Ottavia e la propaganda ottavianea
Ottavia stessa, a Roma, viene a sapere di un Antonio, aiutato da amici, alleati e da Cleopatra, fermo con l’esercito in Fenicia.
Non si conoscono le fonti da cui la moglie abbia avuto le informazioni sul marito.
Ottaviano, avendo moltissime spie nell’esercito stesso del rivale, avutene le relazioni segrete circa l’andamento della campagna e la situazione attuale di Antonio, accoglie le richieste della sorella, seppure a malincuore: la moglie vuole ricongiungersi col marito e tentare di riappacificarsi, anche se lui sa che non è possibile, date le motivazioni politiche e il comune sogno di un ideale regno universale, basato su Cesarione, figlio legittimo di Cesare.
Il fratello protegge la sorella, madre di Antonia Maior e di Antonia minor, avute da Antonio, emblema delle donne romane, fedele, anche se offesa nel suo onore muliebre, che vuole attendere il marito ad Atene nella loro casa e consegnare i regali di Ottaviano, che desidera la pace.
Ottavia, secondo Plutarco porta come regali molte vesti per i soldati, molti animali da soma, denaro e doni per gli ufficiali e gli amici, che lo accompagnavano, e, oltre a ciò. 2000 soldati scelti destinati alle coorti pretorie, fornite di splendide armature.
Cosi scrive Plutarco (ibidem 53):Ottavia desiderava imbarcarsi per raggiungere Antonio e Cesare glielo concesse…Giunta ad Atene, Ottavia ricevette una lettera da Antonio che ordinava di rimanere lì e la informava della spedizione.
Lo storico antico come quelli contemporanei sono d’accordo nel ritenere che l’azione di Ottaviano non ha niente di fraterno ma ha una motivazione politica e propagandistica per avere l’opinione pubblica a lui favorevole in un momento in cui il rivale si è alienato i propri concittadini sia con l’amore per la regina di Egitto che con la non riuscita impresa parthica, causa di dolore per le molte morti per le famiglie romane.
Plutarco precisa che Ottaviano lo fa non per compiacerla ma perché la sorella, offesa e trascurata da Antonio, gli offrisse un conveniente pretesto per la guerra / pros ton polemon aitian eupreph paraskhoi (Ibidem)
Ormai Il triumviro occidentale è propenso per i preparativi di guerra. Ottavia risponde ad Antonio dove debba inviare quanto dato dal fratello ed invia una lettera, portata a mano al marito, da Nigro, un suo amico, che aggiunge notevoli e meritate lodi di Ottavia, madre delle sue due figlie di tre anni e di un anno e mezzo, e tutrice dei figli suoi e di Fulvia.
Così facendo, l’astuto Ottaviano, con l’ autorizzazione alla sorella, propaganda la sua immagine di vir della tradizione latina, un pater di grande animo, che non vuole guerra ma cerca di riappacificare la moglie col perfido marito, perduto dietro sogni mitici, ammaliato dalla passione per Cleopatra, sempre di più dipinta come nemica dei romani e mostro (fatale monstrum di Orazio, Carmina I,37), connotato da lussuria.
Secondo Plutarco solo ora la regina egizia prende in considerazione Ottavia: Cleopatra si accorse allora che Ottavia era divenuta una sua rivale /khoorousan authi e temette che,se avesse aggiunto alla nobiltà del carattere e alla potenza di Cesare la possibilità di stare insieme ad Antonio a suo piacimento e di vezzeggiarlo, sarebbe diventata invincibile/amakhos e completamente padrona di suo marito.
A corte ad Alessandria nell’estate del 35, quando Antonio intende partire per Antiochia per poi muovere dalla Siria verso la Media nuovamente per un accordo, scortato da Quinto Dellio e da altri legati, Cleopatra ancora deve tornare in forma fisica dopo il parto di Tolomeo Filadelfo, ora bimbo di 7/8 mesi, ancora da allattare, mentre vede i ritratti di Ottavia, più bella di prima, dopo il parto di Antonia Minor ora bimba di 18 mesi circa.
