Un peccato di Erode: i figli studiano a Roma!

Un peccato di Erode: i figli studiano a Roma!

Paidomatheis einai douleias dikaias/ siamo educati da bambini ad una schiavitù, giusta –De sobrietate,198-

Per i farisei e per gli scribi l’invio dei figli  da parte di Erode  a Roma,  per studiare, è un peccato  grave!.

Un amàrthma mortale?!  professore

Si, Marco.

Come imposero di non  inviare il giovane Aristobulo, destinato ad essere sommo sacerdote,  ad Alessandria, presso Antonio, ora nel 22 a.C. proibiscono – inascoltati!-  che i  figli di Mariamne, vadano a Roma, per gli studi, ad apprendere le artes liberales.

Secondo i farisei Alessandro, Aristobulo e il figlio minore di Mariamne asmonea non devono allontanarsi dalla patria,  da Gerusalemme, dalla loro terra,  perché devono seguitare  e terminare il corso di formazione giovanile, fatto da un maestro /rab, come ogni altro discepolo /talmid! Essi temono che con la paideia  greco-romana  i giovani possano contaminare i loro corpi, e, mescolati con i gentili, nelle  etairiai, durante i sumposia e le klinai, possano  indulgere all’omosessualità o  avere rapporti con donne, nonostante la prescrizione di rimanere vergini fino al matrimonio, incontaminati nella loro purezza, senza masturbarsi (cfr. Filone, De Ioseph)!: la loro anima  sarebbe  sconvolta dalla cultura greca e da quella latina, proprie di goyim, che non conoscono il timore di Dio/JHWH. Perfino l’educazione ellenistica alessandrina,  quella methoria in  lingua greca, degli oniadi, è  per gli esseni un male, nonostante il  loro sforzo di mantenersi puri con l’ameicsia, frutto di un adattamento tipico dei didaskaleia.  Cfr. Ameicsia e Filone. Infine  affidare i propri figli a maestri di lingua latina è avvicinarli al politeismo  dei Goyim, alla violenza e al militarismo- il male peggiore per la morale sacerdotale di un giovane giudeo-: Roma è  Babilonia per un aramaico, sede del male e l’ aquila, suo simbolo,  è Mammona!.

Professore, ho già letto  Ameicsia e Filone e so che in 2 Maccabei, 14, 38, si parla di isolazionismo e di separatismo come di un dovere religioso etnico del giudeo all’estero e che Filone (De Joseph, 254) riprendendo questo stesso concetto  lo innova. Infatti  lei scrive che ogni ebreo della diaspora secondo il filosofo ebreo platonico doveva vivere (anche se imbevuto del pensiero greco,  seppure partecipe del processo necessario di ellenizein per una normale vita politica in terra straniera, pur rimanendo legato alle regole della torah e alle pratiche rituali) la stessa vita degli altri, dei pagani, dei goyim. Lei poi aggiunge: Integrarsi richiedeva questo sacrificio, un assimilarsi continuo al pagano, greco ed egizio, di cui si rifuggiva solo quello che la legge espressamente vietava, secondo il giudizio unanime e concorde dei sopherim, di tutti i  maestri disseminati nel bacino del Mediterraneo, sancito inizialmente dagli esegeti biblici dei vari didaskaleia alessandrini ed approvati  da tutti gli altri: Il problema era dibattuto ogni settimana nelle sinagoghe e poi nei didaskaleia, posti accanto alla proseuche dal periodo di Tolemeo I, in Alessandria, e dopo discussioni e contrasti, si era giunti a condannare l’ellenismo giudaico palestinese sacerdotale  gerosolomitano e a trovare un proprio modo di essere giudeo in Egitto,  che fosse esemplare  in tutto il mondo romano. Ameicsia (amicsia) era il termine equivoco, su cui si era costruita la nuova vita del giudeo in Alessandria, subito dopo la venuta di Onia IV e dopo gli accordi con Cleopatra II e Tolomeo VI (cfr. Ant.Giud. XII,387388,XIII,62 ; Guerra Giudaica,I,423-432 e cfr.E. BICKERMAN in “ZNW” 32,1935,153 3 ss).

Come vede, professore, ricordo bene.

Marco, sono contento.

Ora, però, cerco di mostrare che Erode non invia i suoi figli ad Alessandria perché ha già maestri alessandrini a corte, che spiegano la teoria dell’ameicsia, partendo dall’etimologia  di ameignumi, inteso  non come tentativo di non isolarsi né  di mancare di koinonia, ma come accettazione di una nuova  basileia imperiale e di un nuovo sistema di tzedaqah, cioè di una sovranità assoluta connessa con la divinità e di una giustizia  con caritas, che autorizza anche il commercio,  in una nuova concezione di genos/stirpe e phratria/famiglia e suggeneia/consanguineità, anche se si mantiene il patto con Dio in quanto ebreo/ vedente il theos,  consapevole di essere in mezzo a tanti altri popoli, tutti  soggetti ad uno stesso sovrano,  a cui si deve proskunesis.

Cosa è Proskunhsis?

Marco, il termine viene da proskuneoo, che vuol dire mi inginocchio prostrandomi  davanti ad un essere superiore, portando la mano alla bocca ed inviando baci, in ossequio alla maestà, divina del Signore, come atto di venerazione, nella coscienza di essere suddito di uno, padrone della vita.

E’ un tipico atto di un suddito orientale- ignoto ad un civis occidentale-  tipico della cultura achemenide, imposta da Alessandro ai suoi stratiootai, sbigottiti,  nel 329 av. C  tanto che subì una congiura – quella degli etairoi-che gli alienò pars dell’esercito (lo stesso eghmoon strategikos Parmenione, capo invitto fino ad allora della spedizione antipersiana e suo figlio Filota, capo  di una parte della cavalleria, come lui, uccisi proditoriamente), propria degli arsacidi,  divenuta consueta coi seleucidi e coi lagidi. A Roma  diventa pratica normale con Caligola, a cui Lucio Vitellio, vincitore di Artabano III, fa per primo  la proskunhsis, cerimoniale in uso presso Cleopatra ed Antonio, rifiutato, sembra,  dal solo Domizio Enobarbo, antenato di Nerone!.

Erode, quindi, non solo desidera per i figli  una formazione alessandrina, ma vuole anche quella latina delle artes liberales, unita ad una formazione militaristica?.

Per me, Erode cura di più la formazione di Alessandro, suo primogenito, asmoneo, che, all’epoca della partenza dovrebbe aver già superato l’esame di bar mitzvah/ figlio del comandamento consueto a 13 anni ed un giorno, dopo aver già  fatto gli studi enciclici primari (enciclios paideia), corrispondenti al trivio latino. In pratica  si sarebbero interrotti gli studi sacerdotali  fino a 18 anni  sulla giustizia e sull’orientamento alla lettura  della sapienza, fine ultimo della cultura aramaica. Da qui la rabbia dei farisei, che  erano stati maestri degli Asmonei,  per Giulio Erode, il  cui modello educativo  vincente è quello romano del civis vittorioso,  imperante nel mondo!

