Remittere animum … quasi amittere est/ lasciare senza freni l’animo è come perderlo. ..Sundhsai kai sunarmosai thn ormhn thi tou proshkontos kai oophelimou phantasiai / collegare ed adattare l’impulso alla rappresentazione del dovere e dell’utile (questo è il compito della natura).
Esiste un carteggio tra C. Musonio Rufo e Apollonio di Tyana. Lo conosci, Marco?
No. So solo che potrebbe esserci stato nel periodo in cui Apollonio è a Roma, negli ultimi anni di regno di Nerone, all’incirca nel periodo di prigionia di Paolo di Tarso!.
Sembra che sia così, Marco, se si legge Filostrato, Vita di Apollonio di Tyana, 4, 46: si trovava allora prigioniero nelle carceri di Nerone anche Musonio, che dicono fosse il più perfetto tra gli uomini nella filosofia ed evidentemente non conversarono tra loro, dato il rifiuto di Musonio, perché entrambi non avessero a correre il pericolo, ma resero epistolari le loro relazioni, siccome li andavano a trovare Damis e Menippo. Tralasciando le lettere di minore importanza ti porterò le più necessarie, da cui è possibile scorgere qualcosa di grande.
Professore, da Filostrato risulta che Musonio sia quello che più si avvicina alla teleioosis, rispetto ad altri filosofi dell’epoca?
Certo. Sembra così!
Tu, Marco, sei sorpreso, sentendo questa affermazione nel primo decennio del III secolo. Devi sapere che di Musonio e del suo discepolo Epitteto, s’impadronisce l’agiografia di uomini del II secolo come un certo Lucio, che riunisce le Diatribe o un Valerio Pollione, anche lui, suo epitomatore, contemporaneo di Adriano!?
Perché parla dell ‘agiografia, una tecnica medievale, parlando di uomini che enfatizzano nel II Secolo d.C. la pratica di vita stoica, sostanzialmente di personaggi del I secolo?
Parlo così, non per riferirmi al modo di scrivere degli agiografi medievali, come il bizantino Simeone Logoteta Metafraste, ma al sistema di santificazione cristiana evangelica alessandrina, a seguito della revisione parziale dei Vangeli sinottici!.
Uso il termine perché si anticipa un processo di santificazione di uomini che diventano prima eroi di un sistema filosofico, praticato davvero con comportamenti formali esteriori da cinici, che, poi, risultano semidei benefattori dell’umanità, sulla base della deificazione caligoliana, neroniana e domizianea dell’imperatore.
Nelle piazze di Roma, di Alessandria, di Antiochia, di Efeso e di Corinto, e delle grandi città romane vengono esaltati e celebrati filosofi veri come Apollonio e come Musonio, ma anche ciarlatani e goetes, mistico-misterico- taumaturghi come Paolo di Tarso, di cui non si parla, anche se processato dallo stesso Tigellino.
Inoltre è accertato che in Roma c’è un clima di delazioni a causa di eventi come l’incendio della città nel 64, l’apparizione di una cometa nel 65 e una strana epidemia nel 66, con terribili contrasti tra partes contendenti.
Mi vuole dire, perciò, che insieme si confrontano filosofi veri e falsi profeti, la cui vita, magnificata dal popolo, diventa esemplare?
Marco, affermo che il fenomeno della propaganda popolare si diffonde grazie a persuasori letterati patentati e incrementati dalla politica imperiale che, favorendolo, ne ha un qualche profitto!.
Sotto Nerone ci sono a corte uomini come Simon Mago – un samaritano, di cui bisogna rileggere esattamente il profilo e rivedere l’esatta funzione di scismatico – e come Tiberio Claudio Balbillo ex governatore di Egitto, che sostengono il diritto dello stato augusto e di Roma divina e adorano la figura del Theos imperiale, mentre le guardie esigono la venerazione anche delle statue pubbliche dell‘autokrator, il cui culto , imposto universalmente, è regolato da prescrizioni del corpo sacerdotale templare.