Per Plutarco e gli storici filottavianei Cleopatra è impegnata a circuire e ad ammaliare Antonio con tutte le moine, i vezzi, le finzioni tipiche delle donne che vogliono l’esclusivo potere u di un uomo, assecondata dai suoi cortigiani che favoriscono la sua azione di riconquista del proprio uomo. In ogni corte si parla di questa circuizione della regina verso il romano che sta per partire per la nuova spedizione.
Non è improbabile che a Gerusalemme alla corte di Erode le donne asmonee, Alessandra e Mariamne siano dalla parte di Cleopatra mentre quelle idumee Cipro e Salome dalla parte della casta Ottavia, a cui fanno arrivare probabilmente lettere, essendo noto il rapporto epistolare tra Giulia Livilla, moglie di Ottaviano, e Salome.
Non si escludono nemmeno lettere di solidarietà femminile e consigli da parte di Alessandra, interessata a coltivare l’amicizia con la regina di Egitto: la corte erodiana ha così un altro motivo di litigio, data la divisione in ogni cosa.
Comunque, a corte, a Lochias, secondo Plutarco (ibidem 53,6-10): Allora finse di essere l’innamorata di Antonio e si sottopose ad una dieta per dimagrire/to soma leptais kathhirei diaitais; quando lui si avvicinava mostrava lo sguardo smarrito e quando si allontanava appariva afflitta e abbattuta. Faceva in modo che fosse vista spesso piangere ma subito si asciugava le lacrime e cercava di nasconderle, come per evitare che Antonio se ne accorgesse…Gli adulatori adoperandosi a favore di Cleopatra , rimproveravano Antonio di essere duro e insensibile e di far morire una donna che viveva unicamente per lui. Dicevano che Ottavia si era unita a lui per ragioni di stato a causa di suo fratello e sfruttava il titolo di moglie /pragmatoon eneka dià ton adelphon sunelthein kai to ths gameths onoma karpousthai mentre Cleopatra, regina di tanti sudditi, veniva chiamata amata eroomenhn di Antonio eppure non sfuggiva né sdegnava questa denominazione, purché le fosse possibile vederlo e vivere con lui: non sarebbe sopravvissuta lontana da Lui.
Dellio e Planco sono tra gli adulatori che favoriscono la decisione di Antonio di rimandare alla prossima stagione, cioè all’inizio della primavera del 34, gli affari con l’armeno e col Medo, sebbene si dicesse che i Parthi erano in rivoluzione (Plutarco, Ibidem, 11).
Il disegno antoniano è di ritornare quanto prima in Media secondo Plutarco (ibidem), per stabilire un’alleanza col re, che gli ha fatto proposte, essendo ora in disaccordo con Fraate, per prendere come sposa per uno dei figl, che aveva avuto da Cleopatra, una delle figlie di Artavaste, che era ancora piccola.
Antonio ritorna ad Alessandria non rammollito, né intenerito da Cleopatra, ma vi torna per svernare accontentando la regina che sembrava rinunciare alla vita, e per prepararsi non solo alla spedizione contro l’armeno Artavaste, ma anche alla guerra contro Ottaviano, contro cui oppone il figlio stesso di Cesare, Tolomeo Cesarione, riconosciuto da tutti i romani presenti, compreso Gneo Domizio, uomo non certamente cortigiano (Velleio Patercolo, St.,II,84,2), a corte, similis patris, in un’adozione collettiva.
Agli inizi della primavera invia Dellio in Armenia (Dione Cassio. Ibidem, 39), mentre lui, giunto a Nicopoli di Pompeo, al confine tra il Ponto e l’Armenia minor, convoca il re Artavaste II per consigliarsi per una nuova guerra contro i Parthi.
Si sa da Dione Cassio (Ibidem) che il re non viene perché sospetta insidia/epiboulhn, ed allora gli invia di nuovo Dellio con un messaggio mentre lui marcia verso la capitale armena.
