Giacomo ucciso di Spada
In memoria di mio cugino, Giuseppe Tondi, un italo-venezuelano
Marco, noi non abbiamo lettori, che si accostano alle parole con desiderio di apprendere, con animo disposto a capire l’altro e ad orientarsi per un rinnovamento: sono persone che si industriano per entrare nel sito per avere paradigmi già pronti per l’uso, e risultano copiatori abili a prendere notizie rare, sconosciute per poi pavoneggiarsi, scrivendo in riviste per dilettanti, o sproloquiare in forum,senza neanche citare.
Si tratta di falsi studiosi, di ricercatori… di inezie, di strani soggetti, che hanno bisogno di un qualcosa per iniziare a scrivere, di un pettegolezzo qualsiasi, di un aneddoto, di una citazione, per costruire i loro romanzi: senza quel piccante incipit non ci sarebbe… storia!.
Perciò, non ho pubblicato Di un ordine femminile soppresso nel 1572 : ci sono, di fatto, molti elementi paradossali che attirano la curiositas di tali studiosi!
Così va il mondo, caro Marco!
Chi lavora, appena mangia! Chi cerca ispirazione e spunti dagli altri, e sa trovarli, cliccando da una parte ad un’altra, scrive e, scrivendo bene, pubblica e fa soldi, ricamando sui particolari di vicende storiche, frutto di anni di ricerca, di traduzioni e di letture, di codici decifrati con la lente di ingrandimento, faticosamente trascritti!.
Io, seppure con tristezza, da quattordici anni, concedo, di fatto, ai dilettanti di servirsi dei miei lavori- un panino imbottito lasciato in pasto di chi è bravo ad appropriarsene – e… non ho mai ricevuto neanche una gratificazione.
Perfino i libri ebook sono venduti da altri, senza autorizzazione: a chi va il meritato guadagno !?
Neanche so come facciano a scaricarli!…A me non arriva niente!.
D’altra parte non ho mai chiesto niente a nessuno!
Eppure, nonostante tutto, seguito stupidamente a lavorare (senza mai guadagnare niente)…per gli altri!
Capisco. Capisco, Professore, Cosa vuole comunicare, ora, a noi suoi ex alunni, fidati amici?!
Il muthos di Santiago di Compostella.
La tradizione cristiana ha parlato di una morte per spada di Giacomo Maggiore, figlio di Zebedeo.
E’ una notizia di Atti degli Apostoli 12.1-2: nel frattempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Cosi fece morire a fil di spada Giacomo, il fratello di Giovanni.
Cosa significa, professore, morire per spada o far morire a fil di spada in epoca giulio-claudia?
Significa, Marco, che Giacomo maior è ucciso mediante decapitazione, da uomini, comandati da Giulio Erode Agrippa I, re di Iudaea dal 41 al 44 d.C., come reo di un delitto capitale.
Si tratta di Giacomo, fratello di Giovanni, dei due discepoli di Christos definiti Boanerges, che sono per i cristiani come i Dioscuri, Dios kouroi figli di Zeus?
Certo! Marco.
Si parla di uno dei due figli di Zebedeo e Salome: del primo ho parlato varie volte come ricco armatore del Lago Tiberiade mentre della seconda non ho mai fatto discorso sulla sua identità, nemmeno nel romanzo L’eterno e il Regno.
Ed Erode Agrippa è l’agoranomos, fratello di Erodiade poi diventato therapeuoon di Caligola ed infine re/basileus toon Iudaioon, dopo la Morte del Christos?.
Bravo, Marco!
Si tratta di Giulio Erode Agrippa che è un civis romanus, di rango pretorio, e che, come ebreo conosce la lex romana e quella giudaica in relazione ai tanti decreti fatti da Roma repubblicana, prima socia/ summachh, poi nemica degli asmonei ed infine da Cesare e da Antonio in favore di Hircano, ma estensivi , secondo Giuseppe Flavio, a tutti i giudei aramaici ed ellenistici.
