Praefatio di Samuel Adrianus Naber
Nel dover recensire Antichità di Giuseppe bisogna dire separatamente sui dieci primi libri, dei quali i migliori codici sono quelli che seguono/ De Iosephi Antiquitatibus recensendis separatim dicendum est de decem prioribus libris, quorum optimi codices sunt qui sequuntur:
Codex Parisinus Gr. 1421 saec. XIV (R).
Codex Bodleianus miscell. Gr. 186 saec. XV (O).
Codex Marcianus Gr. 381 saec.XIII (M).
Codex Vindobonensis Histor. Grec.2 saec.XI (S).
Codex Parisinus Gr. 1419 saec .XI (P).
Codex Laurentianus plut. 69,20 saec.XIV (L).
Est praeterea epitome (E)quam Zonaras (Zon.) sequitur, quae sola nunnumquam veram scripturam servavit. Interdum versionis quoque latinae (Lat) aliquis usus est/. C’è inoltre il compendio seguito da Zonara, che solo talora conserva la vera scrittura. Qualche volta c’è un qualche uso anche della versione latina.
*Professore, vedo che Naber cita i codici, Zonara, e perfino fa un qualche uso di una Versione latina, imprecisata.
Per versione latina Naber intende, Marco, quella di Cassiodoro – incerta, anche se sembra impossibile la scrittura di Cronica e di Historia gothorum senza Antichità giudaiche – su cui sembra sia stata fatta la traduzione da parte di J. Schluessler nel 1470 ad Augsbourg, poi in lingua italiana, francese ed inglese rispettivamente da Lauro Modenese,1549 , da Arnaud d’Handilly 1675 e da William Winston 1736, mentre i Commentari attuali sono sulla base critica testuale di Benedikt Niese e di S. Adrianus Naber e di Tackeray (Loeb) in inglese, Reinach in Francese e Shalit in ebraico. (cfr. Angelo Filipponi, Antichità Giudaica, I, Narcissus, Novembre 2011).
*Ma, professore, chi è Naber?
Marco, Samuel Adrianus Naber (1828-1913) è un olandese, grecista, discepolo di Caret Gabriel Cobet, con cui discute la Tesi su Antocide, fondatore di Mnemoyne. E’ professore dell’Università di Amsterdam (1871-1898), assertore della theoria di critica testuale, secondo cui un testo classico deve rimanere nella forma in cui è stato trasmesso, anche se ammette di poter fare adnotationes, sulla base filologica.
*Credo che lei lo abbia scelto per questo motivo, dopo aver visto ed esaminato le pagine VII -XXV di adnotationes.
Certo, Marco. Uno che fa critica testuale su Omero (Quaestiones Homericae 1877) e su Frontone (1867) e sul Nuovo Testamento, considerato constitutio lacera e ritiene le Lettere di S. Paolo molto mutile, mi dà più affidamento di altri, che accettano supinamente il testo senza adnotationes. Per di più, non mi sembra che Naber abbia una particolare tecnica o cura formale circa la perizia attica e, perciò, è considerato da me buon trasmettitore del testo di Giuseppe Flavio, di cui io ho copia di Antiquitates Iudaicae (XX libri) e Bios anche se manco di Contra Apionem e Storia Giudaica (VII libri).
De hisce omnibus, uti et de reliquis emendandi subsidiis, qui plura cupit, is Niesium adire debebit, cuius praefactionem doctissimam et bonis observationibus refertam cum fructu cognoscet/Su tutti questi chi desidera di più, dovrà avvicinarsi e familiarizzare con Niese, e servirsene sugli altri sussidi di emendazione, di cui conoscerà fruttuosamente la dottissima prefazione, piena zeppa di buone osservazioni.
*Cosa Naber intende per Sussidia emendandi ?
Naber desidera emendare senza correggere e senza cercare altri mezzi sussidiari di riserva, utili per rendere il testo tràdito migliore a chi lo deve leggere, pur riconoscendo i meriti di Niese.
Inter libros manuscriptos primum locum occupat R, quocum O plerumque conspirat. Ab his duobus discrepant reliqui omnes , qui inter se satis similes sunt, sed originem produnt ab illis diversam/ fra i libri Manoscritti ha il primo posto R, con cui concorda per lo più O. Da questi due discordano (stonando) tutti gli altri, che fra loro sono abbastanza simili, ma hanno origine diversa da quelli.
