Le deux Cyprien de Saint Gregroire de Nazianze in Studia patristica IV,2 Berlino 1961) anche se ti posso affermare che la cosa è considerata giusta con Simeone Metafraste ( Patrologia Graeca 115 colonna 856 c): non per nulla ci sono molti codici sul martirio di Giustina e di Cipriano che diventano popolari anche in Occidente (a Sarentino di Bolzano puoi andare a vedere il loro martirio, pitturato, nella chiesa di S. Cipriano – in effetti i due non muoiono- data la magia del santo- nel calderone di pece, ma in seguito per taglio di testa! ).
Nel lavoro sulla cristianizzazione di Giacomo, fratello di Gesù, (cfr. Pulcheria e il riconoscimento della cristianizzazione di Giacomo) dopo che Atanasio ha incluso la lettera di Giacomo nel canone cristiano e Girolamo l’ha considerato capo della chiesa di Gerusalemme in De viris illustribus, ho potuto verificare il clima bigotto di Costantinopoli e il commercio delle reliquie , a seguito di un’operazione religiosa circa la verginità e la maternità di Maria, prima e dopo il Concilio di Efeso.
Come possa avvenire confusione di tale genere a noi oggi ripugna, ma è spiegabile, data la grande separazione culturale che comincia chiaramente con la distinzione tra pars occidentale e pars orientale prima ancora della divisione quadruplice di due Augusti coi rispettivi Cesari con quattro capitali Treviri e Milano da una parte e Nicomedia e Sirmio dall’altra, propria della Tetrarchia dioclezianea…
Le comunità cristiane sono scarse in Occidente, anche dopo la colonizzazione di Ireneo (130-202), la cui opera episcopale in epoca antonina sotto Marco Aurelio deve essere rivista come espressione di una cultura efesina giovannea, tipica di Policarpo, ancora non ben definita circa l’umanità e divinità del Christos. La stessa venuta a Roma non è omaggio a papa Eleuterio, insignificante papa, dioicheths di una piccola comunità antiochena, ma è una visita di un prelato orientale capace di dare direttive e di orientare anche Ippolito Romano, in un clima gnostico.
La sua opera Adversus Aereses in cinque libri, scritta in difesa della umanità e divinità di Christos non ancora accettata in un Occidente pagano, tende solo a fissare l’ apostolocità della fondazione delle Chiese.
Comunque, le comunità hanno sporadici rapporti, più che tra loro, con la metropoli colonizzatrice, da cui hanno le direttive generali orientali, specifiche in caso di scontri ideologici tra Antiochia ed Alessandria: il numero di fedeli occidentali è insignificante rispetto a quello dei christianoi orientali.
Perciò, Marco, la confusione di personaggi e di santi è possibile specie in Occidente e a Roma, dove il cristianesimo è predicato in lingua greca, che, non essendo conosciuta, autorizza letture strane e contraddittorie dei Vangeli e dei capisaldi culturali cristiani, interpretati secondo un’ottica pagana.
Cipriano mago, considerato il più potente fra tutti, capace di assoggettare lo stesso Satana, diventa leggenda per tutto il secolo IV, tanto che ancora nel V secolo Eudocia Augusta scrive in esametri, secondo schemi omerici, la storia Vita di S. Cipriano – Cfr. Vita di S. Cipriano a cura di Claudio Bevegni Adelphi 2006 (la traduzione del saggio di Nigel Wilson è di Francesco Tissoni)-.
Tieni presente, Marco, che Atanasio, componendo la vita di S.Antonio sa di fare un’euphemia con epainos in senso agiografico ed ha chiaro l’intento di divulgare il monachesimo in Occidente.
Senti ancora, Marco, come il nazianzeno loda il credo atanasiano: noi, orientali, attenendoci alla dottrina ortodossa parliamo di una sola sostanza e di tre ipostasi, piamente dette ths mias ousias kai toon trioon upostaeon legomenoon men upo hmooon euseboos (to men gar thn phusin deloi ths theothtos, to de tas toon trioon idiothtos) nooumenoon de kai para tois Italois omoioos/ parliamo di una sola sostanza e di tre ipostasi (per riferirci con la prima alla natura della divinità, con la seconda alle proprietà dei tre) e gli italici la pensano alla stessa maniera.
Ora bada bene, Marco, come il nazianzeno ( conformemente ad Atanasio ) valuta noi italici e gli occidentali di lingua latina: alla ou dunamenois dia stenothta par’autois glootths kai onomatoon penian, dielein apo ths ousias thn upostasin kai dià touto anteisagoushs ta prosoopa, ina mh treis ousiai paradechthoosi, ti genetai/poiché non possono distinguere a causa della ristrettezza della loro lingua e della penuria del vocabolario fra sostanza ed ipostasi, introducono per questo le persone per evitare di parlare di tre sostanze.
I latini non hanno termini per tradurre upostaseis e devono tradurre con persone cioè con prosoopa immagini, cambiando valore e senso.
E allora aggiunge prima Oos lian geloion h eleinon/ ciò suscita più riso che pietà! e poi conclude. Pisteoos edocse diaphora h peri ton hchon smikrologia/ un piccolo problema, riguardante dei suoni, assunse l’entità di una divergenza di fede.
Immagina ,Marco, quanti altri fraintendimenti ci saranno stati nel II e III secolo per il difetto di lingua latina nei Vangeli: l’accusa di sabellianesimo contro le tre persone nasce da qui, come anche quella ariana contro le tre upostaseis.
La conclusione definitiva è che le eresie sono tutte invenzioni dello spirito di rivalità / ta ths philoneikias anaplasmata.
Gli orientali e gli occidentali, dunque, professore, si accusano di eresia per il differente grado di ricchezza linguistica sul piano filosofico dottrinale teologico e per spirito di rivalità /philoneikia!
Marco, io personalmente, non ho tirato una conclusione, ma comunque, l’ho quasi autorizzata: forse anche tra me e te c’è un problema linguistico dovuto, però, ad età.