Secondo tali decreti un civis non può essere ucciso come un libertus o come un popularis e tanto meno come uno schiavo ed ogni magistrato provincialis deve attenersi alle leggi che tutelano il diritto di una mors dignitosa, propria del romano, anche a chi è reo.
Ora a Gerusalemme vigono le stessi leggi alessandrine, tutelate da uno speciale politeuma, di cui noi storici non sempre abbiamo tenuto conto nei nostri lavori: è certo, però, che la civitas/ politeia romana alessandrina è simile a quella gerosolomitana, perché Giulia/Iulia.
Professore, ho capito bene?
Lei vuole dire che Cesare, facendo Iulioi Antipatro, il padre di Filone, ed Hircano sottende che tutta indistintamente l’élite finanziaria economica, politica, ebraica gerosolomitana e diasporica diventa Iulia e quindi ha la civitas?.
E’ così ! Marco. Cesare ricompensando Antipatro, ricompensa per l’aiuto avuto sia l’Asmoneo Hircano, sia i Figli di Onia, che gli alessandrini del distretto oniade, pelusiaci, che favoriscono l’impresa di Mitridate Pergameno, che porta auxilia a lui, Dictator, assediato a Lochias, nella reggia Tolemaica. Tutti i giudei ellenisti compattamente salvano Giulio Cesare che, incautamente, dopo la morte di Pompeo, è entrato in Egitto con poche forze militari.
Dunque, professore, si può affermare che un naucleros, alessandrino o caesariensis, gerosolomitanus o cireneus o anche corintius, ephesinus, è un Iulios?.
Marco, ti allarghi troppo,! Sto parlando solo di un civis alexandrinus o gerosolomitanus e non ho carte per dire che anche gli altri- i giudei aramaici e nabatei- siano di pari dignità. So solo che Giacomo per parte della madre Salome potrebbe essere un erodiano!
Il solo nome della madre – una familiaris di Berenice, madre di Giulio Erode Agrippa – con la civitas, probabilmente iulia, con la professione di armatore, congiunta con il titolo di boanerghes figli del tuono, è poca cosa per trovare una probabile radice erodiana tra le tante Salome della stirpe di Antipatro, note ed ignote!.
E’ un problema di parentela e di affinità giudaica: è troppo difficile capire i legami di sangue tra Erodiani ed oniadi e tutta la rete dei figli di Onia, sparsi per il Mediterraneo, per il Mar Nero, per il Mar Rosso ed altrove.
Le navi mercantili e le flotte giudaiche solcano i mari dell’imperium romano con speciali privilegi, in quanto i giudei, in epoca giulio-claudia sono la spina dorsale della economia imperiale.
I giudei risultano il genos dominante e sono i trapezitai e daneistai invidiati ed odiati dall’etnia greca e anche dai mensarii, argentarii, nummularii romano-italici e ispano- gallici.
Comunque, Iakobos, figlio di Zebedeo martire ebraico (forse aramaico), sembra essere un naucleros, un armatore, un possessore di navi, che ha barche non solo sul lago di Tiberiade, in quanto produttore di pesce essiccato e conservato con sale, ma anche a Giaffa per la pesca mediterranea con triremi mercantili, che riforniscono emporeia e fa commercio con le banche trapezai, servendosi di depositi bancari.
Si sa dalla tradizione ispanica medievale che Giacomo, dopo la morte di Gesù nella Pasqua del 36, predica in Spagna e poi torna a Gerusalemme nel 40, quando ancora Erode Agrippa non è re di Iudaea, ma è già Tetrarca di Galilea e di Perea e dal 37 dominava sulla ex tetrarchia di Filippo.
Erode Agrippa è a Roma nel 40 a corte presso Caligola (cfr. A.Filipponi, Caligola il sublime) che sta imponendo l‘ektheosis ed ordina di mettere la sua statua entro il Tempio di Gerusalemme a Petronio, governatore di Siria, che tergiversa, preoccupato dei rapporti tra gli aramaici giudaici e quelli di Parthia oltre Eufrate (Cfr. Flavio, Antichità Giud. XIX.)
