In memoria di Tilde Orazi, moglie di Giuseppe Lupi
Professore, da anni la seguo e solo ora chiedo se veramente Filone sa della punizione inflitta/ Epecseleusis, dopo ispezione, da Tiberio ad un ebreo o ad ebrei nel periodo post seianeo. Uno come lei non può, dopo tanto studio, non essere giunto ad una conclusione pertinente. tuzioristica, anche se personale. Mi può rispondere sinceramente e dirmi cosa pensa a proposito ?
Marco, ad ottanta anni, devo dire che con sicurezza non posso fare alcuna affermazione certa, anche se posso dirti di poter tirare una conclusione su fatti antigiudaici, avvenuti sotto Seiano, che inducono Tiberio -accortosi di essere stato tradito- ad inquisire e a punire alcuni giudei e a mantenere, comunque, lo stesso statuto per l’ethnos giudaico ma, solo dopo la scoperta di eventi nuovi, a seguito dell’inchiesta sulla pars seianea, successiva la morte del potente pretoriano il 18 ottobre del 31 d.C.
Dunque, professore, ha qualcosa di certo su cui poggiare la sua theoria su Gesù Messia e il suo crimen di lesa maestà?
Poca cosa. Marco. Tu sai che mi baso sui fatti e non sulle parole: e qui si tratta solo di termini, da capire!. Sai quanto mi dà fastidio fare l’interprete, l’esegeta!. Epecseleusis ne è uno che indica l’azione d’ispezionare (da epecserchomai) mediante episcopoi che dopo inquisizione possono riferire e dare giudizio di atimoosis (privazione dei diritti civili colpendo di atimia il cittadino, reo, che viene proscritto come apolide) e quindi affidare i rei al carnefice; un altro è metanastasis (metanisthmi) con cui un kriths /giudice, condanna in esilio un civis proscritto, come phugas/exul o profugus.
Chiaro?
Seguiti , professore, io ascolto.
Marco, come vedi, posso lavorare su termini e posso mostrarti l’incipit di In Flaccum, a dimostrazione e sostegno di una persecuzione antigiudaica nel II anno di regno di Caligola, come completamento e chiusura dell’ispezione tiberiana e della fortunata guerra antiparthica contro Artabano III.
..Secondo, dopo Seiano, Avillio Flacco iniziò a tendere insidie ai Giudei e, anche se non potè, come il suo predecessore, compiere ingiustizie contro tutta la popolazione – aveva infatti, rispetto a quello, minori risorse – attaccò procurando mali incurabili a tutti gli ebrei, che sorprendeva riuniti. Ciò nonostante, non accontentandosi di danneggiare solo una parte di loro, cercò di assalire tutti i Giudei, che vivevano in ogni parte del mondo, sfruttando più l’astuzia che la forza: infatti chi, di natura tirannica, non ha forza, sa nuocere con le astuzie.
Ti spiego meglio. L’inizio di In Flaccum non sembra possa essere questo: alcuni hanno pensato che l’opera sia mutila e che prima di questa iniziale frase ce ne sono altre che sono state tagliate. Io ho sempre pensato fin dalla prima traduzione dell’opera, e poi all’atto della pubblicazione e.book insieme con Andrea, che gli alessandrini sono connessi con lo zelotismo palestinese e che Elio Seiano, perciò, da tempo ha risentimento contro i giudei di quella città. Inoltre la vicenda di Avillio Flacco e la persecuzione specifica degli ebrei di Alessandria e non contro tutto l’ethnos , nell’ultimo anno di procura, avrebbe una sua spiegazione logica, se ci fossero, all’inizio, il riferimento ad un avvenimento, quale la regalità di Gesù Christos, iniziata nella Pasqua del 32, finita proprio nel 36, e il collegamento in qualche modo degli aramaici sconfitti da Lucio Vitellio con gli ellenisti ebraici che sono sotto la giurisdizione del governatore di Egitto. Noi vediamo un’analogia tra i fatti del 73 dopo la conquista di Masada (Flavio, Guer. Giud.,VII,10 , 408-425) e l’intervento del senato alessandrino che condanna gli zeloti e i sicari venuti in città, accolti dai parenti e la stessa situazione alessandrina sotto Flacco, del dopo Jehoshua e la sua crocifissione gerosolomitana (cfr. www.angelofilipponi.com).
