A SARA COSI
creatura dolcissima, degna di godere del possesso eterno dell’ ‘Armonia
Le interpretazioni, desunte dal Vecchio Testamento del sintagma Figlio dell uomo – inteso sia come semplice individuo (Numeri 23,19; Isaia 51,12, Salmi, 8,5, Proverbi 8,31), sia come profeta, riferito a Ezechiele e Daniele, che come figura profetica del messia (Daniele, 7,13 ) – sottendono l’idea solo di uomo.
Le letture neotestamentarie sul figlio dell’uomo, Gesù Cristo (Mt. 13,37-41; 16,28; 20,28; 24,30-31; 25,31-46; 26,64; Mc,8,31; 9,31; 13,16-27; Lc 6,22;19,10; Atti degli Apostoli 14,14) sono da leggersi, perciò, come espressioni solo di umanità, all’atto della presunta scrittura delle opere.
Infatti, se Gesù in quel preciso contesto tiberiano si definisce figlio dell’uomo, in terra ebraica, esclude per sé ogni divinità: infatti sa, da giudeo,che un figlio di uomo nemmeno può pensare di essere Dio e tanto meno dirlo: il vicino con una pietra deve colpirlo in bocca ed ucciderlo all’istante!
Figlio dell’uomo, dunque, non può dare adito neppure ad amphibolia (ambiguità di senso, dubbio) perchè non c’è amphilogìa (ambiguità discorsiva) non solo in Palestina o in Partia, ma neanche ad Alessandria e in ogni parte dell’impero romano dove vivono i giudei ellenisti: l’uno (figlio di uomo) esclude l’altro (Dio).
Gesù afferma, definendosi figlio di uomo, la sua umanità ed ha coscienza della sua oudeneia come creatura.
Gesù è un Galileo, di lingua aramaica, integralista, di cultura mesopotamica, più vicino ad un parto che ad un romano, non un moderato come un giudeo ellenista o come un oniade, che ha perfino un proprio tempio a Leontopoli, e che serve due padroni.
Egli parla da ebreo, che ha qualche relazione anche con gli scismatici ellenisti, ad altri ebrei, avendo la medesima cultura.
Filone, un oniade alessandrino (Vita di Mosé,1,283) che scrive per ebrei, in modo universale, fa dire a Balaam nell’episodio di BalaaK, che aveva cercato di ingannare l’indovino, mutando luogo, dopo la prima predizione a lui contraria: oukh os anthropos o Theòs diapseusthhnai dunatai oud’os uios anthropou metanoei kai apaks eipon ouk emmenei, phthegksetai to parapan ouden, o mh teleiothesetai bebaios, epei o logos ergon estin autò- il dio non può essere ingannato, come un uomo, né cambia e non mantiene quanto ha detto una volta come figlio di uomo. Egli non proclamerà niente che non sia portato a termine compiutamente, perché per lui la parola è azione”.
Filone è un maestro dell’esegesi Biblica (cfr. Filone, Tutti i trattati del Commentario Allegorico alla Bibbia, a cura di Roberto Radice, Rusconi,1994,Milano).
Filone non fa esegesi, questa volta, né è retorico, ma usa quasi lo stesso linguaggio di Numeri 23,19 (Non é uomo, Dio, che mente;/né figlio di uomo, che si pente;/ egli ordina e non eseguirà? Egli parla e non realizzerà? ) e procedendo secondo il sistema letterale, traduce, cambiando la forma interrogativa in asseverativa e trasformando, solo in modo nominale, quanto è verbale, dopo che ha ridotto a forma positiva il testo contrastivo, falsamente antitetico, di origine semitica, (ordina e esegue, parla e realizza contemporaneamente)…
Filone, dunque, aiuta a capire che una cosa è essere creatura, figlio di uomo che mente e può pentirsi; una cosa è, invece, essere Dio, creatore, che ordina ed esegue simultaneamente e contemporaneamente parla e realizza: la sua affermazione non è né ambigua nè equivoca, è, realmente, semplice (aplh).
Come si spiega, dunque, l’interpretazione di Gesù, figlio di uomo, logos?
Come si è arrivati alle formulazione di Gesù-Logos da parte di Giustino, Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene e di tutti gli altri?
Come e cosa hanno letto i cappadoci, specie Gregorio di Nissa, che aveva sotto occhio il testo di Filone di La Vita di Mosé in tre libri?…
A mio parere la lettura allegorica del Vecchio Testamento al fine di giustificare il Nuovo testamento, che ha determinato e permesso una organizzazione sistematica, in cui l’ interpretazione, ritenuta ispirata dallo Spirito santo, tipica di uomini considerati santi e giusti (cfr. Origene e Paolo e cfr. Origene, commento alla Lettera agli efesini 1,1-2) è diventata legittima e utile, perchè tesa all’ophèleia …, sfruttata in modo amministrativo.
Per me la volontà di leggere dia sumbolon e non di procedere come indicavano Diodoro di Tarso e Teodoro di Mopsuestia, ha determinato la falsificazione, già avvenuta nel periodo del grande magistero del didaskaleion alessandrino, all’epoca di Panteno…
La condanna di Marcione, che rifiutava il Vecchio Testamento e voleva costituire una religio su Christos, affrancata dal giudaismo, senza l’interpretazione, non è stata ancora ben documentata …come non è stato ben letto anche il suo pensiero eretico: noi con l’etichetta eresia crediamo di aver visto e rilevato la deviazione dalla retta via cristiana e, soddisfatti, non cerchiamo niente altro…
Eppure nel 40 d.C uno solo, Gaio Giulio Cesare Germanico Caligola, imperatore romano, osò chiamarsi Dio e tese all’ektheosis facendo una spettacolare propaganda con tutti i mezzi che la tecnica e l’ingegneria dell’epoca offrivano e con i migliori artisti, alessandrini, che sfruttavano le artes belliche e teatrali…
Certamente non Jehoshua avrebbe potuto fare nel corso del suo Malkuth (di neanche cinque anni ) una tale operazione, data la particolare forma di costituzione ebraica e considerata la gelosia del Dio dei patriarchi, unico signore, padre e creatore…
Sulla base dell’opera di Filone, un monumento tanto grande in quell’epoca, che mai è stato scoperto nella sua reale grandezza, il cristianesimo dapprima si è costituito, grazie a Paolo, discepolo di Gamaliel, connesso con la cultura alessandrina, e grazie agli evangelisti anche loro condizionati dall’esegesi filoniana, poi è prosperato grazie alla scuola alessandrina, dominante grosso modo, seppure con qualche contrasto, fino a Gustiniano (527-565).
Noi oggi, dopo tanti secoli, non siamo nemmeno in grado di capire quanto scrisse David Hoeshelius nella premessa all’opera omnia di Filone nel 1614: il letterato voleva mostrare che aveva tradotto in Latino un monstrum della cultura ellenistica, un nuovo Platone (cfr De Joseph) a cui avevano attinto a piene mani i Padri della chiesa, che lo cristianizzarono per deificare l’ebreo Gesù Cristo e per creare l’Unità e Trinità di Dio, per documentare la verginità della Madonna…