il prologo di Thalia, poema di Ario

Thalia vuol dire banchetto di festa (da thalloo fiorisco/faccio festa) ed è opera di Ario di Baucali, eretico e fondatore dell’arianesimo.
Questo è il prologo, tramandato da Eusebio di Cesarea e dal cristiano Atanasio, il grande santo alessandrino, suo avversario, in Oratio contra Arianos, 1.5-6 e 9:

Katà pistin eklektoon theou sunetoon te theou, paidoon/agioon,orthotumoon,agion theou pneuma labontoon/tade panta emathon egoog’upo toon sophias metechontooon ,/asteioon,theiodidaktoon, katà panta sophoon te./toutoon kat’ikhnos eelthon egoo bainoon omodocsoos/o periclutos, o polla pathoon dià thn theou docsan/upo te theou mathoon sophian kai gnoosin egoo egnoo.

Secondo la fede degli eletti di Dio, che comprendono Dio dei bambini /santi, ortodossi, che hanno ricevuto lo Spirito santo di Dio/ queste cose appresi da quanti ne spartiscono la saggezza,/ da cittadini istruiti, educati da Dio, saggi in ogni cosa./ Sull’ orma di questi io camminai, procedendo sulla stessa via:/ io, quel famoso che molto soffrii per la gloria di Dio/ avendo io appreso da Dio la saggezza, conobbi anche la conoscenza.

*Professore, vorrei sentire da lei- che conosce Ario cfr. Ario ed Atanasio in www.angelofilipponi.com – il commento, al di là da quanto detto dalla tradizione cristiana?.

Marco, prima di commentare e prima di trattare del reale contenuto, come mio solito, devo fare ricerca storica sul tempo di scrittura del Proemio. Ora, l’opera di Ario, secondo me, è scritta quando Costantino sta terminando la guerra contro Licinio Augusto e, quindi, tra il 18 settembre 324 -battaglia di Crisopoli e vittoria definitiva sul cognato – e l’inizio del concilio di Nicea del 20 maggio 325, quando ancora predomina il culto del Dio Sole e i cristiani, considerati cives con religio licita, erano meno del

10% della popolazione romana, proprio quando nella monetazione ufficiale compaiono già precisi segni con l’iscrizione del nome di Christos col labaro, vincitore del serpente -demonio

*Professore, ma …il fatto che Ario dice di aver sofferto molto e di essere o periclutos, un asteios che ha seguito le lezioni di cittadini istruiti da Dio/ theiodidaktoi, sophoi kata panta, non potrebbe far datare il Proemio dopo il Concilio di Nicea, a seguito delle persecuzioni subite dagli ariani, che dovettero vedere Costantino influenzato e condizionato da Osio di Cordova, per più di un quinquennio, per poi essere riconosciuti come moderati nella fede, grazie al potere della sorellastra Costanza e della pietas di Eusebio, vescovo ariano di Nicomedia, città – residenza dell’ imperatore, prima del trasferimento nella Nuova Roma, Costantinopoli?

Marco, secondo te, bisognerebbe spostare Thalia tra il 325 e il 330- cosa improbabile- !. Forse è opportuno che ti rinfresci la memoria sui fatti di quel periodo per darti la possibilità di un migliore giudizio!. Ario era stato scomunicato da Pietro, ad Alessandria, nel 300, prima dell’inizio della persecuzione di Diocleziano, anche se educato fin da bambino da uomini eletti, di threskeia sicura, tutelati dallo Pneuma agion, destinati al martirio, pur se aveva seguito le loro orme ed aveva proceduto sulla retta via, ma, comunque, era stato riabilitato da Achilla, il nuovo vescovo!. Alla morte di Achilla nel 312, l’anno dopo gli editti congiunti di Costantino per l’Occidente e di Licinio per l’Oriente, nel clima di riconoscimento di liceità della religio christiana, al pari di ogni altra fede, pagana o ebraica, ad Alessandria, si procedeva, in un contesto di guerra civile, alla elezione del nuovo papa – nella città egizia è attestato, da tempo, il termine per i vescovi, successori dell’evangelista Marco!- : i candidati erano due, Ario ed Alessandro! . Questi, avendo vinto la competizione episcopale, scomunicò l’avversario e lo costrinse, dopo anni di persecuzione, a fuggire in Palestina nel 318 d.C. Fu accolto da Eusebio di Cesarea, benevolmente, e poi anche da altri vescovi di Siria- nonostante le tante successive false informazioni di Epifanio di Salamina di Cipro (315-405 ) e di Teodoreto di Cirro (393-458)- : si vedeva in lui non l’eretico, ma l’uomo che sosteneva l’idea unitaria di Dio, pur nei limiti divini del Pneuma agion e del Christos, uios ctistes, figlio creato da Dio in un dato tempo, in quanto generato da Maria, madre-vergine, come creatura!. Il credo atanasiano è pure di questo periodo, di poco posteriore, ed è scritto in latino, come spiegazione per gli ignoranti prelati e popolo occidentali di lingua latina da parte di un fanatico theologos greco, esiliato in Italia, di superiore cultura!… Filius a patre solo est: non factus, nec creatus, nec genitus!. Spiritus sanctus a Patre et Filio: non factus, nec creatus, nec genitus sed procedens! /Il Figlio è dal solo Padre: non fatto, né creato, ma generato!. Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: non fatto, né creato, né generato, ma da essi procedente!.-cfr. Ario ed Atanasio in www.angelofilipponi.com. cit-.