Se ho ben capito lei vede da una parte il malkut ha shemaim /32-36 a Gerusalemme, finito dopo l’impresa di Lucio Vitellio e connessioni economico-finanziarie e militari con gli ebrei di Alessandria, poi inquisiti dal governatore Avillio Flacco, colpiti da atimia cioè privati dei diritti civili e dati con le ricchezze e la stessa vita in pasto ai greci ed egizi pagani, mentre da un’altra rileva la connessione tra la distruzione del Tempio ad opera di Tito con la successiva presa di Masada e fuga dalla Giudea di sicari e zeloti, accolti in Alessandria tanto che il sinedrio è costretto a denunziarli, per salvarsi, e a farli condannare a morte dopo il trionfo romano sulla Iudaea di Vespasiano.
Certo. Marco, proprio così. Aggiungo che Filone mostra la differenza di potenza tra Seiano e Avillio Flacco e poi tra il pretoriano e l’imperatore e lo fa evidenziando il termine Aphormé -che significa base di operazioni militari (da aphormao – muovo) e vale aiuto, risorsa, mezzi di uomini, navi, denari, per mostrare indicativamente la possibilità di Flacco di nuocere ai Giudei in relazione al suo grado di governatore, certamente inferiore rispetto a quella di Seiano, data la sua auctoritas in tutto l’ecumene, che ha mezzi di distruzione di massa sconfinati. Infatti l’uno è governatore di Egitto, la carica più grande dopo quella di capo del prefetto del pretorio, per un eques; l’altro, oltre ad essere capo dei pretoriani, ha avuto, però, molti incarichi da Tiberio dal 26 al 31 (18 ottobre) tanto da essere equiparato all’imperatore: oltre ad avere la tribunicia potestas sembra che abbia avuto anche l’imperium proconsulare maius per l’Oriente, gestendo la politica orientale specie siriana. A Roma, infatti, il popolo ironizza dicendo che Tiberio è principe di un isolotto (Capri) e Seiano del mondo. Questo spiega il potere di perseguitare tutta la stirpe (sumpan… to ethnos) in ogni parte del mondo, purché sotto il dominio romano.
Probabilmente Flacco, avendo già abolito il sabato e sorvegliato l’attività sinagogale, come già nel periodo di Seiano, escogita un’altra accusa che Filone puntualizza in in Flaccum 86-88
Venne escogitata una seconda rovina, volendo aizzare l’esercito contro di noi sulla base una nuova calunnia: che gli Giudei avevano armi nelle case.
Tieni presente, Marco, che la guerra contro Artabano III e socii è finita, dopo il trattato di pace di Zeugma nei primi mesi del 36 e che Vitellio entra in Gerusalemme, che in festa lo accoglie con uno nuovo sinedrio filoromano sadduceo, che consegna il Messia Maran cfr. Paradosis ed Endeicìsis in www.angelofilipponi.com .
Seguiti, professore.
Filone aggiunge:
Dunque, fece venire il più fedele dei centurioni di nome Casto e gli ordinò di prendere i soldati più audaci della sua coorte, di affrettarsi e di sopraggiungere senza preavviso nelle case dei Giudei per scoprire se lì ci fossero delle armi: e quello, sollecito e determinato, si affrettò ad eseguire il mandato. I giudei, invece, non conoscendo il piano, rimasero attoniti per lo spavento, mentre mogli e figli si avvinghiavano a loro e versavano lacrime per la paura della prigionia: infatti aspettavano timorosi più questa che il resto della rovina. E quando sentirono da uno di quelli che frugavano: “Dove tenete le armi?”, si riebbero un po’ e venne mostrato tutto ciò che era stato stipato nei luoghi più interni della casa.
Professore, i romani trovano armi ?
