De Joseph di Filone

IL POLITICO O GIUSEPPE

Impresa veramente grandiosa e necessaria al nostro sapere europeo quella del professor Filipponi.

Si comprende, così , come il teologo Filone sopravanzi il filosofo e concili  il pensatore con l’uomo che, nella realtà,  sa giostrare  fra politica ed economia, ma anche come il  teologo, in senso giudaico, insegni un cammino, un metodo mistico, che ha le sue basi in Abramo e Mosé ed in una vita  modello di perfezione. 
Mosaicismo che appare costantemente nelle sue molteplici opere.

Dopo la parte dedicata al libro su Giuseppe, l’autore conclude la sua ponderosa  fatica con un commento al perì Joseph  che è un vero e proprio trattato di filosofia e di teologia,  concludendo in modo agile ed assai accattivante  con una riflessione  sul senso pedagogico che, da sempre, il pensiero giudaico tradizionale  riconosce a tutti coloro che sanno studiare e commentare  i sacri libri. 
Importantissime sono le pagine (155-156) sul Cristo figlio di Dio nella visione di un figlio mediatore fra Dio padre  e il mondo, ripreso poi da  Ario,Giustino e gli gnostici. 
Né si può  tacere il grande piacere che rappresenta la lettura  introspettiva dei sogni di Giuseppe.
Un libro completo, dunque, nella tradizione, nella storia e nella letteratura.
26.02. 2009 S.Benedetto del Tronto. 
Firmato 
Maria Elisa Redaelli

Vita di Filone e premessa generale sulla  opera omnia e sul De Ioseph

PREFAZIONE
Con la pubblicazione di Il Politico o Giuseppe di Filone Alessandrino(25?-43-4) si vuole iniziare la traduzione dell’opera di Filone, per oltre trenta anni curata e studiata. 
E’ stato il progetto di una vita , rimasto irrealizzabile per vari motivi, anche di ordine finanziario,  ma dopo che sono stati  ultimati i lavori storici e linguistici sulla Domus augusta giulio-claudia, le cui risultanze sono state  espresse in Giudaismo Romano e in Caligola il Sublime, ci  pare necessario attuarlo, sia per la novità metodologica,  con cui si affronta la lettura di Filone collegato con lo Pseudo Longino, che per la connessione tra l’alessandrino e la vicenda  storica di Gesù Cristo.
Ci sembra utile proporre un'altra lettura di Filone alessandrino, un oniade, un giudeo-ellenista, un sincretista, dopo aver rilevato e distinto, grazie anche alla traduzione di Antichità Giudaiche di Giuseppe  Flavio,  tre tipologie di giudaismo  presenti, in epoca imperiale giulio-claudia, quello aramaico di Palestina, quello ellenista mediterraneo e quello partico: la sincresi filoniana  è risultanza di una tragica situazione politica.  
Sentiamo la necessità di  scrivere e di pubblicare  la risultanza del nostro lavoro, tecnico, non ideologico,  in quanto riteniamo   ogni definizione filosofica su Filone,  operazione derivata e frutto non di una traduzione, ma di una interpretazione anagogica, condizionata dalle letture cristiane antiochene ( di Paolo- Luca,) e dopo la distruzione del Tempio del 70  e di Gerusalemme nel 135 d-C. , da quelle di Giustino, dello pseudo Giovanni evangelista, degli  gnostici, degli apologisti.
Su questa base  ci sembra che  Ireneo e la scuola alessandrina di Panteno (Didaskalèion , cioè di Clemente Alessandrino ed Origene ) interpretarono e lessero Filone, rilevando neopitagorismo, platonismo, medioplatonismo e stoicismo ,preparando il campo, in Alessandria, alla grande fioritura neoplatonica di Plotino, facendo un’altra sincresi classico/giudaico-cristiana ,anche questa volta, in una particolare situazione storica  e culturale: la lezione filoniana diventava centrale  per la definizione di logos e logos incarnato , nella figura di Jesous Christos  Kurios, sul fondamento  della comune  paidèia greca.
Su questa lettura filoniana clementina ed origeniana, si gettarono  i padri cappadoci ( Basilio, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno) ,   Atanasio e  Efrem  e quindi i latini Ambrogio  Girolamo, Agostino, aggiungendo  problemi a problemi confutando eresie, ma suscitandone altre, cristianizzando definitivamente Filone platonico,  rendendo cristiano il platonismo di Filone. 
Ora noi pensiamo di leggere Filone nel suo milieu e ci proponiamo di tenerci lontano dalla trattazione  fatta dalla posterità letteraria, dalle letture di autori successivi. 
Noi cerchiamo tutti gli elementi  per restituire l’autore all’atto del suo lavoro e quindi la sua cultura,  le sue fonti , la sua attività letteraria,   insomma tutte le sue conoscenze, le sue abilità e capacità mostrate nel corso della sua vita , in senso politico sociale e religioso, sottese nella sua opera, in modo da far uscire la sua reale figura di uomo di quel tempo, unita a quella di altri uomini  alessandrini, romani, greci, giudaici ellenisti e giudaici aramaici: rifiutiamo di leggere Filone e la sua dottrina alla luce delle interpretazioni di autori  successivi, anche se fondatori del pensiero cristiano: per noi che referenziamo ogni termine con atti pratici concreti, non è possibile comunicare con chi ha solo valori nominali, teorici, astratti.
Noi procediamo seguendo una methodos funzionale e scientifica, sperimenata sul campo di lavoro quotidianamente, cercando l'univocità del termine, in precise situazioni storiche, dopo studi contestuali, lasciando intatto il cotesto convinti che ogni estrapolazione sia arbitraia ed indebita , utile silo a giochi retorici e politici, a creazione di miti religiosi.    
Noi cerchiamo di  vedere solo lo scrittore e la sua famiglia,  il suo rapporto  con la Bibbia ( quella masoretica e quella dei settanta ) e il ruolo nel giudaismo in senso ebraico  da una parte,  secondo l’educazione  ellenistica di un giudeo alessandrino oniade, pneumatico e  la sua complessa cultura classica, specie filosofico-religiosa, da un ’altra. 
