Gesù non fu arrestato, ma si consegnò ai romani per il bene di molti.
Il racconto dei sinottici sembra non dissimile, anzi pare quasi identico, ma solo per i profani e per i superficiali, che leggono secondo la normale lettura secolare evangelica.
Infatti i tre evangelisti mostrano la particolare peculiarità con telos, proprio in relazione alla lunghezza di tempo di oralità trascorso e al momento di scrittura effettiva di ogni singolo vangelo ad opera di Matthaios e del Protomarco, mentre quello di Luca essendo di epoca antonina, risente della retorica, del paradosso e della bugia del periodo.
Se leggiamo Luca, rileviamo il prestito tematico di Marco, che è da confrontare anche con la narrazione di Matteo.
Leggiamo, dunque, insieme, il testo di Luca (22, 47-53)
Mentre egli ancora parlava (siamo sul monte degli Ulivi) ecco una turba di gente: li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, che si accostò a Gesù per baciarlo.
Gesù gli disse: Giuda,con un bacio tradisci il figlio dell’uomo? Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere dissero: Signore, dobbiamo colpire con la spada? E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro.
Ma Gesù intervenne dicendo: lasciate, basta così. E toccandogli l’orecchio lo guarì.
Poi Gesù disse verso coloro che erano venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio ed anziani: siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me, ma questa è la vostra ora , è l’impero delle tenebre.
Se lo paragoniamo a Marco 14,43-52 e e poi a Matteo 26,47-56, rileviamo sostanzialmente l’arresto di una persona difesa da altri uomini, fuori delle mura cittadine, nella località del Getsemani ad opera del sinedrio (formato da sommo sacerdote, con diakonos capo militare, non ben precisato nel servizio) e da anziani, preceduti da armati che risultano uomini dello strategos templare (il Servo?), collegati con Giuda uno dei Dodici Apostoloi.
Si parla dell’arresto di un Gesù, chiamato figlio dell’uomo, che afferma di aver svolto quotidianamente la sua azione, palesemente, nel tempio, davanti a al popolo e davanti anche agli anziani e allo stesso sommo pontefice senza alcun timore, senza essere né disturbato né preso e perciò mostra sorpresa nell’essere assalito con spade e bastoni, fuori della città, come se fosse un Lhisths.
Cosa significa io ero con voi?
La presenza insieme con gli altri sottende un servizio con il sommo sacerdote, con le guardie e con gli anziani?
O Luca parla solo di uno stare insieme nel tempio, generico, secondo la tradizione di una comunicazione magistrale e di una predicazione messianica per indicare la missione evangelica?
Mi sembra più ovvia la prima ipotesi che mi autorizza a pensare da un funzione regale.
Comunque, Luca riporta il fatto dell’arresto di Gesù figlio dell’uomo ma aggiunge il paradosso cioè il risanamento dell’orecchio tagliato dalla spada di un discepolo, che difende il maestro, vedendolo in pericolo.
E’ lucano, inoltre, il mettere insieme la vostra ora con l‘impero delle tenebre cioè considerare il momento propizio e l’opportunismo politico dei sacerdoti e degli erodiani come satanico, come proprio dell’impero delle tenebre, come momento dei goyim romani, o dei filoromani cioè come ripristino dello status quo precedente.
Insomma Luca, senza sapere, ci autorizza a concludere che Il maran aramaico, arrestato come un lhisths /ladrone, deve cedere il posto ad un basileus di nomina romana, a seguito della vittoria di Lucio Vitellio su Artabano III e del trattato di Zeugma concluso anche col beneplacito del tetrarca di Galilea Erode Antipa.
Luca, però, che scrive all’inizio dell’epoca traianea, mostra un esempio di maestro taumaturgo, goes, pacifico , che disdegna la makaira ed ha appena il ricordo di un sinedrio.
Gesù figlio dell’uomo, secondo l’evangelista, predica l’eirene, e propaganda, in quanto è uomo di luce, il regno della giustizia e comunque cede alla bia delle armi, quando c’è l’impero delle tenebre, quando Dio si nasconde e al suo posto impera Satana.
Insomma il messaggio di Luca è conforme a quello paolino, farisaico, ma è spiritualizzato secondo la logica del cristianesimo della Basileia tou Theou.
Diverso è invece il telos di Matteo e quello di Marco.
Infatti Matthaios, aramaico e greco, mostra (avrebbe mostrato) l’adempimento delle scritture cioè il tradimento ad opera di Giuda che porta l’agnello al sacrificio.
