Lei, professore, in Caligola il sublime, ha parlato brevemente dell’amore di Caligola per il circo e per le corse, e ha mostrato l’imperatore come tifoso della fazione dei Verdi- cfr Dione Cassio, St.Rom. LIX,14.6 – da lui favorita rispetto alle altre dei Rossi, dei Bianchi e degli Azzurri! Perché non mi parla in modo diffuso di Incitato (e dell’auriga Eutiche), così che posso leggere esattamente e comprendere finalmente nel giusto significato le frasi dette da Svetonio e da Dione Cassio sul cavallo?
Marco, tu ti riferisci all’ enunciato di Svetonio – Caligola, LV:
egli era solito chiamare i vicini obbligandoli al silenzio , con l’aiuto dei soldati, affinché il suo cavallo Incitato non fosse disturbato, il giorno prima della corsa ed inoltre, avendogli fatto costruire una scuderia d’avorio e una mangiatoia d’avorio, gli faceva dono di gualdrappe di porpora e di finimenti con gemme, di una casa e di un gruppo di servi.
Specificamente, però, ti interessa la frase, conclusiva, celebre dello scrittore: consulatum quoque traditur destinasse, la cui traduzione è questa: si tramanda anche che aveva intenzione di elevarlo al consolato!
Per secoli l’enunciato è stato letto non come un rumor/voce popolare, che riporta un detto ironico e beffardo del giovane imperatore, che deride i consoli clientes, eletti a suo arbitrio, intenzionato perfino a dare la carica consolare- massima aspirazione per un civis– al suo amato cavallo, come dileggio di ogni carica repubblicana ormai tramontata!.
Caligola, avendo attuato la neoteropoiia/la rivoluzione istituzionale, esige, come un sovrano orientale, la proskunesis/ adorazione da tutti -popolo, esercito, senatori- imposta perfino ai Druidi e agli ebrei, avendo preparato il suo colosso da porre dentro il Tempio di Gerusalemme, minacciando che, in caso di ribellione, li avrebbe deportati cfr. Filone, Legatio ad Gaium!
Nel mondo romano dell’epoca (37- 41 d.C.) esiste un solo pastore, un imperator autokratoor, una lex, un nomos empsuchos/ legge vivente, un essere divino, che ha di fronte il gregge, in cui non ci sono distinzioni, perché tutti sono isonomoi /eguali, essendo stato esautorato il senato, declassata Roma a favore di Alessandria, nuova caput mundi.
In questa situazione e nuovo contesto sociale, tra la massa di clientes, riverente davanti al patronus – anonima plebs davanti all’unico basileus despoths kurios- circola la frase, poi riportata da Svetonio, dopo decenni.
Dunque, professore, secondo lei, è solo una chiacchiera popolare circolante in un clima di partenza di Caligola per Alessandria, che, essendo uomo meticoloso e precisissimo ha perfino fissato le tappe del suo tragitto via mare e la data del 25 gennaio del 41.
Credo che in questo contesto di preparativi possa essere circolata la frase su Incitato console, un enunciato che, probabilmente, fa affrettare i congiurati alla uccisione del sovrano.
D’altra parte noi oggi sappiamo quanto possa valere un cavallo da corsa e tu meglio di me che, in altri tempi, frequentavi gli ippodromi, conoscevi cavalli, galoppatori come Ribot o trottatori come Varenne- che, finito il periodo delle corse, come stallone veniva pagato, ad ogni monta, 15.000 Euro !- Certamente, non ti meravigli affatto delle attenzioni per un cavallo-campione, avendo visto scuderie di grande valore, maestose, e conosciuto la cura e la dieta straordinaria per gli animali, accuditi da tanti inservienti!
Da questo lato, neanche io, che ho tradotto Plutarco, – Alessandro ,6,1-6; 6,8; 44,2; 61,1- ed Arriano- Anabasi di Alessandro,V, 14,4; 19,4; 29,5- mi sorprendo affatto conoscendo l’amore di Alessandro per il suo cavallo, Bucefalo, avuto, a tredici anni, dal padre Filippo, in regalo, comprato alla cifra di 13 talenti : è un’esagerazione, pagare un animale circa 390.000 euro, per una bestia che temeva la sua ombra, impossibile da cavalcare, sebbene poi cavalcata da lui solo, per venti anni circa, fino alla morte dopo la battaglia dell’Idaspe, contro Poro- Cfr. Arriano, ibidem, V,19,5!-.
