Proposta di “ricostruzione” del ponte di Caligola
Lettera aperta ai sindaci di Pozzuoli e di Bacoli e alle popolazioni dei Campi Flegrei (tenuta nel cassetto per oltre un decennio!).
E’ una proposta pazza e geniale, collegata alla politica di neoteropoiia, di Gaio Cesare Caligola – era una svolta radicale rivoluzionaria circa il suo trionfo, come anticipo della ektheosis/divinizzazione, per una riforma religiosa, istituzionale, sociale, finanziaria, economica !-.
E’ un’ idea sublime di un imperatore, giulio, che intende abbandonare Roma e l’ Italia, non più centrali per un impero di oltre 3.000.000 di Km quadrati, per la creazione di Alessandria come unica capitale imperiale e dell’Egitto, come base familiare del fisco, dopo l’esautorazione del Senato e la bancarotta dell’erario senatoriale e la scelta dei Germani come guardie del corpo al posto dei pretoriani.
E’ un pazzesco disegno, pagato con la vita, di cui gli storici parlano dopo aver catalogato l’imperatore come pazzo, quando invece è esecutore di un piano anomalista, tipico di una theoria creativa, capace di operazioni divine politiche, data l’altezza e la profondità di una programmata speculazione epistemica: Caligola è il nomos empuschos /la legge vivente!
In un ‘Italia, finanziariamente legata all’Europa e dipendente da Germania, politicamente squilibrata, dopo il suicidio del Pd, incapace di autogovernarsi e per la presenza dello Stato Vaticano, – centro mondiale del cristianesimo, erede vero di Roma imperiale come Ecclesia katholikh,- e per quella dell’organizzazione mafiosa, è tempo ormai di ridare una centralità al Mar Tirreno per una ri-creazione di una cultura comune paideia, mediterranea, tale da ricollegare l’Africa settentrionale alla sua radice originaria greco -fenicia, insieme con tutte le terre mediorientali, compresa la Turchia/ Asia Minore e la Siria un tempo bagnate dal Mare nostrum, nel nomen di Roma e di Caligola (di tutta la domus iulia, iniziatrice di un processo di formazione unitario, capace di fare lentamente -nonostante gli eccidi di guerra- di tanti popoli un solo popolo).
Possa la realizzazione di un tale piano essere segno di una rinascita mediterranea e di una nuova democrazia partenopea, sognante un nuovo corso che autorizzi speranze illimitate, in una ripresa di una universale funzione culturale, oltre le divisioni storiche religiose, secondo le basi isonomiche della koinonia romano-ellenistica. Neapolis è sintesi secolare di un processo contraddittorio infinito e la sua storia, in quanto poetica della memoria, è espressione perfetta di una caotica sovrapposizione strutturale, in un incessante divenire artistico, secondo schemi utopici, ricorrenti.
Non è solo, dunque, richiesta di una costruzione effimera di un ponte, ma è ri-scoperta della nostra culla mediterranea con creazione di un simbolo pagano, in una coscienza di necessità di comune convivenza di molte popolazioni, unite dalla cultura romano-ellenistica, prima delle divisioni religiose ebraico-cristiane ed islamiche, tipiche deviazioni dell’ impero bizantino.
Il professore Angelo Filipponi, studioso di Storia Romana e di Gaio Giulio Cesare Germanico CALIGOLA, autore di un libro Caligola il Sublime (Cattedrale 2008), e di un’ Altra Storia del Cristianesimo Cfr. www.angelofilipponi.com
PROPONE
la “ricostruzione” di un ponte, effettivamente costruito dal terzo imperatore romano nel 39 d.C.
INVITA
ad organizzare un comitato di studiosi e di tecnici
che, a seguito di studi e dopo effettiva progettazione di piani, sulla scia di indicazioni di gruppi di geologi, tecnici marini, architetti ed ingegneri, giovani, nazionali e internazionali, dopo un concorso, indetto dalle autorità politiche, faccia concreti progetti per la realizzazione di un ponte da Pozzuoli a Bacoli di oltre 5000 mt. (con un’isola centrale e con due strade laterali, di congiunzione, fatte con barche ricoperte di strati, con stazioni di sosta e con acqua corrente ed ogni altro confort).
Il progetto non mira solo alla ricostruzione del ponte di Caligola ma a riportare la zona Campano-Flegrea allo splendore dell’epoca Giulio-Claudia ( 27a.C.-68 d.C), secondo una funzionale centralità mediterranea occidentale, connessa con quella orientale alessandrina, secondo i piani augustei.
