La seta e Giustiniano

Procopio in Guerra Gotica , IV, 17 dice: alcuni monaci vennero dall’India. Essi avevano saputo che Giustiniano aveva a cuore di fare in modo che i Romani non comprassero più la seta dai persiani.

Molti critici, tra cui Stefen Runciman ( La civiltà bizantina, Sansoni, Firenze 1960),  credono   che Procopio voglia indicare come monaci  alcuni nestoriani- che noi abbiamo detto  che erano   fuggiti in India e si erano sparsi in Arabia ed anche in Seria, dopo la morte di Nestorio ad Euprepio ( cfr. Angelo Filipponi,  Nestorio e Cirillo)-.

Per anni ho cercato di capire dove effettivamente si fossero diretti i nestoriani  durante il regno di Marciano e   di Pulcheria, sua moglie, a seguito della condanna del concilio di Calcedonia…

Non sono stato in grado di seguire l’iter degli spostamenti dei nestoriani, né dei monofisiti con cui convivono,  e neppure di individuare esattamente la località  in cui riescono  non solo a sopravvivere, ma anche a prosperare, rimanendo legati al  sogno di un possibile ritorno in patria…

Si sa solo che dalla Perside si erano trasferiti in Seria ed anche in India…

Procopio, dopo un secolo circa, ci indica la località di Serinda  (da Shr, seros  baco ed Indos Indo).

Il fiume Indo,  nato in Tibet, scorre dalla Battriana  verso il Kasmir  e diventa navigabile alla confluenza col Kabul, fiume afgano, attraversa tutto il  Pakistan e  sfocia nel mare Arabico,  a sud est di Karachi odierna.

Quindi bisogna pensare che Serinda forse è  una città lungo il fiume Indo  nella parte settentrionale  del suo corso …

Comunque, Procopio intorno al 552 circa, nel venticinquesimo anno di regno di Giustiniano, ci riporta la notizia dell’arrivo di monaci,  provenienti da Serinda, che chiedono di essere ricevuti dall’imperatore  per trattare della seta.

Non si sa se questi sono sudditi di Kosroe ( 541-579 ),  a cui Giustiniano paga un pesante tributo per avere la pace … in un momento di una tregua di cinque anni, durante i quali  ci sono cordiali rapporti col re dei re sasanide, che gli chiede perfino il medico personale. Cfr  A. Gariboldi, Il regno di Xusraw dall’ anima immortale: riforme economiche e rivolte sociali  nel VI secolo  Mimesis  Milano 2006)…

I monaci si presentano all’imperatore e promettono di  fare in modo che i romani non abbiano  più  bisogno di procurarsi la seta  dai loro nemici persiani.

E’ chiaro che essi sono discendenti dei nestoriani  romani, fuggiti,  e che hanno seguitato ad avere  rapporti ancora con i confratelli  di stirpe  romana, pur essendosi da tempo  trasferiti in terre straniere.

Noi non conosciamo le vie segrete della relazioni  tra gli esiliati e  neppure le loro ramificazioni  con altri eretici  cristiani espulsi  dall’impero romano in vari momenti nel V secolo….

Essi, comunque, assicurano l’imperatore che hanno appreso bene come fare la seta,  avendo trascorso molto tempo nel paese chiamato Serinda, posto al di là di molte popolazioni dell’India: garantiscono  che ora l’imperatore non deve più acquistare tale merce dai nemici persiani. 

I monaci sono interrogati dall’imperatore, che chiede se davvero si possa  fare una tale impresa in territorio romano.

Essi rispondono spiegando : la seta è prodotta da certi bachi , ai quali la natura, essendo maestra, impone l’obbligo di  fare incessantemente tale lavoro.

AggiungonoSarebbe impossibile, comunque,  trasportare  i bachi, ma  è facile trasportare e in modo rapido la loro semenza. Infatti essi depongono innumerevoli uova, che molto dopo la loro nascita, vengono ricoperte di letame e così riscaldate  per un tempo sufficiente, producono animali.

Allora, secondo Procopio, l’imperatore fa loro molte promesse di doni e li incita a passare dalle parole all’opera.

I monaci tornano in Serinda e poi ritornano a Bisanzio con  le uova,   e fattele tramutare in bachi, che vengono nutriti con foglie di gelso  e quindi, per opera loro, comincia  la produzione della seta nell’impero romano.

Da allora l’allevamento del baco da seta  diviene un’arte  comune in  Oriente  e  molto più tardi diventa attività in Occidente …

In effetti  Procopio non dice,  comunque, che la  produzione dei manufatti della seta  diventa un monopolio di Stato già con Giustiniano, che crea laboratori  a corte, gestiti esclusivamente dalle concubine e dagli eunuchi.

La scoperta, perciò, risulta come un segreto di Stato specie per quanto riguarda il confezionamento degli abiti, degli arazzi e dei tappeti di seta.

Secondo St. Runciman ( Teocrazia bizantina,  Sansoni Firenze 1988): la reggia era la più ricca casa commerciale dell’impero:il commercio della seta era un monopolio di stato e nel gineceo, nella zona riservata alle  donne, c’erano innumerevoli telai  coi quali venivano tessute le più ricche sete del mondo…

Le concubine imperiali coi loro eunuchi fornivano, dunque, non solo piacere ma creavano una ricchezza col loro lavoro grazie alla seta!