Melania iunior e i pelagiani

 

Se un uomo parte con delle certezze, finirà con dei dubbi;  se invece 
si accontenta di iniziare con qualche dubbio, arriverà alla fine a qualche certezzaF. Bacone

 

Melania Junior (383-439)  amica di Agostino, di Girolamo  e di Pelagio,  è figlia di Albina  Ceionia  e di Valerio Publicola,  figlio di  Melania senior (350-411).

A 13 anni  si sposa col cugino Piniano, figlio di Severo, prefetto di Roma,  diciassettenne, con cui  stabilisce  il patto  di rimanere vergine (Palladio, La Vita Lausiaca, a cura di G.J.M Bartelink,  Fondazione Valla Arnoldo Mondadori,1974 ).

Piniano, invece, è giovane e desidera  possedere sessualmente la moglie, amata, e per di più è  sollecitato dallo zio a  deflorarla e a godere del sesso con la sua donna, secondo la morale pagana al fine di aver figli e lasciare loro l’ingente patrimonio familiare.

La  domus Valeria, imparentata con quella Ceionia ed Anicia ed altre,  ha ricchezze liquide a Roma  e in depositi bancari sparsi in tutte le  maggiori città dell’impero romano,  gioielli, palazzi   ed horti urbani e  suburbani, emporia ,  un latifondo, costituito  da villae con appezzamenti di terreni, grandi come province attuali, e con un esercito di schiavi in Campania e in Sicilia  in Africa, in Gallia e oltre che in Oriente,  gestito da curatores latini e da epitropoi alessandrini,  antiocheni e costantinopolitani, dato il rapporto sia con la corte di Onorio a Milano e a Ravenna,  che con quella  di Arcadio, a Costantinopoli.

Palladio (La storia lausiaca,cit.) informando sulla  ricchezza della donna, dice della sua decisione di dare tutto ai poveri e di seguire l’esempio della nonna, col consenso del marito: se tu scegli di unirti a me  nell’ascesi / airhsai sunaskhthhnai, secondo la parola della saggezza, io ti riconosco padrone e signore della mia vita; se questo impegno ti appare  pesante per la tua giovinezza, prenditi tutti i miei beni e rendi libera la mia perdona affinché io possa adempiere il mio desiderio,che è rivolto a Dio, divenendo erede dell’amore divino di mia nonna, di cui appunto reco il nome. Se Dio, infatti, avesse voluto che noi procreassimo figli non mi avrebbe preso anzitempo quelli che ho partorito (ibidem, 62,2).

Melania iunior, dunque, professore,  dopo essere vissuta sette anni col marito, persi i due figli,  traumatizzata,  lascia il mondo, in cerca di ascesi ?

Si, Marco, all’età di 20 anni  dopo aver donato agli altri  serikà hmiphoria le pellegrine di setae i rimanenti drappi di seta li tagliò e ne fece arredi per le chiese;  affidò oro ed argento ad un presbitero, Paolo, monaco della Dalmazia, mandò in Oriente, per via mare, in Egitto e in Tebaide  10 000 denarii,  ad Antiochia e regioni dipendenti 10000, in Palestina 15000, 10000 alle chiese delle isole e agli esiliati nello loro sedi di relegazione, alle chiese di Occidente diede direttamente eguale somma e tutte queste ricchezze e il quadruplo di queste ella riuscì a  strapparle – si può dire davanti a Dio- dalla bocca del leone Alarico,  grazie alla sua fede.

Perché Palladio  usa nomismata muria per indicare  un monetazione in denarius  che è unità di conto teorico  non  più esistente  in quanto  sostituito prima dall’antoninianus, poi dal solidus,  nummus , fellis,  siliqua,  semisse, emessi da varie zecche  occidentali ed orientali ?

Palladio, Marco,  non fa distinzioni di termine ma parla genericamente di monete, anche se conosce la monetazione corrente.

Sappiamo sempre da Palladio che tutta questa ricchezza in denarii (220.000?) si salva quando dal 24 al 27 agosto del 410 Alarico saccheggia Roma, ma non è detto che Roma non è più capitale, spostata prima a Milano e poi nel 402 a Ravenna da Stilicone. Né si dice che le migliori famiglie hanno seguito l’imperatore nella nuova capitale e che  a Roma sono rimasti i monumenti, le chiese col clero e  le famiglie di secondaria importanza, che non hanno avuto il tempo di scappare. Né si precisa che Alarico  aspira solo al titolo di comes militum per l’Italia e che il sacco è un incidente per il  mancato pagamento del senato ai suoi uomini, che sono sobillati dal clero ariano, povero (Cfr. Zosimo, Storia Nuova, V, 6 e VI 5-6; Sozomeno, Storia ecclesiastica, IX,42).

Si sa che il capo visigoto non riesce a contenere la voglia di saccheggiare Roma degli uomini non pagati  e del clero ariano, desideroso di impadronirsi dei beni della Chiesa romana cattolica.

Si sa anche che Melania  senior, in Palestina ha saputo qualcosa  dagli amici di corte a Costantinopoli  circa il piano di Alarico ed ha intuito nelle  sue lunghe vigilie  la fine del mondo, che coinciderà il ritorno del Christos,   rilevando l‘oikonomia divina  apocalittica, prossima.

Conosciuta, tramite lettere, la situazione della nipote, decise di imbarcarsi da Cesarea Marittima per l’italia per timore che gli sposi soccombessero all’influsso  di un cattivo insegnamento o di un’eresia o di una vita sregolata.  A  60  anni, giunse dopo 20 giorni di navigazione a Roma. 

Convertito Aproniano, consolare, e sua moglie  Avita, sua cugina,  catechizzata la nuora Albina,   li convince a ritirarsi in campagna,  per sfuggire ai barbari, dopo aver ceduto i loro rispettivi beni.

La donna predica: echasth oora esti/  l’ultima ora è venuta !

Melania senior, come   profetessa del signore, suggestiona e  convince Melania iunior, Piniano ed Albina a fare le  dovute operazioni finanziarie, nonostante  la reazione del senato e delle altre  matrone che sanno che con molto meno si può pagare Alarico, accontentandolo,inoltre, del titolo di   comes militum  delle truppe romane, come inizio di carriera nell’imperium occidentale,  in quanto il condottiero goto  ha l’esempio del vandalo Stilicone.

Palladio dice che  Melania si trovò ad affrontare tutti i membri dell’ordine senatorio e le loro mogli  che lottavano come belve   per impedire di allontanare dal mondo ciò che restava del suo casato.

La vecchia zelante di fede, se ne liberò e condusse alla vita monacale la nipote, sua madre e suo nipote in Sicilia, dopo aver catechizzato il figlio minore Publicola. Vendute tutte le proprietà che le rimanevano e col denaro ricevuto come prezzo, distribuì i suoi averi e dopo quaranta giorni raggiunse il suo riposo e visse  in nobile vecchiezza  e profondissima mansuetudine, lasciando  a Gerusalemme anche un monastero e le rendite  che ne coprivano le spese.

Palladio, che è uno che ha beneficiato dell’aiuto di Melania  e ne è grato afferma:  quanti beni materiali ella  abbia prodigato  nello zelo divino, avvampando come per fuoco, narrare non è cosa per me ma per quelli che abitano la Persia.  Della sua opera di benefattrice/ eupoiia nessuno ha mancato di profittare, non l’oriente, non l’occidente, non il settentrione non il meridione. Nei 37 anni che visse separata dal mondo aiutò coi propri beni le chiese i monasteri  gli stranieri i prigionieri; i mezzi per questo le erano forniti  dai parenti, dal figlio  in persona, e dai suoi epitropoi / amministratori.

