La Creazione del Mondo di Filone
Peri tes Moseos kosmopoiias (De mundi opificio Mosis)
Premessa
Il significato di Kosmopoiia
Kosmopoiia è termine composto da Kosmos (da Kosmeoo ordino ed orno) che vale Mondo ma anche ornamento e Poiia (che corrisponde a poiema o poiesis ) che vale costruzione o fabbrica.
Come nome composto Kosmopoiia è dell’area lessicale di Kosmopoieoo non di quella di kosmogignomai, né di kosmoplassoo, né di kosmourgeoo in quanto sottende un poietes, la cui opera personale (poiema o poiesis azione costruttiva, creativa), tipica, è il mondo.
Perciò l’azione di costruttore (del poietes) in quanto creativa e personale dovrebbe escludere l’azione di un demiourgos, la cui opera implica lavoro manuale per un pubblico, costituito da propri simili, (di cui colui che fa è parte), che gli hanno dato il mandato di fare qualcosa di nuovo.
La demiourgia, propria di un demiourgos, è mestiere professionale che permette di realizzare per conto di altri qualcosa che sia di utilità comune (demosia) non privata ( ouk idia).
L’uso di Platone del termine comporta che colui, che svolge azione demiurgica, carica pubblica, in quanto ha capacità creative, diventa krestos utile, data la pratica e la funzione professionale, che risulta buona cosa per la comunità; in effetti il poiema personale e creativo, caritativo, è demiourgia solo nel contesto comunitario, quando c’è una politeia e quindi quando esiste la polis ed ogni componente del sistema è struttura significativa.
Siamo cioè nella storia con demiourgia, mentre con poiema siamo prima della storia, prima del tempo, prima dello spazio stesso, quando neppure esistono le cose e tanto meno l’uomo.
La professionalità, infatti, è caratteristica di una società già organizzata, che si esprime nell’azione sequenziale e nella suddivisione ordinata in momenti specifici di tutto il poiema, di tutto l’opus, sia in Genesi che in Platone (Timeo) e quindi in Filone.
Per comprenderci meglio e per non far sorgere equivoci sul problema, mi sembra opportuno fare l’esempio del fornaio Artopoios (termine anch’ esso composto che rimanda ad un poiema sull’artos, tipico rispetto a quello dell’ artoklasia– spezzamento e distribuzione- o dell’artokopeion– distribuzione dei pani in panetteria-): la sua azione comporta una sapiente regia organizzativa, riduttiva, unilaterale, rispetto a quella universale cosmica, dopo ideazione, a seguito di una volontà creatrice di fare pane, in relazione ad un tessuto di altri professionisti, utili ai fini della realizzazione del piano, dopo le operazioni di raccolta di frumento. di macinatura e riduzione a farina, seguite da impasto e da lievitatura, in varie fasi, con la formazione di varie forme di pani, poi infornati e cotti, successivamente destinati al consumo proprio o alla vendita.
L’ opera del fornaio, dunque, complessa, frazionata, diventa un’operazione completa di creazione solo a fine impresa, alla cottura e allo sfornamento del pane, alla presenza del prodotto finito, realizzato conformemente a quanto ideato: il buon fine è connesso con la polis, in cui vive l’artigiano e per cui opera, come struttura di un sistema funzionale.
Artopoios, quindi, indica colui che fa il pane, in quanto artista che crea la pagnotta, o oltre forme di pane, dopo una serie di operazioni che portano al risultato della varie confezioni di pani di diversi dimensioni, derivati da una massa informe iniziale: il fornaio, così esaminato, in questo senso, non è artopoles cioè venditore di pane in una artopoiia (intesa come vendita di pane) ma è essenzialmente artopoios, che può delegare anche un altro al frazionamento, alla distribuzione, alla vendita del prodotto di sua fabbricazione, di sua invenzione.