Indiscutibilmente tutta questa zona era, insieme alla zona di Canopos, (Alessandria), la più turistica, la più commerciale e la più dotata di monumenti artistici, di acquedotti e di attrattive ambientali e termali (Non solo Pozzuoli/Dicearchia, ma anche Miseno, – in cui stazionava la flotta navale con la Mirabilis Piscina, di oltre 12.000 metri cubi di acqua- Baia e i laghi di Lucrino e di Averno, la via Herculea erano luoghi di attrazione).
Col ponte di Caligola si propone, dunque, una nuova valorizzazione di tutta quella zona campana al fine di riportarla al primo posto nel mondo Mediterraneo in senso storico – archeologico secondo le linee di sviluppo, date dalla famiglia Giulio-Claudia, che nel corso di un secolo valorizzò e potenziò sempre di più, rendendola unica al mondo (“Vedi Napoli e poi muori “nasce a seguito della mirabile bellezza di questi luoghi certamente unici al mondo e per natura e per il lavoro artificiale, “curato” con grande amore da una domus imperiale,- al di là del desiderio struggente campanilistico del partenopeo di tornare a casa, in caso di lontananza).
Il ponte di Caligola sarebbe il punto di partenza di un vasto recupero storico romano, come ri-romanizzazione e ristrutturazione archeologica dei Campi Flegrei, di un’area intercomunale unitaria, tale da divenire un’unica realtà geopolitica, atta ad un turismo di altissimo livello, un privilegio quasi esclusivo (come lo fu nel Settecento ed Ottocento per la grande nobiltà Francese, Inglese e tedesca) in senso, però, mondiale.
Specie se si coinvolgono anche gli altri comuni, essendo un patrimonio immenso- specie se si ingloba anche la zona vesuviana- , potrebbe diventare patrimonio dell’UNESCO (o essere permanentemente sotto l’alto suo patronato) in quanto è sicuramente il più raro e il più grande nel mondo (-compresa anche Cuma! -senza la trasformazione del lambda calcidese in L, difficilmente ci sarebbe stata la grafia latina !): col concorso e col favore di tutte le grandi imprese, non dovrebbe essere difficile far interessare le Comunità internazionali alla cooperazione, in una così gigantesca e folle impresa, degna di una mente geniale e sublime come quella di Caligola, ma anche di quelle di tanti insigni uomini della Campania, inferiori a nessuno nel mondo per creatività ed inventiva.
Ai politici /viri civiles il compito di realizzare per i campani, concretamente, questo sogno impossibile, e di tentare di percorrere questa via sublime e concretizzare con questo ponte anche i sogni dei semplici cittadini e di migliorare il tenore di vita di una zona, oggi depressa, dopo così grande splendore e di riportarla alla condizione che merita, dopo secoli di non cura (o abbandono): potrebbe essere un riscatto per tutta la classe politica partenopea e campana, finora compromessa e collusa con la malavita!
Da professore e da studioso oso solo mostrare i dati riguardanti la costruzione, voluta da Caligola, un giovane che era vissuto tra Capri e la zona flegrea per oltre 10 anni, della sua breve e tragica vita, durata appena 29 anni.
Cordiali saluti
Angelo Filipponi
P.S. Caligola amava il mare di Napoli (anche se non sapeva nuotare!) e tutta questa zona, molto di più di Roma, di Nemi e di Anzio e non era un pazzo, ma un uomo geniale e sublime per idee (certo- data la eccezionale cultura e considerati i mezzi a sua disposizione- infinitamente superiore a Berlusconi!).
Ritornato dalla Germania, volle celebrare il suo trionfo lontano dalla capitale, dal senato (esautorato perché pieno di debiti per la cattiva gestione dell’erario), e dallo stesso popolo romano, pur amato, dopo aver fatto realizzare in neanche tre mesi il ponte tra Pozzuoli e Bacoli (Svetono, Caligola,XIX; Giuseppe Flavio, Ant. Giud., XIX,5-6; Dione Cassio,St.Rom., LIX,17,1-11) intenzionato a legare il suo nome per sempre alla regione partenopea.
Illustro con brevi cenni la costruzione del ponte.
Caligola per il suo trionfale ritorno in Italia voleva sbalordire tutti i sudditi, di ogni parte del mondo, dando dimostrazione della potenza imperiale e della sua personale divinità (si era proclamato Dio ed era adorato come Dio!), capace effettivamente di dominare anche i mari in modo da far tacere le chiacchiere sulla mancata spedizione in Britannia, desideroso anche di fare un ponte sulla Manica, dopo aver visto, come prova, la realizzazione di quello campano.