A parte la frase  circa i narratori persiani, sconosciuti, per Palladio lei non tiene  neanche spithamhn ghs un palmo di terra né si serve di rheda nei viaggi, ma giunge al più sublime grado di  ascesi, senza  vincoli umani e terreni: il monaco la santifica già in vita rilevando  un theios zelos –da cui è bruciata/puri phlecsasa-  e la sua volontà di dare tutto  in beneficenza.

Anche Girolamo/Ieroonumos, chiacchierato  presbitero  per baskania/gelosia verso Paola, (ibidem 36,6 e 41,2) -altra nobildonna che fa turismo culturale e religioso, anche se spinta  da volontà di ascesi –  sebbene stimato  dai monaci per la bravura nelle lettere latine e per il talento naturale, parla della grandezza morale di Melania Senior  in La lettera a Paola, in cui  mostra come  la donna ventitreenne, vedova,  va d’inverno con una nave da Roma  a Gerusalemme, senza esitazione e rimpianti, senza paura.

Il santo conosce il costo di un viaggio marittimo a mare chiuso  essendo il nauarchos, il timoniere e i marinai  riottosi ad affrontare le tempeste! Conosce il pericolo della navigazione lunga, anche se costa costa, e dice: Ma perché rimuginare vecchie storie? Siano dunque gli esempi, attuali: guardate santa Melania, autentica nobiltà dei cristiani della nostra epoca… Il cadavere del marito era ancora caldo, non era ancora stato inumato che lei perse anche due figli. Io vi racconterò un fatto incredibile ma non per questo falso, me ne è testimone il signore! In tale situazione, non l’avreste immaginata fuori di sé, i capelli sparsi, stracciarsi le vesti e lacerarsi il petto con frenesia? Non una lacrima scese!. Ella tenne duro senza lamentarsi … dopo aver ceduto tutti i beni che possedeva all’unico figlio rimastole e, nonostante fosse già l’inizio dell’inverno, s’imbarcò  per Gerusalemme!

Professore, la fuga dal mondo intesa come misein odiare  la famiglia (padre madre fratelli e sorelle)-Luca,14,25/33- donare i propri beni patrimoniali (oikos)monacarsi, in una proiezione  futura per ottenere il premio eterno del Paradiso  è un fenomeno, proprio  del III e del IV,  ed è segno di un imbarbarimento del costume quiritario e di una crisi  di identità personale umana, civile e  sociale : uomini e donne  di  nobile  e ricca famiglia, che si monacano  rinunciando al nomen,  tradiscono tutti i valori di Roma  che ha costituto l‘imperium prima in senso repubblicano poi imperiale sulla base  del negotium, della politica, della civitas/ politeia, della philantropia e koinonia, dell‘humanitas espressa nelle virtutes quiritarie ed ellenistiche praticate quotidianamente per il bene comune  del consorzio umano, come bonum  in quanto agathon e chreston.

Non è una donna eccezionale Melania senior, anche se  alonata dai contemporanei, professore, come non  lo è Paola,  che imita il modello di  Marcella, una che  è portata in chiesa da schiavi in lettiga, ed è circondata da ancelle premurose!

Per me  Melania è donna che, come domina romano-ellenistica, giunta  alla massima depravazione, pagana,  trova nel cristianesimo il senso di vita come theoria del non vivere nel presente, visto ormai in sfacelo e come rinuncia della storia  propria familiare e nazionale ( kosmia, e katholikh) rinnegata, perché  militaristica e schiavistica,  ha sete e piacere decadente  di macerarsi, al fine di crearsi un tesoro in un  Eden giudaico -cristiano, luogo di riposo per chi  si è rinnegato  ed ha conseguito, soffrendo, l’ adrhpebolon, puntando per quanto possibile al sublime della teleioosis!. 

Risulta la theoria delle due Melanie, perciò, – a seguito di un lungo studio – una forma di vita eccentrica, snobistica, al di là del fenomeno pietistico religioso, come quella della nobiltà inglese francese ed italiana della  seconda metà dell’ottocento: è decadenza tipica di aristocratici, superomistici che  si segnalano per  traviamento morale,solipsismo, desiderosi  puerilmente di apparire, stravaganti dandy,  in una emulazione  di gesti  eclatanti, pur di essere esempi clarissimi,  notabili  pur nel paradosso cristiano.

Per i pagani è una vergognosa catena di  viri pervertiti  e di dominae – Circe , alla ricerca di una vita spirituale,  tramite l’annullamento dei valori naturali e  razionali, così da  crearsi un tesoro  nei cieli (Luca 12,32-34)! 

Io, professore, penso ad altro quando leggo la vita dei santi ( cfr Vita di Antonio di  Atanasio e Vita di Malco, Paolo ed Ilarione di Girolamo) uomini celebrati nella loro  straordinarietà esistenziale, viventi in  un’altra dimensione e con logiche diverse da quelle  di esseri comuni normali, che li acclamano e li venerano  proprio perché diversi, ouranoi, resi andres theioi dal loro sacrificio e dall’eremitismo e dai kharismata cristiani: ogni religione ha i suoi terapeuti, esseni, marabutti, sufi, bonzi, mistici, asceti da santificare!.

Il rispetto con venerazione e timore sacro  per chi vive in modo opposto dalla propria vita  si radica col tempo nell’uomo comune  che, concretamente vive la realtà di vita, fatta di lavoro, di sesso, di qualsiasi tipo e natura, di sacrifici, di bevute e di pranzi, di rapporti e relazioni sociali, di scontri col prossimo che ha gli stessi appetiti  quotidiani  e volgari, pagani.  Forse sbaglio, ma comparando la vita monacale  cristiana  a quella civile e sociale di un cittadino normale romano  o pagano o cristiano laico, noto una differenza netta tra il fenomeno di fuga del monachesimo, elitario,  e il  sistema sociale, ordinario, regolare, del privato civis, impegnato a lottare nella caotica frantumazione dei valori del kosmos imperiale romano, capace  di accettare il diverso, di accogliere il barbaro sia pagano che ariano, entro i confini dell’impero e poi determinato, per un adeguato adattamento, ad averlo come vicino affamato e desideroso di integrarsi, per una comune  sopravvivenza, al di là del credo religioso.

Noto, perciò,  una perversione morale, selettiva, spirituale,integralistica,  propria di obiettori di coscienza sessantottini, borghesi benestanti, congiunta a  desiderio, da hippy, turistico religioso culturale e ad una volontà di autodistruzione fisica in nome del Christos crocifisso  da monaco, depresso e rinunciatario, mentre  rilevo una normalità di vita e una intelligente  adattabilità nel  normale civis,  sebbene poco attivo, non più motivato politicamente, impossibilitato in situazione a causa dell’assenza di coordinazione  dei mandata imperiali  per la penuria  dei funzionari  e burocrati  locali, pur nelle differenti distinzioni di classe del IV e V  secolo.

Rilevo, infine, un malessere profondo nel  monachesimo femminile di nobildonne ricche,  viziate e corrotte, adulate,  circondate sempre da servi e serve, che  pur cambiando sistema di vita, pur passando  dal sistema cittadino a quello eremitico, pur fuggendo la mondanità formale, mantengono lo status  civile con privilegi di nascita in ogni parte dell’impero romano, proprio nell’assumere una responsabilità virile, con l’evergetismo caritatevole!  Restano sempre sotto la protezione dei governatori romani  solleciti nei loro riguardi  specie con Paola che esplora Palestina ed Egitto con guide come Girolamo e Rufino. Mica  vanno  oltre l’Eufrate  a fare le monache, filanthropiche ed evergetiche in zone dove il loro nomen è sconosciuto!