*Dunque, Professore, per Naber, è attendibile solo R il Codex Parisinus, che concorda plerumque con O il Codex Bodleianus, che, comunque, è miscellanaeus cioè che raccoglie testi diversi.
Itaque Neisio, desertis vestigiis superiorum editorum, prae ceteris Regium illum codicem, sequi placuit, etamsi ipse ultro concedat, quod ante pedes positum est, saepe veriores lectiones in altera librorum familia servatas esse/ Perciò a Niese, abbandonate le tracce delle precedenti edizioni, piacque quel famoso Codice Regio preferendolo a tutti gli altri, anche se concede ulteriormente – cosa che è stato posto davanti ai piedi- che spesso furono conservati in altra famiglia di libri lectiones veriores / testi più attendibili
*Cosa significa Regium illum Codicem?
Naber intende Il codex Regius Parisiensis Bn gr.1421 che contiene A.J. 1:13-10:274 con un lacuna 1:66-92. e lo indica come R. ma conosce anche O. Oxoniensis cioè Bodleianus miscellanaeus, M. Marcianus, S. Vindebonensis, P. Parisinus Bn grec. 14 19, cioè testo con sommari. L. Laurentianus , V. Vaticanus, A. Ambrosianus – che è un’ editio princeps del Frobenius del 1544 su un manoscritto Escolariensis 304, di cui lo steso Niese dice che è un figlio di M ed è contaminato da edizioni latine anteriori ed anche da excerpta bizantine di Costantino Porfirogenito (Excerpta Peiresciana ) oltre che da allusioni e citazioni patristiche. Bisogna aggiungere che, oltre al Codice Vaticano latino 1922 (IX sec) e al codice Berol. lat 1926 (XII), c’è una traduzione del Bellum Iudaicum di Rufino di Aquileia del IV secolo, non unanimemente accettata. Ma ci sono anche alcuni codici greci attribuiti ad Egesippo- Heg- (Codex Ambrosianus 5 e Codex Cassedianus del VI sec.) da cui deriva una traduzione latina falsamente attribuita ad Ambrogio. Ci sono inoltre, sempre derivate da Egesippo greco, una traduzione siriaca del Sesto libro di Bellum e un traduzione siriaca di un libro, detto V libro dei Maccabei, in cui sembra che si dica che Flavio abbia scritto il Bellum prima in aramaico e poi in greco.
Quantum video, in ea re Niesius frustra fuit et in adnotatione critica breviter ostendi, me infinitis locis rediisse ad vulgatas reliquorum librorum scripturas, quas longe duco praeferendas/.Quanto vedo- in quella occasione Niese risulta vano e nell’ annotazione critica lo mostro brevemente- che io sono ritornato in molti passi alle vulgate scritture dei rimanenti libri, che io considero di gran lunga preferibili.
Est varia lectio Antiq.IX 284, qua Niesius inprimis confidit,sed aut fallor aut falsa specie se decipi passus est, qua de re dicam sicubi ad illum locum pervenero/ E’ varia la lettura testuale di Antichità IX,284, in cui Niese specie confida, ma o io mi inganno o lui ha sopportato di essersi ingannato sotto falso aspetto, su questa cosa io dirò come giungerò a quel locus/passo.
Codex R perite tractatus saepe proderit, sed scatet (scaturire, essere fuori in copia, brulicare) vitiosis lectionibus et lacunis, quae sine reliquis libris sanari non possunr. Est praeterea sciendum, codicem M medium quendam locum tenere saepeque proxime abesse a bonitate codicis Regii/.Il codice R, se trattato con perizia, spesso sarà giovevole(utile) ma sarà pieno(brulicherà) di testi difettosi e di lacune, che non possono essere risanate senza gli altri libri. Inoltre bisogna sapere che il codice M occupa un posto intermedio e spesso risulta di pochissimo distante dalla bontà del Codice Regio.
*Dunque, per Naber, si può utilizzare con cautela R, ma si deve tenere presente anche M?
In effetti Marco, Naber utilizza anche altri. cfr. Adnotationes
Ex brevi adnotatione, quae mihi sola concessa fuit, lectores non plenissime efficere poterunt, in hoc meo cum Niesio dissensu uter rectius viderit, sed curavi tamen ut locos indicarem, quorum est imprimis in ea quaestione habenda ratio. Ceterum quoties nihil referebat vel plane incerta erat vera scriptura, a Bekkero non recedendum censui/ Dalla breve annotazione che a me solo fu concessa, i lettori non potranno a pieno far tesoro in questo mio dissenso con Niese per comprendere chi dei due più ha visto rettamente, ma io, tuttavia, mi son preoccupato di indicare i passi, di cui bisogna rendere conto specialmente in tale questione. D’altra parte, tutte le volte che niente veniva- se non si aveva risultato- o la vera scrittura risultava davvero incerta, mai ho pensato di dover recedere da Bekker.