*Ario rimase in Siria per anni?

Sembra che Ario ebbe notevole successo in ogni dove, ma specie in Antiochia, grazie ai versi già scritti di Thalia, un poema popolare, che trattava dell’umanità di Christos, volgarizzandone l’euaggelion grazie all’autorità di Eusebio di Nicomedia, suo fervente seguace, mentre Alessandro indisse un sinodo di 100 vescovi africani e lo scomunicò, dopo averlo fatto condannare anche da un altro sinodo, quello di Ancyra, insieme ad Eusebio di Cesarea, che subito ritrattò, ma non fu toccato perché protetto dalla corte, nonostante la scomunica, subita al Concilio di Nicea del 325.

*Professore, quindi, sono, già, davvero, molte le sofferenze di Ario nel 318, che aumentano ancora fino alla sua morte misteriosa nel 336, nella nuova capitale dell’impero! lei mi ha detto sempre che era sotto la protezione di Eusebio di Nicomedia, che lo aveva fatto richiamare dall’esilio in Illiria – pena inflitta nel 328 – forse dopo un triennio, nel 331, quando fu accolto a corte e riabilitato da Costantino stesso, che, invece, condannò all’esilio Atanasio, ora successore di Alessandro, a seguito del verdetto del Sinodo di Tiro!. Lei mi sembra orientato a ritenere i pochi frammenti di Thalia e specificamente il Proemio , scritti nella lotta contro Alessandro, mentre considera le due superstiti lettere della fase finale della vita dell‘eretico. Perciò, lei mette in chiaro il pensiero di Costantino, trasmesso da Eusebio di Cesarea, presso il quale all’epoca doveva essere Ario, lontano dalla lunga mano del vescovo avversario alessandrino, scritto in Vita di Costantino (a cura di Laura Franco, Testo greco a fronte, Bur 2009 ) II, 71,2!.

Marco, avendo letto il testo di Proemio di Thalia e l’ esortazione alla pace di Costantino ai due prelati contendenti sulla Trinità, prima del concilio di Nicea, rilevo il carattere di Ario (che si vanta, comunque, di essere o periclutos, un asteios, timoroso di essere sommerso, nonostante la sua fama di eletto diakonos di Baucali, borgo periferico popolare e marinaresco alessandrino, di potere inferiore rispetto all’auctoritas- exousia episcopale di Alessandro, che recitava la formula origeniana trinitaria delle tre persone- upostaseis, paritarie).

*Professore, lei mi traccia la figura di un uomo che contrasta il suo papa -convinto assertore del pensiero trinitario tradizionale- e che risulta un theologos monarchiano, un dipendente, oppositore contro la divinità del Christos, generato-gennhtheis, anche se divenuto illustre grazie alla sofferenza subita con dignità e grazie al favore del popolo – specie dei marinai- ingannato dalla dolcezza dei versi del suo poema?. Si può dire che, allora, il Proemio di Ario è un manifesto semplice ed elementare, utile a spiegare una concezione teologica divina, non trinitaria, ma monarchiana, in cui viene resa manifesta l’humanitas del Christos, una creatura generata da un’altra creatura, Maria, seppure madre vergine, ben distinta dal Pathr creatore unico poihths ?