Mentre Melania e compagne  vivono  con lo stesso tenore di vita simile a quello di un centesimo  della popolazione  romano-ellenistica, la maggioranza  dei cives vive  a seconda della professione, una vita di stenti e di povertà più in città che in campagna  in quanto non esiste lavoro  stipendiato, in quanto vige il sistema schiavistico. Le popolazioni italiche, galliche  ed ispaniche solo nelle ville – già  regolate secondo i criteri dioclezianei- hanno un certo decoroso sistema di vita come  liberi che gravitano intorno al fattore Villicus e alla fattoressa, che guidano la villa, la quale  ha un suo funzionamento agricolo secolare mentre tutto il resto è manodopera servile  schiava. Anche i barbari, che  abitano vicino al confine  renano  e danubiano, vivono miseramente e chiedono di poter entrare  entro i confini e lo ottengono solo dopo la dediticio e la promessa di arruolarsi come milites col loro re, da ausiliarii : inizia un  processo di imbarbarimento nell’esercito che autorizza una vita migliore  favorendo lentamente l’ entrata di parenti rimasti fuori dall’impero romano, che vivono ancor di più miseramente. Dalla congiunzione delle popolazioni già viventi nel territorio romano e di  quelle fuori dei confini comincia  una penetrazione  non armata ma domestica cioè di assoggettazione per bisogni primari ai governatori  locali di stirpi barbariche affini che convivono con i parenti già romanizzati: Gainas -un goto al servizio di Roma – e Alarico combattono per Teodosio  al Frigido e vincono!

Non sapendo né allevare bestiame né fare agricoltura,né possedere ville senza conduttori  romani, i goti cominciano a razziare i territori vicini spopolati e penetrano  sempre di più nell’interno dell’ impero romano, divenendo un pericolo per i cives  ai confini di norma ex militari abituati ad opporsi e un graduale perturbamento per le pacifiche popolazioni già romanizzate ed ellenizzate . Iniziano quindi spostamenti  lungo i territori ai confini germanici e danubiani  turbando il kosmos romano prima orientale quando  dipendono da Arcadio che nomina Alarico comes militum per l’IIlirico e poi occidentale per servire  Stilicone, (ed Onorio), desideroso di carriera, in quanto già romanizzato ed ambizioso cosciente di  aver meritato  un  servitium  maggiore.

I visigoti ariani, che hanno un clero intelligente  ma  povero, ben organizzato da Ulfila (311-388) secondo il sistema  romano cattolico, sono incitati  a combattere e  a depredare la ricchezza delle chiese  comandando di non  spargere  sangue: da decenni essi premono ai confini e dopo che si sono stanziati,  reclamano i diritti militari  e  le paghe come gli  altri milites, specie gli auxilia di veterani  con lo stesso Alarico, che serve i teodosiani da quasi un ventennio

Il leone Alarico non è poi una belva antichristiana, ma è un christianos ariano, educato a Costantinopoli,  il cui credo è quello di  Eusebio di Nicomedia, che ha nominato Ulfila  e lo ha incitato alla traduzione in gotico della Bibbia e di Vangeli, prima che Damaso incarichi Girolamo della Vulgata!

Dunque, professore, faccio due domande, dopo questa lunga premessa: i goti ed Alarico, cristiani, non sono  del tutto barbaroi, ma solo scismatici  ellenizzati e romanizzati da oltre trenta anni,  vicini di casa?!. E  gli strappati alle fauci del leone dove e come vivono?

Per la prima  rispondo che ormai conosci bene la situazione reale storica visigotica e sei quasi un maestro!

Per la seconda  posso dire  che la  vita delle due donne  si svolge  nel Meridione  sotto la protezione di un esercito privato e  della flotta romana, nelle ville, en agrois , ora in  Campania ora in Sicilia  in compagnia di 15 eunuchi, di 60 vergini e libere e schiave; quella di Piniano è  simile a quella della moglie e di Albina   con trenta monaci, impegnato nella lettura e dedito al giardino e ad incontri di nobile spiritualità (ibidem,61):  i tre  insomma vivono in Otium, nella pace dei campi,  secondo il Kosmos romano, mentre nel settentrione infuria il pericolo gotico a causa del ritorno in Aquitania di Ataulfo, dopo la morte del fratello.! Hanno, comunque, cominciato l‘iter da catecumeni  secondo le regole dell’iniziazione cristiana, regolata dalla preghiera e dai sacrifici giornalieri, nonostante la presenza  e l’assistenza di trapezitai e dioichetai ! 

Professore,   Melania senior e iunior, Paola e le altre  possono definirsi donne libere,  che, avendo denaro e mezzi, hanno una libertas uxoria tanto da poter fare  turismo religioso, in una rottura dei vincoli familiari, ancora basati sulla patria potestas?

E’ una domanda difficile per me letterato, ma posso dire che  la  moglie ha pari auctoritas e potestas  in un sistema cristiano più libero dalla potestas  paterna   e maritale, scaduta a favore di quella sacerdotale! Comunque nella communitas  cristiana  prevale l’ingenium individuale  di virago, propria di Melania senior e poi di sua nipote, che decidono  autonomamente del  patrimonio familiare /oikos, a favore della gerarchia ecclesiastica, abile a sfruttare la pietas come caritas!.

A me sembra una decisione  condizionata dal ministerium episcopale, in cui il libero arbitrio  femminile subisce il fascino  magico-sacerdotale !

Comunque, apparentemente  le donne (specie Melania iunior) fanno viaggi mirati con precisi itinerari,  alla ricerca di luoghi sacri e di reliquie, visitando  le dimore di santi, insediamenti monacali e facendo elargizioni di denaro, anche se vogliono vivere  da sole o come eegemones di  gruppi di donne, seguendo l’esempio maschile,  a Betlemme o a Gerusalemme  per vedere i luoghi  della nascita e della morte del Signore, presso cui vogliono abitare con le consorelle. Imitano il pio comportamento di  Melania  Senior  che, insieme a Rufino, aveva visitato  Alessandria, aveva  convertito il suo denaro in  monete d’oro e da lì era arrivata fino al monte di Nitria dove aveva incontrato uomini come Serapione, trattenendosi con loro per sei mesi ed andando a visitare nel deserto i monaci definiti santi, portando loro  doni, indossando un cappuccio da servo.

La nipote ha  comportamenti simili,  da vir, da civis romano che congiunti con quello proprio di una clarissima,   le permettono di contrapporsi  anche alle autorità locali con successo, sull’esempio vincente della nonna.

Melania senior combatte  una sua personale battaglia  giuridica col prefetto di Alessandria contestando  la prigionia di  monaci come Ammonio Parote e di dodici vescovi  e presbiteri che  sono da lei beneficati e protetti, considerati come clientes della sua domus.

Con quello di Palestina, avido e desideroso del suo denaro, che non conoscendola, la getta in prigione,   la vecchia si inalbera e  lo apostrofa da clarissima. Dimessi gli abiti di umile cristiana altezzosamente afferma: io sono figlia di uno e moglie di un altro, anche se  serva di Christos! non disprezzare la meschinità della mia  apparenza  perché, se voglio/ ean theloo, posso innalzarmi e in questo tu non hai modo alcuno di prendere niente  che mi appartenga!. Marco, nota la protasi  di secondo tipo e rileva la superbia sottesa della  Clarissima christiana! Senti,Marco la conclusione  dell‘umile vecchia cristianaedei  kata toon anaisthhtoon kathaper ieraki tooi tuphooi kekhrhsthai/ contro gli insensati bisognava usare l’orgoglio  come sparviero  (Palladio, ibidem,46,4)!

Non solo donne ma anche monaci come Filoromo  decidono di fare viaggi a scopo religioso, nonostante espliciti divieti dell’imperator /autokratoor  che impone ai monaci di restare la dove sono e di non andare in città:  lui va ad Alessandria sulla tomba  di Marco e poi a Roma  sulla tomba di Pietro,  a piedi pezhi thi poreiai ( ibidem 45,4)!

Professore,  da Nitria ad Alessandria   può  essere, ma da Alessandria a  Roma, forse  ci vuole  anche un viaggio marittimo, altrimenti ancora Filoromo  cammina!