*Si tratta di Flavii Iosephi opera omnia ab Immanuele Bekkero recognita Lipsia 1855-6 ?
Certo, Marco. Naber ha come punto fermo critico filologico Bekker, il quale ha presente il pensiero di critici testuali cinquecentisti come A. P. Arlenis e di S. Gelenius.
Scribit Benselerus ad calcem operis de hiatu: “libri De bello iudaico De vita sua et contra Apionem scripti, diligentius, libri quibus Antiquitates Iudaeorum descripsit, negligentius, et libri ad Maccabaeos et de mundo universo falso ei adscripti negligentissime hac in re compositi” . Scrive Benselerus ( Gustav Eduard Benseler 1806-1868) a fine d’opera sulla frattura: I libri De bello Iudaico, De vita sua e Contro Apione sono scritti piuttosto diligentemente, i libri in cui scrisse le Antichità Giudaiche sono scritti piuttosto negligentemente, I libri per i Maccabei e su Tutto il mondo, a lui falsamente ascritti, furono composti in questa circostanza molto negligentemente.
*Il giudizio critico riportato di Benseler è conforme e a quello di C,.G. Cobet (Flavius Iosephus in Mnemosyne IV 1876) e a Bekker?
Si, Marco, ma sono tenuti presenti altri come Fr. Krebsius, che è raffinato lessicologo (cfr. Thrhskeia), abile emendatore correttore ed esplicatore dei testi dei Vangeli di Matteo e di Marco, oltre che di quello di Luca e Giovanni e perfino della Retorica di Aristotele.
Comparuit mihi in hisce utique decem prioribus libris hiatus ab Iosepho satis diligenter vitatos esse eandemque sententiam tuetur fr. Krebsius in Der Wochenschrift fuer Klassische 1886 p.1094 itaque feci quod debui, ut ne vocales indecore concurrerent, sed facile potest fieri,ut in pusilla re quaedam me fugerint/ a me si mostrò chiaramente in questi libri e per lo meno nei dieci primi libri che le fratture erano state evitate abbastanza diligentemente da Giuseppe e sembra essere dello stesso parere Fr. Krebsius in Der Wochenscrift fuer Klassische Philologie 1886 p.1094. Pertanto io ho fatto quanto ho dovuto affinché non concorressero indecorosamente termini significativi, ma può accadere facilmente che in una secondaria ed insignificante situazione, mi siano sfuggite.
Comunque, Marco, Naber è sollecitato ad una maggiore attenzione e diligenza da altri che lo hanno preceduto nel lavoro, di cui riporta i Nomi.
Ad maiorem diligentiam me Dindorfius provocavit, qui in Fleckseinii Annalibus vol 99 p.821 sqq,suscepit probare, Iosephum, quantumvis esset alienus ab Attica elegantia, tamen satis accurate cavisse ne peccaret in nominum et verborum formas itaque ducem secutus sum, Niesio ultra quam decuit neglectum/ ad una maggiore diligenz mi invita stimolandomi .Dindorf che in Fleckseinii Annalibus intraprese a comprovare che Giuseppe, sebbene fosse estraneo alla eleganza attica , tuttavia s’ingegnò abbastanza accuratamente a non commettere errori nelle forme dei nomi e dei verbi, perciò io lo seguo come guida, anche se trascurato da Niese, più di quanto meritatamente si debba .
Ha molta stima di Dindorf ( Gugliemus Dindorfius)- che scrisse Flavii Iospehi opera, graece et latine, recognovit Guglielmus Dindorfius Paris 1845-6,- diversamente da Niese?.