Questo è il nostro intento, a cui ci auguriamo di  mantenerci sempre legati, senza mai deviare. 
E’ troppo facile, altrimenti, lasciarsi fuorviare dall’autore stesso che spiritualizza e che si mostra sempre un po’ migliore di quanto si è  e che difende la sua religiosità e la sua etnia , impegnato in un' apologia .
E’ impossibile  per chi legge Filone (e non lo traduce )  non lasciarsi trascinare dal suo pensiero (ebraicamente logico, platonicamente impostato, teso all’ekstasis),dalla sua interpretazione farisaica e passare  perfino oltre il velo delle allegorie , sotteso ad una precisa terminologia  greca che si basa sulla Bibbia ,  tradotta dai Settanta, e fare aggiunzioni, specie se ben collocabili e congiungibili con altre già espresse da  filosofi e teologi.
La Bibbia dei Settanta  diventa per noi  la chiave di lettura filoniana, ed  il segno tangibile di  una sugkrisis , cioè di una combinazione, di una aggregazione arbitraria , di una confusa lettura  che mescola tradizione ebraica e tradizione greca  da parte di un popolo che cerca soluzioni per la propria salvezza: la sugkrisis è la risposta pratica eclettica di un’élite alessandrina (di cui Filone è voce ) ad una persecuzione,   tesa alla sterminio di un’etnia , odiata per la supremazia  commerciale e per il diverso sistema di vita nel Kosmos romano-ellenistico.
La Bibbia dei Settanta( Cfr. angelofilipponi.com, Curiosità  I due canoni) una  traduzione inaccettabile dalla cultura aramaico-ebraica palestinese- partica, perché travalicante la sacra lettera, data l’allegoria greca e l’impostazione neo pitagorica, platonica, medioplatonica e stoica, condizionante quel sistema linguistico, molto differente  da quella farisaica,è anche espressione di una divisione religiosa tra due mondi, uno puro ed integralista, perfido  nelle sue certezze  cultuali e nell’unità di Dio ed uno misto, incerto nella sua ricerca di una  fides , seppure monoteista, ed ancorata alla tradizione giudaica, ma compromessa con la pratica commerciale e condizionata dal rapporto con i pagani,  impura e scismatica,  contraddittoria nella sua ricerca di Dio .
Da qui la necessità di decondizionare il lettore di Filone  dalla confusione sulla lettura filoniana della Bibbia: Filone non legge il canone ebraico della Torah ma legge la Bibbia dei Settanta  seguendo una tradizione  già scaltrita in questo sistema misto, pur conoscendo le risultanze della lettura farisaica dei puri ( Hasidim) e  di quella letterale dei sadducei.
Perciò il testo filoniano di base  è già condannato ed esacrato dalla tradizione ebraico-aramaica  che considera scismatico ogni giudeo-ellenista  e  spuri  ( cioè  non assistiti da Dio, che li ispira)  i loro  commenti  ellenistici della Bibbia , le cui risultanze sono diverse rispetto a quelle della torah she be’alpe : da qui l’ immensa difficoltà di comprendere la cultura complessa di un  giudeo alessandrino  fiorito, quasi completamente , nella I metà del I secolo d. c.,  e la sua necessità di confrontarsi con l’ etnia  greca dominante in Alessandria ( che  l’élite giudaica  aveva superato, dopo essersi equiparata  nella politeia , data la superiore organizzazione economico-finanziaria e considerata la protezione imperiale di più di un cinquantennio ) .
Dalla lettura filosofica di uomini intenti a filosofeggiare, deriva un Filone contradditorio, indefinibile, vago, parabolico : questa non è una lettura storica e linguistica, è una lettura teleologica,  tesa cioè ad un fine dimostrativo secondo la lettura cristiana.
Per noi una lettura cristiana di Filone non è una lettura di Filone.
Se, invece, si traduce Filone , senza idee prefissate, da ogni termine, enunciato, periodo viene fuori il mondo alessandrino commerciale, nella sua ricchezza e varietà polietnica, dominato dalla  finanza giudaica , dall’esercizio della trapeza , il sistema di conduzione di colonie, la ramificazione emporica e trapezitaria in ogni porto del Mediterraneo, il predominio sul porto di Alessandria  sia sul Mare che sul Nilo, da parte dell’élite giudaica sacerdotale ellenizzata, abile perfino a dilatarsi, mediante il proselitismo, con la tzedaqah (carità, come atto di giustizia verso il fratello), a creare così una ragnatela   su tutto il territorio dell’impero romano, con connessioni anche con quello partico, grazie ai correligionari di Adiabene e di Mesopotamia. 
Inoltre chi traduce, se compara i personaggi di Filone,Abramo,Isacco Giacobbe, Giuseppe, Mosé  con quelli di Giuseppe Flavio rileva la stessa lezione ebraica, ellenistica e può capire meglio la realtà storica.
Se poi riflette che il testo biblico filoniano e quello flaviano sono  comuni   e quindi  scismatici , come anche la  lettura allegorica, spiritalis -pneumatikè ,  comprende la lotta  tra  giudaismo ellenistico e greci  , ma anche  l’opposizione  tra  il giudaismo ellenistico e quello aramaico ,  che, però ,si congiungono, nell’abominio della desolazione(Daniele 12,12)  in una  lotta per la salvezza della madrepatria, di Gerusalemme,  in una solidarietà supernazionale , che va perfino  oltre i confini dell’impero romano.
Ora chi legge per tradurre, senza voler interpretare filosoficamente,  sapendo che il significante testuale , greco, è diverso  da quello masoretico, rileva che   il significato è pure   diverso   per la diversità di contenuto e di referenze, implicite al segno linguistico  stesso: gli ellenisti quindi, hanno una loro tradizione e un loro sistema di  commento, diverso da quello hasidico : la due lingue  hanno in sé stesse un' inconciliabile natura, direi opposta,  in quanto l’una   tende al  soggettivismo,  l’altra al  comunitarismo  collettivistico, ad Israel eterno.