L’artopoios è inventore e creatore di una materia, però, come il pane, di un elemento cioè derivato dal frumento, parte del kosmos, su cui agli inizi dei tempi e prima ancora del tempo, fa il suo intervento o kosmopoiòs (il creatore del mondo, o kosmopoietés) .
Il termine kosmopoiia, dunque, essendo composto, sottende il valore di poietes e di tutta l’area riferita al Kosmos, oggetto della operazione, creativa, non plastica, né demiurgica.
Il poietes neanche, perciò, è da mettere in relazione con lo ktistes, che è un costruttore, ma solo uno che fonda città, in quanto è un creatore di colonia (apoikia).
Lo ktistes, trasferendo suoi concittadini, che hanno un medesimo sistema culturale, in un‘altra regione, si inserisce in un ambiente nuovo, conservando la propria identità, in un tentativo di speciale integrazione.
Infatti il verbo ktizoo rimanda ad uno che costruisce mura, case, città, sottendendo la professione indifferentemente di carpentiere (tekton) o di muratore, architetto (oikodomos ) necessaria ai fini della creazione della nuova apoikia.
Caratteristica dello ktistes è l’abilità di costruttore connessa con quella di conduttore di colonia e di amministratore.
Ogni Poiia, essendo poiema (o poiesis) sottende, dunque, un poietes che costruisce una fabbrica, la cui funzione non solo è in relazione all’ergon (lavoro) dell’ammassare e del confezionare ma anche al materiale usato e soprattutto alla ideazione che precede l’azione del fare che, in Kosmos aisthhtos-sensibile ha valore di ornare e di ordinare, secondo moduli prefissati e preordinati, ideali kosmos nohtos-intellegibile.
Kosmopoiia, perciò, non è solo Costruzione del mondo, traduzione letterale del termine, né fabbrica del mondo, come opificio ( secondo la traduzione latina De mundi opificio ), in quanto c’è qualcuno che fa opus, ma è Creazione intesa come principio (reshit) o come al principio dei tempi (bereshit) e di ogni cosa, prima del principio stesso, nella fase primordiale e prima ancora dei primordi stessi, quando esiste solo il Nulla.
Questo è il senso cristiano, aristotelico, derivato da Giovanni Filopono nel 646 d. C. nel suo De opificio mundi, connesso con la cultura alessandrina origeniana e poi basiliana cappadoce del Philocalia : nostro intento è rilevare nell’opera filoniana quanto è derivato, anche dalla culture estranee al giudaismo come quella vedica ed iranico- assiro-babilonese, che sono basilari per la musar aramaica sadducea .
L’opera del Filopono è inficiata di monofisitismo (è dedicata al patriarca monofisita Sergio di Antiochia) in un collegamento tra la theoria greca e la prassi cristiana seguendo il testo di Genesi, secondo le linee tipiche del pensiero di Basilio il grande: il filosofo va oltre il pensiero basiliano e, rivestendo di formule cristiane, il sistema ora congiunto, aristotelico-neoplatonico, lo legge secondo la lezione di Proclo, aristotelica, nonostante le divergenze di lettura con il pensiero Teodoro di Mopsuestia e della scuola antiochena, segnata dall’eresia nestoriana, fedele al pensiero aristotelico che, all’epoca, aveva un valore ereticale perché minava le basi della natura di Christos uomo -Dio (risolta poi dal tomismo) che avrebbe portato alla theoria Triteista (ad un Dio unico in tre persone, legate in una triade divina, come la Trimurti, avente le tre forme di Shiva, Visnu e Brama) in quanto l’incarnazione aveva determinato un’unica upostasis unificante natura umana e divina nella sola volontà divina, comportante poi il monotelismo…
Per noi, sciolti dalle esigenze polemiche ed apologistiche del settimo secolo, quando già sorgono i conflitti con la doctrina dell’Islam – dopo l’eccidio delle tribù giudaico/arabe e delle comunità giudaico/ cristiane, eretiche, di derivazione giacobita, confuse con quelle ebraiche- e perfino dalle concezioni stesse di Filone, cristianizzato, (sulla cui linea, d’altra parte, avevano proceduto Clemente Alessandrino, Origene e poi la scuola di Cesarea di Cappadocia e specie Basilio,) è importante cercare di comprendere il reale pensiero di Filone, che certamente sottende la cultura babilonese e quella induistica e perciò si discosta da Genesi…