No. Marco, Filone parla con retorica e mostra (in Flaccum, 90) che, fatta un’accurata perquisizione, non si trovano armi, ma lascia dubbi: il suo modo di dire mi lascia dubbioso, sentilo: quanti armi difensive furono trovate? vennero tratte fuori forse elmi,corazze scudi pugnali e aste faretre e in una parte forse baliste, fionde archi dardi? No.Niente di tutto questo.Neppure i coltelli adatti agli usi quotidiani di cucina!.
Dice la verità Filone? Per me no.
La situazione del 38 per i 500.000 giudei di Alessandria sottende una condanna in atto e rivela una condizione funesta dopo quasi due secoli di benessere dell’etnia giudaica, integrata perfettamente nel tessuto ellenistico, nel periodo lagide, divenuta progressivamente da Cesare a Tiberio, quella migliore e dominante tanto da suscitare invidia nei greci e negli egizi. Alessandria è già città destinata ad essere la capitale dell’impero e sede degli uffici amministrativi, mentre fervono i preparativi antiparthici per una nuova guerra definitiva contro Artabano III. L’episodio di Giulio Erode Agrippa – eletto tetrarca di Gaulanitide, Traconitide e di altre regioni di confine sull ‘Eufrate, inviato a prendere possesso del suo regno, incaricato dall’imperatore di verificare la reale situazione alessandrina – riportato da Filone, è indicativo circa il contesto esplosivo alessandrino : un re che arriva in città, alla chetichella, amico e maestro, familiare di Caligola, che non è rispettato, ma è preso in giro (episodio di Carabas), che non è protetto dal governatore- che fa finta di non vedere, e seguita ad infierire crudelmente ed illegalmente sugli ebrei- è segno di un’anomalia amministrativa e politica!
Filone sa, ma non dice la verità su Avillio Flacco , già condannato da Caligola che si vendica della delazione contro sua madre Agrippina fatta dal governatore di Egitto, reo anche di essere un filoclaudio favorevole a Tiberio Iunior, legato a Macrone e all’ex suocero dell’imperatore, Silano, nel periodo della malattia.
Filone, parlando di Flacco e della sua politica come ultimo tentativo di salvarsi, dice che favorisce elementi popolari greci antigiudaici, ben connessi con altri alessandrini dominanti a corte, a Roma! Non dice altro : la sua reticenza è sospetta! Tutti quelli citati da Filone saranno condannati!
Come si comporta Filone, così fa Giuseppe Favio, un cinquantennio dopo, in epoca domizianea, quando i meriti amministrativi economici flavi sono vanificati dal principe tirannico, non più soothr, sotto la spinta culturale democratica senatoria, all’atto della scrittura del XVIII libro di Antichità giudaica ( dopo il 94); la sua testimonianza su Gesù è solo uno sbiadito ricordo di un’ impresa di un sophos/saggio, di cui ci sono ancora testimoni, fatto uccidere dai capi gerosolomitani!
Filone ha maggiori attenuanti perché scrive nel momento dopo la fine del Meshiah aramaico, a seguito della sconfitta militare parthica e della crudele tragedia degli ebrei alessandrini, decimati dai greci e dagli egizi e dalle altre popolazioni, favoriti ed aiutati dai romani, nel saccheggio dei beni, nella distruzione delle case, nelle stragi, nelle crocifissioni, ma non dichiara che i giudei filoparthici sono puniti perché pericolosi in quanto agenti, spie, fautori, finanziatori collusi coi Parthi, che sono della stessa lingua e religio.
Filone non lo può dire in una situazione in cui si sta facendo l’annientamento di una comunità ebraica, numerosa,come quella alessandrina già inquisita sotto Tiberio e salvatasi a stento !: l’avrebbe potuto dire più tardi dopo La lettera di Claudio agli alessandrini, non all’epoca dell’indagine di Flacco e tanto meno due anni, dopo quando Caligola impone di mettere la sua statua dentro al tempio di Gerusalemme dichiarando guerra a tutta l’etnia giudaica, comandando perfino al governatore di Siria di deportare tutta la popolazione o sterminarla in caso di resistenza (Cfr. Giudaismo romano I e II , Caligola il sublime e Traduzione del XIX libro di Antichità giudaica e Legatio ad Gaium ).