Mi sembra normale che un padre, civis,  voglia  che i propri figli siano educati secondo i principi  basilari della Romanitas! E’ legittimo che Erode desideri  che i figli asmonei, destinati alla successione, specie Alessandro, completino la formazione letteraria, iniziata in Giudea, quella del trivio, fatta da litteratores e da grammatici, a corte –   grammatica, retorica e  dialettica –   con  quella scientifica del quadrivio, da fare a Roma  -aritmetica  geometria, musica  e  astronomia –  per dare loro una educazione retorica, con un  rhetor prestigioso? io ricordo bene le lezioni da lei fatte, ora precisate negli articoli di Gumnasiarca e paideia, di Ellenizein e  di Diaspora, To gumnasion,  e penso che Erode, non potendo iscrivere i figli  come neoi,  li  riporta  a casa, senza la dokimasia- giudizio/diploma-, necessaria per l’ efebia e  per il servizio militare- da cui l’ebreo per legge  è esente. Comunque,  non capisco esattamente il motivo sotteso di questa opposizione dei farisei,   seguaci degli asmonei e tanto meno l‘amarteema  mortale-non veniale– imputato ad Erode?

Bravo! Marco. Hai studiato attentamente il sistema educativo ellenistico di un giudeo ed hai compreso il sistema economico-finanziario giudaico!

Professore, lei è bravo! lei è un grande storico!ed io sono orgoglioso di parlare con lei,  che mi permette di seguirla con opportune spiegazioni, orientandomi  per una formazione omogenea, aperta, libera, autonoma.

Che dici, Marco? tu, ingegnere, hai fatto la tua strada ed ora mi gratifichi perché mi vuoi bene: la tua stima è superiore ai miei meriti! mi chiami muratore quando i miei zii mi definivano mezza cucchiara e mi affiancavano un muratore di I classe,  pure per fare un muretto!  ora mi dici storico quando nessuno  mi conosce e non ho mai avuto il minimo riconoscimento del mio nascosto cinquantennale lavoro! io so veramente cosa vuol dire esserstoricoSorvoliamo e ridiamoci sopra! Ad 81 anni compiuti vivere è già tanto ed è stupido lamentarsi!.C’è gente che soffre davvero!

Professore,  per me è un mistero il non riconoscimento del suo lavoro! Mah, in Italia c’è gente che sa leggere!? io ancora medito sull’articolo un Sistema economico-finanziario: Tzedaqah! Ancora studio Ossequio servile/upourgia e Vangelo di Marco!.Ancora rifletto su Gesù di Angelo Filipponi di Tufano!   Comunque, mi dica su questa opposizione sorda farisaica: io, da alunno,  ascolto.

Riprendiamo il discorso. Erode, dunque, re socio dell’impero romano, vuole educare i figli come politai /cives di un organismo  universale, quale l’impero romano, secondo la paideia romano- ellenistica ed insegnare loro la lingua greca, tipica dell’Oriente  e la lingua latina, dell’Occidente!.Un padre integrato nel sistema romano-ellenistico desidera che i suoi figli abbiano  una integrazione migliore!

Per un aramaico, invece,  l’uso della  lingua straniera è profanazione della  propria identità  tribale-nazionale,  espressa nel proprio idioma, che è lingua sacra, non traducibile da nessuno  in altra lingua! Marco, la Iudaea, ancora dopo quarantanni di dominio romano, -pur avendo fatto progressi, dopo due generazioni- non ha chiaro il valore di  far parte di un impero universale, che, avendo un unico imperator /autokratoor,  dopo la vittoria,  ha  dato nuovi princìpi pacifici e giuridici, comuni a tutti i circa  50.000.000 di sudditi, lasciando a tutte le  etnie (galli, germani, britanni, italici, greci, bitini, pontici, siriaci,pamphili,  cilici, fenici,  egizi,  afri)  i propri Dei con i loro rituali religiosi, e  quindi ha permesso anche ai giudei di conservare intatta la  tradizione mosaica, la  lingua aramaica e la  loro cultura/musar,   proteggendoli con speciali decreti, considerata la tipicità della loro threscheia. Nonostante il rispetto dei Romani per il loro ethnos, essendo la stirpe, divisa in  giudei aramaici e giudei ellenistici, dato il loro numero elevato, e considerata la loro  particolare storia coloniale migratoria, il compito di eghmoon di  Erode, basileus, è difficilissimo: regnare nel territorio giudaico  su una striminzita  maggioranza aramaica  filoparthica  e su altri giudei già ellenizzati come i sadducei  o romanizzati, in quanto laici e pagani, che, insieme ai  circa 2.500.000  ellenistici della  diaspora, di lingua greca,  sono filoromani, è  di un  sovrano universale, che può essere esemplare  anche per Ottaviano Augustus circa  la catholicità  e il rispetto delle minoranze, le differenze tra i popoli,  con la proposta di un sistema giuridico unitario.

Erode basileus,  per lei, è, perfino, un modello di buon governo regio per l‘inesperto imperator, che, non conoscendo bene il sistema della Basileia, non sa neppur comandare da re, ed  essendo  solo un comandante militare con poteri dittatoriali  governa teatralmente come princeps, quasi fosse davvero  il primus inter pares, dopo aver distrutto, di fatto, il sistema repubblicano, provocando continue agitazioni con congiure! Lei mi ha promesso di trattare diffusamente dell’equivoco del principato in altra sede e del rifiuto degli ordini degli aristocratici e degli equites! Comunque, non è tempo, professore,  che mi mostri, mentre tratta della educazione dei figli asmonei a Roma, le reali differenze tra le varie culture, vigenti in Iudaea, in epoca augustea?

Certo, Marco,   questo l’ho già fatto quando ho trattato in generale dell’ellenismo, come già hai messo in evidenza!Ti ho mostrato anche che Erode invia in seguito altri figli a Roma, di altre mogli!. Permettimi, però, di ricordare  che Erode, essendo il rappresentante di tutti gli ellenisti sparsi  in tutte le nazioni del Mediterraneo, partes dell’imperium romano, non può non volere l’ insegnamento della paideia ai suoi figli, destinati alla successione, anche perché ritiene doveroso assecondare la volontà dell’imperatore, desideroso di  formare presso di lui i futuri re, funzionari dell’impero romano.

Capisco, professore!. Augusto tiene a Roma i figli dei re come ostaggi, come quelli avuti  dal re dei re, assecondando apparentemente  il loro desiderio di ellenizzazione, anche per meglio entrare nella logica della Basileia, essendo il termine re da sempre odioso ai romani.