Noi cerchiamo di rilevare quella fase primordiale dell’universo concepito come phusis, e come monogenes Theou (figlio unigenito di Dio)…come un brodo primordiale di gas omogeneo e uniforme, senza pulsioni, senza misteriosi respiri , solo quiete profondissima , senza vento, in cui non c’è tempo, né spazio determinato, contenitore, ma solo indeterminati orizzonti universali gassosi, incommensurabili, prima ancora del big bang dei nsotri attuali scienziati …
Ora entrare nella fase primordiale del Kosmos, prima del Kosmos, o cercare di afferrare l’idea di quel momento in cui inizia l’esistenza dell’universo è penetrare nel mistero mistico del silenzio prima dell’esistenza del silenzio stesso, nella solitudine spaziale, prima della divisione in spazio, nell’ assenza di ogni cosa: il misticismo del Rg-Veda sembra ipotizzare per primo (o forse contemporaneamente agli astronomi sumeri, antenati della cultura assiro-caldaica ) una specie di acqua primordiale / brodo, in cui palpita, senza palpito, qualcosa., un quid che noi creatura diciamo, misterioso perind tendere divino quasi ci fosse un Dio, non possibile . in quanto non esiste movimento /kinesis ..
Il cercare di capire l’innografia vedica o il leggere i versetti iniziali della Genesi mette in discussione tutta la nostra storia, il nostro metodo operativo, il nostro stesso sistema conoscitivo, le nostre teorie che risultano poca cosa rispetto alla grandezza del big bang iniziale e all’origine stessa del mondo: sono ragionamenti che si rifanno ad altri ragionamenti di altri uomini, che ci hanno preceduto e che hanno parlato di conflagrazioni, di creazioni dal nulla, di sacrificio di Dio, di solitudine divina, di amore divino e di mille altre cose: ragionamenti propri di piccoli uomini, sgomenti davanti all’ immensità celeste, fatti per spiegarsi, unilateralmente, la nostra funzione di creature nel creato e scoprire, se possibile, qualcosa di diverso e di nuovo.
Noi, condizionati dalle impostazioni precedenti mistico-mitico-sacerdotali e poetiche, non sappiamo liberarci dalla teleologia… e ricadiamo sempre nella ricerca di cause secondo le leggi di causa ed effetto o di successione e siamo presi dalla poeticità dell’immagine, dall’ intuizione religiosa…dalla scienza stessa che si confessa non scientifica in questo campo fisico-astronomico …
Solo se ci poniamo, pieni di phobos, come mistici di fronte al Nulla, al momento della nascita (e al momento della fine) possiamo forse riconfigurarci il preludio del mondo e forse intuire qualcosa, ma da infanti e da vecchi rincoglioniti, quelli che non dovrebbero nemmeno… parlare .
Oppure se ci avviciniamo al Nulla( cfr. il logos creato dal nulla come il kosmos in www.angelofilipponi.com) da uomini di perfetta razionalità, liberi da preconcetti, con la mente dello scienziato contemporaneo, possiamo leggere la genesi del mondo, favoriti dagli strumenti, segni della nostra crescita e della nostra industrializzazione e del nostro progresso… ma ancora imperfetti per dire qualcosa…
Secondo le formule ascetico-mistiche i vedici e i sumeri si misero a guardare il cielo ed iniziarono lo studio dell’universo: questi per primi ci hanno mostrato la kosmopoiia secondo innografia sacerdotale, in caratteri sanscriti e cuneiformi, e allo stesso modo fecero ingenuamente e miticamente i sacerdoti egizi, i magi caldaici, gli scribi ebraici, connessi con quelli accadici, assiri, zaratustriani; e con questo criterio guardarono il cielo, poi i classici (i greci e latini), gli stessi druidi (e poi i bizantini ed i arabi) e secondo il loro insegnamento noi abbiamo conosciuto la creazione del mondo e su questi parametri noi ragioniamo credendo di aver realizzato la massima razionalizzazione possibile, grazie anche alla nostra cultura informatica, espressione scientifica della nostra superiorità culturale attuale.