Antonio cerca in tutti i modi di attirarlo presso di sé: Dione Cassio (ibidem39,4-5) scrive: Così dopo molte fatiche attraverso i consigli che gli faceva dare dagli alleati, con la paura che gli infondeva con l’esercito e comportandosi in tutto con lui, nelle lettere e nelle azioni da vero amico, lo persuase a venire nel suo accampamento. Qui lo fece arrestare senza, però, tenerlo legato, almeno in principio.
Antonio ha così vendicato Oppio Staziano e la retroguardia, massacrata dai parthi sotto gli occhi del re armeno, indifferente!
In seguito porta il re sotto le mura di Artaxata per convincere gli armeni a pagare un tributo per la sua salvezza e per quella del regno (ibidem).
Siccome i khrusophulakes i custodi dell’oro non lo ascoltano e i soldati eleggono Artaxe, il figlio maggior,e come loro re, Antonio fa legare Artavaste con catene di argento (quelle di ferro non sono adatte per un re!).
Dunque, Antonio conquista l’Armenia ed altre regioni limitrofe, alcune con le buone ed altre con la forza, sconfiggendo Artaxe, che si rifugia presso i Parthi.
La presenza del triumviro nella zona armena scompagina le alleanze col re dei Parthi determinando uno scontro tra i maggiori re della confederazione, che si ribellano al re dei re, che non è stato moderato nella divisione delle spoglie romane e non ha rispettato i meriti di Artavaste di Media, maggiore alleato.
Questi rompe i rapporti diplomatici con Fraate ed avendo già avuto rapporti con Dellio, ora stringe nuove relazioni con Antonio stesso: il Medo infatti sospetta e teme di essere privato del regno. Perciò mandò a chiamare Antonio promettendogli di combattere a suo fianco col proprio esercito (Plutarco, ibidem).
La stessa cosa conferma Plutarco: intanto tra il re dei medi e il partho Fraate sorse una contesa, che cominciò, a quanto raccontano, a proposito delle spoglie dei romani.
Antonio – lo sappiamo anche da Dione Cassio – è entusiasta della cosa perché ha su un piatto d’oro l’offerta della potente cavalleria meda e, dopo aver mandato Dellio, stringe diplomaticamente i rapporti col re, che concede la figlia Iotape come moglie di Alessandro.
Ci sono molti altri atti diplomatici di Antonio in questa fase come risulta anche a R. Syme (La rivoluzione romana, Einaudi 2014) ed altri storici contemporanei, che noi, comunque, non prendiamo in considerazione in quanto vediamo i fatti in relazione allo scontro in Oriente tra barbaries aramaica ed l’ellenismo romano.
Antonio, data un’impostazione costituzionale romano-ellenistica all’Armenia, lasciata sotto il comando di Publio Canidio, torna in Egitto, volendo fare il trionfo ad Alessandria, dove invia grande bottino insieme al re armeno con tutta la sua famiglia, in una volontà di opposizione alla tradizione, che vuole Roma centro dei festeggiamenti di un trionfo: è una provocazione ad Ottaviano, che è già sul piede di guerra, e al senato diviso tra i cesariani antoniani ed ottavianei.
Eppure il trionfo ad Alessandria è approvato dal suo consilium principis, compreso Gneo Domizio Enobarbo, che mai riverisce Cleopatra e l’apostrofa col nome, solo, di Cleopatra, senza il formalismo vigente a corte, secondo i canoni della Basileia ellenistica.
Il Trionfo alessandrino secondo Flavio, Dione Cassio e Plutarco, è un momento magico della carriera del triumviro, il suo culmine, il vertice della sua attività politica. Sembra che nel primo giorno Antonio – Dione Cassio ibidem, 40 – fa il suo trionfo su Artavaste di Armenia: mandò avanti verso Alessandria, come in una processione trionfale, la famiglia reale con tutti i prigionieri, poi venne anche lui col cocchio. Fece dono di tutto a Cleopatra e le presentò il re e i suoi familiari legati con catene d’oro. Cleopatra stava in mezzo al suo popolo su un palco d’argento, seduta su un seggio dorato. I prigionieri né la supplicarono, né le rivolsero parole di ossequio benché si fosse cercato di costringerli con la forza e facendo anche balenare delle speranze: La chiamarono col solo nome mostrando in questo modo coraggio, ma pagando amaramente per il loro comportamento.