Ti ho già detto che Ottavia, la sorella dell’imperatore,  è incaricata di tenere i figli di Antonio, ed anche di re socii,  e di educarli con le sue due figlie, in una scuola regia, a corte, con i migliori maestri alessandrini, per natura sublimi ruffiani/kolakes megalophueis  – Peri Upsous, XLVI, 3- Ti aggiungo che  forse  gli asmonei hanno un corso di educazione migliore rispetto a quella data ai figli Mariamne di Boetho, di Maltace e di Cleopatra,  in quanto Alessandro afferma che lui, se diventa re,  li fa tutti  koomogramateis/  scritturali di paese.! Ora, ricopiando la traduzione di De agricoltura di Filone  e quella di De congressu, però, ho una nuova possibilità, da una parte,  di chiarirti  la musar, la funzione dei  soferim e il compito di un rab, e da un’altra ho anche l’opportunità di parlare- senza affrontare quello latino- dello  specifico sistema oniade di insegnamento, su cui mi soffermo.

Nota bene, Marco,  che Filone dice  paidomatheis einai douleias dikaias (De Ebrietate, 198;  più o meno ribadito in De Plantatione Noe ed altrove) che cioè,  noi  cives siamo stati educati da ragazzi  a scuola di servitù, giusta, proclamando che l’ imperium dei romani è un potere legittimo, riconosciuto legalmente  fin dalla  tenera età, quando la mente è fasciata da  costumi ed abitudini  senza aver gustato la fonte/namatos più bella e feconda dell’eloquenza / logoon, cioè la libertà/then eleutherian  – Peri upsous, ibidem-.

Filone, quindi, sembra- se è giusta la theoria sulla datazione del Peri upsous in epoca Caligoliana- che  per lui l’oratoria  sia finita perché non esiste più la democrazia, ottima nutrice degli spiriti grandi/ toon megaloon agathh tithenos,  essendosi spenta la libertà. ed essendo sorta brama di ricchezza e di piaceri, che necessariamente portano alla servitù!.

Professore, Filone ha una sua particolare visione dell’ età di un uomo? o ha la stessa visione greca?

Filone in de Opificio, XXXV 103-4 parla dell’età umana in relazione all’ebdomade. Per lui le età dell’uomo si misurano  partendo dall’infanzia fino alla vecchiaia così:

– durante i primi sette anni si ha lo spuntare di denti;

– nel secondo settennio sorge il momento della capacità procreativa;

– nel terzo la crescita della barba;

-nel quarto l’aumento della  forza fisica;

– nel quinto il tempo delle nozze;

– nel sesto la capacità di comprensione raggiunge il massimo

– nel settimo si verifica il miglioramento con lo sviluppo dell’intelletto e della parola;

– nell’ottavo il perfezionamento dell’uno e dell’altra;

– nel nono subentrano calma e pacatezza in quanto le passioni si sono di molto pacate;

– nel decimo, infine,  giunge il termine desiderabile della  vita, allorché gli organi del corpo  sono ancora in buona condizione; una lunga vecchiaia, invece, li fiacca  e li distrugge, l’uno dopo l’altro.

Filone aggiunge che anche Solone (638 a.C-557), il legislatore ateniese, ha scritto, in versi elegiaci, le età dell’uomo:

– il bambino piccolino, cui è spuntata la corona dei denti mentre era ancora infante, li perde,  entro i primi sette anni di vita;

-quando il dio ha fatto scorre il secondo settennio di vita, egli manifesta i segni della  pubertà incipiente;

– nel terzo settennio mentre le sue membra continuano a crescere, il mento gli si copre di barba e il suo volto perde la floridezza;

– nel quarto settennio ognuno eccelle in forza ed è in questo che gli uomini riconoscono i segni del valore virile;

– nel quinto è tempo che l’uomo pensi alla nozze e cerchi una discendenza di figli per il futuro;

– nel sesto la mente dell’uomo giunge  alla formazione piena ed egli non aspira più come prima a realizzare opere impossibili;

– il settimo ed ottavo settennio sono quanto ad intelletto e  parola  di estrema  eccellenza e formano un periodo di 14 anni;

-nel nono l’uomo ha ancora intatta la forza ma si fanno più deboli in lui di fronte a  manifestazioni di grande virtù, la parola e il sapere;

– se poi qualcuno, compiuta la vita entro  i limiti giusti, giunge al decimo settennio, il destino di morte non lo coglie fuori di tempo.

Marco,  Filone, scrittore dl I secolo d.C.,   ha la stessa concezione dell’arco di vita umana di  Solone, fiorito nel VI secolo a.C!

Grazie, per la spiegazione  circa l’età secondo Filone. Ora le sarei grato se mi seguita a parlare della concezione agricola giudaica.

Filone, Marco, dopo il suo esame situazionale, inizia la trattazione del giusto Noé, l’unico sopravvissuto al diluvio, con la sua famiglia, mediante l’arca: per Genesi, 9.20.21 Noè iniziò ad essere uomo dedito all’agricoltura, bevve vino e si ubriacò nella sua casa.

La giustizia di Noè diventa esemplare, secondo la legge di Mosè in quanto il giusto è agricoltore, la peculiarità dell’agricoltore è la giustizia!.

Da qui deriva la non giustizia di Erode che, invece, è asteios/cittadino, commerciante e che vuole educare i figli secondo l’etica ellenistica, non agricola,  non propria di un georgos!.  De agricoltura  4: suo  amarthma è inviare, nonostante l’opposizione farisaica, i figli a Roma nel 22 av. C., per dare loro un’ altra cultura, abbandonando quella tradizionale agricola,  autorizzando la contaminazione con i goyim!. Il peccato di Erode  è gravissimo perché travia l’animo di uomini di stirpe asmonea, possibili sommi sacerdoti di un popolo sacerdotale! Marco, seguimi bene, Filone fa molta attenzione ai termini e fa distinzioni sottili,  etimologiche, ma sa bene che la sua è theoria per gli aramaici e  che quanto dice in lingua greca non è  cosa ritenuta vera, ma solo un tentativo di mediazione oniade: la sua famiglia da oltre sette  generazioni/toledoth si è ellenizzata avendo  stabilito rapporti coi greci, inventando un faticoso e difficile sistema di ameicsia per sopravvivere  in Alessandria,  vivendo nel servitium di due padroni: Dio e il re lagide, ed ora Dio e l’imperatore romanoL’aramaico, invece, ha solo due vie,  quella della rettitudine, aspra, e quella del vizio, piana,  ed ha fatto la scelta, obbligata, della tzedaqah,  da seguire con una moltitudine di prescrizioni (613) per essere  giusti! Chi  vive, sentendosi agricoltore-  pastore e cavaliere –  e consegue la sapienza, ha come modelli i patriarchi  Abramo, Isacco e Giacobbe che sono rispettivamente portatori di un messaggio di uomo che migra  ed ha orientamento astronomico,  di uomo che ha un naturale vivere virtuoso, di uomo che cerca asceticamente la perfezione con un   progressivo maggiore esercizio!.

