Giulio Erode e Giulio Cesare Ottaviano

Giulio Erode e Giulio Cesare Ottaviano

 

Con la battaglia di Azio, la sconfitta di Antonio significa per Erode precipitare in un baratro, in vani tentativi di appiglio,  in un incubo notturno,  alla ricerca affannosa di un’ancora di salvezza, di una luce: il re giudaico è tale più  per volontà di Antonio che  per decreto del Senato!.

Il triumviro, dominus dell’Oriente  andando oltre il decreto del senato del 40,  ha ucciso il legittimo monarca Antigono, filoparthico, aramaico, per dare il titolo a  Giulio Erode, dopo aver preso  Gerusalemme tramite il Legatus Sossio/Sosio, al di là dei suoi meriti personali e di quelli paterni nei confronti non solo della sua  persona di  triumviro, ma anche di quella di  Cesare e della Res publica romana.

Senza il patronus un re cliens non ha il suo referente politico, né ha più un’area di potestas e quindi auctoritas né sul Tempio né su Gerusalemme,  né nella corte con le sue due famiglie divise, né coi protoi giudaici e col sinedrio, volti verso il nuovo dominus dell’impero romano e  tanto meno col popolo, che  è da sempre filoasmoneo, aramaico, antiromano.

La vittoria di Ottaviano, neanche preventivata, data la superiorità navale  e quella terrestre di Antonio, è per lui un terremoto politico, superiore al sisma catastrofico naturale, una punizione divina, che rovescia il normale ordo razionale umano e rovina la sua personale costruzione, facendo franare, alla base, il suo Regno.

Bisogna ricostruire tutto, a cominciare dalle amicizie, dopo averle ben ponderate, rovesciare le relazioni umane, perfino cambiando i contatti con le donne asmonee e con gli altri monarchi delle zone vicine, adeguarsi al loro stesso sistema procedurale, entrare in rapporto diretto col nuovo governatore di Siria: la corruzione con migliaia di talenti potrebbe non essere utile senza la sicurezza dei passaggi nelle mani realmente amiche, senza la certezza dell’approdo nelle casse di Ottaviano, ora stanziato a Samo.

Correre a Samo, facendo un iter di oltre 2000 km via terra, come anche via mare,  non sarebbe stato fruttuoso: avrebbe dovuto poi aspettare il suo turno  dopo avere chiesto udienza, a seguito di un‘ottenuta convocazione: Erode è un avversario politico, convertito dopo la vittoria, che chiede il perdono, facendo la proskunesis, come un cliens!.

Erode comprende che deve solo attendere l’occasione propizia e la convocazione  ufficiale del Vincitore.

Quindi  Erode  attiva il suo servizio di spie, di  emissari, di ambasciatori e ripristina i contatti tramite i piccioni viaggiatori  di suo padre per conoscere gli eventi prima degli altri, specie per sapere i fatti prima di Alessandra, che ha buoni rapporti epistolari sia con Roma che con Alessandria, e con Ottavia e Giulia Livilla e con Cleopatra.

Dal 2 settembre a dicembre del 31 a.C. ha le orecchie aperte in attesa di un evento  che gli dia la possibilità di una sua  azione  a favore  di Ottaviano  e nel frattempo ha propagandato  la sua  separazione netta da Antonio e Cleopatra.

Questa sua scelta, pur dolorosa, fa volgere, per contrapposizione, verso la pars antoniana, anche se  perdente, le regine asmonee, che, ancora di più offese dopo la morte di Hircano, sono ambigue quotidianamente con lui, equivoche  nel loro carteggio e con l’egizia e con le romane, controllate nelle parole, misurate dai loro scribi.

 

Erode, ucciso HIrcano, secondo Flavio –ibidem, 183- è in pensiero, essendo stato convocato poco prima della fine dell’inverno,  perché deve affrontare il lungo viaggio per Rodi  e non sa la data di ritorno e neppure se ritorna sano e salvo a casa: non si attendeva da Cesare niente di bene in quanto lui era stato amico di Antonio e sospettava di Alessandra che potesse prendere occasione per muovere il popolo contro di lui  e fare sedizioni nel regno.

Erode sa che deve tenere lontane le sue due famiglie, ostili fra loro, sistemare il regno in modo che nessuno si possa impossessare delle redini del comando, tenute da suo fratello Ferora, tutore dei suoi figli Alessandro e Aristobulo, oltre che di Antipatro, suo primogenito, vivente con la madre Doris, prima moglie, ora riunita con la famiglia idumea, che controlla tutte le fortezze militari di Gerusalemme e di Giudea, pronto ai suoi ordini  ad inviare denaro, mezzi, vettovagliamento  muli e cammelli per l’attraversata del deserto da parte dell’esercito romano e a coordinare anche i rifornimenti di acqua da parte nabatea.