Perciò, si può dire che non si trova niente di speciale nel rilevare l’amore di un cavaliere come Alessandro per Bucefalo, uno splendido stallone nero con un macchia bianca sulla testa, che si inginocchiava per fare salire il re e che, pur ferito, non tollerava che un altro portasse in groppa il suo unico padrone!
Alessandro per lui – avrebbe sterminato tutti i componenti di una tribù barbarica di Uxii, che aveva catturato il suo cavallo, se non glielo avessero immediatamente restituito! In onore di lui, morto, fondò città, chiamate col suo nome!.
Perché, allora, si sono sprecate le accuse per Caligola, considerato pazzo -ingiustamente- non certo per il trattamento di riguardo per l’animale e neppure per l‘intenzione di farlo console?.
La colpa è della superficialità dei critici e degli storici, che non hanno saputo vagliare le fonti di epoca flavia, antonina e severiana, -le dinastie che si sono succedute, dopo quella giulio -claudia, la cui nomenclatura, divina, è stata utilizzata da loro prima con Domiziano, poi con Commodo ed infine da Caracalla ed usurpata dalla Santa romana chiesa cattolica!-.
Ogni critico, prima di valutare, dovrebbe porsi il problema di esaminare Caligola nel suo contesto, durante il regno suo e quello degli altri membri della sua domus, considerando l’anomalia della sua divinizzazione pianificata nel 40 d.C. come ektheosis, durante la vita, distinguendola da quella, post mortem, per apotheosis!.
Essi dovrebbero esaminare con cautela il tentativo denigratorio, maligno, delle casate successive, fatto col favore di letterati, prezzolati, compiacenti, al fine di una propria legittimazione al potere e di un proprio ruolo, dopo quello di una sovranità divina della precedente dinastia.
Il fallimento di una politica di imitazione risulta deleterio e per gli intellettuali e le nuove domus imperiali, inadeguati come mezzi per l’attuazione della divinizzazione: solo il clero cristiano ha avuto, grazie al tempo, fortuna con l’ektheosis del Christos!
Senza questa operazione non è possibile fare una valutazione oggettiva del principato di Caligola, estremamente danneggiato come memoria dai Flavi, cives sabini italici, prima, dagli Antonini provinciali ispanici, poi, ed infine dai Severi provinciali afri! Bisogna, perciò, Marco, tener presente, oltretutto, che il soterismo di Vespasiano viene esaltato dopo il fatale 69 e che il principato dell’ottimo vale in relazione al dispotismo sovrano di Domiziano e che il potere dei Severi si basa sull’ordine ripristinato dopo il funesto 193 d.C., a seguito della morte di Commodo e di una crisi economica acuita dal perdurare di un peste iniziata nel 165, capace di mietere 20,000.000 di cives, un terzo della popolazione, nel corso di un ventennio e di una guerra civile, in una volontà di ripristino di istituzioni come quella di Augusto, considerato da Dione Cassio l’unico degno di imitazione.
Non per nulla in Storia romana (LII,1-4) è mostrato Ottaviano nel 29 a.C.- indeciso sulla forma da adottare, quasi desideroso di fare la restitutio rei publicae nelle mani del senato e di deporre la tribunicia potestas e l’imperium proconsulare maius– che ascolta il dibattito di Marco Agrippa e di Mecenate.
Il primo propone una costituzione democratica per evitare l’accentramento politico personalistico e per scostarsi dalla tirannide; l’altro espone sostanzialmente i privilegi e i benefici della monarchia dando pratici suggerimenti!
Per Dione, Ottaviano nel 27a. C., presentatosi in senato, come in pratica faceva un dictator al termine del suo mandato, si dimette, ma il senato, in considerazione dei meriti dell’eroe, che ha salvato la res pubblica dalla tirannide di Antonio e dall’ostilità egizia, non accetta le dimissioni, ma grazie a Manuzio Planco, che lo saluta come Sebastos Augustus, lo proclama divi Iulii Cesaris filius, di progenie divina!
Quindi, professore, mentre Augusto diventa il punto fermo di riferimento con Cesare, espressione moderata di monarchia, per la dinastia dei Severi, Caligola resta ancora vittima di una damnatio memoriae non fatta dal suo successore, Claudio suo zio, ma ripresa in realtà dalla invidiosa propaganda della casate successive, ancora valida all’inizio del III secolo d.C.?