Bene, professore! Lei, comunque, è scettico nei confronti anche di autori pagani come Tacito, Plinio il Giovane, che raccolgono rumores popolari, segnalando voci, dati, lemmi vari per come li sentono, senza vagliarli e neanche vuole citare quelli cristiani poiché sono stati rivisti, supervisionati e riordinati ad un fine religioso nel IV e V secolo, specie il Gaio, citato da Eusebio in St. Eccles,2,25,6.7 relativamente agli anni 199-217, circa i trofei su Pietro e Paolo?- cfr. Lo “storico” “Cristiano” e Il Mito di Pietro-
Perciò, non dovrei accettare nessuna notizia, se non dopo lunghi esami ed accurato studio, in relazione all’epoca di scrittura e a quella di esistenza reale con le specifiche ideologie contemporanee.
Insomma, dovrei non considerare affatto tutta la critica ottocentesca e quella novecentesca fino agli anni sessanta, inclinata al mito di Pietro e Paolo, alle connessioni tra Seneca e Paolo e perfino a quelle tra Musonio ed Apollonio!
Comunque, professore, mi dice qualcosa sulla vita di Musonio in modo da sistemarlo nel I secolo, secondo la logica del mio personale archivio mentale?.
Subito. Ti avverto, però, che Tacito di Historiae II,81, di Annales XV,19 è ambiguo ed equivoco per quanto riguarda il luogo di nascita -Volsinii- e il tempo, la persecuzione di Nerone e l’accusa (Annales XIV,59, XV,71, XVI,35), per cui i suoi dati sono da confrontare con quelli di Cassio Dione, Storia Romana, LXII,27 e di Filostrato, Vita di Apollonio , VI,6 e di altri!. Peccato che non abbiamo niente delle Historiae di Clunio Rufo circa Caligola, Claudio e Nerone, ben note a Tacito!
Le notizie biografiche sono scarne e tutte incerte. Sembra che sia di ceto equestre, come Seiano, figlio di un Capitone – forse parente di quel Capitone governatore della zona di Azoto e località marittime, ereditate da Livia Giulia, alla morte di Salome! – nato il 30 d.C.
E’ indubbio solo il dato di filosofo stoico discepolo di Barea Sorano, fiorito in epoca di Nerone, sotto cui nel 65 subisce un processo ad opera di Ofonio Tigellino perché accusato di essere partecipe della congiura dei Pisoni, per cui è esiliato a Gyaros, dopo aver svolto lavori pubblici allo stretto di Corinto.
Nel 69 d.C. sotto Galba sembra che denunci Publio Egnazio Celere, un infido filosofo stoico, per aver accusato il suo maestro, andando contro i suoi princìpi. Richiamato da Tito, non sembra sia ben visto sotto Domiziano, sotto cui muore intorno al 90, anche se Plinio Il Giovane (Epistole, III,11) sembra propendere per il primo anno di Nerva.
Ed ora mi può mostrare perché sia definito il migliore per teleioosis nel I secolo, tramite la sua opera?
Nel I secolo, Marco, lo stoicismo non è quello logico ed astronomico, ma risulta solo etico secondo l’impostazione di Posidonio di Apamea. Ne deriva che il filosofo diventa un vero e proprio maestro di vita secondo i parametri del magistero di Arieo Didimo che, coi figli, domina a corte sotto Augusto.
I saggi dell’impero vengono a Roma in cerca di fama e di benessere con la segreta speranza di entrare a contatto con l’imperatore e in famigliarità con i suoi diretti consiglieri, nonostante l’ostentato cinico disprezzo della ricchezza e la libertà di parola (parrhsia). Si è creato già il mito del mecenatismo coi munera a poeti, storici, filosofi!