Marco, vuoi prendere in giro le parole di Palladio su Filòroomos e sulla sua venerazione delle reliquie di Marco ( ora  a Venezia!)  e quelle di Pietro (ora  sotto la chiesa di Domus Flevit  al Getsemani)?! E’ un vescovo, un’eccellenza anche lui ! Lascia perdere!.

La comitiva di Melania iunior è seguita, dovunque,  da moltitudini di uomini e donne ed è autorizzata nei vari passaggi da governatori che normalmente si prodigano come i paroikoi  delle stazioni di servizio, per provvedere ai bisogni degli illustri ospiti di passaggio:  devono dare sale ed alloggio, riparo dei carri,  cambio di cavalli ecc.

Tutti sono impegnati nell’accoglienza, anche se la domina ha già incaricati addetti a tale servitium ( nummularii argentarii, trapezitai , curatores, procuratores, muliones , fabri,  aurighi,  che hanno la funzione di organizzare l’iter, fissare le  tappe e stabilire le fermate con precisi punti di riferimento) oltre a  propri tabellarii che preavvertono la cittadinanza dell’arrivo della clarissima,  che, a volte, decide di far di testa propria  e sovverte ogni  precedente  accordo.

Si sa che prima di  arrivare in Palestina la nave si ferma ad Alessandria dove, effettuato lo sbarco, il gruppo è accompagnato in gran pompa da Didimo il cieco,  a cui vengono fatte elargizioni in denaro e mentre i tre  restano ad ascoltare le lezioni  di esegesi biblica  vengono dati regali al clero alessandrino,  vengono  impartite disposizioni  per inviare somme di denaro ai monaci del deserto ad  epitropoi, destinati alle divisioni.

Professore, se hanno migliaia di rematori e  un numero alto di navi, per loro non è un problema reperire carri per  portare viveri e denaro ai monaci di Nitria e di Celle?

Certo, Marco,  il gruppo porta già viveri imbarcati nelle stive delle navi onerarie a  Cartagine  e mezzi per sbarcare, oltre che servi  e serve, dame di compagnie, filosofi  arguti e letterati che rallegrano le serate a bordo  e poi  in città cenano nelle ville a Canopos  o  nella reggia di Lochias, presso il prefetto e la casa del patriarca Teofilo.

Il gruppo, data la ricchezza portata, e considerati gli epitropoi fiscali e gli agenti finanziari a loro servizio,  gestisce il traffico navale  e il commercio tra la Numidia e la Libia e tra la Cerenaica e l’Egitto  avendo il controllo delle  vie interne terrestri,  grazie ai milites  di scorta, ai carri usati per i trasporti  in modo da essere sicure dagli assalti di predoni, che sono numerosi, a detta del vescovo Sinesio (cfr. www.angelofilipponi.com  Il vescovo Sinesio).

Una cosa è certa, Marco: hanno sempre merci  da inviare  anche via terra oltre che  navi da trasporto a disposizione.

Viaggiando per la  Sicilia Melania iunior incappa in una tempesta ma si salva a Lipari con Piniano e la madre  dove gli abitanti, vessati  da pirati, sono liberati con somme ingenti di denaro. Da li i tre vanno in Africa e si stanziano prima a Tagaste dove conoscono Agostino vivendo non lontano dal vescovo Alipio,  che è andato loro incontro con il popolo ad onorarli e poi a Cartagine, dove il clero, benevolo verso di loro esagera nell’accoglienza.  Piniano  è costretto a diventare  diacono, in modo da avere la carica per fare da paciere tra i cristiani e  i donatisti e poi  concordare coi   pelagiani  lettere da portare da parte di Agostino e  dei suoi discepoli a Girolamo in Palestina, destinazione finale della comitiva.

La comitiva approda in Palestina a Cesarea Marittima forse  nella primavera del  413 , attesa da una folla di cristiani, pagani, ed ebrei, desiderosa di provare l’eupoiia di Melania iunior.

Da lì, le donne e Piniano  sono scortati  con tutti gli onori fino a Gerusalemme  per un centinaio di km, un tragitto, diviso in 5 giorni di cammino con fermate serali in località predisposte all’accoglienza per la clarissima, che naturalmente lascia segni del suo passaggio munifico.

Dopo le necessarie fermate, al quinto giorno arrivano a  Gerusalemme accolti come euergetai da  una folla che li ha  incontrati  a sette stadi dalla città  che unanimemente  festeggia i nuovi arrivati.

Non solo cristiani  cattolici o eretici (origenisti, donatisti,  pelagiani) ma anche pagani siriaci ed ebrei  li accolgono con le autorità politiche e religiose.

A  Gerusalemme  e dintorni vivono la loro vecchiaia  due uomini diversi per carattere, per formazione e per credo,  Girolamo e Pelagio, i destinatari delle lettere di Agostino portate da  Melania iunior, che dovrebbe fare da paciere col marito, tra le opposte fazioni. Melania è solo latrice di messaggi ? o ha compiti di placare l’uno e di invitare l’altro  già moderato, amico del patriarca  Giovanni,  ad accettare le  formulazioni degli avversari?!

Il primo  è irascibile,  intrattabile e polemico anche perché malandato in salute e  instabile di umore  per i dolori alle anche e ai fianchi, ma  è stimato, idolatrato  per la sua  sapienza di letterato e per la sua abilità  di traduttore oltre che  per l’acutezza nell’esegesi scritturistica.

il secondo è un monumento, un pitto gigante che torreggia  sugli altri,  pacifico nella sua solennità e moderato nei modi,  laico ed accomodante di  pensiero, che è semplice ed elementare: l‘uomo è peccatore ma non è segnato dal peccato originale di Adamo  con le conseguenze di una non necessaria venuta del Christos  e  di una natura, perfetta creatura di un Dio padre creatore.

Cosa può capire la giovane Melania di theologia in uno scontro  verbale tra Girolamo e Pelagio  e di fronte al patriarca  Giovanni  pelagiano? che può dire della situazione delicata in cui gli scontri, anche fisici,  si succedono tra le due partes antagoniste ?  cosa può fare se non mostrare i doni portati!   i banchi dei trapezitai  allestiti  con i  methorioi, che distribuiscono solidi, nummi  silique! o  l  viveri arrivati su carri, da distribuire ai bisognosi !?

Si sa che la sua azione non ha effetti perché poi  segue l’incriminazione di Pelagio, dopo poche settimane, che, però, si difende bene e  grazie alla sua moderazione non viene anatemizzato ma  viene considerato  christianos ortodosso  in quanto sembra accettare la theoria della grazia e del libero arbitrio  agostiniano,   nonostante la  recisa negazione del peccato biblico di Adamo.

Pelagio può perfino sintetizzare i  tre punti cardini del suo pensiero, dopo l’assoluzione del Patriarca : 1. bisogna lodare Dio che ha creato l’uomo e il suo libero arbitrio; 2. bisogna ritenere il matrimonio cosa santa perché gli appetiti sessuali sono  dono di Dio che, quindi, benedice la procreazione di esseri che non sono  certamente  contaminati dal peccato ad opera di genitori non trasmettitori di peccato originale; 3.  bisogna seguire la legge mosaica e gli insegnamenti del Vangelo, che  sono positivi.

Professore, so che Melania iunior  rimane per 22 anni a Gerusalemme e che alla fine della   vita incontra nel 438 anche Athenais Eudocia, la moglie di Teodosio II, che  va anche lei  alla ricerca delle reliquie di S Stefano e delle catene di S. Pietro, fratello di S. Andrea,  fondatore della chiesa di Costantinopoli.  Mi può meglio mostrare la situazione generale dell’impero nei primi decenni del  400  da me poco conosciuti, per potermi orientare non solo nei problemi cristiani ma anche in quelli politici e storico-socio-economici?