Lo scienziato- noi, profani, pensiamo!- anche se condizionato dalla storia e dalla cultura precedente, procede scientificamente davanti alla creazione, senza minimamente essere scalfito dalla ricerca eziologica, senza problemi teleologici.
Lo scienziato- pensiamo- torna indietro, perfino, nel tempo, posiziona i suoi strumenti di lavoro al centro dell’universo sente i suoni e i rumori primordiali, ritorna alla fase, in cui il mondo è uniformente gassoso tanto da apoter giungere però a perfigurasi un puntino che si ingrossa fino ad essere simile ad un’arancia, : vede e sente con occhi ed orecchie infinitamente potenti e misura, facendo calcoli di quanta materia sia rimasta di quel brodo primordiale in cui avvenne quella scintilla iniziale… pesimao che si possa fare e perfino lo possiamo vedere realizzato con una delle ultime missioni spaziali…
L’impresa di Plank ed Herschel del 14 maggio 2009, di fotografare l’universo bambino con lo strumento LFI (Low Freguence Instrument) mi ha riportato alle sensazioni provate nel ’78, quando tradussi la prima volta la Creazione del mondo di Filone e mi ha fatto risentire il problema delle origini del creato, come attuale, contro tutte le teorie apocalittiche e contro le parousiai escatologiche, contro le pazze idee della fine del Mondo, profetizzata (ancora, dopo tante altre!) per il 2012.
L’indagine cosmica attuale è in linea con tutta la serie infinita di esplorazione celeste fatta dai primordi della storia: i mezzi tecnici e i vettori spaziali, però, hanno possibilità effettive di avvicinare il cielo alla terra quasi di congiungerla e quindi di vedere esattamente ciò che è avvenuto e ciò che avviene, quasi in contemporanea, annullando quasi il tempo stesso.
Il misticismo, in generale, anticipa la scienza in modo incredibile e quasi perfettamente si accorda con le tecnologie del nostro secolo: oggi la misurazione delle anisotropie comporta un tentativo di rilevare il grado di vicinanza al big bang iniziale, e con esso la coscienza di poter vedere quel brodo primordiale e di poter sentire quasi il vagito dell’universo e seguirlo nel suo espandersi e farsi kosmos: anche i fisici sono costretti a parlare metaforicamente, benché il loro linguaggio sottenda un immane lavoro di numeri, di calcoli, di formule, di studi scientifici.
Se allora, duemila anni circa prima di Cristo i mistici del Rgveda e i sumeri coglievano, quasi nello stesso tempo, a seguito di una lunga ascesi e di un processo di estraniazione dal terreno, sensibile, e dal contingente, la realtà siderale e l’inizio dell’universo, secondo formule innografiche e religiose, ora i fisici stanno ad attendere le risultanze del loro lavoro, che vengono studiate in laboratorio, dopo che le fotografie spaziali sono intercettate e trasmesse da enormi antenne planetarie, poste in luoghi strategici, in Australia e in Spagna: gli scienziati, che catalogano e leggono i segni fotografati dallo strumento ultrasensibile di LFI, ed, in un certo senso, sentono i rumori e le musiche siderali, hanno la stessa trepidazione e lo stesso timore di quei mistici, magoi, che scrutavano il cielo, giorno e notte, e facevano le loro ricerche astronomico- astrologiche.