Si crea così una tipologia di saggio, seguito da discepoli (Apollonio ne ha 34 -o 38- nei boschi di Ariccia, ridottisi ad 8 all’entrata nella capitale per paura dell’editto di Nerone contro chi si dedica a ricerche inutili, pratica l’astrologia e si serve del mantello per scopi magici!), che risulta un misto tra il rigore dello stoico e quello del cinico, in quanto c’è volontà di fustigare il vizio con l’ ostentazione della rettitudine praticata esemplarmente, con una vita secondo natura e secondo ragione.
Quindi, si vedono santoni poveri e malvestiti con bastoni e lunghi capelli, con mantelli di vario colore che vivono di elemosine, nelle vicinanze di templi, che seguono modelli di vita austeri- di norma sono celibi, onesti, tendono alla giustizia e considerano il corpo come un asinello, dediti esclusivamente alla ricerca spirituale, in un rifiuto della vita attiva per quella contemplativa-.
Non viaggiano da soli ma sono seguiti da comitive di discepoli, che formano ecclesiai comunità maschili, che devono avere dalle autorità locali il soggiorno nelle città, in cui arrivano ed intendono fermarsi.
Sono uomini, che hanno una precisa tradizione familiare ed etnica, a cui aggiungono un fare ascetico personale, desiderosi di costruire un Kosmos, nuovo, ma tra questi ci sono profeti apocalittici, come Paolo, predicatori di un ritorno imminente del Christos crocifisso per il giudizio universale – che vengono subito lasciati dai discepoli in quanto all’ apostolo restano solo Onesiforo, Luca e Titico (II lettera a Timoteo) -.
Musonio, poi, essendo etrusco e avendo metodo, è uomo abituato all’esercizio continuato, resistente alla fatica, apatico, insensibile alla sofferenza e al successo, teso solo alla parrhesia, incapace di compromesso, testardo nella sua coerenza.
E’ un’epoca, professore, dunque, di ricerca spirituale, di cui si approprieranno, poi, i cristiani come se da loro fosse iniziata una nuova era di amore, di venerazione di un unico Theos, secondo una logica universalistica, che, invece, è del sistema classico romano-ellenistico proprio del civis cosmopolita, che si sposta da una parte all’altra del Mediterraneo entro ed anche fuori dei confini dell’impero!. Lei è, quindi, d’accordo con J. Carcopino ( Daily Live in Ancient Rome, New Haven , 1940) e con I. Gallinari, ( Il pensiero pedagogico morale di Musonio Rufo, Roma 1959)?.
Certo! Marco. Il preteso carteggio, però, di Paolo e Seneca è di una ricerca superficiale, basata sulle risultanze storiche di una cultura successiva, tipica della seconda metà del II secolo, ripresa, poi, nel periodo costantiniano e teodosiano.
Non si può vedere niente di cristiano in Seneca, se non quegli aspetti filantropici tipici della cultura ispanica, e latino-italica connessa con le regole d’oro giudaiche assorbite dal filosofo durante la formazione egizia alessandrina, durata quasi 17 anni, vissuti nell’ambiente ebraico di Alessandria, accanto a Filone.
Sottende, professore, una cultura ebraica alessandrina, connessa con quella di Hillel il Vecchio (60 a. C- 7d.C)?
Marco, non solo questo, ma anche tutta la tradizione ebraica greca alessandrina, confluita dal II secolo av. C. in Filone. Bisogna, inoltre, pensare che ci sia poco o niente di cristiano in Musonio, che è la risultanza culturale dell’apporto etrusco metafisico, combinato e fuso con l’etica stoica. Per te, Marco, potrebbe essere illuminante lo studio curato da Ilaria Ramelli (in Musonio Diatribe, Bompiani testi a fronte, 2001).
Ne deriva che il filosofo nel periodo neroniano e poi in quello flavio è un vir romanus, che vive armoniosamente nel Kosmos imperiale secondo il volere del Theos universale, che è Zeus, che è tutto e che solo può essere proclamato giusto/kurios monos dikaioshtai.