Aggiungo che so, comunque, che nei primi del 400 molti cives  fuggono sotto la pressione della invasione dell’ostrogoto Radagaiso  e poi di Alarico,   da Roma,   verso le coste campane prima e poi verso la Sicilia   e verso l’Africa ed infine verso la Palestina, come poi  fanno Piniano e le due donne ed ora cedo la parola a lei: sono tutto orecchie!

Ho , comunque, ancora un dubbio, professore: come una clarissima,  un’ambiziosa romana  possa da christiana umiliarsi  come già sua nonna Melania senior,  contendere  ed impelagarsi nelle questioni dottrinarie e nelle beghe  tra eretici ed ortodossi ed opporsi  ai pagani e agli ebrei,  tutti bisognosi della sua assistenza economico- finanziaria, compresi la chiesa romana, africana, gerosolomitana e lo stesso senato, in un momento come quello precedente e posteriore il Sacco di Roma?

Marco,  ti rispondo prima per chiarirti il dubbio  e poi ti faccio una sintesi storica :  la clarissima inquadrata da abati diventa discepola diligente, obbediente agli ordini,  regolata  dalla preghiera, fa digiuni, si sottopone ad esercizi di meditazione e di silenzio: solo a tempo debito , nell’ora stabilità può esprimere il suo parere, che si annulla di fronte all’esegesi dei padri,  che portano gli esempi e parabole di  un  Christos magister, da imitare  come modello inimitabile. Il passaggio  dallo stato  laico a quello eremitico e monacale,  specie per Melania unior, è segnato da tappe già durante  la fuga e nel viaggio  marittino e in quello terrestre: la donna è  ormai succube dei suoi confessori abati, che la catechizzano inquadrandola in un gioco retorico testuale incomprensibile,  nonostante la formazione enciclica  classica, per  inculcarle la necedsità di una ricerca spirituale della perfezione, come tipica del monaco: le sue parole sono versetti biblici imparati a memoria, ripetuti !il suo linguaggio è unicamente biblico!  E’ in questa  fase di apprendistato cristiano  elementare che i trapeziti e i curatori fanno le operazioni di passaggio a seguito di una scrittura firmata e sigillata dalla donna, controfirmata dal vescovo  che in nome della Chiesa ingloba i  beni privati al fine  di una prossima distribuzione  come se facesse uso di  un continuo testamento a seconda dei luoghi dove si trova Melania  in relazione ai possedimenti specifici della  domus Valeria.

Professore, lei ha accennato in varie opere ai tentativi della Chiesa romana di  impossessarsi dei capitali femminili e vedovili, ora con Melania Iunior abbiamo un tipico esempio,  proprio  negli anni precedenti e in quelli della presa di Roma da parte di Alarico, anche lui bisognoso di denaro, non essendo stato pagato per il servizio militare  dei visigoti prestato al senato romano né ricompensato con terre, entro i confini dell’impero, ma è ora che lei mi faccia chiaro il quadro del I decennio del quattrocento  e la politica di  Flavio Stilicone (360-408) e di suo genero Onorio (384-423)

Ti faccio una breve sintesi.

Dopo la battaglia del  Frigido  nel 394  contro Eugenio ed Arbagaste, Teodosio riunisce l’impero e, alla sua morte nel 395,  affida  l’Occidente con capitale Milano  ad Onorio, sotto la reggenza di  Flavio Stilicone,  un militare,  vandalo, nato in Germania da una donna romana, marito di Serena – sua nipote,  figlia di suo fratello Onorio- e l’Oriente con capitale Costantinopoli  ad Arcadio (377-408) sotto la guida di Flavio Rufino.

Per tredici anni la reggenza di Stilicone è positiva prima militarmente  per le vittorie su usurpatori come Gildone in Africa,  per il contenimento delle rivolte di bagaudi in Gallia, per le sconfitte inflitte  ai sobillatori in Aquitania e ai visigoti, già sbaragliati  e  confinati, dopo averli opposti  agli  alani e vandali.

La scelta oculata  poi  di  magistri militum come Costanzo – che dopo la sua morte sarà il rector  della Gallia  contro i Visigoti  e le altre popolazione  barbare, intenzionate a stanziarsi nel territorio romano- e di abili  tribuni militari è determinante per il mantenimento dell’ordine  anche in Britannia,  in Germania  e in Spagna.

Inoltre la politica di integrazione  barbarica  risulta proficua e  autorizza federazioni tra  alani e vandali, ed isola Visigoti ed Ostrogoti, ariani .

Infine il trasferimento della capitale da Mediolanum a Ravenna, permette una migliore difesa alla corte, che usufruisce della marina militare, del porto,  della difesa naturale settentrionale per gli acquitrini  del Po e della laguna veneta, nonostante  l’opposizione della classe senatoria romana, guidata da Olimpio  magister officiorum, che determinerà la sua sua stessa fine,  quando avrà l’appoggio del giovane Onorio, smanioso di gestire il potere assoluto.

Eppure Stilicone ha grandi meriti  per la sagacia di interventi militari prima contro Alarico sconfitto a Pollenzo e Verona, poi contro l’ostrogoto Ragagaiso ed infine  di nuovo contro lo stesso Alarico  salvatosi a stento nella guerra del Peloponneso, grazie all’intervento di Arcadio e  di Antemio-  ministro successore di Eutropio-  che  limitano il potenziale offensivo delle legioni romane occidentali reclamando il diritto orientale   di difesa della zona Greca in quanto pars constantinopolitana.

La fine di Stilicone e di Serena  determina  la  conclusione di trattati tra i barbari, che si accordano tra loro ed autorizzano la penetrazione in Italia di Alarico. Questi, insoddisfatto per la mancanza di pagamento di somme   richieste, avanza  e scende fino a Roma, la saccheggia e  prende come ostaggio la sorella di Onorio nel 410 Galla Placidia, poi data in moglie al fratello Ataulfo.

Costanzo inizialmente è sorpreso dai nuovi trattati barbarici e dalla situazione, creatasi in Gallia e in Spagna, poi controlla il ritorno di Ataulfo, dopo la morte di Alarico,  e la migrazione visigotica verso la Spagna e le lotte per il potere tra i visigoti che, con Vallia,  stabiliscono di riconsegnare l’ostaggio Gallia Placidia in territorio romano, avendo subito numerose sconfitte grazie agli auxilia dei Vandali, ora federati  coi romani: Onorio, allora, decreta di concedere la sorella come moglie  a Costanzo, che diventa imperatore ed ha come figlio Valentiniano III (419-455). Questi regna mentre hanno la reggenza Aspar e la madre Galla Placidia  e poi divenuto maggiorenne è sotto la tutela di  Flavio Ezio (390-454 ), il vincitore di Attila ai Campi catalaunici.

Professore, la ringrazio per il conciso quadro della  situazione  circa l’impero di Occidente, ma ho bisogno di capire anche quello di Oriente senza il  quale non posso seguire  le vicende di Melania iunior.

Ti accontento subito, Marco. Tu conosci bene la mia memoria!.

Arcadio  è un imperatore inetto, religioso e  pio, direi  bigotto,  secondo l’educazione ricevuta  da Arsenio (354.-450), contestato, ma  imposto con la forza  dal padre. Il piccolo, già imperatore, ha come precettore il diacono Arsenio suggerito a Teodosio da papa Damaso perché discepolo di Girolamo e studioso di Agostino, ottimo conoscitore della lingua greca. A Costantinopoli, Arsenio diventa senatore e consigliere dell’imperatore che spesso interviene durante la lezione del precettore che non tiene a freno il discepolo, punito dal padre spesso per le intemperanze, tanto da togliergli le insegne imperiali. Arcadio, condizionato dal rigore paterno e dalla pietas del maestro, sorvegliato da servi,  risulta un soggetto, incapace di decidere e senza auctoritas, fatalista, depresso  continuamente, succube delle donne del palazzo imperiale, una canna al vento! Lo stesso Arsenio, nauseato dagli intrighi di corte  abbandona averi e famiglia e gloria per rifugiarsi  in Egitto nel monastero di  Scete dove rimane per  oltre 40 anni.