Quod in Relationibus Teubnerianis significavi, vir doctissimus A. E. I Holwerda mihi concredidit inexaustam gazam observationum in Iosephum. quas pater reliquerat qui nuper hoc est ante triennum, exacta aetate senex octogenarius obiit. Hic ante quinquaginta annos fecit adnotandi initium, quo tempore nondum prodierat Parisina Dindorfiii Editio indeque factum est quod necesse fuit. quum uterque excuteret Havercampianas copias ipsi Havercampio non usurpatas, millies uterque incidit in eandas correctiones, quae nunc prostant in Dindorfii recensione inde hinc fluxerunt in Editionem Bekkeri./ciò che io ho mostrato significatamente in Relationes Teubnerianae, un uomo dottissimo A.E. I. Holwerda ha condiviso, credendo, con me l’inesausto tesoro delle osservazioni in Giuseppe, che il padre aveva lasciato, il quale è morto circa tre anni fa, vecchio di veneranda età, ottuagenario. Questi iniziò le adnotationes cinquanta anni fa , in un tempo in cui non ancora era uscita l’edizione parigina di Dindorf e da qui fu fatto ciò che era necessario, ambedue, stampando le copie Havercampiane dallo stesso Havercamp non usate illecitamente, fecero mille volte le stesse correzioni che ora sono nella recensione di Dindorf e da lì fluirono nell’edizione di Bekker.
*Dalla sua traduzione capisco professore che Holwerda figlio è d’accordo con Naber circa la lezione del padre (Emendationum flavianarum specimen scripsit et de novae operum Josephi editionis consilio disseruit G. H. Holwerda, Gotinschemi 1847) .
Bisogna aggiungere, Marco, che per Naber sia Dindorf che Holwerda seguono la lezione di Havercamp (Flavii Josephi , qui reperiri potuerunt opera omnia graece et latine… recensuit Sigebertus Havercampus, Amsterdam, 1726) arricchita dal contributo sembra di Spanheim (E. Spanhemius, app.II).
Sed eliminatis iis quorum alter antevertendo honorem praecerpsit (colse prima del tempo per sfruttare il vantaggio, facendo estratti), haud pauca supersunt egregie observata et correcta , quae nunc primum in lucem prodibunt, quum tempora olim rei laudem non concesserint/Ma eliminate quelli, dei quali l’uno facendo versioni per primo, colse prima del tempo per sfruttare il vantaggio facendo estratti, restano non pochi egregiamente esaminati e corretti, che ora dapprima verranno alla luce, non avendo concesso i tempi, una volta, la lode della impresa.
Quodsi quis autem in hoc primo volumine Holwerdae inedita expectatione pauciora invenerit, scito venerabilem senem anno 1847 edidisse Emendationum Flavianarum specimen, in quo quum procedente opere semper pauciora ex commentariis excerpserit, non mirandum est.in operis introitu rarescere et editorum numero superari/ e che se qualcuno in questo primo volume di Holwerda troverà poche cose inedite minori di quanto si pensasse, sappia che il venerabile vecchio fece uscire uno specimen una prova esemplare di emendazioni flaviane, in cui..avendo fatto excerpta sempre di minor numero dai commentari , non bisogna meravigliarsi che nel prologo dell’opera sono rari e superati dal numero di editori.
Uncinis quadratis inclusi novos paragraphorum numeros, qui Niesio debentur itemque eius exemplum imitatus indicavi Sacri codicis locos ,q ui Iosepho inter scribendum ante oculos fuerunt / ho incluso in parentesi uncinate i numeri nuovi dei paragrafi che sono dovuti a Niese e similmente, imitando il suo esempio, ho indicato i passi del codice sacro, che Giuseppe ebbe nello scrivere sotto gli occhi (TM o Septuaginta?) .
Ut breviter indicarem, virorum doctorum probabiles coniecturas , his siglis usus sum /Per indicare brevemente le congetture dei vari dottori mi sono servito di queste sigle:
Bk. indicat nomen Bekkeri.
Cocc. indicat nome Cocceii.
Df. indicat nomen Dindorfii
Ern. indicat nomen Ernesti.
Hw. indicat nomen Holwerdae
Ns. indicat nme Niesii.
Nr.indicat meum ipsius
Amstelodami , m. Maio 1888
S.A.N.
*Per ultimo, professore, vorrei chiedere due cose per meglio capire: 1. il testo biblico che Giuseppe ha davanti agli occhi è quello di TM o di LXX? 2. perché per Biblioteca Latina Naber riprende il testo di G. A. Ernesti, Lipsia 1773-4 e non quello precedente di J A.Fabricius, suocero di Reimarus?
Non è certo quale testo della Bibbia abbia Flavio davanti, se abbia il Testo masoretico o la Bibbia dei LXX: la questione all’epoca di Naber era molto controversa a causa della propensione di Fabricius e di Reimarus per la seconda ipotesi. Forse per questo Naber si rifà più a Biblioteca latina rivista da Ernesti, che a quella originaria di Fabricius. Marco, è, comunque, solo una supposizione!