La celebrazione, in un vorticoso giro di propaganda imperiale, era fatta, secondo il sistema alessandrino, per incrementare il suo culto divino (Extheosis): egli sarebbe stato cantato come neos Poseidon/ Neptunus dux e chiamato imperator/autokratoor: il carattere antoniano ed augusteo veniva ora sublimato con la costruzione del ponte in Campania in competizione con l’esempio di Serse sull’Ellesponto: lo aveva ordinato dalla Gallia ed aveva preteso l’inaugurazione entro tre mesi, pena la mote degli architetti!.
Gli storici sono abbastanza concordi nella descrizione, ma non nelle date, in quanto si servono dell’episodio in modo diverso: personalmente seguo, globalmente, Svetonio, ma tengo presente anche Dione e Flavio, mentre per la datazione do credito all’ebreo.
Queste sono le parole degli storici antichi: Escogitò un nuovo genere di spettacolo e mai sentito prima (novum… atque inauditum genus spectaculi excogitavit) (Svetonio) ….
egli pensava che non gli recava alcun prestigio passare a cavallo in un corteo sulla terraferma: volle, invece, trovare un modo per attraversare a cavallo il mare e lo realizzò(Dione) …
Congiunse, infatti, il tratto tra Pozzuoli e Bauli (Bacoli), che è di circa 26 stadi (cioè 4,810 km. in quanto uno stadio è 185 mt), per Dione; per Svetonio è di circa 23.600 passi (cioè 5,315 km in quanto il passo è 1,479 mt.) perché misura la distanza Pozzuoli-Baia; per Flavio, invece, la distanza è di 5.550 mt. perché parla di trenta stadi.
Il ponte fu fatto con navi da carico, raccolte da ogni parte ed ancorate in doppia fila, coperte da un terrapieno diritto, a somiglianza della via Appia.
Dione precisa che le imbarcazioni per la costruzione del ponte vennero lì portate, in parte furono costruite in loco, poiché quelle che si potevano far giungere in tempi brevi non bastavano, seppure fossero state riunite tutte le unità possibili tanto da provocare una grave carestia in Italia, specialmente a Roma (Il dato sulla carestia è inesatto perché Caligola di proposito aveva chiuso i magazzini!).
Flavio parla genericamente di una gephura/ ponte, su cui volle passare a cavallo…
Il ponte, per come fu fatto, era, nelle intenzioni di Caligola, quanto di più sublime si potesse pensare perché era al centro del golfo come un’isola e permetteva di vedere panoramicamente la bellezza della costa semicircolare di Arco Felice.
Così scrive Dione: Gaio era come su un’isola e i soldati erano sulle navi che erano ancorate lì intorno; c’era una grandiosa illuminazione su di loro, in parte veniva dal medesimo luogo, in parte dalle montagne. Infatti la località ha una conformazione semicircolare e le fiaccole erano visibili da ogni parte come in un teatro, così da impedire che ci fossero zone di ombra: di fatti Gaio aveva preteso che la notte diventasse giorno, esattamente come aveva voluto che il mare diventasse terra.
Caligola volle anche che il ponte non avesse solo una funzione di passaggio, ma volle che fossero costruite anche delle stazioni di sosta e degli alloggi con tanto di acqua corrente. Egli per due giorni vi passò, andando avanti ed indietro per quel ponte: il primo su un bellissimo cavallo, riccamente bardato, portando una corona di foglie di quercia, la cetra, la spada ed indossando una clamide dorata; il secondo un abito da corridore su di un carro leggero, trainato da una coppia di cavalli famosi, preceduto da Dario, un giovinetto ostaggio dei Parti, e seguito da una schiera di pretoriani e da un corte di amici, su carro.
Dione vi aggiunge qualche altro particolare: indossò la corazza di Alessandro e sopra di essa una clamide di seta purpurea, ornata con molto oro e con numerose pietre preziose, provenienti dall’India; inoltre appese una spada alla cintura, imbracciò lo scudo e si incoronò il capo con una corona di foglie di quercia.
Non si sa esattamente dove fu fatto il ponte di Caligola …
In caso di favorevole accoglimento della pazzesca proposta, potrà seguire un progetto di massima (su cui poi opereranno le varie commissioni nazionali ed internazionali, incaricate dell’effettivo lavoro, dopo bando di concorso).
Angelo Filipponi.