Alla morte del padre, Arcadio ha come magister equitum Flavio Rufino e poi  il praepositus  sacri cubicularii  Eutropio, eunuco,  che gli impone come moglie Eudossia figlia del generale barbarico Bautone  amico di Gainas e regola a suo arbitrio gli affari di stato. Divenuto console nel 399  fa politica contro Stilicone  favorendo in Africa l’usurpatore Gildone per staccarla dall’Occidente, facendo incetta di ricchezze e di villae romane, aizzando i visigoti  a reclamare terre aquitane o  italiche.  Alla sua fine voluta da Eudossia e Gainas, forse favorito da Stilicone, intenzionato a  assoggettare la corte orientale,   Arcadio è dominato dalla personalità di Antemio, magister officiorum  per un decennio, che diventa console con Stilicone nel 405 con cui contrasta nella guerra del Peloponneso circa le zone di influenza  dei due imperi  ed è tanto potente da cacciare da Costantinopoli il patriarca Giovanni Crisostomo e da confiscare i beni agli ebrei e ai pagani.

Professore, la società romana di questi anni è in crisi sociale ed economica    e perciò i protoi  fuggono  dalle città,   dalla corte e da ogni centro, dove esiste la competizione, dove è possibile il saccheggio sia da parte di bande armate che da barbari,

La fuga di clarissimi comporta , Marco, uno spostamento  non solo di uomini ma anche di capitali mobili, oggetti, statue,  masserizie e di viveri  e di una moltitudine di  schiavi che seguono i loro padroni con ogni mezzo. A volte ha i contorni di un esodo, specie per le diverse funzioni degli schiavi, di  accompagnatori con titoli differenti,   a seconda delle mansioni svolte e delle professioni, anche di liberi  che con il loro patrimonio   seguono come pedissequi  perché  hanno protezione dai domini che viaggiano sotto scorta, avendo milites ed equites  che sono anche etairoi per i maschi.

Le donne con le carrozze, che  hanno con loro dame di compagnia   libere e   schiave,  sono al centro del corteo.

Per le merci di solito si usano i plaustra e  i sarraca  o  il carrus   trasportati da buoi  con due ruote a disco  e cerchioni di ferro, mentre le dame  vanno  con redhae e carrucae.

viatores liberi  di norma  sono alla fine  del corteo  e sono  seduti su panche  collocate l’una dietro l’altra con cuscini e  coperte dai pelle o  di lino.

I carri- essedum e capentum, specie il Cisium, che è un gioiello – dei patrizi sono di lusso ed  hanno decorazioni con bassorilievi  di bronzo o di argento, con sospensioni ad archetti di metallo e  con cinghie di cuoio, lodate da Plinio il Giovane e da Ammiano Marcellino nelle loro opere.

I carri , quasi tutti, hanno  un mulio, il vetturino  conduttore, e in caso di lunghi viaggi  i vetturini sono molti e devono  essere cauti e prudenti   e perciò procedono  lentamente ed arrivano dopo molto tempo e si rifocillano a spese dei clarissimi nelle taberne di servizio statali lungo le strade consolari se  ancora esistono. altrimenti hanno ognuno una sportula consegnata  dagli amministratori delle domus, alla partenza. Si conoscono muliones divenuti generali e consoli come Ventidio Basso o perfino  imperatori come Vespasiano.

Professore, in una tale società in cui i migliori hanno problemi di coscienza e sono obiettori  e si rifugiano nel deserto, i cacciatori di testamenti sono una piaga nel mondo latino, esecrata da scrittori di satira come Giovenale, ora sono  ancora di più accaniti  e  il clero della chiesa  cattolica ortodossa non è da meno.

Certo , Marco,  ora tutti i liberi, di modesta condizione finanziario-economica, già parassiti,  seguono i padroni in fuga  decadenti, malati. L’episodio del clero di  Cartagine con Piniano fatto diacono è eloquente: la stessa Albina  si adira non solo perché ancora spera che la coppia abbia un figlio come erede, ma anche perché nota l’avidità dei presbiteri  per il denaro liquido.

Quando poi Piniano decide di liberare – non si sa se in Sicilia o in Africa-  8000 schiavi  e- sappi che  solo un quarto di loro  accetta la manumissio perché gli altri preferiscono, data la situazione,  rimanere schiavi per godere dei vantaggi certi  della protezione dei Valeri domini, e restare nelle terre dove sono sicuri dalle rapine, specie in Italia e in Sicilia – sorgono molti problemi, non solo testamentari ma anche  di legittimità dei praedia, assegnati in relazione al lavoro  precedente nelle villae,  perché private di manodopera servile o perché risuddivise in porzioni più piccole per dare lavoro alle singole famiglie  di ex dipendenti, lasciate alla mercé degli amministratori dioichetai  che hanno fatte le assegnazioni.

Immagina gli screzi   e le lotte per i confini tra i nuovi  padroni di terre  sottratte al latifondo, assegnatari, che ora devono fare ogni cosa per conto proprio  e provvedere perfino alla difesa dell’ ager !

Non è uno scherzo liberare contemporaneamente e fare l’affrancamento di 8. 000 schiavi.

Ci sono precisi rituali da  seguire, leggi a cui sottoporsi, tributi da pagare  prima di affrancare uno schiavo: c’è una fila di burocrati avidi che vogliono denaro.

Bisogna che ogni schiavo, specie se verna, uno nato in casa del padrone,   vivente col suo nucleo familiare, abbia una sicura dimora  e  sufficiente vitto e denaro  per sopravvivere inizialmente e  un rapporti con altri, che devono fare da  tutori.

Per gli amministratori   il caso di evergetismo e  di  liberazione collettiva è  un’azione statale e  quindi già  predisposta nei minimi particolari, ma, ora,  siccome si tratta di un’ opera di una singola famiglia l’incarico è del magistrato superiore della zona, in cui si trova l’esecutore  dominicale e diventa una prova di efficienza operativa  di lunga durata, di cui ogni  dioicheths sottoposto  deve rispondere  alla civitas di appartenenza. Si procede, comunque, come in una fase testamentaria :Infatti ci sono tre forme di manumissio- vindicta , testamento, censu -( cfr M . Marrone,Manuale di diritto privato romano, Torino 2004).

Tutte  e tre  le forme  sottendono la presenza di  un magistrato, (praetor propraetor , consul,  proconsul  o delegati), che con una virga  ( o lui o un suo littor)  colpisce lo schiavo da liberare . Segue  una lunga cerimonia  che avviene, come in caso di un dominus defunto, che ha  nominato erede  nel testamento  l’uomo  che, oltre alla libertas, avendo   nomen e fondo terriero,  è iscritto  tra i cives che devono  pagare  –apographh  iscirizione-   come contribuente censito  (apotimhsis ).

Marco ,  ti consiglio di  rileggere alcuni miei lavori  sul censimento  (la nascita di Gesù Cristo in Jehoshua o Iesous?  Maroni 2003) e sulla liberazione di schiavi da parte di dominae  lo  studio di   Fela Consolino ( Il monachesimo femminile nella tarda antichità, in Segundo Seminario sobre el monacato. Monacato y sociedad, Aguilar de Campo 1989, pp. 33-45.) oltre a  quello di Sante o patrone? Le aristocratiche tardo antiche e il potere della carità(, «Studi storici» XXX 1989, pp. 969-991).

Grazie professore, lo farò.  Ma, sentendola parlare ho pensato quanto sia difficile parlare  di verità.   Le chiedo un parere su quanto   dice  Paolo Mieli  in un suo libro  in cui  tratta di verità indicibili, verità negate  e verità capovolte.