Negli altri due giorni Antonio risulta teatrale, arrogante ed odiosamente ostile ai romani, riunendo il popolo nel ginnasio come un gumnasiarca (cfr Paideia e Gimnasiarca in Sito).
Plutarco (Ibidem, 54,6) dice: Dopo aver fatto riempire di folla il ginnasio e collocare due palchi d’oro, uno per sé, uno per Cleopatra e gli altri più bassi per i loro figli, prima di tutto proclamò Cleopatra regina d’Egitto, di Cipro, di Libia e di Celesiria. Con lei avrebbe diviso il potere Cesarione, che si diceva figlio del primo Cesare, il quale aveva lasciato Cleopatra incinta.
Leggermente diverso è il racconto di Dione che dice: Antonio diede un banchetto pubblico agli abitanti di Alessandria, fece sedere accanto a sé nell’assemblea del popolo Cleopatra e i suoi figli e, nel discorso che vi tenne, ordinò di chiamare Cleopatra regina delle regine e Tolomeo, che chiamavano Cesarione, avesse il titolo di Re dei re. Procedendo poi ad un’altra distribuzione di province diede loro l’Egitto e Cipro e disse che Cleopatra era veramente moglie di Cesare e che Tolomeo era suo figlio.
Lo storico dell’epoca severiana risente delle diatribe accese degli storici dell’epoca augustea sulla legittimità di Ottaviano o di Cesarione circa l’eredità cesariana.
Da qui il commento della fonte filottavianea, con cui Dione Cassio chiude: voleva far credere di fare ciò in omaggio a Cesare; in realtà intendeva in tale modo screditare Ottaviano facendolo apparire come un figlio adottivo non come figlio legittimo di Cesare. Questi doni egli fece a Cleopatra e a Tolomeo.
Sembra poi che nell’ultimo giorno di Trionfo Antonio, con l’elezione dei figli di Cleopatra a re, concedendo loro territori non ancora sotto l’impero romano, abbia voluto mostrare quale sia il suo disegno come se già fosse completamente realizzato.
Così egli celebra con la rappresentazione teatrale dei figli, re delle varie parti del mondo, vestiti con gli abiti esotici dei popoli, il suo trionfo alessandrino.
Questa è la descrizione di Plutarco,ibidem,54,7-8-9: Antonio, avendo dato il titolo di re dei re-Basileus toon basileoon- ai figli suoi e di Cleopatra, ad Alessandro assegnò l’Armenia, la Media e l’impero dei Parti, una volta sottomessi; a Tolomeo la Fenicia la Siria e la Cilicia E nello stesso tempo presentò al popolo i suoi figli, Alessandro vestito come i Medi, con la Tiara e il cappello puntuto detto Cidari, Tolomeo con sandali, clamide e cappello a tesa larga ornato di Diadema; quest’ultimo era secondo l’abbigliamento dei successori di Alessandro Magno, quello invece dei Medi e degli Armeni. Dopo che i bambini ebbero abbracciato i genitori, furono attorniati dalle relative guardie del corpo di Armeni l’uno e di Macedoni l’altro.
In questo trionfo di Antonio Cleopatra – secondo Plutarco – sia in quella che nelle altre occasioni, in cui lei usciva in pubblico, si vestiva del manto sacro di Iside e dava udienza come nuova Iside.
Gli alessandrini, egizi, giudei e stranieri, acclamando alla coppia divina augurano buona sorte, mentre Ottaviano comincia i preparativi di guerra e la sua campagna di propaganda contro Antonio, degenere romano, marito infedele, magistrato corrotto, amministratore pazzo di beni pubblici, come fossero proprietà privata.