Ora ,dunque ,la nostra lettura , tenendo presente questa sostanziale differenza e diversità  tende, dapprima, a far uscire dalla lettura letterale greca  il mondo alessandrino  sulla base  dei termini letti secondo la formula sacerdotale  sadducea , che mostra sincronicamente la cultura Alessandrina di base ellenistica ( che però è già congiunta e connessa con quella giudaica palestinese )e la storia, sottesa ad ogni termine,  indicando con l’appartenenza al kosmos romano orientale, la già avvenuta integrazione, in epoca  lagide.
Il nostro  lavoro cerca di ricostruire i fatti storici in relazione alla lettera del testo filoniano biblico, seguendo la  logica ebraica, in relazione ai processi adottati,  senza intervenire  con valutazioni o micro giudizi,  ma solo per  cogliere gli apporti culturali , le dipendenze o influenze, subite da chi commenta .
FiIone, allora, risulta testimone di una integrazione completa  alessandrina e giudaico -alessandrina nell’impero romano nel periodo Augusteo e primo tiberiano  , minacciata di sterminio  in epoca  seianea(25-31 d.C.)  e poi caligoliana(37-41) , ricondotta a normalità, ma ridotta funzionalmente  e limitata civilmente agli inizi dell’impero di Claudio(41-54). 
Filone, perciò, sottende nella sua opera  non solo la  perfetta integrazione del giudaismo ellenistico nel sistema romano orientale   ma anche la grande epopea emporica   del periodo  di Augusto e del primo Tiberio  e poi la paura di  uno sterminio , anticipato da Elio  Seiano e  portato ad esecuzione da Gaio Caligola,palese in In Flaccum e Legatio ad Gaium ,( due delle cinque opere che componevano le Virtù Peri areton) , traumaticamente affiorante in vario modo in quasi tutti i trattati.: la novità dell’evento rese il filosofo ansioso affannato  stordito , annichilì la certezza della sua fede nella potenza dell ‘ethnos giudaico , ora ancorato solo alla fiducia in Dio.
Lo scampato pericolo con la morte di Caligola  e il ridimensionamento ad opera di Claudio, che ripristina gli statuti lagidi ed augustei ed interdice  il proselitismo , determinano la presa di coscienza di oudeneia (niente) del giudeo, che riflette , stoppando le sue mire espansionistiche  commerciali, sulla presenza di Dio,  che , col  punire il  persecutore con la morte, evidenzia la  precarietà di ogni fenomeno  umano, manifestando il suo potere nella storia, la sua stabilità rispetto alla labilità umana .   
La tragica situazione  del giudaismo  egizio ed internazionale, diasporico  e di quello palestinese     deve essere centrale nella lettura dell’opera di Filone : senza di essa non si può capire Filone .
Precisato questo punto, la nostra lettura procede sul piano allegorico ,seguendo  Filone nei suoi processi etico- anagogici, cercando di comprendere il fine per cui opera in tale modo  teologico.
Ne deriva che le questioni culturali, filosofiche e teologiche  hanno funzione secondaria , meglio sono funzionalizzate e mirate al fine di trovare una soluzione moderata e misurata  al grave problema situazionale, insomma, alla guerra che sconvolge la romanitas e il giudaismo nelle sue anime indistinte .
L’opinione pubblica romana  considerava il giudaismo, in genere, oltre le divisioni,    una gens taeterrima ,  che  da  un secolo combatteva contro l’egemonia romana  opponendo apparentemente il culto dell’unico Dio al culto politeista imperiale, unificato nella persona dell’imperatore.-dio.
Ora il giudaismo diasporico ,  filoromano come la pars sadducea  e nobiliare di Gerusalemme e della Ioudaea, essendo stato compromesso dalla vicenda  insurrezionale palestinese, dalle ricorrenti staseis zelotiche,  ha difficoltà a dimostrare la propria adesione alla cultura cosmica   imperiale tesa alla theosis(deificazione)  del basileus(re) ,dikaios(giusto) , nomos empsuchos (legge vivente )( Vita di Mosé,1,162; 2,4 )  perché la sua integrazione culturale non ha  tagliato definitivamente i ponti con la patria comune , di cui il tempio è simbolo di un patto eterno tra  Israel e l’eterno : i collegamenti e le protezioni nei confronti dei fuorusciti palestinesi e di zeloti   lasciano sempre ombre  tra la gerarchia romana imperiale  e i capi del giudaismo ellenistico, ritenuti infidi  anche se   sono pritani delle bulai cittadine, cioè protoi , i senatori  delle patrie più piccole in cui essi vivono (Alessandria,Cirene, Antiochia, Efeso  ed altre ).
Di fronte alla minaccia imperiale  Filone è portavoce del giudaismo romanizzato  ed è  apologista  della cultura minacciata , che mostra la propria grandezza e propone il  modello di vita imperiale , di Basileus , di basileia , di  suddito, di giustizia , di civilis , di vir, di un giudeo, della stirpe comune giudaica,  come etnos degno di far parte del Kosmos e non di essere  perseguitato , ridotto a Ksenos  ed epelus, colpito da atimia.
Filone dimostra che il giudeo per sua natura ha già in sé sull’exemplum dei patriarchi giudaici e del proprio legislatore Mosé il modello di imperatore, autocrator, divino: la sua dimostrazione è però equivoca, ambigua come la  stessa integrazione ellenistica: non si può servire due padroni, Dio e Mammona ( Lc 16,13 e Mt 6,24)( Belial nei testi del Qumran)
In tutta l’opera di Filone centrali ci appaiono Il politico, Vita di Mosè e Abramo , ma in effetti ogni opera è rivelazione di questa volontà,  indifferentemente dal particolare e specifico tema o   messaggio biblico. 