Lo stesso mistero, che la scienza cerca di scoprire con sofisticati congegni esplorativi installati, lassù, al centro (si dice così per dire, indicativamente) dell’universo, dopo averne individuato un punto strategico, nella sua infinita grandezza, grazie al vettore spaziale, Ariadne, forse non sarà più misterioso, ma ora sarà intellegibile alla ragione umana, non solo, però, di mistici e di sacerdoti, di classi cioè costituite per la lettura delle sfere celesti, ma di tutti gli uomini, grazie anche ai mezzi di diffusione planetari e ai mass media: grazie alla scienza non sarà più un fatto elitario ma un fenomeno, direi, di massa e quindi di cultura massificata, che sarà l’inizio di una nuova cultura.
Il nulla iniziale può essere squarciato nella sua nebbia primordiale e sarà ora una conquista razionale e scientifica, non più un’ intuizione di mistici vedici, di profeti di astronomi-astrologi antichi, di magi caldaici, come quelli dell’Enuma anu enlil cioè degli incaricati di leggere giornalmente il cielo e la terra simboleggiati negli Dei Anu ed Enlil, o come gli zaotar zaratustriani o come i Contemplativi giudaici alessandrini o come gli astronomi esseni.
Il sistema vedico ha lasciato un numero impressionante di versi e creato un sistema culturale mistico di incomparabile bellezza e di poetica dolcezza, suddiviso in varie parti e sottoparti ed ha mostrato come è iniziato il mondo e come era il mondo prima di esistere e mostrato la funzionalità paritaria di ogni vivente, compreso l’uomo, considerato come tutti gli altri esseri, creatura, senza privilegi.
Quello sumerico fu poi riciclato dagli accadi e dagli assiri, che, convinti della divinità degli astri (al pari della Bibbia, che considera le stelle esseri viventi), trascrissero, codificarono e formularono anche loro una creazione del mondo in senso antropico, centralizzato sull’ uomo principe del creato, dando possibilità infinite di lettura del cielo e della terra, in modo congiunto, comunque, secondo strutture ancora ben leggibili, in uno numero sconfinato di tavolette raccolte a Ninive e Dur Sharrukin, sotto i vari monarchi assiri, che crearono quella scuola caldaica, opposta a quella egizia, che fu per secoli in relazione con quella zaratustriana ed ebraica.
L’ infinita documentazione di tavolette, riordinate dal periodo di Sargon II (722-704 a. C.) e di Sennacherib (704-681a.C.) disseminati nei musei delle grandi città europee ed americane è un patrimonio di immenso valore, oggi, abbastanza conosciuto e di grande utilità, specie se comparato con gli altri patrimoni astronomici ed astrologici di altre culture, seppure venate da forme religiose.
Sono queste tavolette, trovate a Ninive e specie Kuynjik ( Cfr R.F. Harper, Assyrian and Babylonian literature , Londra 1901; Simo Parpola, Letters from assyrian scholars to the Kings Esarhaddon and Assurbanipal, Eisenbrauns, 2007) rendiconti quasi giornalieri dell’andamento degli astri, durante il giorno e durante la notte, inviati da incaricati dal sovrano di leggere ciò che, scritto nel cielo, poi si verifica sulla terra ineluttabilmente.
La funzione dei vedici non doveva essere diversa da quella sumerica, accadica ed assira: se gli astrologi di Assarhaddon (681-669) e di Assurbanipal (668-631) dànno un ‘idea della conoscenza astrologica e della sua influenza sul destino umano secondo le concezioni religiose: moralitas e sapienza astrologica diventano espressione di un retto vivere e di un saggio operare di re e di sacerdoti, legislatori che dal cielo traggono le regole per una positiva vita sulla terra.
Ora sia per i vedici che per gli assiri conformarsi ai voleri celesti è la massima legge di questa ricerca esplorativa astronomica che diventa divinazione, che comporta una serie di formazioni di collegi sacerdotali, abili ad esplorare il volere del cielo, del Dio celeste.