Non ti inganni che tale affermazione è in Siracide 18,2, che con la teoria della retribuzione, concretizza la teodicea ebraica in terra egizia, dove, secondo i principi stoici si è costituita la monarchia assoluta lagide, che è legge vivente in terra, rappresentante di Zeus. (Cfr. M. Hengel, Giudaismo ed ellenismo, Paideia Brescia 2001). Perciò Sorano, Musonio ed Epitteto appaiono i prototipi di martures/testimoni, virtuosi, che si scontrano col potere, quando esso risulta tirannico, in quanto perfetti contemplativi, che conseguono il Bene assoluto, essendo capaci di vedere Dio e comunicare con lui, (cfr Filone, De vita Contemplativa – I terapeuti-) : Apollonio, insieme a loro, (non Christos e neppure Seneca e tanto meno Marco Aurelio!) è lui, il saggio, che è virtuoso e comunica con Dio!,
Allora, professore, tutto il pensiero stoico del I secolo d.C. è quello etico di Musonio?
Marco, tutto quello che si è salvato di Diatribe non è una fortuna, ma rientra in un piano cristiano di appropriazione del sistema etico stoico, congiunto con quello filoniano platonico, perseguito nel II secolo e poi nel III e concluso nel IV e V.
Non è qui il caso di parlare di Filone; non posso, però, non mostrarti il reale valore di Musonio Rufo nel secolo, in cui scrive le 21 Diatribe – maggiori perché più consistenti come resti– e le 32 minori – che sono solo frammenti-.
Dalla lettura generale di Diatribe si può rilevare, Marco, quanto segue:
- L’importanza fondamentale del ponos/fatica nell’educazione alla virtù del bambino, che deve maturare nell’esercizio fisico e spirituale in modo da consolidare e stabilizzare la dianoia/mente, che è parte dell’anima, con cui si fa filosofia, che, secondo i criteri di autonomia e di libertà, sancita dalla costituzione divina, permette la via della virtù che indirizza alla città di Zeus/ Dios Polis, al Kosmos universale. (Diatriba, VII): privazione di piaceri, sopportazione di fame e sete, abilità di distinzione di bene e male sono anaggastikai necessarie al raggiungimento della osioths con eudaimonia per una futura makaria.
2. Non contano le parole, ma le opere e il filosofo insegna coi fatti e pratica il perdono in modo da redimere l’altro, oppositore, avviandolo ad una elpis crhsth, ad una speranza utile.
3. L’uomo deve tendere continuamente a temperare le passioni in una esaltazione continua dell’umiltà/ elattousthai e ad annullare la sfrenata sopraffazione/ pleonektein, in una volontà di scongiurare il male della guerra e di predicare il bene della pace in mezzo ad eserciti contendenti, incurante della propria incolumità: Musonio si lascia giudicare e sostiene la propria difesa impavidamente coi sovrani tirannici, convinto della sua forza fisica e morale e conscio del valore del suo modus vivendi; si insinua tra gli ambasciatori degli eserciti contrapposti di Vitellio e di Antonio Primo, correndo il pericolo di vita (cfr. Tacito, Hist., III,90, 1.4); mai domo, è imperterrito nel corso del suo insegnamento, ligio al dovere.
4. La famiglia per Musonio (Diatribe XII, XIII,XIV XV) è il nucleo vitale della società: Il matrimonio con la concordia dei due coniugi autorizza la felicità della coppia, che consegue, grazie al sesso, con l’arrivo dei figli, la somma eudaimonia naturale con l’incremento della stirpe e il benessere della cellula familiare per quanto più numerosa è la prole: il matrimonio non è solo foedus per l’acquisizione del patrimonio muliebre da parte maschile come tesoro comune per il sostentamento della prole, ma è anche rinsaldamento del vincolo nobiliare e riconoscimento del valore della donna che passa dalla funzione di elemento passivo, con dote, ad attivo propulsore della nuova famiglia, costituita, entro cui svolge la sua missione educatrice formativa. La concordia familiare con la reciproca stima ed amore della coppia, nel rispetto dei ruoli, è il cardine dell’armonia familiare, su cui ruota l’educazione dei figli come cives di un Kosmos statale, conformati al dovere e a dare anche la vita per il bene comunitario. La donna, dopo anni burrascosi di licenza femminile repubblicana, torna ad essere, in connessione con le regole augustee, il centro del focolare, la domina del patrimonio, la patrona della fortuna familiare grazie alla saggia regìa amministrativa patrimoniale, esempio domestico di virtus per le figlie!.