Marco, Ario ed Alessandro sono visti da Costantino, imperator vincitorenikeeths occidentale di Licinio Augusto, orientale, ora megistos sebastos, unico autokratoor dell’ecumene, come due testardi theologoi, desiderosi far vincere la propria tesi, incuranti del bene comune e della necessità di generale pacificazione a fine guerra!. Da qui la forte richiesta di ritrattazione ai due contendenti, sollecitati a non persistere nel loro personale pensiero, incitati ad una pacificazione generale teologica, a seguito della avvenuta riunificazione delle due partes imperiali romane, in cui convivono i diversi credi, da oltre un decennio, regolati da un comune decreto di tolleranza religiosa– di cui esemplari esecutori occidentali già erano Osio e i donatisti!.

*Per lei, quindi, siccome la lettera imperiale non porta frutti, nonostante l’impegno dell’imperatore ad unificare, nella coerenza di un unico punto di vista, le convinzioni religiose in modo da restaurare e di riequilibrare i due contendenti sulla Trinità, viene inizialmente colpito Ario (che è vicino a lui in quanto vive presso Eusebio di Nicomedia e ne ascolta perfino i versi, da cui appare chiara la volontà manarchiana che si basa su Sophia -saggezza appresa e sulla conoscenza di Gnosis) al fine di liberare nel suo complesso il corpo dello stato, afflitto da una sorta di grave ferita , come giusta punizione inflitta a chi appare più esposto- Ario, forse è attivo a Nicomedia !- a contrastare la mediazione di Osio un uomo giusto e pio, che svolge la sua diakonia- servitium in modo esemplare.

Marco. Costantino, sta combattendo, ora, proprio a Nicomedia, con l’aiuto di Osio di Cordova, che ha favorito la sua vittoria dottrinale sui donatisti occidentali ed africani, una battaglia a favore dell’Agia Trias contro le formulazioni di un monarchiano, che cita versi semplici popolari, tratti dal suo poema Thalia, approvati dal seguace Eusebio di Nicomedia, propugnando di aver appreso tou theou sophia -sapienza salomonica del Siracide e di Kohelet, e di avere la conoscenza di gnosis.

*Professore, dopo il concilio di Nicea, Costantino, visto aumentare la discordia/eris nella metropoli egizia, compreso che da essa si diffonde il male in tutte le province orientali, essendo radicate invidia e gelosia tra i fedeli cristiani cattolici ed ariani, individuati i centri di potere e di propaganda in Alessandro e in Ario, – che, avendo mezzi di diffusione mediante panflets e scritte murali e uomini urlatori prezzolati, fanno arrivare il loro pensiero in ogni angolo della città- abbandona i toni della lettera del 324, subito dopo la vittoria di Crisopoli-

Marco, è questo il momento in cui l’imperatore pensava di poter facilmente convincere i due avversari, dirimendo la diatriba religiosa, colpendo Ario, ritenuto elemento più debole in quanto inferiore di grado ecclesiale-.

*Professore, allora, Costatino si era presentato come soothr-salvatore di tutti, dopo aver ringraziato Dio, che gli era stato vicino e lo aveva soccorso nel pericolo militare!.

Infatti Costantino addusse una duplice motivazione diplhn … prophasin , mostrando, da una parte, il suo desiderio -prouthumhtheendi unificare, nella coerenza di un unico punto di vista, le convinzioni religiose di tutte le province/ thn apantoon toon ethnoon peri to theion prothesin eis mian ecseoos sustasin enoosai e, da un’altra, di restaurare e riequilibrare il corpo dello stato afflitto da una sorta di grave ferita/de to ths koinhs oikoumenhs sooma kathaper chalepooi tini traumati peponeekos anakthsasthai kai sunarmosai.

*Professore, all’epoca, Costantino capiva poco le differenze tra i due contendenti e il motivo del contendere.