Il Matteo aramaico e quello greco dovevano avere molti elementi della vera tradizione della paradosis ed endeicsis di Gesù (cfr. Paradosis ed endeicsis) quando Gesù incarica Giuda di consegnarlo ai romani vincitori, tramite gli anziani e i sinedriali di nuova nomina.
D’altra parte non è credibile nemmeno il patto tra Giuda e i sinedriali per l’identificazione del maestro, conosciuto da tutti e da tutti osannato, di una figura umana che è chiamato Messia: il saluto del traditore al rabbi e il bacio sono racconti posteriori, utili per sentenze ed apoftegmi (Con un bacio tradisci il figlio dell’uomo), sfruttabili come segni tipici di tradimento…
Ogni politico a Gerusalemme conosce il messia: l’unica spiegazione potrebbe essere che il termine traditore, chi abbandona una pars per andare da un’altra pars e deficit da uno ad un altro, saltando sul cavallo del vincitore – una norma nelle guerre civili- sottende qui, oltre questa connotazione , anche l’invio di una massa di gente non aramaica, filoromana e filoroerodiana, ostile all’unto del Signore da parte di un Sinedrio, costituitosi dopo la sconfitta di Artabano e l’assedio di Lucio Vitellio alla città, in un clima controrivoluzionario antimessianico.
E’ chiaro che è sotteso un altro fatto, quello della cattura dei fautori del Malkuth ha shamaim ad opera di populares, ellenizzati congiunti con i gruppi di erodiani e sadducei che impongono la dimissione dal potere al maran aramaico, che non ha più l’appoggio parthico.
La presenza delle truppe romane davanti a Gerusalemme determina la fine del Messianesimo e la consegna del deposto maran.
Il servo del sommo sacerdote, inviato con Giuda, esegue un atto dovuto da parte del sinedrio a seguito del ristabilimento dell’ordine da parte di Roma secondo il mandato di Tiberio a Lucio Vitellio che deve completare la sua impresa solo con la punizione di Areta IV, socio di Artabano e traditore del foedus con Roma.
Per Matteo, dunque, Gesù accetta il verdetto della storia, dell’oikonomia divina della sconfitta parthica, consapevole dell’adempimento delle profezie, convinto della necessitas di dover sottostare all’ultimatum romano (consegna del capo della stasis aramaica o presa e saccheggio della città) per il bene della nazione.
Il suo ordine di rimettere la spada nel fodero significa resa e coscienza che altro è il disegno del padre anche se dice Pensi forse che io non possa pregare il padre mio che mi darebbe subito più di 12 legioni di angeli?
Il sogno resta sogno e la realta è quella dell’assedio della città: davvero Gerusalemme è assediata (o lo potrebbe essere, se fosse necessario) da 12 legioni romane!
Vitellio volendo concludere il suo mandato con la guerra contro I nabatei, ha già assediato la città santa ed attende la risposta al suo ultimatum, mentre marcia contro Areta IV…
La frase di Gesù indica la coscienza ebraica di dover accettare le condizioni di pace, imposte, pur dilacerata per la fine del sogno messianico e degli ideali della musar oltre che per il ritorno dei filoromani e il trionfo della paideia e del kosmos ellenistico …
I figli i della luce devono sottostare a quelli delle tenebre nel regno del Maligno – Satana-.
Il cristianesimo così crea la figura dell’agnello condotto al macello e il muthos del sangue versato per molti, secondo le scritture…
Marco greco, cioè il testo di Marco che noi leggiamo, invece, sembra dipendere dal racconto di Matthaios aramaico e greco ed essendo privo della frase proverbiale –tutti quelli che mettono mano alla spada di spada periranno– marca il fatto che tutti abbandonano e fuggono, all’arresto di Gesù.
Vi aggiunge,però, la sua personale testimonianza di giovinetto che nudo, fugge insieme con gli altri, lasciando il lenzuolo, con cui si copriva quando era con gli altri nel Getsemani/frantoio.
Marco, dunque, precisa che lui è testimone oculare dell’arresto – se è vera la tradizione – di matrice alessandrina – che identifica l’evangelista con il giovane nudo che fugge: è un ulteriore indizio di una memoria dell’accaduto, visto dall’angolazione di un ephebos levita, impaurito, di fronte all’adesione del sinedrio, intenzionato a seguire il ripristino dello status quo precedente l’impresa messianica in Iudaea, da parte della politica Tiberiana, secondo i mandata di Macrone e di Caligola, coreggenti dell’impero, durante la malattia mortale terminale dell’imperatore…