Dunque, professore, Filone copre la verità ma lascia spiragli per la decifrazione degli intrigati rapporti tra i giudei aramaici e quelli ellenistici e quelli gerosolomitani, le cui tre diverse risposte non suonano favorevoli alla romanitas, né quella degli erodiani e sadducei, pur filoromani, né quella degli infidi collaborazionisti, ambigui tra dire e fare ellenistici, arrivisti ed opportunisti, né quella dei predicatori farisei ed esseni, ostili ai romani, convinti che Dio sia loro unico padrone, partigiani, da sempre legati ai Parthi. E’ chiaro che Tiberio e poi Caligola ed infine Claudio sono decisi ad estirpare il cancro giudaico aramaico che contamina anche i filoromani templari e quelli ellenistici- una massa di popolo di oltre 3.000.000 di seri professionisti ed imprenditori edili e navali, da consolare e da proteggere, in quanto utili alla economia romana, data la loro attività commerciale e portuale e finanziaria-.
Marco, complimenti, sei proprio Bravo! Ti aggiungo che, perciò, Tiberio indaga a lungo sul dopo Seiano, sulla sua politica in Siria e in Iudaea e poi sul vuoto di potere degli anni 32-35 e non è affatto soddisfatto della relazione né prefettizia siriaca di Pomponio Flacco né di quella giudaica di Pilato, né tanto meno di quella di Erode Agrippa, inizialmente cacciato dal suo cospetto e poi accolto anche a Capri per intercessione di Antonia, sua cognata, che ha pagato il suo debito all’erario, ottenendo perfino per lui la carica di precettore di Tiberio Iunior. Noi abbiamo sempre pensato che Erode Agrippa sia imprigionato per essere passato dal servizio a Tiberio iunior a quello di Caligola, ma ora pensiamo che Tiberio lo punisca per la sua imperfetta relazione sulla situazione gerosolomitana, precedente la venuta di Lucio Vitellio, e che l’imperatore seguitando la sua indagine alla fine della sua inquisizione e dopo la vittoria del legatus sui Parthi, colpisca il principe facendolo improvvisamente passare dalla porpora alle catene, senza preavviso, a Tuscolo, vestito come un cortigiano al seguito dell’imperatore, venuto da Capri.
Professore, solo allora Tiberio, conosciuta la verità sul periodo post seianeo gerolomitano, ha notizie concrete circa la figura di Erode Agrippa e dei suoi amici aramaici ( Jehoshua? l’architetto inventore? altri?) a Gerusalemme, a seguito delle relazioni di Vitellio, proconsole in Siria, cioè, dopo la presunta deposizione del re aramaico, il Messia, al servizio di Artabano, ad opera di un corpuscolo di sadducei ed erodiani, filoromani, favoriti dai rumores dell’esercito romano in marcia verso i confini parthici, che forse per primo parla di una controrivoluzione nella città santa che fa finire il malkuth ha shemaim e depone il maran, come reo di novitates incriminato per lesa maestà.
Marco, questo è davvero il mio pensiero su Agrippa (e su Gesù!) che risulta una ricostruzione possibile di una probabile relazione di Vitellio al suo imperatore: che fine ha fatto lo scritto sulle Memorie di Lucio Vitellio ?!
Aggiungo per te, alunno ed amico, (come una confidenza!) che Tiberio è un goes, mago lui stesso, ed ha Trasilllo come suggeritore, che vede il futuro.
Infatti, a mio parere, l’imperatore vede la non romanitas di giudeo, di Erode Agrippa civis, iulius, e poi praetor, non fidus né di Caligola e né di Claudio, coi quali il re giudaico fa carriera e raggiunge l’apice della sua potenza, sfruttando da opportunista la sua abilità diplomatica, la capacità oratoria e politica, grazie anche al credito che ha tra i senatori, esautorati: infatti Tiberio lo imprigiona, accogliendo le accuse di Eutiche, ignorando perfino i consigli di Macrone, allora onnipotente, e la petizione di Antonia.