Nella pratica di vita,  come imitazione dei patriarchi,  si distinguono la via del giudeo ellenista, specie oniade, e la via  dell’aramaico, che, seguendo due percorsi di lettura  con due mezzi linguistici diversi, lingua greca e lingua aramaica, giungono a visioni del tutto diverse,  in relazione alla interpretazione biblica allegorica o letterale.

Quindi, professore, si torna ad un problema già esistente tra i farisei e i sadducei, allegorici gli uni, letterali gli altri nella interpretazione biblica?

Marco, dal periodo asmoneo le due aireseis si contrastavano, ma ora, con la presenza dei romani e di Erode, si è verificato che sadducei ed oniadi, ambedue eredi del sacerdozio templare,  sono filoromani e filoerodiani, mentre i farisei con gli esseni sono antiromani  e filoparthici e, quindi, hanno aperto nuovi orizzonti politici.

Comunque, Filone, pur facendo una lettura allegorica, non letterale come quella dei sadducei,  ci permette  di capire  il pensiero  di massimo integralismo degli aramaici – che hanno perfino una differente Bibbia ( cfr.I due canoni) rispetto ai giudei oniadi alessandrini, che,  ellenizzati, hanno trovato altre soluzioni di vita e un sistema alternativo,  che ti sintetizzo con  De agricoltura 1-22.

Infatti, dopo aver distinto tra cittadino ed agricoltore, (ed anche tra pastore e guardiano del gregge, tra cavaliere e chi cavalca) Filone  mostra la differenza tra agricoltore e lavoratore della terra, salariato,  operanti apparentemente allo stesso modo, ma, in realtà, facenti due attività  diverse, antitetichecontrapposte.

Secondo Filone chiunque può impegnarsi nella coltura della terra,  anche senza precisa conoscenza/ episthmh, l’agricoltore, invece,  vi si impegna con cognizione di causa e  non da incompetente – ibidem 4-. Il theologos precisa, poi, che il lavoratore in quanto bracciante, salariato, pensa solo alla ricompensa e non ha interesse a lavorare bene, l’agricoltore, invece,  ha mille impegni, essendo disposto ad investire le proprie sostanze, a spendere del suo perché il podere migliori e risulti perfetto agli occhi di esperti: vuole raccogliere i frutti non da altra parte ma dalle sue coltivazioni che rendono molto per tutto l’anno!- ibidem 5-. Filone insiste nel lodare la fatica  dell’agricoltore, che fa sostanzialmente due operazioni: una di coltivazione – che comporta la potatura che regola la crescita delle piante, la protezione delle gemme e dei polloni, oltre all’ innesto, evidenziando  che l’agricoltore è simile ad un padre di famiglia che mette in stretto ed armonioso rapporto i figli adottivi con quelli di altre famiglie – ed una di estirpazione  e distruzione radicale di erbe e piante infestanti, in una volontà di seminare e piantare solo  gli alberi fruttiferi.

In questo lavoro,  Filone mostra come l’uomo sia padrone della natura in quanto agricoltore/egemoon che bada non a  seminare e piantare qualcosa di sterile, ma ciò che è fruttifero e coltivabile, in modo da ottenere  annualmente buona resa. E subito lo ribadisce citando Genesi (1,26-29): la natura, infatti, ha proclamato l’uomo archoon  delle piante e degli altri viventi di tutto il genere degli esseri mortali.

Attento Marco, ora, a questo passaggio retorico, utile ai fini  morali!.

In ciascuno di noi che altro potrebbe essere l’uomo, se non l’intelletto/ o nous- intellectus, che è solito trarre utile frutto  da ciò che è  stato seminato e piantato?

Filone sottende  identificando, da un lato,  il tutto per una parte ciascuno di noi – uomo agricoltore  e,  da un altro, l’uomo signore della natura-nous, facendo un’operazione macroscopica naturale, generale,  ed una microscopica individuale, personale.

Interessante! professore, ma lei dice pure  che Filone, specie in De congressu dà una lettura specifica degli studi enciclici sulla  base del rapporto di Abramo con Sara, la signora  e di Abramo  con  Agar, la schiava egizia, data da  Sara per avere figli!. Me lo vuole spiegare meglio ?

Marco, se vuoi capire la logica di Filone, devi attentamente considerare le azioni  che risultano  buone ed utili/  chreestai, fatte dall’agricoltore, che è  disposto ad investire il proprio avere e spendere denaro per rendere migliore la sua terra,  desideroso di raccogliere i frutti dal proprio lavoro, annuale nei sei anni operativi.- il settimo è di riposo!-.

Dunque, per Filone-  che ha l’eredità  della cultura aramaica- lavoro e terra sono basilari come esercizio, come pratica di ascesi ?

Uno dei lavori di un agricoltore è trasformare le piante, anche selvatiche, innestate  in fruttifere, facendole sviluppare, potandole, seguire la crescita e curare i germogli  secondo la loro natura,  a volte interrando alcune ed  innestando altre  sorvegliando ogni cosa come un padre:  sa anche fare opere di pulizia, estirpando erbacce, eliminando quelle che possono recare danno ed usando quelle selvatiche per le palizzate  come recinzione-De agricoltura ibidem- Filone, come gli esseni, propone l’agricoltura come arte perfetta, ma fa il commerciante come ogni altro oniade ed è giudeo ellenistico, che solo in  vecchiaia si ritira e diventa Terapeuta cioè askeeths  Cfr. Esseni, Quod omnis probus e I terapeuti  De vita contemplativa. Il rab, invece, come l’esseno, è autarchico, non accetta denaro, né commercia, ma educa solo i discepoli  alla virtù della giustizia e non può vivere ambiguamente come Filone (o come Seneca) che una cosa dice ed una cosa fa:  conta per lui  solo le opere non le parole!  i frutti valgono!il giudizio è sul frutto!

Il rab applica la theoria della perfetta agricoltura, sumbolos  dell’anima, che deve essere  curata e regolata dall’intelletto  padre agricoltore dell’uomo, che è insieme di soma e  di psuchh con egemonikoon che risulta  il microcosmo  rispetto a natura e al poihts –pathr, che  formano il macrocosmo!

Come l’agricoltore non semina  né  pianta niente che sia sterile, ma solo piante fruttifere,  in modo da avere solo frutti  secondo natura, così l’uomo  è principesignore delle piante e degli altri viventi  mortali in quanto, avendo l’intelletto, sa trarre frutto utile  da ciò che è stato seminato e piantato –ibidem,26.29 –

Professore, dunque,  ora si passa alla formazione dell’uomo che fin da bambino impara e razionalmente associa e si forma secondo la  cultura ricevuta? la cultura agricola, quindi, non può essere sterile?