Qual è l’atteggiamento di Giacomo di Zebedeo in questa delicata situazione da noi ben descritta in Caligola il sublime e in Giudaismo romano II ?
Fa parte dei capi, insieme a Giacomo fratello di Gesù capo della ecclesia/ qahal, che organizzano la processione pacifica fino a Tolemaide di giudei che abbandonano i campi ed ogni affare e che si offrono martiri, abbassando il collo, purché si risparmi l’infamia della profanazione templare?
Personalmente non ho trovato mai niente sul suo conto in questa circostanza del 40 d.C, ma il suo ritorno in patria per me è eloquente, se è vera la notizia del codex Calixtinus: per lui, figlio di Zebedeo, la lotta è il suo naturale esercizio: un figlio del tuono, aramaico, vive di sedizioni; nonostante la ricchezza conseguita col commercio grazie alla pace, garantita dall’unicità di comando imperiale e dalla supremazia militare romana, un figlio della luce ha un solo Dio e padrone.
Nonostante l’apparenza commerciale, condannabile per un puro aramaico, Giacomo resta un ribelle antiromano; è un qanah, ladrone /lhisths, secondo il linguaggio di Giuseppe Flavio!
Comunque sia, Giacomo se civis , se naucleros, se aramaico , non può non essere un sicario ante litteram, che è in mezzo ai giudei martures , che preferiscono morire piuttosto che vedere la profanazione del Tempio!
La tradizione christiana in Atti degli Apostoli in un certo senso è una conferma in quanto dice che Giacomo, a seguito della predicazione di Pietro sulla costa in nome di Gesù, è condannato a morte da Erode Agrippa, che autorizza l’esecuzione il 25 luglio del 41, secondo il Liber sancti Jacobi, compreso nel Codex Calixtinus, che ricorda una sua missione precedente in Spagna in una zona imprecisata, dove c’è un’apoikia ebraica con emporion e trapeza e di un suo ritorno in patria.
Il crimen potrebbe essere – in una situazione così critica come quella della profanazione del Tempio (Cfr. Legatio ad Gaium in cui si evidenzia uno status di costernazione di Filone, capo delegazione alessandrina in Italia e di altri giudei, che si rinchiudono in una stanza, dopo un lungo periodo di sbalordimento collettivo alla notizia del decreto imperiale, per piangere sulla fine della nazione stessa! ), altamente traumatica per ogni ebreo – aver preso e nascosto le armi da usare, in caso di stragi perpetrate dai romani sui giudei inermi.
Il ricordare il Christos crocifisso dopo quattro anni, è ulteriore crimen che lede l‘auctoritas imperiale di Caligola-Dio, anche poi quella di Claudio, che ripristina il kosmos imperiale, turbato dall‘insania caligoliana, con la Lettera agli alessandrini….
Infatti contrapporre un maran di nomina aramaica, seguace dei decreti di Artabano III, ad un basileus legittimamente eletto dall’imperatore, pronto a tornare in Gerusalemme già pacificata e a legiferare secondo i mandata di Claudio, è sobillare il popolo alla rivolta.
Al ritorno di Giulio Erode Agrippa a Gerusalemme per la Pasqua del 41, con l’assenso imperiale e senatorio, vengono , dunque, imprigionati e Giacomo e Pietro: il primo dopo un processo rapido viene fatto decapitare, data la sua potenza di naucleros e la sua probabile civitas romana; il secondo, invece, viene tenuto in carcere sotto nutrita scorta per poi farlo giudicare dal popolo, non dal sinedrio, dopo la fine dei sette giorni di Pesach, della Festa degli Azzimi che cade il 14 Nisan (Marzo /aprile).
Apparentemente sembra che ci sia una contraddizione nei tempi della morte in quanto nel Codex Calixtinus si parla del 25 luglio mentre negli Atti sembra che l’esecuzione avvenga prima di Pasqua. Agrippa può avere condannato subito ma ha dovuto aver la ratifica da parte dell’imperatore e del Senato poiché si tratta di uccidere un civis romanus.