Si ritiene ,perciò, che non valgano le  dispute  generiche filosofiche e teologiche su Filone, né la tradizionale divisione  delle sue opere:  allora il suo pensiero , se così viene letto, non appare  più contraddittorio, proteico  , ma univoco  e direi semplice pur nella complessità di problemi . lineare,anche se reticente, a causa di  verità taciute o omesse ,di cose solo accennate,  seppure  a volte  preoccupato della sua stessa parola , in quanto insicuro del suo destino, ma soprattutto di quello della sua stirpe.
Per Filone l’ebreo è ebreo dovunque , oltre la patria nazionale, perché ha centrale  il Tempio di Gerusalemme insieme con la Legge : le divisioni religiose e cultuali, le differenze di lingua , gli stili di vita, non compromettono la sacrosantità del comune timore di Dio e  del suo  patto eterno con Israel.   
La centralità di Giuseppe o il politico e ( di  Vita di Mosè e di Abramo che noi abbiamo stabilito di  pubblicare nel 2008  insieme a Contro Flacco ed Ambasceria a Caligola, Sobrietà ed Ebrietà, Vita Contemplativa e   Ogni Sapiente è Buono) è dovuta al fatto che in esse è più chiara la situazione  in cui versa l’ebraismo, è più leggibile la  storia  personale di oniade, sommosacerdotale, più documentata la sua cultura giudaico- ellenistica della diaspora, più rilevabile la sua sincresi tra neopitagorismo  platoneggiante e giudaismo sapienziale (Proverbi, Ecclesiaste, Cantico di cantici, Sapienza ed Ecclesiastico) nella lettura  paradigmatica del Pentateuco .  
Dalla lettura di questo gruppo di opere  pensiamo di poter dare un’idea unitaria dell’opera di Filone che , altrimenti,  si manifesta proteiforme, dispersivo , come un erudito, perché la critica filoniana non è riuscita a leggerlo secondo una unitaria  impostazione   connessa con la relazione alla particolare minaccia  propria  dei periodi 19-20 e poi  25-31 ed infine i dal 37-41 .Se Filone viene letto, dunque  secondo questa nuova impostazione  si può rilevare la sua  unitarietà  in linea con la tradizione giudaica – che  aveva già rivendicato la superiorità della propria cultura rispetto a quella comune greca nel II secolo  con Eupolemo , ( Clemente, Stromateis . I,23,153,4)  con   Artapano (I Secolo a.C:)  ( Eusebio Praep.Evang. 9,27) che  identifica Mosé con Museo maestro di Orfeo),fino a  Giuseppe  Flavio (Contra Apionem ed Antichità Giudaiche) – con la  sua ricerca di Israel eterno , nel tentativo di dare una visione del  popolo giudaico, seguace di  Mosé (Re e sacerdote , profeta e teologo)   saggio , perfetto  perché theologos, fedele cioè alla lezione del  suo legislatore. 
In questo senso  V.Tcherichover( Iewish apologetic literature riconsidered in “Eos” 3 1956)  ha rilevato  che  con l’ellenizzazione Filone rivendichi la sua doppia natura di giudeo e di ellenista nel Kosmos romano, già accettata nella cultura alessandrina lagide  e ripropone il modello di vita giudaico non solo per gli altri giudei ma anche per i non circoncisi ,che devono accettare un popolo ,che rispetta il sovrano romano ,e che, da  decenni ,ha una concezione politico-religiosa   conforme al nomos  e alla dikaiousune  ,romano-ellenistica,  seppure esalti la propria  legge , mescolando la paideia greca  con la musar  aramaico-ebraica  in una  difesa del popolo giudaico , che considera  l’essere sacerdote e  l’essere re  un servizio  a Dio.
Anche D. T. Runia  (Philo of Alexandria and the Timaeus of Plato, Leiden 1986)  mi sembra aver compreso  questo aspetto insieme a  E. Starobinski-Safran( La prophetie  de Moise et sa Porte ’après  Philon  in  Martin – Achard ed altri La figure  de Moise: Ecriture et rilecture ,Geneve 1978). che rilevano  la profezia come  segno della predilezione divina unitariamente a  V.Nikiprowetzky(Le commentaire de l’Ecriture chez Philon d’alessandrie , Leiden 1977). 
Ora l’opera di Filone, se non viene ben  inquadrata  in questa  situazione ,da precisarsi  in ogni termine,  diventa estremamente equivoca,  e il  pensiero filoniano   risulta  volutamente offuscato,  essendo di fronte ai problemi contingenti, incerto , ambiguo falso, titubante pencolante  tra  la sua filoromanità e la sua ebraicità,  evidenziando la dilacerazione della  anima ebraica, da una parte e  la difficile  ricerca , da un’ altra, di conciliare ellenismo romano e giudaismo  farisaico,  in quanto la prassi contraddice la parola.
E’ inconciliabile il soggettivismo romano-ellenistico con l’oggetivismo collettivistico aramaico: solo con la costruzione della figura umano-divina  di Christos  si è cercato di fondere l’inconciliabile , di conseguire l’ineffabile, precluso all’uomo  creatura,  grazie alla intermediazione dell’uomo -dio .
Noi dobbiamo staccarci dalla tradizione cristiana, erede della cultura soggettivistica  classica, perché seguendo Clemente  Origene e specie  Eusebio,  seguitiamo a cristianizzarlo: è nostro dovere di storici   mostrare la vera natura di giudeo  di Filone, seppure oniade, ellenista e sincretista.
D’altra parte Alessandria, del periodo 26-44 d.C.   è  in effetti città dove l’elemento greco  riesce, grazie alla nuova politica imperiale, a limitare la supremazia  giudaica, dapprima , e poi ad avere il sopravvento, definitivamente.
Dall’esempio dei greci alessandrini viene un monito di ribellione a tutti i greci dell’ecumene romano che  aggrediscono selvaggiamente  il giudaismo e ne scuotono  la supremazia,  come ben evidenzia Giuseppe Flavio nel XVIII, XIX e XX  di Antichità Giudaiche e nel V, VI e VII libro di Storia Giudaica  e Contra Apionem, dimostrando come in ogni città ellenistica i greci attaccano e limitano il potere giudaico , facendo stragi  e come ,perfino nel regno partico, contagiato , inizi lo stesso processo di  annientamento, in un crescendo inarrestabile di massacri e di stermini.