No, non è proprio così!. Senti come ragiona Filone nel De congressu  e segui come  ambiguamente mette  in relazione educazione religiosa e educazione umana! Per questo, Marco, io non accetto la lezione filoniana  circa la confusione di natura umana e  di quella morale e tendo alla distinzione per un orientamento separato, in senso autonomo,  lontano dal magistero sacerdotale, che condiziona l’infanzia e la pubertà cfr. Idea di Culture of Iesus!

Filone lo fa tramite la coppia legittima Abramo-Sara e tramite la coppia non legittima, ma utile provvisoriamente, Abramo-Agar! Il teologo, partendo dall’interpretazione di Genesi, 16, 2b-3 diversamente dal Rab – che vuole educare il bimbo fino al tredicesimo anno e farlo bar mitzvah- cerca di dare una formazione completa usando la lettura allegorica, utile al fine morale. Infatti l’intelletto del neepios, – diversamente dall’adulto bisognoso del frumento, che è suo cibo normale-  è alimentato dal latte, che è utile all’anima che ha possibilità di crescita con gli studi del ciclo preliminare, suoi primi rudimenti per l’acquisizione sapienziale. Perciò Sara, colei che è sovrana sul marito, essendo  virtù- saggezza, sterile, non consente a chi è giovane di unirsi a lei, imponendo un’educazione preventiva e si serve di Agar egizia, che è  egkuklios paideia.  Questa è soggetta a Sara/  filosofia, che a sua volta è subordinata a Dio /Sapienza.

Qual è l’esatto versetto biblico?  vorrei capire almeno letteralmente!

Questo:  Sara moglie di Abramo non gli aveva dato figli. Ella aveva però, una schiava egiziana, di nome Agar. E Sara disse ad Abramo:  va’ dalla mia giovane schiava per avere figli  da lei!.

Letteralmente Sara,  sentendosi sterile, concede al marito la schiava per aver figli, tramite lei. E’così?!

Certo. Ora segui la spiegazione del teologo che giustifica Mosè che autorizza un doppio coniugium, quello di Giacobbe  con Lia e con Rachele,  che danno al marito le rispettive schiave (Zilfa e Bila/Balla) con lo stesso intento di Sara, in una rivalità femminile tra le due sorelle, mogli legittime.  Filone spiega: Il vizio è per sua natura invidioso, pungente, maligno, la virtù, all’opposto, è mite, affabile, benevola, pronta ad aiutare  di per se stessa, tramite altri, chi ha una disposizione naturale volta al bene. Precisa : quando non siamo in grado di avere figli dalla saggezza  essa ci dà come sposa la propria ancella che è…l’educazione enciclica egkuklios paideia,  la quale svolge in un certo senso il ruolo di intermediario e di  pronuba. Conclude:  perciò, Sara prese  Agar e la diede in sposa al proprio marito: per Mosè è giusto che Sara, la moglie, dia Agar l’egizia ad Abramo, marito, che giuridicamente resta marito!. Filone pone se stesso come paradigma,  e prima di accennare alla luce del candelabro e al numero sette dei bracci, afferma:  Sara, la virtù che è sovrana della mia anima, ha procreato ma non ha procreato per me  perché io nella mia condizione giovanile non ero ancora in grado di  accogliere i frutti della sua procreazione  – la saggezza, la rettitudine di agire e il senso della pietà- per il gran numero di figli bastardi che mi avevano partorito le false opinioni,  la preoccupazione di allevare questi,  le cure assidue e le incessanti angosce per loro, mi hanno costretto a  trascurare i figli legittimi ed autenticamente liberi di nascita. E’ bello  supplicare, dunque, che la virtù non solo prolifichiessa infatti procrea generosamente senza  le nostre preghiere – ma che prolifichi  anche per noi  per assicurare a noi una felicità che ci renda  partecipi dei suoi semi  e dei suoi frutti. Di solito lei procrea solo per Dio,  consacrando  con gratitudine le primizie dei beni ricevuti a colui che, come dice Mosè,” ha dischiuso il suo grembo”-Gen.29,31sempre vergine!. 

A me è difficile capire questo complesso discorso sulla procreazione di Sara sterile e di Sara che ha figli tramite Agar, ma sono sbigottito davanti al ventre che si dischiude e che resta  ” sempre vergine”!

Anche  a me, Marco resta complicato e misterioso!Comunque, Filone  spiega che gli studi preliminari sono espressione  di Agar la schiava egizia.

Quindi, professore, la signora Sara,  sterile, concedendo la schiava, autorizzando  il connubio Abramo-Agar  rende fruttifero e buono il rapporto marito-concubina,  giustificato  dal fatto che la schiava egizia, avendo latte, educa il bambino  col ciclo degli studi preliminari, filosofici, utili ai fini teologici sapienziali? .

Marco, per te, quindi, Filone direbbe in greco  una frase che  in latino suona così:  Philosophia  ancilla theologiae?!

Non è così? professore. Filone non vuole dire questo?

Si. Certo. ma è una lettura christiana!

Filone, infatti, parlando dell’ Egitto  simbolo del corpo e dell’origine del nome Agar ritiene che, in quanto memoria delle cose buone – in un rifiuto di quelle cattive-unita alla scienza dialettica,  formi l’insieme filosofico,  fondamentale per il progresso  morale ed intellettuale  cfr. De agricoltura, XXX.

Così,  poi, spiega: le principali caratteristiche di educazione  media  sono indicate  da due simboli, la stirpe di origine ed il  nome.Chi si dedica agli studi  dell’educazione  enciclica  ed è amico  del sapere più vario  deve, di necessità, essere  assoggettato al corpo terroso ed egiziano perché ha bisogno degli occhi per vedere,  delle orecchie per ascoltare ed udire e degli altri sensi per cogliere ognuno degli oggetti sensibili. Per sua natura la cosa da giudicare non può essere afferrata disgiuntamente da uno strumento che la giudichi. Così il sensibile  sono gli organi del senso  a giudicarlo, in quanto  senza loro non è possibile raggiungere un’ esatta nozione dei fenomeni  del mondo sensibile da parte dell’ indagine filosofica.

Professore, per Filone, dunque, tramite i sensi – terra egizia- esiste  giudizio filosofico  su un piano generale, generalizzato?

Marco, mi sembra che Filone si corregga, poi, e  spiegando Agar/ come soggiorno in terra straniera, dica: l‘educazione media occupa la posizione di  un pareco/paroikos. Infatti solo la scienza, la saggezza  ed ogni virtù sono indigene  autoctone  e veramente cittadine a  pieno diritto, mentre le altre forme di educazione  che sono sul piano competitivo, vengono a trovarsi al secondo, terzo ed ultimo posto,  stanno su una via di mezzo tra stranieri e cittadini, perché non appartengono nettamente a nessuna delle due categorie, ma, d’altra parte,  per certe affinità, rientrano in ambedue.