Quindi, professore, posso dire che, secondo lei, Giacomo è ucciso di spada perché nobile giudeo in conformità alla legge romana e a quella del politeuma giudaico alessandrino in quanto probabile dissidente dal regime filoromano di Erode Agrippa, in quanto già reo di azioni militari antiromane contro la volontà imperiale di porre la sua statua nel tempio di Gerusalemme.
Prima di procedere, professore, chiedo se mi può dare qualche indicazione per capire il reale valore del codex Calixtinus e del liber Sancti Iakobi, che sono sicuramente di altra epoca e quindi non attendibili storicamente.
Prima di rispondere, Marco, dico che neanche la mia ricostruzione può dirsi storica anche se ho qualche base in Filone ( cfr. In Faccum, Una strage di giudei in epoca caligoliana), in Strabone e nella Lettera di Aristea, e quindi non posso fare nemmeno un’affermazione probabilistica su Giacomo civis romano e tanto meno su un Giacomo Qanah/Zeloths aramaico, ritenuto Lhisths: potrei, comunque, dimostrare con qualche imprecisione la sua appartenenza alla nauklhria-naukraria in quanto nauklhros /naucraros.
Gli alessandrini giudei e quindi anche i giudei galilaici, ellenisti, riprendevano gli usi ateniesi del periodo di Clistene (Cfr. Aristotele, La costituzione ateniese, Mondadori 1996) li adattavano in relazione alla popolazione dieci volte superiore a quella della città attica e, perciò, i naukraroi dovevano far parte in relazione alla phulh di appartenenza (50 in Atene, 500 in Alessandria(?) e dare, ciascuna, soldati a cavallo e triremi.
Infatti, secondo Filone, prima del compleanno di Caligola -31 agosto del 38, due anni dopo la morte di Christos, – Flacco ordinò ai soldati- facendo in Alessandria un’operazione militare in senso antipopolare – la perquisizione delle case giudaiche nei quartieri per ricercare le armi che non furono trovate, ma che erano state trovate precedentemente tra gli egizi e tra i giudei egizi, quelli delle case sequestrate.
Filone ci tiene a precisare sulla illegittimità delle azioni di Flacco e precisa che il Sinedrio ebraico era stato istituito da Magio Massimo (Flac.,74) quando era governatore per la seconda volta, su ordine di Augusto, che riconosceva i diritti già accordati dai Lagidi.
Magio, infatti, dopo che era stato governatore tra il 3 e 10 d.C. fu di nuovo governatore dopo Aquila (Ant. giud, XIX,283), che aveva governato l’Egitto dal 10 al 12 d.C. e, perciò, Augusto autorizzò formalmente il funzionamento del sinedrio nel 13 , confermando la carica del genarca-etnarca, probabilmente quella del padre di Filone, nelle sue funzioni amministrativo-giudiziarie e religiose, poi riconfermato da Gaio Galerio (Seneca, ad Helviam matrem, 19,4-6) che governò per 16 anni.
Ho qualche conferma anche dalla Lettera di Aristea (oggi riconosciuta dai critici come opera del II secolo av.C. ) e da Antichità giudaiche (XII,108 e XIV, 1179- in cui si riporta un passo di Strabone che parla delle funzioni amministrative giudiziarie ed archivistiche, propria dell’alabarca- per cui potrei dire che gli oniadi avevano anche una funzione religiosa, data la carica sommo-sacerdotale del primogenito della stirpe degli oniadi, celebrante nel tempio di Leontopoli.
Inoltre Filone precisa che la fustigazione in uso era di due tipi : quella della flagellazione degli egizi, fatta con frusta particolare e da esecutori diversi e quella degli alessandrini sia greci che giudaici con spate e fatta da agenti di polizia alessandrini (spataphoroi) in quanto cittadini liberi.