Noi,  Marco,  in effetti, possiamo dire la  stessa cosa per quanto riguarda la storia del  monachesimo e di tutto il primo cristianesimo. Inoltre abbiamo sempre detto  che non esiste verità assoluta ma vediamo solo porzioni  di essa ed abbiamo rilevato il paradosso, opponendo – non negando -le risultanze  storiche  al dogma  conciliare, e a  volte abbiamo perfino capovolto la parola di Dio in quanto non supportata da documenti ma solo dalla fides del credente, che crede senza ragionare.

Comunque, le nostre verifiche ci dànno risultanze diverse e differenti  da quelle cristiane: non possiamo nemmeno dare criteri nuovi  di lettura critica  e valutazione, ma solo arrivare ad una scettica  sospensione di giudizio, in attesa di prove probanti  numismatiche, archeologiche, epigrafiche, convinti di dover fare un imponente lavoro, con selezioni e aperture verso altre fonti, di ricerca e di studio su  Evagrio, Rufino e Palladio, Ambrogio, Girolamo, Agostino  Paolo Orosio, Giovanni Crisostomo,  Pelagio, Nestorio   e altri in modo da chiarire  ogni parola del loro pensiero, senza preconcetti religiosi,   strettamente legato ad un  definito contesto,  in quel  preciso cotesto,  relativo ad una situazione ed a un episodio  reale storicizzato.

Noi, desolati e sconfitti,  abbiamo concluso   che ci troviamo a cercare un ago nel pagliaio!.

La storia cristiana non è storia, ma una sorta di toledot ebraica una sequela di generazioni di santi uomini e sante donne che hanno operato per il bene della comunità ecclesiastica in opere e pensiero divenendo maestri e modelli di vita, in quanto conformi al credo dogmatizzato nei concili di Nicea e di  Costantinopoli,secondo il sistema ebraico di giustizia e di oikonomia divina.

Le sono grato per la spiegazione e la prego di vedere con me  un altro esempio di fuga. quello di Rutilio Namaziano, che permette di leggere il sacco di Roma da altra  angolazione, quella  pagana.

In questo modo il saccheggio di Roma di Alarico, non è punizione di Dio,  la fine del mondo  come dicono  i cristiani che attendono  il ritorno del Christos. Diverso è invece il commento di Rutilio Namaziano un pagano di Tolosa ex prefectus urbi che nel 414 decide di tornare a casa in Gallia e fa un viaggio  per via terrestre e marittima e si accorge della rovina del’impero  non solo per la presenza barbarica ormai normale nel  kosmos romano,  anche per il cambiamento straordinario  di morale dei cives, non più quirites,  impegnati nel negotium, a conservare il diritto e il tradizionale  sistema di impostato sulla familia, sulla civitas,  sulla pietas  degli dei  e quindi  sui principi del pater familias, di matrimonium, di concordia, societas,  pax , sulle virtutes cardinali  (giustizia fortezza prudenza e temperanza).

La fuga dalla famiglia e dalla civitas  è una necessitas ma non la fine del mondo pagano e  della suoi valori:  il cristianesimo è barbaries, perché nega la vita stessa, la  dimora consociata terrena, la  comunicazione umana.

Professore, Rutilio è lo scrittore  di   urbem fecisti quod prius orbis erat?
Certo, Marco è lo scrittore che  rileva il valore dell’individuo  faber della propria fortuna  e che  celebra la sua creativa forza seppure di  creatura mortale, che opera per l’eternità di Roma  e che  vede esattamente la funzione civilizzatrice  della Romanitas , capace  di creare  di tanti popoli un solo popolo, di dare unicuique suum, di rilevare il sole  del paganesimo, inteso nella sua vitalità di  sesso ragione e natura, opposto alla tenebra del cristianesimo come  ritorno alle grotte, come  fenomeno non filantropico, fatto  in nome di una promessa futura di un Paradiso celeste,  da un Dio padre che ha mandato il figlio sulla terra per essere ucciso e  per redimere col suo sangue l’uomo da una colpa di un progenitore. Alla condanna  dei cristiani accomuna la stirpe dei  giudei  che sono  persone  che accorciano i loro genitali  avendo un dio molle e sfinito,  e che dedicano il sabato al letargo e all’ozio: secondo lui  Fortunatamente, però, grazie a Pompeo e Tito, i giudei sono stati sottomessi, ma adesso il popolo vinto opprime i vincitori!

La rabies  è in adesso  cioè per il  momento di  crisi di cui approfittano giudei e cristiani  per opprimere i vincitori!

Tutto questo sottende l’invettiva contro i monaci di  Capraia e di Gorgona ( De reditu suo  I, 439-452 )  in cui  dopo aver mostrato l’isola – piena di uomini  che  si dicono in lingua greca monaci- squallida per la presenza di viri che, temendo i beni della fortuna, ne paventano i danni , risultando esseri infelici  di propria volontà per non essere infelici.

Squalet lucifugis insula plaena viris /ipsi  se monachis  graeco cognomine  dicunt/ munera fortunae metuunt, dum damna verentur/  quisnam  sponte miser, ne miser esse queat?

C’è la rabies del pagano che cerca di essere felix ogni ora e giorno della propria esistenza ,che deve constatare  la presenza di uomini che, avendo un cervello perverso, rifiutano la fortuna e  fuggono la luce  come se fossero ergastolani destinati a scontare le proprie malefatte.

Un giudizio cosi anticristiano  acuto e reale, sottende non solo la condanna morale del christianos, ma  anche la sua indegnità di  civis romano, simbolo del kosmos, pars dell ‘armonia universale.

Ho letto solo in alcune pagine dell ‘opera dell’imperatore Giuliano, bollato come apostata, una così radicale negativa valutazione  del cristianesimo, del clero e della ecclesia. 

Rutilio  nel vedere la rovina di monumenti  e delle mura cittadine, l’incuria delle vie consolari e l’abbandono del servitium nelle  paroichie , l’impraticabilità delle stesse vie marittime per l’assenza della flotta nel Tirreno,  non può non dire della sua rabies nel suo ritorno in Patria,  mentre ancora i milites di Ataulfo razziano le contrade   tosco-liguri, devastando le  regioni percorse dalle vie Aurelia e  Cassia.

Il cristianesimo per lui  ha  la magia di Circe ma  è peggiore della  maga che  cambia uomini in bestie perché cambia e stravolge l’animo umano!

La fuga e la vita nuova da  santa di  Melania maior  e minor, se lette dall’angolazione dello scrittore pagano,   potrebbero essere rovesciate  e capovolte ed avere un altro significato come di dominae lucifugae e Piniano, come  animale selvatico che si rintana nelle grotte, un miserabile civis attardato  e retrogrado, vile vir degenere!  il pagano tolosano  ex prafectus urbi  del 414, seppure in fuga, un  gallo,  ha integri i valori eterni di Roma  ed è autentico vir romanus, che condanna i christianoi come responsabili e  corresponsabili della rovina dell’impero, insieme ai barbari, che scorrazzano impuniti in territorio romano!

La voce di Claudio Claudiano 370-404) un alessandrino venuto a Roma , un poliths/civis integrato, bilingue, amico degli anici, legato alla corte   occidentale  di Onorio e di Stilicone  è espressione invece del sistema cristiano retorico più avanzato.

Infatti Claudiano celebra  con panegirici encomi e ipotalami i membri dell corte , indifferentemente Onorio  e Stilicone (moglie figlie) ommaggiando tutti , nonostante le lotte interne,l i capricci delle donne , gli scontri tra il reggente e il giovane imperatore, gli intrighi dei protoi,  le contraddizioni e le ambiguità del discorso cortigiano in cui i prelati   christianoi sguazzano  con la loro bizantina perfidia, coordinata da Roma,dal senato e dal pontefice che hanno loro rappresentanti (spie)a Ravenna.