Insomma il giudaismo ellenistico ,diasporico.  sempre più   connesso e compromesso con quello palestinese e partico, paga amaramente questa sua politica e ancora di più  ridimensionato  nella sua funzione nell’impero romano , specie dopo la fine del Tempio,    in epoca Flavia, e subisce ulteriori sventure nel 1O6-7  in epoca traianea e   dopo l’impresa di Bar Kokba, sotto Adriano,  con la  definitiva cacciata dell’elemento aramaico  dall’ecumene romano , perde quasi del tutto il suo ruolo  commerciale , favorendo così la crisi della trapeza e di tutto il sistema argentario, che lentamente si va sfaldando  fino a scomparire nel IV secolo.d.C
Ora nel corso della lettura delle varie opere  noi tratteremo i vari problemi, a seconda dei temi e della specifica intenzione dell’autore ,  puntualizzando e rilevando il valore del giudaismo ellenistico e la sua funzione  nell’impero romano ,intermedia tra romanitas e Partia , tra Romanitas ed aramaismo palestinese filopartico,zelotico.
Questa prima lettura è basilare per la comprensione del pensiero di Filone  e per la sua allegoresi: senza di questa ogni parlare è tautologia e ciarla  letteraria , mera filosofia    convenzione utile solo al mythos religioso.
Il teorismo filosofico di Reale  e la metodologia linguistico-strutturalistica di Radice   limitano e quasi annullano  la semantizzazione  sincretistica di un oniade ellenista  non suffragata da referenze concrete  storiche  o non ben centrata storicamente  nonostante i contributi di Clara Graus Reggiani e di altri ,come Paola Graffigna. 
Il contributo dell’Università Cattolica  del Sacro Cuore di Milano, pur grandioso  e vasto concettualmente, su di un piano culturale,  resta come documento alto di analisi filosofiche  ma non favorisce la comprensione della figura di Filone, cristianizzato, ancora di più perché    letto    come  supporto alla interpretazione  (considerata corretta) della tradizione cattolica  dei Padri della Chiesa,  aumentando la confusione  tra le diverse tesi  interpretative. 
Filone non è, però,  l’anello di congiunzione tra Vecchio Testamento e Nuovo testamento, non è  mediatore culturale, né filosofo né teologo: non  può aver coscienza che sta per sorgere una nuova legge sulla base della vecchia legge e quindi non la può prefigurare e vaticinare,  tantomeno può considerare  la filosofia  greca ancilla della  teologia (cristiana). 
Filone mostrando la sua epoca parla della cultura del suo tempo e rileva il modello di un alessandrino  che  legge la Bibbia con  gli strumenti  della sapienza greca  servendosi delle scienze propedeutiche alla teologia, intesa secondo la normativa mosaica: su Filone, rifiutato dagli ebrei, i cristiani hanno basato la loro teologia. 
Sono, però , processi successivi  di cui Filone non solo non ha coscienza ma neppure  può sognare  né immaginare le risultanze; il suo è un tentativo di salvare il giudaismo e di trovare una via percorribile  per mantenere, oltretutto,  quella supremazia commerciale e finanziaria che aveva determinato quel benessere in Alessandria e in ogni città del mondo romano.   
A nostro parere , Filone, ripetiamo, ha scritto un’opera  complessa  come testimone di una verità giudaica, minacciata  sia a Gerusalemme che in tutto il mondo romano che in quello partico, riconoscendo se stesso e il giudaismo ellenistico come facente parte del Kosmos romano  e perciò risulta ambiguo ed equivoco perché, per fede, professa un credo spirituale  che lo lega a Gerusalemme e alla Partia,  ma  per pratica  ha interessi concreti  che  lo collegano alla patria Alessandria e al mondo romano.
Scoprire questa ambiguità e equivocità è da storici e da linguisti, non da filosofi e da teologi  che tendono a  misurarsi  religiosamente con la loro stessa identità e con altri, che hanno già costituito un sistema di idee  solo sulla parola, divenuta anch’essa equivoca.
Perciò riteniamo che Filone non sia né filosofo né teologo, che non appartenga a nessuna  filosofia  e     quindi non sia né neopitagorico né platonico  né medioplatonico né storico, o altro , ma solo un giudeo  civis romanus  che scrive in lingua koiné e si serve del contributo culturale  proprio della sua  generazione. 
Riteniamo, dunque ,che non si possa parlare in un uomo, impegnato a difendere la propria identità  in pericolo, né di  sistematicità di pensiero né di un’ asistematicità, ma solo si può forse rilevare  una linea ebraica figurale sulla base del tradizionale commento biblico che gli permette di evidenziare la particolare e complessa posizione di  giudeo ellenista, che serve, torto collo,  due padroni  smascherato per di più dalla neoteropoiia galigoliana (cfr.  Caligola Il Sublime, angelofilipponi.com)
La corte di Caligola, piena di Alessandrini , smaschera facilmente l’equivoco religioso ebraico con la richiesta di effettiva adorazione all’imperatore- Dio: il sacrificio è per l’imperatore, non a Dio per l’imperatore.
Le definizioni sono tutte belle e buone, degne di lodi , ma  opinabili , da quella di G.Reale (L’importanza , il significato e la struttura della filosofia di Filone di Alessandria, introduzione a La Creazione del mondo,Le allegorie delle leggi, Milano 1978 ed altri )e R. Radice ( Commentario allegorico alla Bibbia,1994  Erede delle cose divine, 1994 ed altre) , a quella di E. Brehier(Les idees philosophiques et religieuses de Philon d’Alessandrie, Paris 1950) di H. A. Wolfson( Filosofia dei padri della Chiesa, a cura di E.Maccagnolo, Paideia,Brescia 1978) ),di M. Heinze,( Die Lehre vom Logos in der griechischen Philosophie ,Aalen, 1961 ) di E. R Goodenough(By Light, Light, New Haven- Londra 1935): ognuno ha letto a secondo della propria tesi ed ha tentato di dare una propria spiegazione, in modo ,ci sembra,  unilaterale. 
