Novalesa è un cenobio imperiale, fondato da Abbone alle pendici del Moncenisio, un franco la cui contea ingloba una villa romana di grandi proporzioni.
Esistono ancora in epoca franco-longobardico, professore, le ville romane? Si. Certo.
Per chi non sa, Marco, bisogna specificare che una villa romana, in relazione alla estensione in iugeri., si definisce piccola, media o grande.
Quella piccola va da 125 iugeri a 1200; la media arriva fino a 5000-6000, la grande fino oltre 24000 : un iugero vale circa 1/4 di ettaro (10.000 mt).
Perciò, una villa piccola va da 32 ettari a 300, la media arriva fino a 1500 ettari, la grande supera i 6000 ettari?
Si. Queste sono le dimensioni.
Le ville romane agricole sono sparse in tutto l’impero romano sia di Occidente che di Oriente: quelle occidentali sono presenti in Africa, nella penisola iberica, gallica, germanica, britannica, italica, illirica, balcanica e marcano a macchia di leopardo la cultura di una agricoltura avanzata romana, sempre congiunta, anche in epoca medievale, con l’ impero Orientale, dove a Costantinopoli ancora esiste il legittimo Basileus catholikos, universale.
Specie, in epoca di Abbone, quando la presenza imperiale bizantina è viva e potente, nonostante la perdita dell’esarcato di Ravenna, quando ancora neanche si parla di fine dell’impero di Occidente e tanto meno di una restitutio imperiale .
L’ incoronazione successiva di Carlo Magno ad opera di Leone III come costituzione di un Sacro Romano Impero (e quindi come Sacro romano impero germanico), è costruzione illegittima successiva, creata dalla propaganda della curia papale!.
Dunque, un conte franco Abbone residente in civitate secusina, in terra dicta viennensis, in ipsa valle apud Novalesiam monasterium fundavit in honorem beati Petri ( cronaca di Novalesa, libro I, frammento IV,2).
In terra viennensi, nella valle dell’Isère, Cesare non fondò Colonia Iulia Viennensis là dove era la capitale degli Allobrogi?.
Ricordi bene.
Vienne è una colonia iulia, privilegiata dai giulio -claudi più di Lugdunum, dove era la zecca imperiale.
Vienne ancora oggi porta impressi i segni del privilegium iulium in quanto Druso maior visse nella zona con Antonia minor, secondogenita di Antonio triumviro, e forse lì nacquero Germanico e Livilla, mentre Claudio sembra nascere a Lugdnunum.
Il tempio di Augusto e di Livia, il Giardino di Cibele , il Circo, lo stesso Teatro sono costruzioni datati tra la fine del I secolo av. C. e gli inizi del I secolo d.C.
Nella zona sono inviati in esilio dagli imperatori elementi giuli /iulioi della famiglia erodia : è esiliato Vienne nel 6 d. c. da Augusto il re di Giudea Giulio Erode Archelao e nel 38 d.C. sotto Caligola è confinato anche il fratello Giulio Erode Antipa.
Ciò significa che lì c’era una colonia giudaica con esponenti dell famiglia giulia e che l’esilio in terra gallica non era una grave punizione, se Erodiade volle condividere la sorte del marito, nonostante la sua non incriminazione nel suo processo a Roma.(Cfr A.Filipponi, Caligola il sublime, Cattedrale 2008).
E’ probabile che nella zona già nel I secolo ci siano molti cives romani ebraici, commercianti emporoi e nummularii, argentarii /trapezitai e quindi lì è presente una sinanoga o più).
Esiste in Gallia un vero culto monoteistico, ebraico, cui, in seguito si aggiunge una colonia christiana.
Sia a Lione -dove in epoca di Marco Aurelio è attivo come episkopos un orientale , Ireneo di Smirne , scrittore di Adversus Haereses e Demonstratio apostolicae praedicationis – che a Vienne sono attestati christianoi ed ebrei, che si servono della stessa sinagoga inizialmente e poi sotto gli Antonini, si dividono in quanto i secondi sono perseguitati e i primi risultano di norma non inquisiti o lasciati relativamente in pace, a meno che non vi siano tafferugli dovuti a furore popolare anticristiano in una zona dove la maggioranza è di lingua greca.
La sede episcopale di Vienne sembra avere maggiore rilievo di quella di Lione, pur celebrata per i suoi martiri, fino al 476 ed anche dopo nel Medioevo.
Io ricordo, professore, che il valore di Vienne in Gallia è crescente anche per la gloria dei monaci di Novalesa perfino dopo la distruzione del monastero ad opera dei Saraceni!