Il breve regno di Gaio Cesare Germanico Caligola doveva essere exemplum di sovranità (non quello dell’argentarius Ottaviano Augustus), comunque, realmente imitato dagli intellettuali del regime, compreso Dione, che ben conosce l‘imperium del nipote di Antonia minor, ma non può manifestarlo per l’ormai radicato oltraggio alla memoria del Neos Sebastos Novus Augustus!
Caligola, Marco, è rimasto bollato come pazzo/insanus prima dai contemporanei ostili al suo governo cioè Seneca e Filone alessandrino, poi da Svetonio (69 d. C.-122/125) un funzionario aneddotico, non storico, e da Giuseppe Flavio, un sacerdote giudaico, traditore del suo popolo e falso profeta, e da Tacito- le cui lacune testuali sono un enigma!-
Gli scrittori di epoca antonina insistono sul giudizio negativo di Caligola e risultano equivoci nella loro retorica frontoniana come quelli severiani che, mirando solo ad un rinnovamento costituzionale, nel clima convulso di guerra civile e di un’anormalità economico-finanziaria, acuita dal fenomeno della peste, già minata alla base dal militarismo, considerano la soluzione augustea una sintesi combinata di monarchia e res pubblica capace, comunque, di preservare libertà individuale e dare un fondamento all’ordine e alla stabilità.
Ritengo, perciò, che Dione Cassio Cocceiano (163/4 -229/30) -un militare di Nicea di Bitinia, che fa una straordinaria carriera, in quanto diventa senatore, console, proconsole fino a raggiungere l’apice con Alessandro Severo- accettando il mito di Augusto imperator, inaugura il principato di Settimio Severo, trascurando l’apporto reale degli altri imperatori della domus giulio-claudia, che restano etichettati secondo tradizione, Tiberio un pervertito sessuale, Caligola un pazzo sanguinario, Claudio un servo delle donne e dei suoi ministri, Nerone un megalomane istrione. Non si può valutare in modo così superficiale e semplicistico il potere di una domus, tenuto per 117 anni!
Eppure Dione Cassio conosce vita, azioni, pensiero e morte di Caligola e ne rileva la novità istituzionale, pur seguendo il giudizio ormai uniformato di condanna della tradizione, nonostante i suoi puntuali rilievi sull’ incoronazione a Roma, al suo ingresso in città, il 16 marzo del 37, e sull’acclamazione popolare del Neos sebastos, giovane Augusto, e sulla congiunzione ideale con Alessandro Magno!
Per Dione le due operazioni di neoteropoiia e di ektheosis sono frutto del delirio di una mente pazza, di una creatura che si fa Dio, secondo la logica ebraica di condanna di tutta la propaganda di stampo alessandrino, tessuta magnificamente per l’assimilazione del sovrano con Zeus, progressiva, dopo la celebrazione di Caligola eroe, semidio e theos!.
In questo generale clima di derisione di Caligola capra, pur celebrato nuovo Augusto -Alessandro, lo stesso trionfo sui Germani, voluto e programmato lontano da Roma sul ponte costruito tra Pozzuoli e Bacoli, non induce Dione ad uno studio della figura complessa del giovane imperatore e a cambiare giudizio sul cavaliere, che porta la corazza di Alessandro e che cavalca Incitato-Bucefalo!, Per lui il trionfo è una parodia del passaggio dell’ Ellesponto di Serse, una pagliacciata teatrale che finisce con l’ordine di distruzione del ponte stesso, da parte di chi l’ha costruito solo per una mania personale. Dione non comprende il messaggio di Caligola all’ecumene: a lui Dio niente è impossibile; solo lui, Theos, sintesi di Poseidoon e Zeus, poteva attraversarlo, nessun altro! Per lui e per i suoi contemporanei Caligola è veramente pazzo!
Neanche viene considerato il tentativo di regnare a Roma e di imporre ai romani un regime dopo la sceneggiata di comando di Ottaviano, attore, e dopo la fuga di Tiberio a Capri!.
Dione non ha interesse a mostrare come Caligola abbia invertito la rotta del principato augusteo e abbia instaurato la sovranità assoluta, necessaria ed unitaria per le due partes occidentale ed orientale, dopo l’equivoco istituzionale di Augusto – un vero compromesso -, non seguito da Tiberio vir aristocratico claudio, che ha intenzione di reale restitutio rei pubblicae.