Perfino   lo strutturalismo  sincronico  di  J.Cazeaux (La trame e la chaine : structures littéraires  et exégèse  dans cinq traités  de Philon d’Alexandrie, Leiden 1983)  e lo stesso J. Daniélou (Philon d’Alexandrie,  Paris 1958) hanno evidenziato unilateralità di lettura: il tentativo di leggere  Filone come filosofo–teologo, che ha compiuto una sintesi, a nostro parere,  non deve neanche essere fatto,  in quanto Filone  è solo un trasmettitore di sapere  che reagisce ad uno stimolo   e non ha tempo di rimeditazione profonda, ma solo fa tentativi di comprensione e di aggiustamento di parti,  cercando  disperatamente sincresi possibili e  varie  con un animo passionale,  fortemente emozionale,  in un momento  di difficile equilibrio: l’alessandrino sente troppo acutamente la dilacerazione per la perdita o per la paura di perdere  quanto ha amato e  quanto ha considerato conquista  di generazioni, ormai solidamente posseduto, evidenziando il grave turbamento dell’anima stessa giudaica. ellenistica . Per ultima cosa  vogliamo  ricordare che Filone vive nel periodo stesso della strutturazione del Peri Ypsous  da parte probabilmente di uno che vive o conosce bene l’ambiente giudaico, se  cita  Genesi ( cfr IX,9) e che  tende all’armonia- intesa non solamente come disposizione naturale  in mano ad uomini capaci di provocare  persuasione e piacere, ma  anche  come strumendo stupendo  di eccelso e  patetico ( XXXIX,1), e che sogna uno stato di giustizia.
Filone , che cerca Dio , che tende all’ekstasis ,profeta-nabi ,   da ebreo,  cerca  anche lui l’adrepebolon  puntando ad  alti pensieri , avendo un atteggiamento passionale  e pieno di entusiasmo (to sphodron kai enthousiasthicon pathos,VIII,I) ,considerando il sublime eco di un alto sentire ( upsos megalophrosunes apechema IX,2) . 
Il  quarantaquattresimo capitolo, ed  ultimo del trattato Del Sublime,tratta della  questione della decadenza delle lettere  e dell’oratoria,  mostrando  come la democrazia repubblicana di un tempo  sia stata  la nutrice di libertà e quindi dell’agone forense  mentre la monarchia assoluta,   priva l’uomo di valori ed impedisce la libera circolazione delle idee: l’autore  mette a confronto l’epoca repubblicana  propria di uomini liberi , oratori e parresiastai  e quella  imperiale  presente, propria di schiavi., non oratori, ma kolakes .. megalophueis ( Ibidem 3) ruffiani sublimi .  
E’ un capitolo su cui bisogna riflettere a lungo  se si vuole capire il periodo imperiale  giulio claudio.
Per l’anonimo scrittore del Sublime l’assenza di democrazia comporta quasi una scolastica educazione ad una   servitù giusta (paidomatheis einai douleias dikaias Ibidem3 ),legalmente riconosciuta per l’uomo che, fasciato dagli stessi costumi ed abitudini, senza aver  gustato della libertà,  diventa pigmeo, nano (Ibidem 4) perché cresciuto in gabbia, storpiato nelle membra dall’ angustia della clausura, entro sbarre.
L’anonimo passa dal discorso  figurato analogico a quello reale mostrando come la servitù, anche la più giusta, possa essere definita  gabbia e prigione publica dell’animo (psuches glottokomon  kai koinon  an tis apophenaito  desmoterion  (ibidem 4 )
Queste affermazioni sono messe in bocca ad un amico, uno della cerchia dei filosofi, che diventa (secondo il nostro parere) l’emblema di una congiura antimperiale, espressione di un rifiuto della cultura e della propaganda della neoteropoiia caligoliana.  
Alle affermazioni dell’amico, l’anonimo del Sublime risponde   che  è tipico dell’uomo prendersela col tempo presente (idion anthropou  to katamempsesthai ta aei pronta Ibidem 6)) rilevando  che non è la pace universale(eirene)   a corrompere le grandi nature, ma  la guerra (o polemos)  interminabile, che trattiene i desideri umani e le passioni che assediano  la vita e la  sconvolgono dalle fondamenta tanto che  la philokhrematia(l’amore della ricchezza) e  la philedonia (l’amore dei piaceri)   portano alla schiavitù ed  affondano con tutto l’equipaggio.
All’immagine della barca affondata  segue l’apoftegma ( l’amore per il denaro è malattia che  rimpicciolisce l’animo,  l’amore per il piacere è malattia molto ignobile / philarguria men nosema mikropoion, philedonia  d’agennestaton Ibidem 6) che  apre il discorso verso soluzioni ancora più negative: la ricchezza senza limiti e quasi divinizzata,  sposatasi col lusso sfrenato (poluteleia) procedendo di pari passo mette  nido ( chiaro riferimento a Platone  Repubblica  573) si riproduce, generando ubris, paranomia  anaiskhuntia(violenza, pazzia e disonore).
La conclusione è anancastica. È fatale che l’uomo non rivolga più lo sguardo verso l’alto (anablepein)  né si curi del buon nome  e  che in questo ciclo si compia la rovina degli esseri  e  si deperisca  la grandezza d’animo: gli uomini ammirano  ciò che è mortale  e trascurono ciò che è immortale.(Peri Ypsous, 44,8 )
Per l’anonimo dunque sulla terra non ci può essere uno stato di giustizia, quello a cui tende  l’uomo, specie il giudeo : infatti un giudice corrotto, all’atto del giudizio,  essendo sensibile agli omaggi  interessato al suo utile, non può essere in grado di giudicare  in modo libero e corretto.
 Non è possibile che  sia  libero ed incorruttibile  chì è in preda  ad intrighi  per il desiderio di arricchire  in un quadro  dilagante di  corruzione, in cui  ogni individuo  va a caccia delle morti altrui, di testamenti ed è disposto a  pagare, anche a prezzo dell’anima, il guadagno , ormai preso nei vortici  di una decomposizione  pestilenziale. 