Filone è più  sicuro  in  De congressu quaerendae eruditionis gratia cioè Connubio con gli studi preliminari / Peri tou eis propaideumata sunodou, V-  e, perciò, precisa: lo straniero che  soggiorna  in un posto è alla pari con i cittadini che vi abitano, ma sono  stranieri perché non vi  hanno residenza stabile  e definitiva.

A me sembra, professore, che Filone sia un po’ confuso e metta insieme pensiero  platonico e speculazione  stoica con la metafora di corpo  ricettacolo dell’ anima!ma, in effetti chi è il pareco?

Paroikos, Marco,  equivale sostanzialmente all’attico metoikos in quanto para /accanto e meta/con indicano lo straniero csenos  giudaico, non greco, che abita  accanto o insieme con, soggiornando a periodi lunghi o brevi,  in  città elleniche, riconosciuti come tali dalla giurisdizione romana come politai concittadini e condomini,  rispetto agli stranieri di passaggio,  in quanto  essi hanno dimora o periodica o  fissa, paganti il metoikion, la tassa di soggiorno,  godenti dei diritti civili, ma non di quelli politici, partecipi perfino delle leitourgiai.

Cosa sono? ti rispiego quanto ti ho già detto. Forse lo hai dimenticato!

Le liturgie sono pubblici servizi a cui sono soggetti i politai  con diritti politici, ritenuti ricchi, che, comunque,   possono chiedere  anche la compartecipazione dei meteci/pareci.  Ad Alessandria  i ricchi  greci e i giudei di lingua greca, concittadini, che svolgono funzioni  politiche, di norma, sono chiamati a fare liturgie che possono essere straordinarie come armare triremi  da guerra  o da carico – trihrarchia–    ed ordinarie  in quanto enkukloi cioè annuali,  come gumnasarchia, korhgia, euoplia, arrhphoria ed altre. I giudei alessandrini, oniadi, essendo la stirpe dominante, offrono il maggior numero di liturgie cfr. In Flaccum Una strage di Giudei in epoca Caligoliana,Ebook 2011.

Filone, comunque,  qui parla del methorios–   cfr Methorios  www.angelofilipponi.com – senza il contenuto giuridico di metoikos o paroikos, ma come elemento,  che  cambia valuta  stando al confine  tra due stati, un uomo  che vive in territorio straniero al confine tra impero romano ed impero parthico, che conosce aramaico e greco ed ha un banco  come cambiavalute, capace di svolgere la funzione di cambio a prezzo convenuto dalle due parti.

E’ questo un compito di un giudeo ellenizzato e  romanizzato, integrato nel sistema imperiale, come il  grande  trapezita, padrone di banche, datore di lavoro, che è l’alabarca di Egitto, oniade!.

E’ uomo, insomma, mediatore, interprete ed agente finanziario!.

Tutto mi quadra, ora, professore!

Non comprendo, però,  la trasposizione simbolica dell’educazione enciclica, definita intermedia tra cittadini e stranieri?  mi può dire  esattamente in che senso  Filone parli?

Marco, qui, Filone usa il termine methorios da me tante volte spiegato, al posto di mesos, ma  ora  gli dà un significato aggiunto  più ampio e complesso per indicare una via mediana tra due estremi, quello della perfezione e quello della imperfezione. Filone intende la perfezione/teleioosis  come saggezza e virtù  a piena cittadinanza /politeia completa, mentre considera la seconda come  ignoranza ed assenza di virtù,  ponendo al centro tra i due estremi  l’educazione  enciclica, che  è Agar  svolgente un suo ruolo mediano, indispensabile come amante del sapere Abramo/Abrahamo ed amica fedele di Sara,  sua padrona, in quanto generatrice di figli illegittimi, pur rimanendo  equidistante e dall’uno e dall’altra.

Dunque, professore, io avrei capito questo: l’educazione. enciclica /Agar  è subordinata a Sara/ virtù ed Abramo deve, se vuole conseguire  il rapporto con la moglie, prima passare attraverso la conoscenza  della schiava egizia/corpo!

E così ! Marco. Devi, comunque, tenere presente che  Sapienza  ed Educazione convivono in relazione al rapporto intercorrente  tra moglie legittima e concubina, rimanendo il marito  sempre marito e la moglie sempre padrona.

Quindi, per Filone il didaskalos  avrà, comunque, frutti  dalle piante,  tali da far  progredire nella via della  virtù chi fa azioni nobili.

Ora, dunque, nel 22,  al momento della partenza per Roma i farisei ostili ad una educazione methoria, oniade ed ancora  di più  alla doctrina romana,  minacciano  staseis/ sedizioni che non avvengono perché Erode si è mostrato filantropico  nel periodo della carestia del 25 a.C. ed ha fatto matrimoni, che lo hanno congiunto con famiglie sacerdotali.

Erode, ora popolare, sostenuto anche dall’esercito samaritano,  incurante delle loro prediche, porta i figli a Roma  e li sistema inizialmente presso  Asinio Pollione, suo amico  e commilitone già nel periodo cesariano.

Asinio Pollione, l’amico di Virgilio, a cui il poeta nel 40 dedica l’ecloga  IV, quella in cui prega le muse  sicule  che elevino  il canto  per celebrare l’arrivo di un puer e la nuova età dell’oro ?

Si. Si tratta di  Marco Asinio Pollione (78 a.c- 5/6 ) , teatino, legatus amico di Antonio che, con Ventidio Basso,   dopo la guerra di Modena,  favorisce con  le sue truppe fedeli al dux Lepido,  il II triumvirato, tra lo stesso Lepido,  Antonio e il  giovane  Ottaviano,  figlio adottivo di Cesare,  il 26 novembre del 43 a.C.

Pollione  passa da seguace di Cesare  e di Lepido all’amicizia con Antonio e, finita la guerra  di Perugia, divenuto console, è plenipotenziario che favorisce l’accordo di Brindisi.

Da quel momento Pollione sembra diventare  estraneo alla politica, impegnarsi nella attività forense, secondo un’ oratoria diversa da quella ciceroniana,  e in quella tragica, inclinando per il partito antoniano, fino alla battaglia di Azio, per poi fare atto di sottomissione  al vincitore, come Erode. Forse il suo cenacolo letterario, aperto anche ai poetae novi,  non è conforme  al principato augusteo  e perciò la sua opera  tragica  si interrompe  come quella oratoria, mentre  quella storica condannata, non ci è stata tramandata. Comunque, i suoi 17 libri  di Storia Romana sono ricordati  da  Appiano, Svetonio e Plutarco, ed anche da Orazio (Carmina,II,1).