A Dione non interessa, dopo quasi due secoli di maldicenze su Caligola, fare l’apologia del neos sebastos, giovane augusto, che, regna davvero su uno impero sterminato!
Dione non rileva la grandezza dei maestri di tirannia – i turannodidaskaloi Giulio Erode Agrippa e Antioco di Commagene- coadiuvati da un gruppo di letterati alessandrini, abilissimi nella costituzione di un nuovo sistema politico, su basi religiose, mediante allegoria, abilitati dalle precedenti esperienze lagidi, erodiane e seleucidi!
Neanche legge il plauso popolare, l’amore dei militari, la devozione clientelare di patres e di equites ormai upotetagmenoi/sudditi e l’universale consenso di tutti i provinciali – che lo adorano, pregano per la sua salute quando cade malato e che inneggia follemente nelle piazze per settimane per il suo ristabilimento fisico, perché garante di un ritorno di un bios kronicos, di una era saturnia, di un kosmos ordinato e pacifico– !
il modello per Dione Cassio non può essere Caligola, per il negativo giudizio ebraico di Filone e di quello del filosofo Seneca, che, comunque, riconoscono quasi un biennio magico di benessere per l’impero e di eccezionale fortuna, anche se deridono poi l’altro biennio, considerato come imperium di un monstrum/teras, avvalorato poi dagli intellettuali flavi ed antonini!
Viene scelto Augusto, un vir fortunato ma incapace di mediare realmente tra istituzioni repubblicane e principato, congiunto col militarismo di Cesare, e scartato l’exemplum di Tiberio, che per natura aristocratica tendeva a alla restitutio rei pubblicae!
Professore, mi sembra di aver capito tutto e la ringrazio. Lei vuole dire che Caligola, perenne giovane e theos , vuole regnare in Roma, in Italia e in tutto il suo impero, già pacificato ed ordinato in modo sovrano, cosciente di essere l’unico pastore del gregge umano, suddito, rifiutando il pensiero aristocratico di Tiberio che, ritiratosi a Capri, era risultato solo re di un isolotto, mentre Elios Seiano era di fatto il re dell’universo e che, anche dopo la sua uccisione, non aveva ripreso il potere diretto, ma lo concedeva a Macrone, altro pretoriano, anche dopo aver scelto i due eredi imperiali nell’estate del 36, Gaio Cesare Germanico figlio adottivo e Tiberio Gemello, figlio naturale!.
Bene, Marco, hai fatto una buona Sintesi. Sei un buon discepolo Ora seguita!
Caligola ,divenuto imperator, è simbolo di una nuova era saturnia e quindi regna serenamente, si esercita nel potere, essendo delizia del genere umano per sette mesi e, dopo un malattia grave, ristabilitosi, inizia il suo regno assoluto, rifiutando i tutori Silano e Macrone ed uccidendo il coreggente temendo una possibile scissione nell’impero.
Ti ringrazio Marco. Hai capito la sublimità della mente di Caligola, anche senza trattare la vera pars costruttiva innovativa creativa, che in altre occasioni, hai dimostrato di conoscere bene. Non so se ti ricordi, però, che Caligola è padrone degli Horti sallustiani, che sono suo privato campo di allenamento per le gare del circo.
Mi ricordo, professore.
Gli horti sallustiani, ereditati dalla madre Agrippina maior, corrispondono alla zona – forse un po’ più ampia- dell’attuale Stato del Vaticano. Caligola si esercitava andando a cavallo con Incitato o per allenarsi alle gare di quadrighe, dopo che aveva fatto portare dall’Egitto a Roma l’obelisco-ora a Piazza S. Pietro lì posizionato da Sisto V- che allora era disposto forse dove oggi è l’altare della basilica o dentro. Faccio una domanda. E’ vero , professore, che l’imperatore faceva girare, come fosse una meta, il suo carro , intorno, sotto lo sguardo compiaciuto dei suoi cortigiani, di senatori ed equites che lo applaudivano per la sua abilità.