Erode sa che Ottaviano intende prendere l’Egitto passando per Pelusio, dopo un tragitto di una quindicina di giorni, a partire da Ascalona ed entrare in città da Porta Sole.

Flavio così scrive- ibidem184/185- : affidò ogni cosa a Ferora, suo fratello e pose Cipro sua madre e sua sorella (Salome) e tutta la famiglia in Masada, raccomandando di prendere il potere, se sentisse di qualche pericolo, incombente su di lui. Pose la moglie Mariamne – che non poteva comunicare con la madre e la sorella, in quanto sue nemiche – con Alessandra in Alessandreion e lasciò come tesoriere/tamias Giuseppe e l’Itureo Soemo, suoi fedeli amici da tempo, ed allora,  sotto forma di onore e di amore, come loro guardie.

Lo storico aggiunge – ibidem, 186-: A questi aveva ordinato che se sentivano qualche cosa pericolosa  circa lui, le uccidessero entrambe e, insieme a Ferora, suo fratello, conservassero il regno ai suoi figli.

Per Flavio, quindi, Erode lascia solo la fortezza di Alexandreion ad Alessandra che rimane comunque sotto custodia in quanto il tamias Tesoriere  Giuseppe e il phrourarcho Soemo, che sono amici di Erode, hanno disposizioni di uccidere le regine  in caso di cattive notizie.

Lo storico aggiunge –ibidem, 187- : Lasciati questi ordini, egli andò in fretta a Rodi per incontrare Cesare.

Viene usato il termine prima  speudoo  e poi  epeigomai per indicare l’essere frettoloso  come  stato ansioso di Erode  nel primo,  come fretta reale, nel secondo,  di incontrare  il vincitore Ottaviano, da cui dipendono vita e corona.

Da quanto seguita a dire lo storico sembra che Ottaviano sia nel capoluogo omonimo di Rodi, dove riceve il re giudaico, di nuovo semplice civis, in attesa della sentenza dell’autokrator: quando la sua nave giunse in città, depose la corona, senza però diminuire in niente altro la sua dignità. Quando arrivò il momento dell’udienza,  ebbe licenza di comunicare con lui e mostrò piuttosto chiaramente la sua grandezza conservando l’onore della sua maestà.

Non si piegò né a preghiere, come si fa in tali situazioni, né a richieste come se non lo dovesse per i suoi errori, fidando, comunque, senza scusarsi, della ragione da lui usata nei suoi atti.

Erode, secondo Flavio- Ibidem, 189 – proclama subito la sua amicizia per Antonio: senza alcun dubbio io sono stato amicissimo di Antonio ed ho agito sotto suo ordine  perché ottenesse il totale potere, ma non sono stato nel suo esercito perché ero occupato nella scaramuccia contro gli arabi, tuttavia gli avevo mandato denaro e grano,  anche se questi erano un contributo più modesto di quanto avrebbe dovuto fare.

Il re giudaico parla a lungo di Antonio come suo benefattore  e di un dovere verso l’amico di prender parte ai suoi pericoli, rischiando con tutto quello che ha, con la vita,  personalmente, e con i suoi averi, senza mai abbandonarlo.

Aggiunge che soprattutto è rimasto fino alla fine buon consigliere/ sumboulos di Antonio  suggerendogli che l’unica via per salvare  se stesso, senza perdere il suo potere era di uccidere Cleopatra  –Ibidem191-.

Flavio riporta perfino le parole di Erode, come  segno che la sua storia deriva dei Registri di  Memorie/Upomnemata  personali, raccolte da Nicola di Damasco, nel periodo in cui è maestro dei suoi figli: se si fosse sbarazzato di lei, gli sarebbe stato possibile  mantenere il suo potere  e più facilmente avrebbe  trovato il modo  di giungere ad un’intesa/ sumbasis  con te invece che mantenerti nemico -Ibidem 192-.

La conclusione, nobile,  del re di fronte ad Ottaviano è la seguente:  Se, essendo in collera con Antonio, condanni  anche il mio affetto verso di lui, io non rinnegherò mai quanto ho fatto fino ad oggi, né mi vergogno di parlare apertamente della fides verso di lui. Se tu non tieni conto delle apparenze ed esamini il comportamento con i benefattori  e la tipologia della mia amicizia, comparata con l’esperienza di quanto è passato,  potrai davvero conoscermi: infatti col solo cambiamento del nome avrai in me l’esempio del vero“ideale” di una stabile amicizia – Ibidem 193 -.

E’ chiaro che già Ottaviano conosce da lettere tutto questo e ha sotto gli occhi il rapporto inviatogli da Quinto Didio sull’aiuto ricevuto da  Erode nell‘affaire dei gladiatori e nella  distruzione delle navi di Cleopatra, fatta insieme con  Malco.