Marco, la contesa era sorta tra cattolici ed ariani da un passo di Proverbi 8. 22-23: il signore mi creò / o kurios ektisen me! gli uni leggevano ektisen come epoihsen come creò, azione di un creatore – ktizoo sinonimo di poieoo– una interpretazione che, aggiungendo altro, arrecava scissione nel corpo della ecclesia, gli altri come fondòktizoo è ktizoo– azione reale letterale, tipica di un fondatore!. Costantino, come militare, consigliava la concordia -omonoia, senza rilevare la divergenza tra le due parti che avevano due modi diversi di lettura, una esegetica simbolica ed una reale letterale, di antica scuola ebraica farisaica e sadducea, ora cristiana antiochena ed alessandrina, sicuro che i due, considerata l’ auctoritas del richiedente, XIII apostolo, avrebbero obbedito essendo ambedue soggetti, /upotetagmenoi e si sarebbero reciprocamente scambiato il perdono per il bene comune come fratelli, essendo l‘ostacolo lessicale trascurabile ed insignificante /mikras kai eutelous aphormhs.

*Professore i due , quindi, seguitarono, invece, a divergere per personale superbia, non obbedendo all’imperatore, nuovo apostolo di Christos, per Eusebio di Cesarea, in quanto assertori convinti di essere nella retta interpretazione testuale!

Marco, Costantino, allora, documentatosi sul problema, fece affermazioni tecniche secondo il suo pensiero, riferendosi ora al vescovo alessandrino ora ad Ario, per portarli ad una comune partecipazione e soluzione, connessa ad una individuale riflessione, certo di essere profano in materia, rispetto ai due contendenti, invitati a fare, però, proprie considerazioni nel segreto dell’ anima, senza manifestarle pubblicamente, in una dimostrazione di personale umiltà, pur nella superbia accademica:- chi potrebbe mai essere in grado di comprendere con esattezza o di interpretare adeguatamente la potenza di dogmi cosi grandi e difficili?/posos gar estin ékastos pragmatoon outooo megàloon kai lian duscheroon dunamin h pros to akribes sunidein h kat’acsian ermhneusai;- ibidem 69,3 ? L’imperatore, pur avendo notato la persistente volontà di superiorità episcopale e la pertinace opposizione dottrinale di Ario, aveva rilevato la condizione del popolo ignorante, di fedeli ingenui, davanti alle sacerdotali interpretazioni, che erano sottigliezze teologiche ed investigazioni, che producevano popolare blasphmeia o skhisma e, perciò, aveva scritto: chi potrebbe mai affrontare le sottigliezze di tali investigazioni senza correre il rischio di commettere qualche pericoloso errore?./h tis tais toioutoon zhthmatoon acribeiais ecsoo ths epikindunou parolisteeseoos antistaih; ed aveva aggiunto, certo che in questioni siffatte bisognava tenere fermo l’eccesso delle parole /thn polulogian, per due ragioni, per debolezza della nostra natura stessa potremmo non essere in grado di spiegare il problema- to prostathen ermeneusai sia perché, a causa di una mediocre intelligenza/braduterai sunesei, gli ascoltatori/oi acroatai potrebbero non riuscire a raggiungere l’esatta comprensione di quanto si fosse loro detto- pros akribhtou rhthentos kataleepsin elthein mh chooeesantoon ed in entrambi i casi il popolo si volgerebbe necessariamente, verso l’eresia e lo scisma/ecs opoterou toutoon h blaspheemias h schismatos, eis anagnhn, o dhmos peristaih. Dunque, Costantino, rilevato che i due (e chi aveva posto incautamente-aprophulaktos la domanda e chi aveva risposto sconsideratamente apronohtos) non avevano ottemperato alla richiesta -ordine di reciproco perdono, vedendoli litigiosi ancora per questioni meschine e di poco conto, dopo averli invitati a seguire l’esempio dei filosofi pagani, che si accordavano nelle dispute, in nome del bene comune filosofico, passava al rimprovero perché, pur essendo servi del Dio vero, neanche concordavano sui principi regolatori della religione, anzi, restando fermi in una contesa banale e di poca importanza lasciavano spingere i fratelli ad opporsi ai fratelli, determinando che, a causa di un’empia discordia, si dividesse la preziosa eredità del sinodo /to ths sunodou timion asebeia dichonoiai chorizesthai…con litigi trascurabili e niente affatto necessari/uper microoon outoo kai mhdamoos anagkaioon.

*Professore , anche se a detta di Eusebio di Cesarea, l’imperatore, nuovo apostolos, avrebbe voluto portare a termine il mandatum divino di pacificare cattolici ed ariani, non riuscì nell’impresa perché non conosceva la perfidia delle due scuole, quella antiochena e quella alessandrina – quante altre lotte ci sarebbero state poi nel corso di secoli!-.