Sacerdoti, magi e legislatori profetici, assumono, perciò, valore immenso nell’ antichità… e noi ascolani ne abbiamo due esempi in Taruzio firmanus e in Cecco D’Ascoli, traduttore della De sfera mundi del Sacrobosco, un fusicus-medico, eretico, bruciato vivo il 16 settembre del 1327 davanti a S..Croce in Firenze.
Ora la scuola vedica, quella caldaica ed egizia sembrano aver dominato la scena delle osservazioni celesti ed aver influenzato in vario modo sia la speculazione zoroastriana, che quella giudaica e poi greco-romano ellenistica, bizantino-araba
Sulla base di tale osservazione celeste deriva la normativa per l’uomo, la legge, e, quindi, la morale umana: i re mesopotamici, persiani, i comandanti greci e romani, basileis ellenistici timorosi del cielo e di Dio, fanno leggere il cielo per conformarsi al volere divino, convinti che gli astri siano esseri viventi che, con la loro razionale disposizione ed armonia, influenzano la vita sulla terra.
Perciò, ogni uomo, dotato di potere politico prima di ogni azione interroga la classe sacerdotale scriba e magica, in quanto capace di osservare il cielo e quindi di profetizzare, ed agisce in conformità delle risposte: guerra e pace, vita o morte dei sudditi, politica conservatrice o innovatrice sono legati alla interpretazione dei segni celesti e poi dei segni scritti della Legge, fissate da legislatori, anche loro dotati di potere ermeneutico celeste.
La pietas dei re e dei capi militari era segno della loro elezione divina e del loro potere sugli altri, del loro radioso destino già segnato nel cielo, già scritta nelle stelle: tutti i grandi della storia, compreso Gesù, sono considerati figli delle stelle, come Shimon bar Kokkeva, ultimo a fregiarsi di questo titolo in epoca adrianea…
Il mondo antico nella sua stretta connessione con la sapienza magica è religioso, quindi, superstizioso secondo la lettura epicurea razionale, che rileva invece l’indifferenza del cielo e degli dei per le cose umane, di fronte al Kosmos, in quanto esseri assenti ed improvvidi…
Gli studiosi del destino, umano, specie in epoca romana ebbero un vero e proprio successo, come si rileva da Astronomica di Manilio: la scienza investigativa del cielo predomina su quella degli aruspici, degli auguri, dei flamini e di ogni altro collegio sacerdotale ed in epoca tiberiana assume un suo specifico valore in senso teurgico – come abbiamo dimostrato in Scetticismo e Tecnicismo, opera non pubblicata- come evidenzierà in modo specifico Luciano di Samosata nelle sue opere (specie in Alessandro o il falso profeta e in la Morte di Peregrino).
La ricerca sulla creazione del mondo coincide con la funzione dell’uomo e lo studio della sua eimarmenh, la sorte a lui data dagli dei, come destino segnato già negli astri: il conformarsi alla propria sorte è sapienza in epoca classica, l’opposizione è follia. Filone, ebreo ellenista, ben conformato con le scuole ebraiche, influenzate dalla cultura precedente persiana, assira e quindi accadico-sumerica, ha anche conoscenza della cultura vedica e mostra come Abramo, venuto da Ur, domiciliato a lungo a Carre, sia l’espressione tangibile della superiorità caldaica orientale rispetto a quella egizia (cfr, Vita di Abramo e la Migrazione di Abramo ; La civiltà sumera per ragazzi in www.angelofilipponi.com).
Una visione univoca della creazione del mondo, vedica, risulta globalmente di cultura aria, nonostante le posizioni semitiche proprie degli accadi e di ebrei, condizionati dal sistema sumerico.
Non è qui il caso di insistere su questo piano, ma precisiamo che le due impostazioni arie (vediche e sumeriche) sono, comunque, differenti da quelle semitiche di accadi e di ebrei, che influenzano le successive letture platoniche e filoniane, che determinano una cultura agostiniana cristiana sulla cui scia sussistono tutta la theoria medievale e le successive impostazioni irrazionalistiche.