Perciò Ottaviano incassa i doni e gli 800 talenti, di cui ha bisogno per l’invasione dell’Egitto, elogia per il suo comportamento dignitoso  Erode, che gli assicura anche l’aiuto – un incarico gravoso per qualsiasi re, più pesante per il re giudaico che ha subìto un sisma catastrofico – con carovane di cammelli e muli, carichi di acqua  e di viveri, nel tragitto difficile della durata di oltre10 giorni per un esercito da Ascalona verso Pelusio in una zona desertica.

Perciò, secondo Flavio da uomo onorevole e splendido/ philotimos kai lampros Ottaviano  gli concede la sua benevolenza,  invitandolo ad essere amico come lo è stato con Antonio, gli rimette la corona in testa,  reintegrandolo nel regno più stabilmente di prima.

Infatti il re giudaico ottiene  per l’interesse della sicurezza del suo trono  un nuovo decreto del senato con una personale concessione dell’imperator,  utile per i suoi discendenti e per la successiva elezione dei governatori di Giudea, quando questa sarà annessa al territorio romano, divenendo quasi un feudo personale dei Giuli, come l’Egitto.

L’argentarius Ottaviano ha fatto i suoi affari con rimettere il diadema ad Erode!

E’ probabile che i due facciano il viaggio verso L’Egitto via  Cipro, costeggiando la Caria, la Licia, la Panfilia, la Licaonia e l’Isauria  per sbarcare Erode in un porto fenicio o a Tolemaide,  mentre Ottaviano si dirige verso Dafne ed Antiochia da dove iniziare a dirigere le operazioni belliche.

Erode è autorizzato a tornare al suo regno alla fine di marzo, i primi di aprile, dopo circa tre mesi di assenza,  dopo promessa  di ritrovarsi a Tolemaide  ai primi di maggio per l’invasione  dell’Egitto con tutto l’occorrente per il viaggio nel deserto (guide, carovane di cammelli, acqua, viveri,  denaro).

Erode torna felice a corte per il successo avuto  e per lo scampato pericolo, ma al ritorno dal suo viaggio marittimo la famiglia, ora riunita, a corte  è turbata, mentre Alessandra e Mariamne sono furiose contro di lui/ khalepoos ekhousasIbidem 202-

Secondo Flavio –ibidem 203-: le donne  erano convinte, come era naturale sospettare, che  erano state sistemate nella fortezza non per la loro incolumità fisica, ma per essere mantenute in custodia  e senza alcuna autorità sugli altri o su se stesse.

Erode si accorge che Mariamne è ancora di più arrabbiata, quando il re desidera avere un rapporto con lei, che resta fredda, insensibile, rancorosa.  

Lo storico scrive: anzi Mariamne considerava l’amore del re niente altro che un pretestuoso bisogno, una finzione per il proprio interessato piacere. Si tormentava perché a causa sua  lei non avrebbe  avuto alcuna speranza di sopravvivere  anche se lui fosse andato incontro  a grandi guai e si ricordava  delle istruzioni   precedentemente date a Giuseppe.-Ibidem 204-

Erode, dunque, risulta di nuovo incapace di gestire la situazione familiare  a causa dell’ostilità delle due  partes, l’una che vede sfumate per sempre le proprie speranze di regno, l’altra che pensa concretamente di predominare a corte,  rilegando le asmonee, in un ruolo di prigioniere, ridando fiducia alla prima moglie e ai diritti di primogenito del giovine Antipatro.

In questo clima di nervosismo, pettegolezzi e invidie,  il re non può godersi i festeggiamenti per gli onori riceviti dai romani e la sua nuova, maggiore libertà di azione che lascia storditi quelli che si aspettavano  l’opposto, come se, col favore di Dio, lui scampasse sempre ai pericoli in una maniera sempre più brillante- ibidem 198-

Flavio, che pur conosce l’anatheema degli esseni,  insiste nel verificare come il Dio assista Erode, lo  protegga e lo faccia uscire dalla prova del fuoco ringiovanito!

Comunque, prepara i rifornimenti dovuti ai romani  per la spedizione in Egitto e si presenta a Tolemaide, alla data stabilita, secondo gli ordini, col suo apparato regale.

Flavio – Ibidem, 199- così scrive:  quando Cesare arrivò,  Erode lo accolse a Tolemaide con tutta la magnificenza regale / pashi thi basilikhi therapeiai ed ospitò il suo esercito dando il benvenuto con doni ed abbondanza di provvigioni/ ksenia kai toon epithdeioon aphtonian.

E poi aggiunge-Ibidem-: Egli tu annoverato tra i più leali  amici di Cesare   e cavalcava con lui che passava in rassegna  le truppe ed alloggiò  sia lui che i suoi amic  in cento cinquanta stanze (androosin), allestite con ricca magnificenza per il loro  confortevole benestare.