Marco, anzi, la situazione precipitò a causa dell’atteggiamento delle due partes, tipico di menti puerili, indegne dell’ intelligenza di sacerdoti e di uomini saggi , che giunsero a funeste conseguenze, se è vero quello che afferma nella sua opera Giuliano Apostata (Il Simposio I Cesari, a cura di R. Sardiello, Congedo 2000) che , cioè quei cortigiani cristiani pervertiti, eunuchi e falsi, avidi avvelenarono l’imperatore e lo stesso Ario, poco prima.

*Professore, lei ironizza sulla lettura letterale ed allegorica negli articoli Mosè e il sacerdozio cristiano (ed anche islamico) e in Ab Iove principium in www.angelofilipponi.com , quando mostra l’ultimo decennio circa di Costantino pontefice massimo romano pagano, circondato da sacerdoti ariani e cattolici, che ebbe il coraggio di decidere in senso anticattolico, esiliando anche Atanasio, costretto a subire il prepotere dei vescovi ariani perfino nelle diocesi egizie, che controllano la rete di burocrati locali anche cattolici, inquadrati secondo il sistema oniade, specie dopo l’avvento al trono di Costanzo II, che vendica la morte di Costantin , con la strage di figli e nipoti di Flavia Teodora, perpetrata sotto gli occhi della stabularia Elena, ora Augusta , dopo la triplice divisione dell’impero ai costantinidi. Alla sua ironia sembra far eco quanto dice Giuliano l’apostata, un trentennio dopo: Si divisero il patrimonio dei miei avi a fil di spada e tutto fu messo a soqquadro … convinti che fosse stato Helios a condurli lontano dal sangue, dal tumulto dalle grida dai lutti! Lei, nei suoi lavori, evidenzia la solitudine del giovane imperatore, turbato nel suo l’animo,  che tenta di recuperare l ‘educazione e la formazione della tradizione  pagana quiritaria, riprendendo la lezione  di innumerevoli generazioni che, come lui, si erano servite di Omero e di Platone, per dare piena consapevolezza alle proprie emozioni ed acquisire una più approfondita consapevolezza umana, entrando in empatia solidale ed operativa con l’altro, anche  se timoroso della cieca potenza di Tyche, felice di lasciare da parte la doctrina politica christiana e l‘automaton, per volgersi ai grandi maestri della sua gioventù, convinto che Costantino e i costantinidi fossero barbari, bastardi, schiavi della ricchezza  economico- finanziaria delle ecclesiai del Galileo Christos!

Marco, tu vedi, dunque, nell’ azione dell’ apostata Giuliano, un superamento della lotta tra cristiani ed ariani, quasi un naturale ritorno alla cultura classica romano- ellenistica, utile contro la spiritualità celeste, congiunta con l’oikonomia finanziaria delle ricche sedi episcopali, e lo consideri come esemplare tentativo, ancora prezioso per la costituzione di un Nuovo Mondo su basi razionali e naturali romano-ellenistiche – e non giudaiche – che potrebbe oggi essere una reale soluzione in senso antropico e sociale di un kosmos pacifico, rispettoso non solo delle diversità etniche ed ambientali, ma anche delle differenze culturali di ogni popolo, che deve, secondo tipica graduale decisione, poter vivere autonomamente, connesso coi propri ritmi biologici, in relazione alla crescita culturale, totalmente libero, senza avere esterne imposizioni di democrazia o di tirannide, in nome di un Dio estraneo, pacifico nel suo sviluppo, senza confronti coi vicini o con altri, ma certo solo delle proprie esperienze, maturate col tempo, capace di crescere secondo la propria tradizione culturale, lontano dalla cultura giudaico-cristiana, che è forma, basata sul potere del più forte, che, operando secondo oikonomia tou theou, trasforma la lettera del nomos in un deserto di retorica sapienza ecclesiale.

*Professore, ogni sapere, comunque,… risulta un pericolo per l’uomo, che deve rimanere sul piano naturale, senza eccedere!

L’ eccesso è, Marco, è …male…terreno, ambientale, che trasforma il kosmos , che è quello che è , e che ha processi propri…incontrollabili dalla scienza attuale, pur funzionale!

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