Professore, sembra che Musonio sia un christianos, che, all’epoca, non ha alcun pensiero autonomo e che appena è distinto forse da un ebreo! Faccio un’illazione, se ritengo che chi conosce Musonio ed ha conoscenza dei Vangeli potrebbe aver creato una via cristiana della contemplazione, facendo un’ ulteriore suggrìsis con il neoplatonismo alessandrino e con l’esempio dei terapeuti del lago Maryut!?
Marco, tu forse intuisci, ma non so se si può affermare che uno come Clemente Alessandrino, scrivendo il Pedagogos (II,10,100) in Alessandria, non può non tenere presente Musonio – d’altra parte ammirato- che mostra varie volte che la virtù della donna sposata o nubile non deve essere provata da nessuno, perché si commette peccato, contrario non solo alle legge umana e naturale ma anche a quella divina!. Ritengo, comunque, che il Didaskaleion abbia molto in comune con Musonio e non Musonio col Didaskaleion!.
A questo punto, credo che non serva mostrare il carteggio tra Apollonio e Musonio, avendo capito che probabilmente è un falso, utile per tenere uniti due personaggi venerati e stimati, secondo la moda di mettere a confronto Eracle e Teseo, Omero ed Esiodo, Cristo con Simeone ed Anna, Socrate e Musonio, ecc. Comunque, mentre leggiamo le due Lettere di Apollonio, mi piace conoscere come Filostrato in Vita di Apollonio veda lo scontro tra il pretoriano e il filosofo e cosa si dica di Musonio, condannato a lavori pubblici e poi all’esilio.
Marco, ecco, il testo con traduzione della prima coppia di lettere, con domanda e risposta:
Apolloonios Musooniooi philosophooi khairein/Apollonio al filosofo Musonio Salve.
Boulomai para se aphikomenos koinoonhisai soi logou kai steghs, oos ti onhsaimi se, ei ge mh apisteis, oos Heraclhs Thhseaecd Aidou eluse. graphe ti boulei. Errooso /Voglio, essendo giunto presso di te, condividere parola e stanza con te, per poterti giovare in qualcosa, se almeno non sei scettico a credere che Eracle liberò una volta Teseo dall’Ade.
Mousoonios Apolloniooi philosophooi khairein /Musonio al filosofo Apollonio Salve
Oon men enenohthhis,apoikesetai soi epainos, anher de o upomeinas apologiana kai oos ouden adikei deicsas eauton luei.errooso/ di quelle cose che pensi, ti sarà concessa la lode; un uomo che si difende da solo si libera da solo col mostrare anche di non avere alcuna colpa.
Nella domanda di Apollonio, Marco, c’è la coscienza di essere superiore alla auctoritas statale perché ,essendo ligio alla pietas religiosa, è taumaturgo, e perché, essendo consapevole dei poteri magico- misterici e dei propri carismi naturali, incute timore come goes e desta sentimenti di soggezione anche al persecutore, inquisitore. Perciò, cosciente di questo suo essere soprannaturale vuole condividere con lui logos e stegh, desideroso di giovargli (oninhmi vale offro un vantaggio proficuo, dando aiuto effettivamente fruttuoso!).
Nella risposta dello stoico al pitagorico c’è l’ orgoglio di Musonio, che ringrazia del pensiero della condivisione, rifiutata, seppure degna di lode. Lo stoico deve dimostrare pubblicamente e da solo l’integrità morale del suo magistero, in quanto sa che in chi si difende da sé è già sottesa l‘incompatibilità della colpa.
