Luca e il vissuto reale di Gesù

Marco, secondo te, Luca, 14, 25-33, scrivendo dopo oltre 40 anni dalla morte di Gesù, può darci col suo Vangelo segni della sua professione e della sua regalità, riportando paradigmi, come esempi di un maestro morto in croce, che chiede  di essere seguito dopo aver  espressamente  detto di odiare/misein la madre, il padre, la moglie i fratelli e sorelle e perfino la propria vita?

Non è facile rispondere.  Comunque, ognuno di noi, scrivendo dopo anni  dall’evento,  può immettere nel discorso  il proprio vissuto  per convalidare un’idea come richiesta di un amore sublime, straordinario, in modo da concretizzare il proprio pensiero, specie se connesso con un evento doloroso e traumatico come una crocifissione.

Lei direbbe che ciascuno  referenzia  a seconda dell’esperienza fatta.

Dunque, Marco, l’invito ad amare  può avere maggiore rilievo se accostato all’accettazione del cristiano  di  prendere la propria croce  come discepolo del Christos,  già  cambiato in Rabbi,  e di conseguenza  può provocare una memoria del passato con rievocazione del proprio reale vissuto e la decisione di lasciare il mondo e i beni terreni, per iniziare un cammino di perfezione?

Per me è possibile e probabile. È possibile  perché il  discepolo ha preso la croce, come simbolo, che all’epoca ancora era espressione di morte dolorosa,  come lei ha ben spiegato in Crucis ofla /pendaglio da forca  ed ha lasciato famiglia e il patrimonio familiare, facendo scelte  decisive; è probabile che Luca nella sua scelta Christiana  abbia riferito le parabole  proprie del mestiere di Tekton – connesso con l‘oikonomia  gestita da un capofamiglia – e di un Basileus /Maran con la sua politica militare. Si aggiunga che  Luca scrive riprendendo Marco e  Matteo, i quali con Paolo hanno creato il mito della croce e del crocifisso, tipico del christianos antiocheno, discepolo  del Christos, figlio del Padre, redentore  del peccato originale dell’uomo, ora rabbi, esempio di perfezione  da seguire nella rinuncia  alla famiglia  e agli averi  come sciolto dai vincoli terreni per cercare la vita nella Contemplazione.

Quindi, anche tu, Marco, ritieni che Luca abbia nel suo sondergut, oltre al materiale  della sua tipica  formazione anche  il ricordo di un Gesù kain/tekton  e di un Gesù maran/basileus?

Lei si riferisce al suo articolo Qual è il “sondergut” di Luca e quale quello di Matteo?

Si.

Penso che il Gesù maestro rabbi di  Luca sia figura costruita, sotto cui  c’è la vita di un reale personaggio aramaico  che ha svolto un mestiere e che è stato re per cui  talora nei suoi logia compare qualche elemento del prototipo originario.

Nel tentativo di  spiegazione si  sottende  nella parabola il reale pensiero di un uomo che porta la propria esperienza: i due  esempi  propri di un  mastro e  di un re potrebbero rivelare due aspetti della vita di Gesù.

Infatti il rabbi lucano chiude il suo discorso dicendo: chiunque di voi non rinuncia  a tutti suoi averi, non può essere mio discepolo ed aggiunge  come paradigmi  la parabola della torre  e quella della guerra  (ed infine quella  del sale , di cui ho giù parlato altrove).

Professore, non ho presente il testo, me lo può  citare? per lei non è uno sforzo!