Oltre al denaro, Erode rifornisce di ogni cosa necessaria per l’attraversamento del deserto tanto da avere l’ammirata gratitudine dei soldati romani che, avendo perfino il vino, durante la marcia, ritengono che il re abbia fatto più di quanto avrebbe potuto e dovuto in quanto il servizio era grande e splendido.

Lo storico allora chiude elogiando la sua azione: Cesare si convinse ancora di più della sua lealtà e devozione  ma ciò che portò ad accrescere di più il credito fu il fatto di aver adeguato la sua generosità al bisogno del momento.

Non si sa se Erode- nessuna fonte lo mostra attivo ad Alessandria- accompagni solo fino a Pelusio o che partecipi alla spedizione per l’ assedio della città,  dopo il passaggio del confine, anche se si conosce che l’esercito romano entra e da Porta Sole, orientale, e da Porta Luna, occidentale, per incontrarsi al Ginnasio, quasi al centro dell’odos principale.

E‘ credibile che il re torni indietro e  ritorni a corte  a Gerusalemme dove trova lo stesso clima anche nei momenti di intimità con Mariamne, che,  insieme alla madre, spera negli insuccessi politici del re in modo da proporre la propria candidatura di regina.

Mariamne, poi  secondo Flavio – ibidem 208 -: nel suo risentimento si meravigliava come non avessero mai  fine i pericoli che da Erode la sovrastavano  ed essendo risentita  pregava  che egli non ottenesse da Cesare  alcun trattamento favorevole  perché la sua  vita con lui sarebbe stata  intollerabile  se avesse avuto successo.

Perciò le donne  sono sempre più vicine a Soemo, che è incline a cedere, credendo nelle loro possibilità  e convinto di non dover subire danno in considerazione del folle amore di Erode per la moglie, in caso contrario.

Infatti, Soemo, secondo Flavio,  fu fedele  al re solo agli inizi, quando  eseguiva  tutte le istruzioni ricevute, ma, in seguito,  persistendo le donne  con promesse e regali gradatamente si diede per vinto e finalmente svelò le istruzioni del re soprattutto indotto dalla  convinzione  nella probabilità   che sarebbe sfuggito  ai pericoli che gli potevano venire da parte del re e che avrebbe fatto molto piacere alle  donne.

Erode invece ha un successo superiore al credibile e comunicato ciò alla moglie,  appena giunto,  è desideroso di abbracciarla per prima.

Mariamne, invece di rallegrarsi,  pareva più abbattuta che felice e le fu impossibile nascondere i suoi sentimenti, a causa del suo disprezzo e della superiorità dei propri antenati, ma al suo abbraccio lei mandò un sospiro di disapprovazione  e diede chiarissimi segni  mostrando che era dispiaciuta più che compiaciuta dei racconti che lui faceva tanto che ad Erode venne un sospetto, connesso alla costatazione ovvia, che lo contristò profondamente.

 Flavio marca – ibidem 210 – oute… khairein  mallon h khalepoos  pherein il  non rallegrarsi rispetto al subire contristata la situazione del successo del marito.

Erode, pur offeso dal comportamento irrazionale ed altezzoso della moglie, sapendo di amarla, si contiene,  convinto che se  avesse  ecceduto nel punire,  lui sarebbe risultato la vera vittima.

Comunque, giunge a corte la notizia della fine della guerra e dell’imminente ritorno ad Antiochia di Ottaviano, vincitore, e della morte di Antonio e di  Cleopatra, già nota alle due regine, che hanno una corrispondenza segreta con la regina egizia. Erode, dovendo fornire il mezzi per il nuovo viaggio di Ottaviano  e del suo esercito  si affretta  ad incontrare Cesare in Egitto e  a lasciare da parte i suoi affari privati.

Secondo Flavio, mentre Erode sta per  andare all’incontro con Ottaviano, Mariamne – ìbidem 212 – portò da lui  Soemo e riconobbe la sua gratitudine per la cura che aveva avuto di  lei e chiese al re di affidargli il governo di un distretto.

Erode, fatta la concessione a Soemo, per amore della moglie, fa il suo viaggio in Egitto e discute con Ottaviano degli affari con una certa libertà,  come con un vecchio amico.

Erode ha molti doni, tra cui quattrocento Galati che erano stati guardie  del corpo di Cleopatra  da Ottaviano, che gli restituì il territorio che gli era stato tolto da lei  ed inoltre aggiunse al suo  Gadara, Hippo, Samaria, e sulla costa  Gaza, Antedone, Ioppe e Torre di Stratone

 Ottenuti questi territori, Erode risulta re ancora più famoso e potente degli altri sovrani, resta al fianco di Ottaviano, che passa di nuovo attraverso il suo territorio fino ad Antiochia.

Scortatolo fino al confine con la Siria, torna indietro, dopo due mesi, per ritornare a Gerusalemme.