Sono due sistemi di vita volutamente contrapposti e, direi, scenograficamente resi vivi.
Ed ecco la seconda coppia con domanda e risposta.
Apolloonios Musooniooi philosophooi khairein/Apollonio saluta il filosofo Musonio
Sookraths o Athhnaios upo toon philoon luthhnai mh boulhtheis, parelthe en to dikasthrion, apethane de. errooso./Socrate l’ateniese, non volendo essere difeso da suoi amici, andò al tribunale, ma morì.
Mousoonios Apolloniooi philosophooi khairein/Musonio saluta il filosofo Apollonio
Soocraths apethanen epei mh pareskeuasen eauton eis apologian, ego de apologhsomai. Errooso/ Socrate morì perché non si era preparato nella difesa, io, invece, mi difenderò.
Apollonio, non volendo che l’amico corra rischio, ricorda la vicenda dell’ateniese Socrate – accusato da Anito e Meleto – che, rifiutando la difesa degli amici, morì: il tyaneo vuole mettere Musonio in condizioni ottimali di apologia col prestigio della sua figura di essere sovrumano e taumaturgo e col deterrente della sua occulta magia.
La risposta è tipica della scuola stoica che condanna quella platonica, compresi Platone e Socrate, considerati poco pratici e non scientifici, più dediti al logos che al ponos, incapaci di coniugare insieme dire e faticare: per Musonio la morte di Socrate avviene per mancanza di preparazione tecnica nella difesa /apologia; non ci sarà la sua morte perché lui di persona si difenderà preparando accuratamente la sua difesa.
E’ abile il retore che ha scritto questo due coppie di domanda-risposta: il poliptoto apologia-apologhsomai ne è prova!.
Dunque, Marco, cosa vuoi sapere se hai compreso che il carteggio non è del tempo di vita dei due protagonisti ma è di epoca successiva?
Mi piacerebbe sapere come Filostrato racconta esattamente l’avvenimento dell’arresto dei due, del loro comportamento davanti ad Ofonio Tigellino e del diverso stato di animo alla diversa sentenza? Amo entrare in merito alle situazioni per capire qualcosa.
Apollonio da Creta arriva a Roma con 34 discepoli, accolto dai cittadini in molte città italiche, prima di arrivare ad Ariccia, dove incontra il filosofo Filolao di Cizio, che fugge per il decreto di Nerone, che ha già incominciato a torturare i filosofi, rei di magia e di occultismo.
Apollonio, avendo chiesto a Filolao cosa faccia l’imperatore ogni giorno -e avendo saputo che Nerone gareggia alle corse al circo e sta coi gladiatori e canta suonando la cetra nei conviti, credendo cosi di servire il popolo, senza accorgersi di infamare il suo ruolo – afferma che non è meno cieco del Ciclope.
Apollonio, siccome molti discepoli si spaventano per i decreti dell’imperatore e se ne vanno, dichiara che questi divieti non provengono da Zeus, volendo significare che bisogna seguire il volere del Dio e non quello degli uomini.
Non compare nell’accusa il termine magia né quello di astrologia – proprio di chi inquisito come goes – e sembra che il delatore, ignoto, basi il crimen di lesa maestà su una frase detta dal Tyaneo al filosofo Menippo -arrabbiato contro il popolo che prega Dio per la salute dell‘artista Nerone, ammalatosi di un ‘epidemia influenzale, che ha come sintomi iniziali tosse, gonfiore di gola, voce rauca o afonia-: Calmati, Menippo, gli dei hanno ben diritto di prediligere un buffone e di conservarlo!.
Chiaramente, professore la comitiva di Apollonio con uomini celebri come Demetrio e come Menippo, è seguita da spie neroniane, ora appositamente messe per sorvegliarne ogni movimento di personaggi, già autorizzati dal console Gaio Luccio Telesino a vivere in un tempio romano, accanto ai sacerdoti, che fanno un servizio pubblico!. Accade, allora, qualcosa di grave, oltre alla frase incriminata, per essere convocato in Tribunale?