C’è lode per Stilicone e la sua politica e  per le sue imprese; c’è esaltazione del  giovane imperatore; c’è elogio di Serena   e delle sue figlie ; non c’è nemmeno l’ombra di una controversia tra genero e Suocero, neanche di un possibile litigio tra genero e suocera, Questa  è arte alessandrina, secolare! Espressione concreta sono  De bello Gildonico,  De nuptiis Honorii et Mariae  e Laus Serenae!Questo è Claudio Claudiano!

Anche Palladio uomo di corte a Costantinopoli non è dissimile da Claudiano.

Il cortigiano ha eguale linguaggio, dovunque c’è una corte !Palladio, discepolo di Giovanni Crisostomo funzionario di  Teodosio II e  vescovo di Elenopoli, dopo il periodo monacale passato in Egitto con Evagrio, è  espressione tipica del clero costantinopolitano Cristiano integralista  anti-pagano e specie anti- ebraico, come il suo maestro!

Senti, Marco, come Palladio racconta l’invasione dei Goti paragonandola ad una tempesta barbarica /thuella tis barbarichh : il monaco mostra che la provvidenza rovescia  l’ordine delle cose, volendo  persuadere gli increduli e tutte le  altre famiglie che, cadute in  prigionia, si salvano solo  per lo slancio di Melania  perché si erano offerte in olocausto al signore  (olokautoomata ginomenoi tooi kuriooi). 

Nota bene, Marco, la ricompensa del signore a Melania : salvare solo chi ha bruciato se stesso e le sue sostanze come vittime consacrate per il totale annullamento (ibidem 54,7).

Quindi, professore, secondo lei il monachesimo vuole l’olocausto, desidera che brucino l’uomo e il mondo,  come se attendesse l’ekpuroosis  origeniana  (cfr www.angelofilipponi Apokatastasis ). Ora, però, prima di concludere il nostro discorso aggiungo che  mi sembra di aver compreso qualcosa  sul contesto ravvennate  e  romano, ma non capisco come viene coinvolta Serena la moglie di Stilicone, nella fuga di Melania e nella spartizione del patrimonio dei Valeri.

Marco, siccome il senato romano  si oppone alla alla vendita dei beni e alla elargizione alla chiesa romana,  avendo preoccupazioni per le richieste di denaro di Alarico, Melania iunior invia a Ravenna  lettera ed amici  a Serena, moglie di Stilicone, e  chiede il suo intervento tramite il marito e l’imperatore stesso.

E’una commendatio,Marco, con richiesta di lasciare integra la potestas  al pater familias cioè a  Piniano, che ha anche la dote di Melania!.

La patrona  Serena (370-408) interviene con un’interpellanza giuridica al senato  che non ostacola più il pater familias nella gestione del proprio oikos, nonostante le lamentele di alcuni senatori, le cui mogli sono parenti di Melania.

Sappi che Serena è donna imparentata con Teodosio I in quanto figlia di suo fratello Onorio,  allevata dall’imperatore fin da bambina  a corte, come figlia.

La donna è altezzosa  anche se cristiana, bigotta, formale, tanto da desiderare  di essere sempre la prima in mezzo alle altre dominae. Col matrimonio voluto dall’imperatore  con Flavio Stilicone, capo del pretorio,  assegnato come difensore dell’occidente al figlio Onorio, minorenne,  la donna diventa  reggente dell’impero  col marito ed è avida di ricchezze, di brillanti e gemme, di pelli, di pellicce, di porpora.

Serena, pur celebrata anche da Claudio Claudiano  in una Laus  è cristiana egoista, intrigante e permalosa, anche se è alonata da maestà imperiale specie dopo il matrimonio di Maria con Onorio. Non è  matrona, tipo Cornelia figlia di Scipione, che  mostra alle amiche i  figli come suoi gioielli!

Zosimo in Storia nuova V,28 , la descrive come  empia e sacrilega:  entrata nel tempio di Vesta, vista una collana,  appesa al collo della dea gliela tolse e se la mise. Una vestale anziana  l’accusò di empietà, ma lei subito la insultò e la  fece cacciare dal suo seguito La vestale   pronunciò terribili maledizioni contro Serena, suo marito e i loro figli!.

Lo scrittore scrive che la maledizione si realizza compiutamente e su Stilicone e su Serena e sui tre figli (Eucherio, Maria e Termuzia).

La donna, infatti, per ordine  del Senato è giustiziata come traditrice di Roma e  suoi beni confiscati risultano  smisurati:  la vendita di proprietà è  messa in relazione  ad un parziale incremento, seppure momentaneo,  dell’economia  dell’impero d’Occidente, in un momento critico finanziario, in cui  il senato ha necessità di risorse monetarie per finanziare gli eserciti e combattere i Goti, di Alarico. che fa il sacco di Roma.

Sembra infatti che  Serena  per la sua raccomandazione  prenda una  percentuale  da Piniano che la paga agli epimeletai imperiaIi, di cui non si conosce l’entità, ma non si sbaglia di molto se si indica il  10% sull’intero capitale  dei Valeri, venduto: il senato, comunque, dopo lo sterminio della familia  di Stilicone, recupera il denaro  in quanto la donna è rea di tradimento.

Melania conosce la tragedia della famiglia di Stilicone, ma già essendo in  fuga,  non sembra mostrare alcuna compassione né per  Serena né  per i figli, suoi amici: è una cristiana apatica verso il prossimo, tesa solo  alla più alta spiritualità,  alla teleioosis!

Nei tre anni di fuga  408-411 sembra sotto l’influsso di Tirannio Rufino che  la segue fino alla morte in Sicilia nel 411 godendo dei vantaggi della  protezione di una  munifica clarissima, che passa da una villa ad un’altra e fa brevi tragitti marittimi, lungo costa .

Professore ,mi può brevemente dire qualcosa di Rufino di Aquileia   personaggio, discusso,  amico a lungo di Girolamo separatosi poi solo per la questione origeniana ed inimicatosi  per  colpa del pelagianesimo. E’ davvero un buon  traduttore del pensiero origeniano? Io ho letto i Principi (cfr I Principi a cura di M.

Simonetti, Utet 2010)e devo dire che la traduzione di Rufino del  Peri archon è certamente  letterale e riproduce il pensiero di Origene,  anche se tende  più a leggerlo che ad interpretarlo, avendo sacro il compito difficile del tradurre

Preciso che non  ho fatto  mai un lavoro  specifico su di lui, che, comunque risulta uomo serio, certamente scaltro come ogni ecclesiastico, abile, perciò, a mantenere stretti i legami coi protoi, coi quali  sa  vivere mantenendo forse la propria dignità.

Concludo dicendo  che una donna semplice come Melania  non può non essere suggestionata e presa dal fascino ascetico  di Rufino, tanto abile da farsi rispettare anche da Girolamo e da Damaso! anni fa ho scritto sul rapporto stretto di Olimpiade con Gregorio di Nazianzo e  su quello ancor più profondo e misterioso con Giovanni Crisostomo: cosa può opporre una giovane  a theologoi   di tanta cultura, capaci di essere i  pilastri  del pensiero cristiano  e di esserne quasi i padri ?

Allora, professore, possiamo dire che nulla le sante cristiane possono  di fronte alla theologia e alla cultura  di uomini superiori, specie in momenti di  crisi politica  militare  oltre che economico-finanziaria, se non seguire i comandi della Chiesa e lasciare inglobare il loro patrimonio.

Di questa politica di inglobamento delle ricchezze femminili  e del plagio di coscienze  giovanili  c’è  condanna da parte del gruppo di pelagiani  che con  Celestio, con  Cassiano e con Giuliano di Eclano avrà successo  in Gerusalemme e poi  a  Costantinopoli, dove  ci sarà anche  l’appoggio di Nestorio stesso.

Sono tutti uomini che vogliono una chiesa povera  in cui il sacerdozio non abbia quella  preminenza sui laici che deriva  dall’organizzazione verticistica,  in nome di Dio e dell’imperatore.