Paideia e gymnasiarca

La paideia ellenistica si basava sul ginnasio (to gymnasion) come luogo per gli esercizi fisici e come scuola, di solito privata e, talora, municipale.
I gymnasia erano  in ogni città dell’impero romano, specie in Oriente, che, a seconda della grandezza ne aveva più di uno (Atene ne aveva tre famosi Lyceo, Academia e Kynosarges; Roma stessa ne aveva alcuni,  in cui oltre all’attività sportiva  si faceva attività letteraria e filosofica-Cicerone De div.,1.5,8- ).
Il Gymnasiarca  svolgeva la funzione di sovrintendente ai corsi di attività ginniche e presiedeva ai programmi, ne controllava lo svolgimento ad opera dei gymnastai (maestri).
La gymnosiarchia (come la choregia, lampadarchia, estiasis, architheoria e Trierarchia – in Atene-) era una leitourgia (un servizio) reso allo stato da politai (cittadini ) facoltosi.
Di norma la carica  del gymnasiarca era  politica  e  propria di un ricco cittadino, che finanziava il corso di studio dei giovani di una città, coordinava gli altri gymnasiarchi delle varie zone cittadine, in una grande città (come Alessandria, Efeso, Antiochia), sosteneva  le spese delle feste ed, a volte, si assumeva, perfino, l’onere del costruire parti  del Ginnasio o di ristrutturarlo, purché ogni cittadino  avente 5 talenti (circa 180.000 euro) lo aiutasse nelle spese di gestione  in proporzione del reddito.
Perfino Antonio,  il triumviro, era stato gymnasiarca  e, per amore di Cleopatra, aveva avuto il titolo (Dione Cassio, St. Rom, L,5).
La paideia  era in tre corsi: uno per i ragazzi da 7 a 14-5 anni; uno  per gli adolescenti (16-17 anni-), uno per l‘efebia (18-20) e dopo tale età, variabile da città a città, si diventava neoi.
Conseguito lo status giovanile,  si faceva  un vero e proprio addestramento militare prima dell’arruolamento.
Ogni corso aveva propri educatori e programmi, basati sulle arti liberali con attività  musicale nel primo stadio, poi in fasi diverse, iniziava l’addestramento atletico-militare, che si completava nel periodo giovanile.
Tale preparazione creava il polites, che prima subiva una valutazione con dokimasia  (in cui si verificavano  l’età e la condizione civile libera) poi  faceva  il giuramento  e quindi  veniva iscritto nel registro dei cittadini.
Dopo la morte di Alessandro si era polìtes non per il fatto di essere di stirpe greca,  ma per la spiritualità e mentalità greca (dianoia) in quanto partecipe della paideia, che significava  che il polites aveva una educazione civile (cioè aveva praotes mitezza e philanthropia  umanità) avendo cultura tale da reagire con razionalità ed autocontrollo ad ogni avversità e perciò aveva comportamenti moderati e risultava superiore al barbaros, che, invece, era crudele, sfrenato, facile all’ira.
Eratostene  (in un discorso In difesa di Alessandro) distingueva gli uomini non per stirpe ma solo per arete (virtù) o per kakia (malvagità) volendo significare  che  la paideia,  già di per se stessa, produce  giustizia, tensione al bene della propria comunità, in quanto  orienta  l’individuo alla socializzazione, con l’uso della parola, sottendendo, però,  il  giudizio di buono per il greco  e di cattivo per il barbaro.
Filone, da giudeo, pur dividendo  il mondo in due parti (quelli  appartenenti al kosmos  romano- ellenistico e  gli altri, barbari) resta nella stessa impostazione eratosteniana, anche se  allarga l’orizzonte  a quelli di lingua koiné, già unificati ed affratellati da Roma sotto una comune lex et iustitia.
Il filosofo giudaico è  convinto che la paideia  vada oltre il diritto di nascita  e formi uomini di  mentalità filantropica e liberale diversamente dall’ altra cultura, quella barbarica,  connotata da irrazionalità, disumanità, violenza  e quindi tende ad opporre  le due culture in relazione alla diversa formazione e, forse, fa distinzione  perfino tra mondo giudaico palestinese e mondo giudaico ellenistico, in una sottesa dimostrazione delle differenze culturali, implicite  nel giudaismo.
Filone, di stirpe  oniade, integrato nel sistema commerciale romano-ellenistico, fa parte del Kosmos ed è kosmios, diversamente dai giudei palestinesi, che, essendo di cultura agricola, parlano aramaico, hanno una cultura diversa in quanto mesopotamici,  anelanti alla ricongiunzione con i confratelli del regno di Partia, ostili alla Romanitas.
Se si capisce questo nodo e lo si legge correttamente, sono comprensibili l’antiromanità del giudaismo palestinese, che lotta per quasi duecento anni contro Roma (63 a.C.-136 d.C.) e la filoromanità degli oniadi, dei sadducei  e degli erodiani e di conseguenza i due diversi regni (H Basileia toon ouranoon/il regno dei Cieli e quello di Dio- H basileia tou theou-)e le due diverse figure di Giacomo, fratello di Gesù e Paolo di Tarso, espressione concreta di queste due opposte culture. (Cfr. Giacomo e Paolo).