No. Marco, Solo l’ incidente di Demetrio, espulso da Roma. Ti spiego.
Apollonio, dunque, vive vicino ad un tempio coi filosofi cinici Demetrio e Menippo.
Demetrio è un focoso scettico corinzio che, nell’occasione dell’inaugurazione di un ginnasio, alla presenza dell’imperatore, del senato e dei Cavalieri attacca con violenza, imprecando contro Nerone esteta, che si esibisce nel canto; Apollonio, invece, circondato da una folla, che è in delirio per le prestazioni artistiche dell’imperatore, non usa parole velenose né motti pungenti ma è cauto e moderato, quasi estraneo alla cerimonia e alle grida.
Eppure Demetrio, senza più freni, declama contro i voluttuosi, gli effeminati romani, infiacchiti dai bagni e poi contro lo stesso Nerone che, mezzo nudo, si esalta nel canto ed è preso da euforia tanto da non badare affatto al filosofo cinico: solo Tigellino interviene arrestando l’incauto corinzio e dà l’ordine di cacciarlo dall’Italia e rispedirlo in Grecia!
Nonostante l’episodio di Demetrio, il tyaneo resta a Roma ed assiste ad un ‘eclissi e, notando che il sole si oscura improvvisamente e si fa notte quasi alla sesta ora ( a mezzogiorno), davanti alla folla impaurita esclama: si produce un evento che non produce nulla!.
Comunque, non succede niente di nuovo: la comitiva risulta, però, più sorvegliata fino al momento della convocazione al tribunale ad opera di un noto delatore, che è seguito da pretoriani, i quali intimano di seguirli davanti al prefetto del pretorio.
Dal colloquio con Tigellino, professore, cosa si può “comprendere“?
Il capo del pretorio durante il processo, dapprima, interroga l’accusatore, un vecchio delatore, che ha un rotolo in mano con le accuse scritte.
Poi il pretoriano lo invita a leggere il testo di accusa, mentre tiene d’occhio il tyaneo e i suoi compagni.
Il delatore apre il rotolo e trova il foglio senza testo di accusa: non ci sono segni di scrittura, come se mai nessuno vi avesse scritto.
Il prefetto constata che il rotolo è vergine e resta sbalordito, incredulo, mentre ancora di più l’accusatore è annichilito per lo stupore, muto davanti al miracolo della cancellazione dell’accusa. Ambedue guardano Apollonio, convinti di avere a che fare con un essere sovrumano, con un terribile genio!.
A questo punto, Ofonio Tigellino conduce il tyaneo in una sala segreta e gli domanda privatamente chi sia, lontano da occhi ed orecchie indiscrete.
Il filosofo, ora padrone della situazione, con calma, dichiara il luogo di nascita, il nome dei suoi genitori, confessa la sua vita da pitagorico, votato a conoscere la filosofia, che autorizza la conoscenza degli dei e degli esseri, in quanto è più facile conoscere gli altri che se stesso.
Tigellino desidera sapere da dove gli venga l‘ecsousia / il potere di smascherare i demoni e dissipare gli spettri ed ha timore – consapevole che Apollonio deriva tale potere dalla stessa fonte che gli fa scoprire i criminali e i sacrileghi – nell’inquisire sul suo enunciato: si produce un evento che non produce nulla.
Il Tyaneo dice che lui non è un indovino e che non predice niente ma ha la scienza che Dio ispira ai sapienti, da lui prediletti.
Infine, il pretoriano fa due domande su Nerone, una sull’imperatore Dio ed una sull’imperatore cantante.
Apollonio alla prima risponde: non temo il numen imperiale perché lo stesso dio che ha dato a lui la forza di essere temuto, a me ha dato la forza di non aver niente da temere e, circa la seconda, invece, dice: penso meglio di quanto pensi tu; infatti ,se tu lo credi degno di cantare non sapresti, come me, incoraggiarlo a tacere!.