Infatti, Marco , è patria di Eugenio II alla fine del XII secolo e nel 1311-12 è sede di un Concilio universale /Catholikos.
Comunque, in epoca merovingia, la formazione del monastero avviene a suffragio dell’anima dei genitori e in memoria del figlio morto, quando già esiste la legenda di Vualtharius/Gualtiero (II,7-12) …
Abbone stabilisce inoltre che census, qui deinceps a Gallia Romam portabatur, ibi portaretur.
infine Abbone fecit testamentum, quod Valchino archiepiscopo Ebredunensi, cuius nepos ipse fuerat, conscribi, fecit et per Ludebertum clericum scribi./ fece testamento, che fece sottoscrivere dall’arcivescovo Walcuno di Embrun di cui era nipote, scritto dal chierico Ludeberto.( ibidem, frammento IV Libro in Cronaca di Navalesa a cura di G.C. Alessio, Giulio Einaudi editore, 1982)
Al di là della difficile identificazione di Walcuno col vescovo di Torino, sede lontana e non franca ma longobardica, la ricchezza della villa romana sotto un arcivescovo è segno che già da secoli per editto di Costantino in Occidente vige l’episcopale iudicium che comporta anche l’auctoritas su altri vescovi sotto la propria giurisdizione, oltre che sul clero di Vienne e di Maurienne.
Abbone, che fa un’azione come quella di Vespasiano con i Giudei, a cui viene imposto di pagare la doppia dracma non più al tempo distrutto ma al fisco imperiale, è dominus assoluto di una zona romana, da cui esige tributo.
Il fondatore di Novalesa, con l’istituzione del monastero non invia a Roma il censo che viene dalla Gallia, ma trattiene il denaro non riconoscendo l‘auctoritas romana.
In questo modo arricchisce il monasteriolum originario che diventa una proprietà fondiaria, di grandi dimensioni. Siamo in epoca ancora merovingia. Infatti dopo aver indicato la data del 30 gennaio del 726 e il nome del primo abate, Godone, Abbone, come Carlomanno e poi Rachis, abbandona la vita da militare per diventare monaco.
E’ dunque un modo proprio dell’ottavo secolo sia franco (merovingio e carolingio) che longobardico, ripreso dal costume bizantino coevo, di monacarsi da parte di uomini di alta nobiltà (Cfr. Il monastero, centro di Potere ausiliario con Rachis e Carlomanno, fratello di Pipino il Breve).
Il fenomeno, professore, diventa usanza tra tra i conti merovingi e poi i duchi longobardi e poi tra i nobili carolingi, tra le popolazioni germaniche, quasi una moda arimannica?
Marco, ad ogni insuccesso militare, c’ è di solito un ritiro in convento con cedimento dell’auctoritas al fratello minore!.
Al di là di questo che può indicare una nausea degli individui e una crisi del sistema militaristico, il monastero svolge una sua funzione colonizzatrice in quanto è punto di incontro di abati e monaci -che amministrano il fondo- di milites che lo difendono e di vulgus popolo, cui è affidata la gestione reale e la lavorazione dell‘ager publicus con conseguenti munera ed officia.
Necessita, quindi, la presenza di atti fondativi precisi con documenti al di là delle memoria popolare per la legittimazione delle proprietà di fronte ad altre fonti di potere, specie quelle episcopali.
Proprio per questa necessità la historia e il muthos si fondono e creano una legenda, tutta da verificare.
A proposito, Alessio nell’introduzione di Cronaca : scrive che è il risultato del gioco tra la traccia più debole del ricordo storico e il lavoro della pura fantasia.
Egli precisa che chi narra sull’abbazia di Novalesa è mitico nel giostrare tra elemento storico e quello fantastico anche quando recupera la tradizione merovingia e quando aggiunge la notizia romana neroniana con la memoria del beato Pietro e quella di Teodorico .
Leggi, Marco, con me, la notizia di Pietro (S. Pietro, Shimon Kefa!) in terra gallica: S. Petrus … certe , ut habemus ex Cronacis Novalicensis antiquissimi monasterii, eum ad Alpes, usque Secusiam ad Novalitiam pervenit, ut plus ultra pergeret, nisi inceptum iter abrupisset, quantocyus revocatus a fratribus ob alterius Simonis, nempe Magi, seductionem, maximo in discrimine versantibus / Certamente S. Pietro, come apprendiamo dalle cronache dell’antichissimo monastero novaliciense, quando giunse alle Alpi di Susa e poi alla Novalesa, più oltre si sarebbe spinto se non avesse dovuto interrompere il suo cammino, richiamato il più presto dalla comunità cristiana, che a Roma era in gravissimo pericolo a causa delle frodi dell’altro Simone, naturalmente, il Mago.