Filone, infine, aggiunge: era norma per un governatore durante il genetliaco di un elemento della domus augusta, non punire alcun condannato, ma dedicarsi solo alla festa, mentre Flacco, oltre a punire chi non era colpevole, punì anche durante la festa, anzi ne fece uno spettacolo di festa, senza rispettare la santità del genetliaco. Infatti dall’ alba per tre o quattro ore della mattinata senza concedere l’amnistia di un giorno, senza far togliere i morti dalla croce, organizzò la festa, facendo appendere altri vivi dopo averli fatti flagellare in pieno teatro e torturati col fuoco e col ferro davanti a spettatori, che godevano dapprima della vista di giudei fustigati, impiccati, messi alla ruota, brutalmente sfigurati e portati alla morte, passando attraverso l’orchestra e poi dell’esibizione di danzatori, mimi flautisti e di attori teatrali in genere.
Dunque, i portatori di spatha (spathh) erano uomini del prefetto con incarichi di portare la spada a due tagli, una sciabola forse cosi chiamata dalla spata della palma: è probabile che il re di Iuadea abbia spataphoroi al suo seguito, come i consules hanno i littori, portatori di fasci.
Perciò, si può pensare che Giacomo sia stato giustiziato, a Gerusalemme, da portatori di Spata, dopo la ratifica senatoria,(non all’istante).
Fatta questa precisazione, Marco, vengo a trattare del Liber Calixtinus, un testo composto dopo il 1131 da un certo Aimericus di Picaud, il cardinale Aimericus, cancellarius di Innocenzo II, notissimo nello scisma del 1130-38, per la sua azione ostile alla famiglia dei Pierleoni, di origine ebraica, imparentata con Gregorio VII, vincitori a Roma sugli avversari imperiali Frangipane, elettori legittimi con la maggior parte di cardinali coram populo et notabilibus di Pietro di PietroLeone, cardinale presbitero col nome di Anacleto II.
Aggiungo che il presunto redattore del codex Calixtinus è cardinale elettore anche di Callisto II in Francia, a Cluny ed è accanto ai firmatari Cardinal Sasso di Anagni e cardinale Gregorio di Sant’Angelo Papareschi nel 1122 del trattato di Worms con l’imperatore Enrico V.
E’ uomo, inviato dal Patriarca di Gerusalemme, Guglielmo, un curialis, scaltrito nelle artes sermocinandi e nel cursus, vissuto anche accanto a Giovanni di Gaeta – cancelliere di Pasquale II e prima ancora di Urbano II, che aveva diffuso gli insegnamenti dello Stilus romanae curiae di Alberico di Montecassino Cfr. A, De SANTI, il Cursus nella storia letteraria e nella liturgia, Roma,1903; N. VALOIS, ‘Etude sur le rytme des Bulles pontificalies in Bibl. de l’Ecole de Chartres, 185,p 165 e sgg)!
Il bollario di Innocenzo II, opera del Cardinale cancellarius , è conservato quasi al completo, mentre quello di Anacleto II, opera di Sasso di Anagni fino al 1132 poi di altri meno capaci, è mutilo e monco nelle parti essenziali, in quanto è cassata la figura di un antipapa, dopo la sua morte nel 1138, da Innocenzo II, che è considerato storicamente vero successore di Onorio II.
Aimericus nel 1130, al momento dello scisma, è uomo centrale nell’ elezione di Innocenzo II, di cui diventa segretario, già nei tre mesi romani, prima della fuga a Pisa.
Insomma, secondo Pier Fausto Palumbo ( Lo scisma del MCXXX, Roma 1942) il cardinale Aimericus è l’anima dell’ opposizione… il dirigente dell’elezione di Innocenzo II, il nemico dell curia anacletiana: Francese, e poi gran protettore di chierici francesi, chiamato dal francese Callisto II a sostituire il cancelliere pisano, morto, Grisogono, è contemporaneamente eletto a titolare di S. Maria Nova.