Non si sa, professare, quando Pollione  esattamente si distacca dal negotium ?

Personalmente ritengo che Pollione, essendo legato a G.Cornelio Gallo, per non condividerne la sorte  tragica, si ritira dalla politica nel 26 av.C. dopo la morte per suicidio dell’amico ex governatore dell’Egitto, -esautorato e processato per aver coniato moneta, per aver  represso gli insorti, inseguendoli fino alla I  cataratta del Nilo, fatto un trattato col re degli etiopi (come risulta dalla iscrizione trilingue  di File – che riporto- in greco, latino e  geroglifico, anno 29.av. C). Quindi, secondo me,  Pollione si ritira quando comincia a vedere l’applicazione del principato  su di un legatus, di rango equestre, non senatorio, che all’epoca, poteva fare le azioni, proprie di un magistrato autonomo,  incriminate successivamente, come se avesse superato i limiti del suo mandato militare: a Cornelio Gallo nocque il riconoscimento della sebasteia  da parte del senato – contestato dagli equites- ad Ottaviano  divi Caesaris Filius! All’epoca Pollione era un magistrato, non  legatus, che neanche poteva sapere della futura attuazione  del principato e tanto meno  del segreto pensiero di Augusto di fare dell’Egitto  un feudo personale, precluso ad indagini senatorie, destinato a essere  gestito tramite liberti  addetti al  fisco imperiale, gelosi  della loro autonomia rispetto  ai  funzionari dell’erario senatoriale!. Cornelio Gallo subito dopo la vittoria sui lagidi è praefectus  Alexandreae et Aegypti, provincia dell’imperium romano! Sembra che nel tempio di Iside a  File, i sacerdoti  facciano un cartiglio da faraone a G. Cornelio Gallo,  che, in effetti aveva preso  Alessandria entrando da Porta Luna cfr. Alessandra suocera di Erode www.angelofilipponi.com

Un cartiglio per Gallo?

Si. Marco. Questo forse determina il richiamo  a Roma di Cornelio Gallo nel dicembre del 27  e  poi la condanna all’esilio e alla confisca dei beni e al successivo suicidio nel 26.

Anche Virgilio, suo amico, allora deve  cambiare la conclusione in onore delle imprese di Gallo, del IV libro, con la favola di Orfeo ed Euridice:  Virgilio è poeta aulico, che segue gli haud molia iussa /i comandi non molli di Mecenate, il factotum dell’imperatore!  E i sacerdoti a File eliminano il cartiglio di Gallo sostituendolo con quello di Augusto/Sebastos che già è celebrato a Tell el Amarna  con l’ureo in testa  segno di Ra, datore di luce, portatore di ankh  simbolo  di vita.

Ankh è quella specie di croce col fiocco  che normalmente è tenuta da qualche Dio  egizio?

Si.Marco. Dopo il processo di Gallo la provincia egizia ha una speciale politeia/ costituzione   in quanto  è eletto  G.Elio Gallo  governatore, legatus  con mandato augusteo di   intraprendere una  spedizione arabica con l’intento di  favorire il commercio con l’India,  desiderando  occupare  i porti dell’ Arabia Felix!. ci sono  in epoca giulio- claudia altri cartigli  imperiali faraonici  per Augusto a Kalasbsha, (Egitto meridionale) ma anche  se ne conoscono parecchi in epoca flavia, specie antonina ( con Adriano) o severiana ( con Caracalla)  fino ad Aureliano e a Diocleziano!

Gli imperatori romani, deificandosi,  si santificano con i cartigli egiziani  che esprimono simbolicamente il valore imperiale universale secondo la concezione di Ra, onnipotente datore di luce  e vita  a tutti gli esseri viventi!

Grazie per la spiegazione. Mi tolga una curiosità mia, personale: e’ vero che lei è stato a File e che ha fatto il bagno alla I cataratta? me l’hanno detto i miei compagni, Andrea e Marcello che dicono che File è stata ricostruita, non lontana dalla I cataratta.

Si.  Marco. Mi ci sono anche ammalato perché le rapide del Nilo  mi schizzarono gocce in bocca, che non riuscii a  ricacciare. A sera ebbi dolori addominali che durarono due giorni!

Ha un brutto ricordo?

No, nonostante tutto, sono ritornato, dopo,  in Egitto altre  tre volte!

In conclusione, professore all’arrivo dei figli di Erode,  l’opera  storica di Pollione non circolava e i rapporti con Augusto non erano certamente cattivi, visto che Orazio lo frequenta. Comunque, poi, i figli di Erode, forse, dopo l’incidente del figlio minore, morto misteriosamente, si  trasferivano a  corte ed  erano sotto la cura di Ottavia.

La morte del figlio  minore, scomparso in circostanze strane rinnova a Gerusalemme chiacchiere mai taciute circa la sua  nascita e riacutizza l’avversione dei farisei che parlano  di una punizione di Dio  per la  colpa del re, non obbediente alla prescrizioni del Deuteronomio -20,20-: ogni albero che non dia frutto commestibile  lo taglierai e ne farai una palizzata contro la città che ti ha fatto guerra!.

Erode, ora, dopo la punizione divina, è  sradicato, come Caino,  ed è nel morso della paura, macerato dal dolore, essendo staccato dall’armonia del creato: per i farisei ed esseni il re  non è  giudeo  che fa progressi in sapienza pur essendo  maturo, anziano, perché è abbandonato da Dio: il re, maledetto,  non sa essere nel giusto mezzo, non essendo neanche un buon cambiavalute che sa togliere dal corso legale della virtù coloro che sono come monete false  perché inclini alla ribellione  e non sa considerare propri familiari quelli veramente autentici anziani, scelti come i settanta  di Israel per saggezza (De sobrietate,31 ). Erode.  pur avendo abbondanza di beni esteriori, non ha trovato il bene più maturo di un’anima più matura, il bene certamente più degno di stima perfetto! ibidem 13

Erode è maledetto e solo anche in famiglia, anzi ancora di più in famiglia! E’ sfortunatissimo, ora ! tanto più sfortunato per quanto tempo è stato abbandonato da Dio.

Su questa linea di maledizione  i giudei ellenisti, alessandrini ed oniadi, nel periodo di Caligola, condannano con Filone il Neos Sebastos,  come bambino incosciente e puerile, meditante una rivoluzione /neoteroopoiia, perché accoglie nell’anima colpe meritevoli di biasimo,  in quanto stolto nel comportamento  ed ignorante,  avendo deviato molte volte dai retti principi di vita, essendo ancora immaturo!- ibidem 11-.