La notizia di S. Pietro che va verso Vienne e che è richiamato dalla comunità romana sottende un viaggio di andata e ritorno che in età neroniana richiede più di un anno di cammino!?
Leggi questa altra notizia su Teodorico che il cronista confonde con omonimi merovingi e che ritiene contemporaneo di S. Colombano, che non è ancora nato quando lui muore!.
Professore so che Teodorico è morto il 526 . Ma chi è S. Colombano?
E’ un irlandese, nato a West Leinster nel 543, monaco a lungo a Bangor. Passato in Francia nel 588, si stabilisce in Borgogna col favore di re Gundramo che gli concede un luogo dove essere eremita.
Andatosene perché seguito da troppi monaci, fonda Luxeuil e poi Fontenay , avendo un modo di gestire la pietas diverso da quello episcopale . Trovatosi in contrasto col potere giudiziale vescovile e con quello di Brunechilde, è dalla regina arrestato e rinviato in Irlanda.
In questa fase riesce a fuggire e pellegrino giunge a Milano dove, accolto dalla regina Teodolinda e da Re Agilulfo nel 612, può fondare Bobbio col favore regio.
Lei, professore, mi vuol dire che la Cronaca non dà notizie storiche e chi scrive o non ha notizie o le confonde!
Marco, io ti scrivo solo quanto leggo: Et cum Theodericus, non rex Francorum, sed filius reginae Brunchildis, que beatum a Luxorio expulit Colombanum, sed ille rex Gotthorum qui occidit duos senatores praeclaros et exconsules Simachum et Boetium, qui 98 die postquam papa Johannes defunctus est, subito mortuus est et Rome impeditus intrare Constantinopolim venit et a Zenone imperatore honorifice susceptus et ei statuam auream equestrem fecit et eum Regem Italie constituit et venit et pugnavit apud Veronam et Ravenne eum occidit et rex factus; et quinto anno regni sui Abbo construxit monasterium Novalici. Godonem abbatem constituit/ era allora re Teoderico, ma non il Franco, figlio della regina Brunechilde, che caccio da Lexeuil il beato Colombano, ma quello re dei Goti, che uccise due senatori consolari illustri, Simmaco e Boezio, che morì improvvisamente novantotto giorni dopo la scomparsa di papa Giovanni e che impedito di entrare in Roma, volse a Costantinopoli dove l’imperatore Zenone lo ricevette con ogni onore e gli eresse una statua aurea equestre e lo nominò re di Italia . Egli vi giunse e combatté presso Verona ed uccise lui (Odoacre) e a Ravenna fu fatto re. Nel quinto anno del suo regno Abbone costituì il Monastero di Novalicio. Vi pose come abate Godone.
Marco, è chiaro che la Cronaca confonde e sbaglia perché qui non si tratta né di Teoderico, nipote (non figlio ) di Brunechilde. né di Teoderico re dei Goti, ma di un Teoderico IV re dal 721 al 737, che governa grazie a Carlo Martello, che lo tira fuori dal convento di Chelles, dopo la morte di Chilperico II, che non ha eredi.
Comunque, involontariamente la Cronaca dà notizie storiche circa la lotta negli anni finali del regno di Teodorico, tra papato di Giovanni, un suddito filoimperiale, dipendente dalla sede episcopale di Costantinopoli e la potestas regia gotica, la cui auctoritas deriva dall’ imperium di Zenone, che ha nominato prima Teodorico suo patricius al posto di Odoacre, poi re.
C’è qui sottesa la testimonianza che, all’epoca teodericiana, non c’è coscienza di una separazione con frattura, né di fine di un impero Occidentale ma di una presenza certa di un impero unitario romano con sede a Costantinopoli, che rivendica con Giustino e poi con Giustiniano il possesso delle terre in mano di re barbarici.
Professore, la cronaca di Novalesa è un documento, da cui si può, tra tanti miti, rintracciare almeno qualcosa di storico!
Marco, se si cerca, alla fine qualcosa di positivo lo si trova sempre. Esiste positivo o negativo? La storia, come la vita, è un magma unicum indefinito, afunzionale, dove ribolle indistintamente ciò che diciamo male e ciò che consideriamo bene !
Ma è così davvero, Professore?
Marco non so veramente nulla: anche se ottantenne, non so dire niente: ho desiderio vivo di essere sempre di più un vecchio-bambino delirante.