Per il Palumbo la nomina doveva avere recato un cambiamento di indirizzo o piuttosto doveva essere stato indice di un mutamento, patrocinato dal circolo francese sempre più congiunto col papa di Worms e sempre più capace di sostituirsi alla influenza romana della vecchia curia di Gelasio e di Pasquale.
ll Palumbo aggiunge: Aimericus è anche amico di Bernardo di Clairvaux , di Pietro il venerabile e di tanti altri abati, di cui fa la fortuna nel periodo in cui domina per quasi otto anni la curia papale, prima a Roma, poi dopo la fuga di Innocenzo a Pisa, ed infine a Cluny : è il rappresentante della nuova curialità francese ambiziosa e non priva di realismo politico, duttile ed insinuante, ma alimentata dalla mistica bernardina e dall’ostilità cistercense ed anche cluniacense e borgognona, all’ambiente romano, giudicato corrotto e corruttore ,anche se poi era quello che aveva superato con energia e saggezza la lotta contro l’impero ed avviato alla vittoria la teocrazia gregoriana…. Aimerico svolge la sua attività in antitesi a Roma con gli ultimi compagni di Ildebrando, coi gregoriani della seconda generazione…
Anacleto, insomma, esprime la politica antimperiale gregoriana dei Cardinali seniores, romani; Innocenzo con Aimericus e i cardinali francesi con l’appoggio di Bernardo, di Pietro il Venerabile, con Norberto di Magdeburgo forma il fronte riformista ...
Questa, comunque, Marco è un’altra storia che forse ti racconterò…
Ora veniamo al testo del Liber Sancti Jakobi, che è un corpus dottrinario ideologico e liturgico, utile ai fini della formazione del Muthos di Santiago, – di cui si narra l’obitus, con la translatio corporis e con compositio/sepoltura in Compostella e l’inventio /il ritrovamento della tomba nell’ 830, grazie all’accordo tra Theodomiro, vescovo di Iria Flavia e un monaco che seguono una stella fino alla pianura/kamph dove è sepolto il Santo ( Campus Stellae/Campostella).
Marco, in latino il verbo componere tra i molti significati vale seppellire o fare il dovere funebre verso un parente: infatti è azione di chi prepara e custodisce e quindi compone in un’urna, raccogliendo le ceneri e le ossa , oppure di chi seppellisce e dà sepoltura ad un cadavere. Ricorda Orazio, Satire, I,9, 28: Omnis composui, Felices! nunc ego resto/ li ho sotterrati tutti. Felici! ora resto io.
Professore, comprendo che questa è una tradizione ispanica, che parla di uno, morto a Gerusalemme- dopo un ritorno dalla Spagna- il 25 luglio del 41 d. C. e di una translatio corporea ad opera di discepoli il 30 dicembre che, dopo 7 giorni dalla partenza da Giaffa, arrivano con una nave in Galizia ad Iria Flavia.
Marco, è una notizia mitica, che è nel III libro del Codex Calistinus, che è un testo in cinque libri, formato da 225 foglietti di pergamena, degno di grande considerazione!.
Il Codex Calixtinus è detto così dal nome di Papa Callisto II – Guido da Vienne- eletto a Cluny e morto a Roma nel 1124 e contiene nel I libro riti liturgici e forme di spiritualità, nel II i 22 miracoli del santo, avvenuti in varie parti di Europa e nel III una breve translatio; il IV, invece , è il libro di Turpino, mentre il quinto è il Liber peregrinationis.
Dunque, professore, è un libro di vari contenuti, che propaganda non solo le gesta eroiche e paradossali del santo, creando il mito di Matamoros, di un matador di arabi con l’esaltazione dell’ impresa carolingia di Roncisvalle, ma anche, oltre alla crociata, che invita ad un affratellamento cristiano delle popolazioni pirenaiche secondo l’indirizzo callistino, borgognone?.
Il codex ha, infatti, caro Marco, un grande valore nazionalistico francese, oltre che ispanico, in quanto esalta non solo il valore carolingio ma anche quello della nobiltà di Aquitania, di Galizia di Borgogna, il riformismo degli ordini di monaci cistercensi e cluniacensi, il significato della spiritualità mistica di Bernardo: la narrazione di Historia Caroli Magni et Rhotolandi è opera di Turpin vescovo di Reims, il leggendario Turpino, che mostra come Santiago appaia in sogno a Carlo e lo inviti, pressandolo, a liberare il suo sepolcro dalle mani saracene, inviando una stella per indicare perfino la via da seguire.