Con grande pessimismo l ‘anonimo   afferma  forse sarebbe preferibile per  noi essere soggetti che liberi… in modo che le brame liberate dalle sbarre  potessero scatenarsi ed appiccare il fuoco al mondo intero (Ibidem,10) .
Egli,poi ,tristemente conchiude: la rovina del nostro tempo è l’indifferenza (rathumia)in cui tutti ad eccezione di pochi,  passiamo la vita  senza fare ed intraprendere   niente, se non  per la lode e il  piacere,  ma non per una qualche utilità degna  di emulazione ed onore ( Ibidem 11).
La conclusione scettica  generalizzata potrebbe rinviare  a  L’ebrietà  (190-203)di Filone   (dove si   parla della inconsistenza della  conoscenza sensibile e della necessità di sospendere il giudizio, data la precarietà conoscitiva umana e considerato il relativismo filosofico )  ed anche a  La piantagione di Noé( 146-148 e  154-159)( dove si tratta della  morte fisica e morte spirituale secondo criteri tuzioristici e fini libertari e patri  e sulla  possibilità di ebrietà per il sapiente).
Filone infatti afferma : gli uomini attuali ,  salvo una rara parte,  non condividono gli stessi ideali  e valori degli antichi con cui contrastano, dissentono  nei pensieri e nelle azioni  I contemporanei hanno ridotto quei pensieri sani e forti, tipici degli antichi  in uno stato di irreversibile decadenza e depravazione, sostituendo alla vigoria fisica e alla forma atletica niente altro se non la malattia… .
La stessa struttura dialogica della conclusione del Sublime, lo stesso  linguaggio  scettico,  lo stile altamente retorico   rinviano   al filosofo alessandrino,che potrebbe essere uno della cerchia dei filosofi , che si lamenta dell’ ingiustizia subita davanti al giudice Caligola,  imprigionato dalla propaganda alessandrina e tenuto quasi in ostaggio dal clan di Elicone e di Apelle (Legatio ad Gaium 203,205 ed altri)  dominante a corte  nel 4Od.C.
Noi riteniamo che l’intuizione di A. Rostagni  su  Filone considerato  il filosofo che  parla con l’anonimo scrittore  sia possibile : molti sono i tratti  per l’identificazione in tale senso  e per la datazione dell ‘opera  in epoca caligoliana . ( A ROSTAGNI,”Il sublime” nella storia dell’estetica antica in” Ann. Sc. Norm. Super. Pisa” (1933)  e Anonimo del Sublime, Testo trad. e nn. di A. Rostagni  Agg. di L Belloni, Milano 1982)
Nel corso del  nostro  lavoro su Filone ci proponiamo infine  di meglio relazionare in questo senso,  producendo ulteriori  prove  storiche. 
Angelo Filipponi 


Vita di Filone

 Filone è un Alessandrino, di stirpe giudaica, famosissimo nel I secolo dopo Cristo e per la sua speculazione platonica , per la sincresi culturale ellenistico-giudaica e  per la sua attività politica1.
E’ quasi certamente di famiglia sacerdotale perché suo fratello Alessandro Lisimaco  ha la carica di Alabarca 2.,  capo della comunità giudaica (ecclesia) scismatica di Alessandria 3,  discendente diretto di quell’Onia, sadoqita,4. che, nel 145 , fuggito da Gerusalemme e venuto in Egitto, ebbe da Cleopatra II e Tolomeo VI 5 la possibilità di esigere le tasse dai giudei egizi e di fondare il tempio di Leontopoli,nel demo di Eliopoli, pur rimanendo ancora vincolato al tempio di Gerusalemme. 6.
La funzione svolta da Onia IV in senso commerciale ed  ecumenico sembra confermata dalla  documentazione numismatica di Seleucia sull’Eulaios, da cui si rileva la fine del commercio  via Seleucia sul Tigri  ed Antiochia e l’inizio di un’altra via per Alessandria.7.
La  famiglia di Filone  detiene il monopolio del commercio tra est -ovest e congiunge l’oriente con Roma direttamente tramite le navi alessandrine che garantiscono i rifornimenti : vende grano e derrate alimentari , mediante gli emporia, distribuiti in tutto il Mediterraneo, smercia preziosi e ogni  genere   voluttuario tramite  anche i giudei del regno partico, da decenni  collegati con i giudei alessandrini, che avevano deviato il commercio orientale da Antiochia ad Alessandria 8
Il titolo di Alabarca, sovrintendente al sale, è una carica propria del  sommo sacerdote del tempio giudaico egizio, che svolge attività commerciale come emporos,che riscuote le tasse , le conserva  nella sua banca di Alessandria per poi inviare il denaro  al tempio di Gerusalemme e al fisco imperiale.9
La carica del fratello di Filone ha un significato politico  ed economico che sottende una serie di rapporti tra la famiglia imperiale giulio-claudia e la comunità alessandrina giudaica. 10.
I rapporti tra il giudaismo alessandrino  e Tiberio sono sicuramente ottimi 11 come quelli con Augusto 12, che aveva sancito la superiorità giudaica rispetto alla etnia greca ed egizia, confermando i prostagmata lagidi.13
Fin da Tolomeo Filadelfo la comunità alessandrino-giudaica ,numerosa, aveva potuto    osservare la Torah, svolgere le proprie funzioni  religiose e vivere serenamente e prosperare  secondo un proprio politeuma 14
Dalla lettera di Aristea a Filocrate  15 si conoscono i difficili rapporti con le altre etnie , ma anche la florida posizione sociale dei giudei Alessandrini che occupano i posti di rilievo nell’amministrazione Lagide , mantenuti poi in quella romana: Giuseppe Flavio in Contra Apionem e in Antichità Giudaiche  mostra chiaramente la fortunata condizione dei giudei alessandrini.16
 E Filone stesso in In Flaccum e poi in Legatio ad Caium mostra  come in Egitto viva un milione di giudei e che nella sola Alessandria ci siano 500.000 circoncisi ed abitano nelle zone migliori della città.17.