Tigellino lo libera credendolo un essere soprannaturale, ma chiede qualcuno come garanzia ed allora il filosofo afferma che nemmeno lui può garantire per se stesso e quindi non c’è nessun altro che possa garantire per un uomo che nessun potere potrebbe incatenare!.
Professore, la figura di Apollonio è veramente enigmatica e difficile da decifrare e si presta all’accusa di magia in quanto presenta una connotazione paradossale!
Quanta differenza, comunque, tra il colloquio di Christos con Ponzio Pilato e questo tra Ofonio Tigellino ed Apollonio di Tyana, anche se il tempo di scrittura dei due episodi non sono lontani!.
Questo lo dici tu, Marco, che pensi secondo la formazione da me ricevuta, condizionato da Una lettura del Padre Nostro, opera da me scritta negli anni novanta e mai pubblicata.
Forse, è così come lei dice!
E di Musonio e Tigellino cosa pensa, professore?
Musonio non ha voluto la difesa di un un essere sovrumano, che d’altra parte, non conosce di persona, ma solo di fama.
Musonio è un robusto uomo di fatica che, nonostante la sua ottima difesa, è interrogato, dopo un periodo di carcere.
Sembra che il sublime e divino Apollonio desideri andare a trovarlo ma che non sia ricevuto da Musonio, che vuole fare apologia a suo modo, secondo ragione e secondo natura, a dimostrazione della sua etica stoica.
Non si conosce esattamente il colloquio tra Tigellino e Musonio, si sa solo che il filosofo è condannato ai lavori pubblici prima e poi all’esilio a Gyaros: il pretoriano applica la sua giustizia in conformità del decreto di Nerone, senza rilevare la distinzione tra i filosofi, rei di lesa maestà.
Il clima del colloquio tra Tigellino e Musonio può essere rilevato dall’incontro che la tradizione dice che sia avvenuto tra Demetrio e il filosofo che, pur stando a lavorare con la zappa all’istmo di Corinto, ironizza su Nerone, che canta e suona!.
E’ accertato che Nerone nel 66 canti in molti teatri della Grecia!
Il corinzio Demetrio, vedendo Musonio al lavoro al taglio dell’Istmo di Corinto, -un’opera grandiosa voluta da Nerone, utilissima per la città, che ha due porti in modo da evitare la circumnavigazione del Peloponneso – è in silenzio ed afflitto.
Sembra che Musonio, rivolto verso l’amico, che, emotivamente soffre per lui che lavora come uno schiavo, deponga la zappa in terra ed esclami: ti affliggi di vedermi lavorare al taglio dell’istmo! ti piacerebbe di più vedermi suonare la cetra come Nerone!?
E’ sarcasmo stoico nei confronti dell’imperatore ed è ironia verso lo scettico sanguigno, empaticamente coinvolto nelle disgrazie del prossimo!.
Forse un cenno sarcastico al canto di Nerone tradisce Musonio all’atto del colloquio, anche se ben preparato e logicamente strutturato, col potente prefetto del pretorio!
Il pretoriano potrebbe essere stato turbato ed innervosito dall’humor stoico, apatico, che comprime e reprime l’animus affettivo-sentimentale, che blocca l’impulso /ormh emotivo!
Professore, grazie per questa storia, reale, su Musonio!
Apprezzo molto di più la sua figura forte di stoico e di uomo, nonostante la natura apatica, che quella debole ed esangue, mitizzata secondo alonature sentimentali del Christos uomo-dio!.
Secondo me, il remittere animum, comunque, non equivale a quasi demittere, ma c’è pure un via di mezzo tra il galoppo sfrenato del puro impulso e le briglie tirate del rigido dovere utilitaristico.
La natura dà in dote ad ogni uomo, in modo vario, un proprio impulso e lo sa guidare e contemperare con l’esercizio, in relazione alle necessità del vivere quotidiano, mediante chiari e precisi segnali di fortunato successo, graduato progressivamente, ma può bloccarlo in casi estremi.