L’insieme narrativo è un capolavoro di retorica curiale!.
Nel codex non compaiono ma s’intravedono sovrani come Luigi VI, molti nobili come Guglielmo di Aquitania, re come Ferdinando I di Galizia, tanti vescovi, abati di monasteri inclusi nel cammino di Santiago-che risulta un colossale affare commerciale e un fenomeno di aggregazione sociale, e oltre che un cerimoniale di culto al fine di unire i popoli pirenaici in un momento storico, in cui la Chiesa è lacerata e divisa da uno scisma, che separa i fedeli in pars anacletiana filoromana e in pars innocenziana, filogallica, specie dopo i concili di Etampes e di Reims, in una condanna della voracità della chiesa romana!-.
Professore, quindi, si può dire che il codex risulta una colossale propaganda di pax universale christiana riformata, in nome della crux, il simbolo crociato antisaraceno ispanico ed egizio antifatimita, in un abbraccio perfino all’imperatore bizantino Giovanni Commeno, che fa passare in secondo ordine perfino la divisione del 1054 a causa del Filioque?
Certo, Marco.
Il popolo di Francia e della Spagna settentrionale è unificato dalla parola di Bernardo, dalla sagacia giuridica di Aimericus, dalla concezione legalistica di Innocenzo II, che anatemizzano l’occidente romano filoanacletiano e, concordi, con l’imperatore di Germania, Lotario III, intenzionato a riportare il legittimo pontefice dalla Francia nella sede di Roma e a debellare il pericolo del normanno Ruggero II, protettore di Anacleto -che lo elegge re di Sicilia- hanno coscienza di essere la pars melior e sanior della Chiesa.
Il cammino di Santiago crea una rete di complicità religiosa con la figura del pellegrino compostellano, con lo speciale Bastone, che lo differenzia dal Romeo e dal Gerosolomitano, seguendo, comunque, il vecchio modello benedettino, che portava a Subiaco al Sacro Speco.
Aimercus, avendo fatto il percorso più lungo, a cavallo, indica altri 17 itinera per far si che, dopo aver superati i Pirenei, da vari versanti, si giunga alla metà con precisi tragitti, con specifiche tappe, e con segnali indicanti la particolarità delle acque, dolci o amare, sia di fiumi che di torrenti, di fonti naturali e termali: vengono indicati i luoghi, le loro caratteristiche, i monti e si fa una pianta corografica di tutta la zona per indicare il corso del rio Ulla, lungo il quale si risale fino a Compostella, al campo santo/composita tellus, dove fu deposto e composto Giacomo dai suoi amici e parenti, dopo almeno sette mesi, pur facendo il percorso , costa costa, atlantico, dopo il superamento delle Colonne di Ercole.
Mitica è dunque la translatio, che non poté essere di sette giorni, in quanto il corpo con la testa tra le mani, conservato con il miele (Cfr. La fuga Di Erode), poteva mantenersi intatto anche per anni.
SI sa di tale uso ebraico derivato dai giudei adiabeni- cfr. la tomba della regina Elena adiabene ( in Gerusalemme), che aveva ordinato ai figli di portare i suoi resti in città -.
Con questo sistema, d’altra parte, per almeno 6 mesi il corpo fu conservato e poi portato via, dopo la morte di Erode Agrippa, quando ci furono contrasti e lotte contro i giudei sulla costa.
La fuga e la translatio di un corpo di uno che era stato ucciso di spada dal re non passavano sotto silenzio: la tradizione spagnola parla di Giacomo decollato, che con le mani tese, prese la testa, caduta, tanto che, dato il rigor mortis, il corpo fu mantenuto così – sotto miele?-.
All‘obitus di Giacomo per la tradizione medievale segue la traslatio del cadavere il 30 dicembre dello stesso anno, dopo la cerimonia del sotterramento, ad opera di aramaici, amici e parenti, spaventati prima dalle misure repressive del monarca insediato a Gerusalemme e poi dai tafferugli successivi la morte del re a Cesarea.