I parabola: chi di voi volendo costruire una torre  oikodomhsai purgon non si siede e  fa il preventivo della  spesa/ bastazein dapanhn  per vedere se ha abbastanza  per portarla  a termine/ektelhsai- un apacs legomenos lucano-? gli potrebbe succedere che non potendola finire, i vicini lo deridano dicendo: ha cominciato ma non gliel’ha fatto a finire

Professore, il fatto che lei mi ha messo la traduzione dei termini significa che io mediti sui due sintagmi ( quello sull’oiKodomia  purgou e quello su bastagh dapanhs/ onere di spesa) per capire il pensiero di chi costruisce  e quello  del datore di lavoro-  che prima di iniziare calcola ogni cosa, timoroso  di  essere deriso e dagli okoidomoi e dalla gente comune se deve interrompere l’opera per mancanza di denaro-. Pur meditando e pur comprendendo i termini  non riesco, comunque,  a capire completamente il motivo reale di tale puntualizzazione. Vuole dire che Gesù, essendo un mastro, sa bene che prima di impegnare i suoi uomini nel lavoro, deve avere la sicurezza del pagamento!? Non si può spostare una massa di uomini  se il committente non è affidabile! Sembra che lei vede più dall’angolazione dell’imprenditore edile che da quella  del committente. In epoca romano-ellenistica, le grandi opere sono statali – così ci ha sempre detto- specie in Giudea dove Erode e i figli e nipoti sono committenti, che si servono di manodopera  locale, qainita. Perciò  la costruzione di un purgos rientra in questa logica: il pagamento è sicuro!

Marco, mi  basta che tu abbia meditato, anche se ci sono altri elementi come puoi rilevare nella II parabola, che ti  preciso:

O quale re / basileus  che sta sul  punto di partire  in guerra contro un altro, non siede prima per studiare se con 10.000 uomini è possibile fronteggiare uno che gli viene contro con 20.000 uomini. In caso contrario, quando l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria/ presbeia per chiedere le condizioni di pace.

Professore, lei  da quanto detto  vorrebbe pensare che Gesù, essendo un maran federato con la confederazione parthica, antiromana,  potrebbe aver  meditato sull’impresa di Lucio Vitellio, inviato nel 35 da Tiberio  a punire Artabano III e i suoi alleati   ed aver deciso, vista la preponderanza delle forze nemiche, di inviare una ambasceria  al legatus,  che subito dopo  fa il trattato a Zeugma  con re dei re,  avendo già  predisposto un esercito per l’assedio di Gerusalemme?

il Gesù maran davvero professore potrebbe aver fatto questi ragionamenti per evitare  che la città fosse presa per la terza volta in un secolo?

Marco non posso dire niente. Questa stessa lettura è già una interpretazione su supposizioni: non ci sono prove di nessun genere. La storia romana e cristiana  ha tràdito  questa lettura, di secolo in secolo, vera e alonata, santificata  dal tempo stesso. Chi crede in Gesù figlio di Dio, redentore,  morto per i nostri peccati e risuscitato,  spera in un premio eterno e non deve meditare e riflettere: è spirito innocente, che segue la tradizione secolare della Chiesa e la parola di Dio – Spirito Santo- dei Vangeli canonici.

Siamo noi storici non credenti che dobbiamo ricercare, studiare, portare prove  per dimostrare la non storicità dei fatti, l’inesistenza delle parole di Dio/logia, la falsificazione di un quinquennio  32-36 con la cancellazione di un Malkuth: un lavoro impossibile  per un uomo rispetto alla straordinarietà e continuità di operazioni fatte da una communitas ecclesiale  col contributo, col sacrificio, con la tradizione di un’intera esistenza  di tanti uomini e donne,  menti sublimi christiane, votate a migliorare e a potenziare  il pensiero  di base apostolico, apologetico, dottorale, patristico  della  Chiesa Santa  Apostolica Romana,  una costruzione romano-ellenistica imperiale, collegata con l’imperium romano occidentale ed orientale, costituitasi come imago di  civitas dei con auctoritas e potestas   divina, superiore ad ogni autorità terrena,  grazie alla presenza del pontefice, legittimo rappresentante del Christos,  nomos empsuchos.  

Troppi santi martiri e confessori ha la  Chiesa!professore,quanti papi e re, conti e e vescovi  sacerdoti e laici!  e quanti monaci!

Il nostro lavoro è vano, vanissimo: la ricerca di un ago in un pagliaio... immenso!