E’ una theoria  che tende a contrastare Caligola Theos  e perciò condanna  anche l’ attività razionale, inutile come le artes minores  la pittura, la statuaria,  la medicina teorica di  Asclepiade,– diversa da quella pratica  che guarisce il malato- come la  retorica giuridica, venale ed avida di denaro, non mirante alla ricerca di ciò che è giusto,  ma alla suggestione dell’uditorio,  attivata per via di inganno  ed inoltre come  quegli aspetti della  dialettica e della geometria non utili alla formazione dell’individuo, ma tali da aguzzare l’ingegno, impedito di affrontare ogni problema  e a servirsi di divisioni ed operazioni, nelle distinzione di caratteri propri ed  impropri.

Eppure, professore, secondo Filone,  sono anche loro figlie di Agar?

Certo Marco, ma Agar,  secondo la lezione biblica  di Mosè è maltrattata giustamente da Sara padrona che, vedendo la serva orgogliosa della maternità, impone al marito  di cacciarla col figlio Ismael!

Come Filone  può spiegare  questo?  non è mostruoso abbandonare nel deserto madre e figlio?

Filone è un theologos raffinato, un  esegeta  allegorico-simbolico, capace di  leggere tutto come i patres della Chiesa! Filone ammette come giusto  il maltrattamento di Sara, come giusta  punizione inflitta a chi mostra superbia,  essendo mutati i contesti, dopo la nascita del figlio legittimo Isacco. Filone giustifica la servitù stessa al principato augusto perché  Ckrhstos/buono, utile, fruttifero! 

Filone considera il primo allontanamento  solo un momentaneo e e passeggero rifiuto della serva, che seguita poi a convivere  con la coppia Abramo-Sara, rispettivamente simboli dell’uomo dedito all’astronomia  e della donna -virtù, genitori di Isacco la sapienza che si genera da sé  e perfezione morale!

Per lui, la definitiva cacciata, invece, dopo la mutazione di nome di Abramo in sapienza divina (Abrahamo) e di Sara in virtù generica(Sarah) cfr De mutatione nominum ,65 risulta la fine della funzione degli studi che decadono a livello di retorica  sofistica, essendo Ismaele sofistica  e Isacco sapienza.

Hai capito Marco? non sono stato chiaro?

Professore,  capisco in relazione alla mia educazione cristiana! Comunque,  per me, Filone è una fonte per il teologo cristiano che sa rovesciare tutto,  cambiando nome, facendo esegesi,   raggirando  il problema,   non insegnando, e, grazie alla retorica  facendo  risplendere solo l’idea di giustizia aramaica, con la sottesa  superiorità dell’uomo sugli altri esseri viventi,  in un servizio alla maestà di Dio, seguendo giochi numerici – 1, 3, 4, 7 ,10 , e multipli di tre – giostrando  specificamente sul valore dell’ebdomade -in quanto somma di 3 e 4, –  base della proporzione armonica,  in musica,  in grammatica e in astronomia ( sette cerchi, sette pianeti ) come rapporto tra struttura sensibile e struttura fisica umana-  su quello della decade, in una lettura kosmia,  in cui il logos è identificato col libro mosaico della  creazione, in una scelta etica,  che equivale ad un chiudersi  iniziale in sé   ed in un  aprirsi a Dio come esercizio di una vita progressiva virtuosa di creatura, che rinuncia  al sensibile, da una parte, e che tende ad innalzarsi al creatore, dall’altra.

Marco,  sono sorpreso da tante parole! non sei tu!sembra che tu abbia  compreso l’anima farisaica aramaica, che vive tra due estremi! mi appari persona confusa: l’errore è mio che ho messo troppa carne a cuocere e che do per scontato troppe cose su Filone!  Pur chiedendo scusa devo aggiungere  che Tra il bambino in tenera età e l’uomo perfetto  intercorre esattamente  lo stesso rapporto che sussiste  tra i sofista e il sapiente, fra il ciclo preliminare degli studi e le scienze attinenti all’ambito delle  virtù

Professore, io ho detto quel che ho detto e non la seguo bene! mi sono perso  passaggi logici  di un sistema allegorico per me quasi assurdo! comunque, Filone mi sembra  aggiungere alla eredità aramaica contraddittoria – che mette in opposizione bene e male-  anche linee  proprie di una cultura pitagorica!  La vita  per  Dio,  con Dio  e in Dio mi sembra  un raggiro/panourgia   in cui  neos  e presbus sono letti secondo la Sacra  parola  che rivela solo  a chi sa leggere che Dio è inizio e fine.

Marco, tu ben sai che io studio Filone, ma  ho un ‘altra lettura di storia e di natura! Noi stiamo per concludere su un amarthma  di Erode, disobbediente ai  precetti e  alla tradizione  dei farisei in quanto philellnhn  e filoromano, legato alla cultura giudaico-ellenistica asmonea  ed oniade, che vuole  essere tramite tra cultura romano-italica occidentale  e cultura orientale, ma anche tra imperium romano e imperium parthico,  convinta di essere  utile  e buona ad  educare l’ecumene  e verso Oriente e verso Occidente, sicura della sua missione methoria  internazionale anche ai confini del mondo conosciuto in senso commerciale e finanziario. Filone  vuole indicare  una figura unica di  monarca theos che è pastore del gregge, che non può essere bambino, abbagliato ancora dalle forme  –  dal luccichio del sensibile- ma  uomo, la cui prudenza di anziano- degno di onore e di venerazione-lo rende non soggetto alle pulsioni  naturali ma  lo fa perfetto  come razionalità, divino perché maestoso come Zeus olimpico, unico Ra /sole  datore di vita!. l’imperator romano  è simbolo congiunto  per Filone di tradizione ellenistica ed egizia, con sottesa l’eredità  mesopotamica  ed aramaica. Il peccato di Erode,  per noi, diventa emblema di un contrasto ancora vivo tra due estremi tra cultura ellenistica  e cultura aramaica!

L’integralismo aramaico perdurerà anche dopo la morte di Erode, dopo la  crocifissione  del Meshiah, dopo la fine del Tempio  e  terminerà con la distruzione di Gerusalemme cancellata dalla cartina geografica e dalla Storia, rinominata Aelia Capitolina  e con  la Galuth/dispersione definitiva  del popolo giudaico.

Filone è il genio – mai riconosciuto nella sua  effettiva grandezza- che anticipa il Peri upsous il sublime  e il cristianesimo!

Filone, che commenta la Bibbia è lui stesso Bibbia!

Professore, ed Erode peccatore?

Erode  è  un presbus  che cresce con l’errore e lo tesaurizza. Peccato  gli ultimi nove anni!

Senza quella macchia  sarebbe stato  davvero un cittadino, un civis del mondo romano, illuminato cosmopolita, un vir passato  dall’infanzia alla eruditio,  dalla rozzezza adolescenziale alla matura sapienza,  un basileus socius, capace di vivere  per un ventennio come terzo uomo dell’ impero romano!.