Questa è la versione medievale, non certamente compatibile con la speranza di un aramaico combattente di riposare nel suolo patrio.
Mitica, perciò, professore, è la navigazione sul Mediterraneo e poi lungo la costa atlantica, specie si tiene conto di un’altra translatio, quella di una roccia su cui è il cadavere del santo- che poi si assimila ad essa- spinta dal piede di Cristo fino in Galizia all’odierna Padron, dove compaiono elementi adiabeni ed armeni, non propri della zona.
Certo Marco, tutto è mitico nella storia di Giacomo Maior fusa con quella di Giacomo minore, zeloths e di armeni.!
Sappiamo che il re giudaico, anche lui inizialmente messianico, fa uccidere molti zeloti, partigiani, che si opponevano in quanto aramaici, alla sua politica di filoromano, – che pur ha tolto agli ebrei, figli dell luce, le tasse da pagare ai romani ed ha fatto riforme circa la conduzione rituale del tempio – nell’anfiteatro di Cesarea (cfr. A. F. Giudaismo romano II, L’eterno e il regno ultima parte).
Giacomo, fratello di Gesù, all’epoca , capo dell’ ecclesia gerosolomitana e custode del gazophulakion templare, dovrebbe aver concordato col re una politica di collaborazione ai fini della gestione dei fondi del Tempio con la promessa di favorire l’andamento rituale e sacrificale templare nel corso delle feste, momenti di grande coesione tra gli ebrei, convenuti in Gerusalemme da ogni parte dl mondo.
E’ un grande affare sia per il mondo giudaico che per i romani, che riscuotono al pari del Tempio le decime dei sacrifici, senza neanche dover fare il servizio di sorveglianza, compito svolto dallo strategos del tempio e dalle sue guardie.
Sembra che Pietro e Giacomo maior non siano d’accordo col loro capo, fratello del Signore…
Infatti in Atti degli apostoli 12,1-4 si legge: Nel frattempo, il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della chiesa. Così fece perire a fil di spada Giacomo, il fratello di Giovanni e poi accortosi di di far cosa gradita ai giudei volle procedere anche all’ arresto di Pietro Erano, però in corso le feste pasquali e quindi, fattolo arrestare lo mise in prigione consegnandolo a quattro picchetti di di quattro soldati ciascuno, affinché lo vigilassero, volendo farlo comparire dinanzi al popolo dopo la Pasqua.
Da qui la morte dell’uno e l’arresto per l’altro, da parte del Re. Ne è consapevole Giacomo il Giusto di quanto accade?…
Non sappiamo niente se non che, morto Giacomo di Zebedeo, il suo corpo è preso da amici ed è portato con nave da Giaffa fino a Padron (Iria Flavia) in Galizia : è una fonte medievale, trascurabile!?
Questa è una tradizione ispanica, che parla di una morte a Gerusalemme dopo un ritorno dalla Spagna : sembra che si voglia di proposito stabilire le date, quella dell’obitus, quella della translatio e poi quella dell’ inventio del corpo per santificare il 25 luglio , il 30 dicembre e il 6 Gennaio per il culto di Santiago!.
Professore, anche I veneziani credono in un ritrovamento del corpo di Marco ad Alessandria, prodigioso, e in una translatio romanzesca a Venezia nel 829 , un anno prima del ritrovamento di Theodomiro del corpo di Santiago?!
Anche a Bari c’è la leggenda di S. Nicola e della translatio del suo corpo da Mira (Turchia) da parte di marinai baresi nel 1087 ( i resti li depose Urbani II nell’altare maggiore della Cattedrale)!?
Sono translationes mitiche anche loro, Professore?
Marco, tu sei un ottimo ingegnere e un serio ricercatore, meglio di me, dati i tuoi studi scientifici, puoi tirare una pertinente conclusione.
Io, oggi 25 dicembre, ti dico, secondo consuetudine, solo Buon Natale!?