C’è, però, al di là delle tipologie etniche una comune ricerca della creazione del mondo in tutti i popoli a cominciare dagli arii, che, in sanscrito, hanno lasciato le loro testimonianze sui primordi stessi e prima dei primordi e quindi prima della stessa kosmopoiia.
I vedici partono dalla coscienza iniziale di un Nulla, che improvvisamente si accende di calore e diventa un puntino di luce da cui scaturisce l’universo intero, in una progressione e dilatazione infinita, che diventa Kosmos, un tutto ordinato, secondo forme demiurgiche per le culture semitiche e culture derivate, mentre è solo universo per gli arii.
La differenza forse è sull’ ordine e sull’ organizzazione, sulla funzione dell’uomo: i primi hanno la centralità del kosmos, della terra e dell’uomo, gli altri non hanno alcuna centralità e non dànno privilegi.
Il lavoro, che viene proposto, è fatto sulla scia della traduzione dell’opera di Filone, un giudeo ellenista, un oniade, un eclettico un sincretista, un filoromano, un methorios, un rabi, un nabi, un esegeta che legge e commenta la Genesi alla luce della sua concreta esperienza alessandrina e del pensiero platonico (specie quello del Timeo) secondo la cultura giudaica cosmopolita…
Alla premessa seguono quasi 60 pagine su Filone ed 80 pagine ( traduzione e commento) oltre al testo greco.
Ho tradotto quest’opera da un testo del 1614 (Philonos Ioudaiou Exegetica suggrammata) greco-latino di Adrianus Turnebus e David Hoeschelius ) stampato da Petrus de la Roviere a Ginevra nel 1613
E’ questa un visione organica ordinata secondo la cultura giudaico-ellenistica e quindi secondo il sistema giudaico-platonico ed ora conosciuto come cristiano…
Secondo Schopenhauer gli arii, avendo diffuso la loro cultura nel corso della loro emigrazione verso occidente avevano mostrato le loro tesi mistiche e le avevano smistate nel corso delle loro migrazioni ed ogni singolo popolo ario aveva mantenuto questi capisaldi teorici dei loro antenati poi trascritti nelle loro lingue e nelle loro forme religiose, che sono la cultura più arcaica di ogni etnia…
Perciò dall’Oriente, e specificamente dall’India viene quella visione del preludio universale che poi diventa propria della cultura iranica ed aramaica, che si diffonde nell’ area già sumerico-accadica, assira e poi in Occidente nel bacino del Mediterraneo, in relazione alle varie culture dominanti, a seconda delle epoche storiche, tutte impostate in senso religioso e mistico, al fine di una interpretazione cosmica teologica ed antropologica per una lettura politica e socio-politica, sulla base delle esperienze faraoniche e monarchiche a seguito di lotte tra potere aristocratico e poteri sacerdotali per una sottomissione delle masse popolari, bisognose di stabilità e di ordine, sottomesse e condizionate dal phobos…
Non è difficile quindi in tutte le culture sia orientali che occidentali trovare gruppi aristocratici e sacerdotali abili a costituire sulla base della struttura iniziale aria , una base per la creazione del mondo e con essa una legge in relazione ad un theos ordinatore che impone prescrittivamente una morale congiunta con un codice legalistico e con rituali religiosi in quanto provvidente sostenitore del mondo e delle sue creature…
E così l’ originaria cultura unitaria determina una varietà di parallele costruzioni della creazione del mondo, che, comunque, hanno punti di contatto o linee generali più o meno simili (Genesi, Avesta, Platone, Plotino ecc.)
L’opera affronta, fra l’altro, varie tematiche così distinte:
a. Genesi e i veda
b. Genesi e Timeo di Platone
c, Filone e la kabbalah
d. Filone e Genesi, tramite Platone
e. Filone e Plotino, tramite la mediazione di Clemente Alessandrino