Tutto cambia con la morte di Tiberio e l’avvento di Caligola : il governatore Flacco, tiberiano, è sostituito, ma prima della sostituzione tenta di salvarsi appoggiando elementi greci ed egizi filocaligoliani.18.
E’ la guerra civile perchè i giudei sono costipati in una sola zona   e lì rinchiusi, mentre le loro case sono date al saccheggio.19.
Nella guerriglia viene massacrata la comunità: non si conosce il numero dei morti, ma si crede che circa un decimo della popolazione viene variamente uccisa20
La situazione permane ,nonostante l’intervento di  Erode Agrippa, educator di Caio Caligola, re di Iturea e Traconitide  , venuto in Alessandria, senza clamori,  dagli amici Filone e Alessandro, ancora non coinvolti  nell'eccidio , data la loro speciale cittadinanza alessandrina e romana  21.
La successiva ambasceria a Caio Caligola, che ha come capodelegazione Filone, non ha effetto in quanto ormai  vige il culto dell’imperatore come Dio, assimilato a Zeus 22: c’è perfino l’ ordine a PetronioTurpiliano (governatore di Siria) 23 d’installare il colosso imperiale nel tempio stesso di Gerusalemme e di annientare i Giudei di Palestina, in caso di ribellione.24
Inoltre nella corte dominava  ancora di più l’elemento egizio e quindi la voce di Apione25, era ascoltata  e lo stesso fratello di Filone, Alessando Lisimaco, colpito da atimia , veniva deposto  ed imprigionato 26
La morte di Caligola ,ucciso da Cassio Cherea 27.,salva il giudaismo, che riprospera grazie a Claudio 28, che ripristina l’editto di Augusto e riconferma i prostagmata lagidi,  mentre già era stato liberato l’alabarca grazie ad un intervento diretto di Erode Agrippa,  che aveva ottenuto sia l’ex tetrarchia di Filippo che quella di Erode Antipa29
 Filone fa cenni sulla sapienza e giustizia di Claudio, ma sembra che abbia visto solo i primi anni del suo impero..
La sua morte dovrebbe essere collocata prima della morte di Erode Agrippa,  morto nell’estate del 44, dopo aver  celebrato il ritorno trionfale dell’imperatore dalla Britannia.30.
Probabilmente Filone , già oltre sessantenne, muore tra il 41 e 44.
Sappiamo  da Flavio inoltre  che  Filone é un po' più anziano di Agrippa ,che era nato il 10 a. c. e perciò  possiamo  stabilire la sua nascita  prima di tale data.
Inoltre sappiamo che  Filone  si definisce membro più anziano dell’ambasceria a Gaio, e che  il  limite di età per un ambasciatore era di 65 anni ;perciò riteniamo che la sua nascita debba essere fissata tra  il 25 e 20 a. c.
Non si conoscono altre notizie sulla sua attività : dalla sua opera si conosce qualche episodio della sua vita quotidiana(amore per il teatro, frequentazione del  circo e dei pancraziasti, viaggi in Grecia, in Asia)  oltre al massacro  dei Giudei nel 38 ad Alessandria ,oltre all’ambasceria a Caio Caligola e forse  ad un altro viaggio a Roma sotto Claudio.32
 Da Giuseppe Flavio si rilevano la grandezza del personaggio, la sua funzione di capo delegazione nell’ambasceria e la sua opposizione ad Apione33.
Le notizie di Eusebio 34.sono derivate da Filone stesso e da Giuseppe Flavio e perciò di scarso valore storico ;i riferimenti, a partire da  Clemente Alessandrino  ed Origene fino  ad Ambrosio  Girolamo, Agostino ,sono anch’essi  poco attendibili , perché di seconda mano.35.  
Note 
1 Filone  ha una cultura certamente di base platonica ma essendo giudeo,ellenista, fonde platonismo e lettura biblica, secondo la tradizione allegorica farisaica
2 Su suo fratello , Alabarches alabarca, daziere di Egitto e sommo sacerdote  si hanno molte notizie dirette da Giuseppe Flavio (Ant. Giud. ,XVIII,159,259 XIX,276 XX,100) e da Filone ( Alexander)ed indirette tramite la figura di suo figlio Tiberio Alessandro, governatore di Giudea e poi di Egitto ed infine grande elettore di Vespasiano, celebrato con una statua a Roma (Giovenale Satire) 
Probabilmente era anche etnarca dei giudei di Alessandria,  che decideva le controversie ed  aveva la supervisione delle ordinanze e dei contratti   ( la notizia è di Strabone riportata da G.Flavio in Ant. Giud.XIV, 7,117) Cfr. PAULY-WISSOWA,Realencyclopaedie  der klassischen Altertumswissenschaft. Sulla funzione dell'alabarca cfr. ROSTOVTZEFF " Roemische MItt.", XII (1887( p.75 ss.e ROSTOVTZEFF-WELLES,"YaleClass. Studies" II (1931).p.50.  Sull'alabarca, trapezites cfr. A. PETRUCCI,  Mensam exercere, Jovine editore, Napoli 1991.
3 La chiesa di Alessandria doveva essere scismatica da Gerusalemme; infatti aveva un suo sinedrio, un suo tempio, una sua bibbia(quella dei Settanta) un suo sommo sacerdote che rivendicava ai sadducei il sommo pontificato  in quanto discendente di Onia IV.  
4Su Onia IV che dopo  la morte dello zio Menelao e dopo l’elezione illegittima di Alcimo  fugge in Egitto cfr. G. Flavio ,Ant. Giud. XII.387   e XIII,62 e Guer. Giud.VII,423-432 Cfr E . BICKERMAN in « ZNW »,32,1933 
Rispetto ad Alcimo, fatto sacerdote da Lisia, generale di Antioco V Eupatore, senza aver parentela con la famiglia del sommo sacerdote, discende