Marco, dove lo hai letto? non si sa esattamente se to Gaianon/il circo di Gaio , ancora esistente nel terzo secolo, fosse la zona dl Vaticano! Ti aggiungo, però, che nel primo anno di regno, quando ancora non c’era l’obelisco- fu portato da Heliopoli nel 40!-assistevano alle sue esibizioni, oltre a Callisto e Cassio Cherea, anche il suo auriga Eutiche /fortunato e Macrone, che soleva rimproverarlo per la sua esuberanza giovanile non solo nel circo, ma anche nei banchetti! .
Sono tutti uomini, rimasti nella storia. Anche Eutiche?
Si. Era un famoso auriga del circo che, comunque, gli intentò un processo di fronte Tiberio, che si sentiva astro tramontante davanti a Caligola astro sorgente, sostenuto dai suoi amici, suoi fautori, che aspettavano la morte dell’imperatore, che era malato e si collassava spesso.
E come finì il processo?
Tiberio era riluttante- e lo confessava ad Antonia, sua cognata e nonna di Caligola- ma alla fine pressato, riunì l’assemblea ed emise il suo verdetto a favore di Eutiche -che aveva denunciato il discorso di Agrippa e di Caligola ambedue impazienti e fortemente desiderosi che l’imperatore morisse, prima possibile, per lasciare il posto al nuovo principe. L’imperatore fece capire che non era morto e che poteva ancora nuocere e fece imprigionare Giulio Erode Agrippa, poi, dopo sei mesi liberato, a seguito della morte di Tiberio.
Per fortuna la responsabilità delle parole dette se la prese tutta Erode Agrippa! per fortuna allora Caligola era sotto la protezione di Macrone onnipotente!
Ed Eutiche che fine fece?
Caligola lo invitava spesso/assidue nella stalla di Incitato a festeggiare con gli altri tifosi del partito verde (factio prasina cfr Svetonio,LV) ed una volta, durante una di queste gozzoviglie diede due milioni di sesterzi (vicies sestertium): fu sempre un fedele tifoso! Perfino dopo la sua morte, Eutiche, l’auriga idolatrato dai verdi è proposto imperatore da Cherea, che, cercando di convincere i soldati a seguirlo contro Claudio, promette di chiedergli la parola di ordine -Antichità Giudaiche XIX,256-!
Dunque professore per chiudere il discorso su Incitato, la frase denigratoria, riportata da Dione Cassio è ricalcata su quella di Svetonio, sua unica fonte?
Penso di si, Marco. A te leggere il testo di Dione -St. Rom., LIX, 14,7: Caligola invitava addirittura Incitato a pranzo, gli offriva chicchi di orzo dorato e brindava alla sua salute in coppe d’oro; giurava inoltre in nome della salvezza e della sorte di quello ed aveva anche promesso che lo avrebbe designato console, cosa che avrebbe sicuramente fatto, se fosse vissuto più a lungo/kai epi deipnon ekalei , khrousas te autoooi kritas pareballe,, kai oinon en khrousois ekpoomasi proupine, the te soothrìan autoukai thn tukheen oomnue, kai prosupiskhneito kai upaton autòn apodeicseicsein ,kai pantoos an kai tout’eppoihkei, ei pleioo khronon ezhkei.
Leggo, professore, che Caligola invita a pranzo -insieme ai patres?!- Incitato e gli dà chicchi d’orzo selezionato, andando nella scuderia/stalla – riservata al suo prestigioso cavallo, di valore incalcolabile -non nella sua reggia, termine sotteso, che comunque, deve far pensare alla pazzia, considerato l’invito ad un cavallo, come commensale!- E’ un equivoco terminologico voluto specie per il brindisi in coppe d’oro ( come se un tifoso, rimanendo a cena nelle stalle con gli amici, desse coppe d’oro anche ad Incitato!) L’ aggiunta del fare un giuramento òrkon omòsai per la salute e per il destino, è un augurio /omen consueto, come la promessa di farlo console, che risulta una esagerazione possibile in un un clima di festa, per una vittoria di Incitato, festeggiata con altri tifosi.
E’ chiaro per me, professore, che Dione, non accettando l‘exemplum di Caligola principe, ormai noto come pazzo, per Settimio Severo e la sua stirpe offre il modello di Augusto, invece, alonato dalla tradizione, specie se unito a Giulio Cesare come prototipo di una perfetta monarchia!
Bravissimo, Marco. Neanche io avrei potuto leggere così bene e chiudere meglio il discorso su cavallo e cavaliere!