Per lui Agrippa è infidus, perché di razza sommosacedotale, perfidus perché integralista aramaico, eukairos come ogni erodiano: sa, infatti, saltare sempre sul carro del vincitore passando da filoclaudio a filogiulio, seguendo l’astro nascente ed abbandonando quello tramontante; vede, inoltre, il tradimento dell’ebreo, congiurato nei confronti di Caligola, ucciso da Cassio Cherea e da altri perché non paga loro la liquidazione e se ne va ad Alessandria, nuova capitale, dopo aver sostituito il corpo dei pretoriani coi germani; vede anche l’elezione ad imperatore di Claudio su suggerimento dell’astuto giudeo, che pur conosce il giudizio unanime negativo della famiglia e il suo personale sul nipote; vede infine la controversia con Gaio Vibio Marso, governatore di Siria, che rileva la politica di potenza e il neooterismos del re giudaico, compromesso coi Parthi e con gli adiabeni (cfr. Flavio, Ant. Giud., XIX,326) .
Perciò, Marco, ti invito a lavorare e scavare su Erode Agrippa I e forse riuscirai a trovare la vera identità di Gesù un anthropos sophos, kain, maran e meshiah.
Allora forse anche scoprirai le ragioni per cui Filone non può parlare male di Agrippa a causa della sua parentela col re ( suo nipote Marco, figlio di Alessandro alabarca, è promesso sposo di Berenice!) e che le stesse diabolai di Seiano non sono calunnie inventate, ma azioni ebraiche politicamente antiromane.
Marco, Tiberio è un grande imperatore, aristocratico, prudente e saggio che ha una chiara visione del pericolo aramaico per le connessioni tra gli aramaici antiromani che hanno fatto il Malkuth sulla base del messianesimo mesopotamico, proclamato da Artabano, unificante tutta la federazione dei re parthici ( e che qualcuno in Gerusalemme ha sostenuto un proprio elemento . -chiamiamolo pure Gesù- legando insieme, in suo nome, le popolazioni antiromane lungo l’Eufrate dell’ impero romano e lungo quello della Mesopotamia) .
Tiberio sa bene che non può abbandonare e condannare tutto l’ebraismo facendo di ogni erba giudaica un fascio da bruciare poiché ha agenti finanziari alessandrini che lavorano come epitropoi per il bene di Roma, della domus augusta, uomini preziosi come i methoroi, i trapeziti giudaici di gran lunga superiori ai nummularii ed argentarii latini, emporoi che aprono nuove vie commerciali, nauarchoi che creano continuamente apoikiai colonie non solo nel Mediterraneo,ma anche verso l’India e la Seria
Tiberio sa bene che i giudei ellenisti sono giudei che mandano regolarmente- nonostante lo scisma- al tempio di Gerusalemme la doppia dracma, come i loro confratelli transeufrasici e che in caso di guerra aiutano finanziariamente i fratelli aramaici parthici!, e Filone (Legatio ad Gaium, 216), parlando di Petronio, il governatore di Siria che, qualche anno dopo, deve porre la statua di Caligola nel Tempio, rende testimonianza di ciò, mostrando i timori dell‘epitropos nel caso di riunione di tutti gli ebrei, numerosi, viventi in ogni parte del mondo e specie in Mesopotamia, a giudicare dalla massa di denaro inviata a Gerusalemme: Babilonia e molte altre satrapie erano abitate da Giudei, non solo per sentito dire ma anche per averlo provato poiché da lì venivano inviati messi per il sacro denaro, ogni anno, sotto forma di primizie portanti gran quantità di oro e argento, riunita dai capi, al tempio, facendo cammini impervi accidentati ed aspri, che loro ritengono vie regie perché sembrano guidarli al culto religioso.
Non posso dire altro, Marco, anche se giovanilmente, alla tua età, ho cavalcato l’idea di un Jehoshua maran, dicendo, comunque, sempre di non avere prove, scrivendo, però, un romanzo L‘eterno e il regno per volgarizzare il mio pensiero storico.
Questo è quanto posso dire alla luce della mia cinquantennale ricerca!
Professore, le son grato, infinitamente grato, per quanto mi ha detto e confidato, spero di poter avere un pò di fortuna di più, rispetto a lei.
Te lo auguro, Marco.