Giulio Cesare Vanini

Omaggio a Taurisano!

Omaggio a Taurisano  patria di Giulio Cesare Vanini (1585-1619).

Pochissimi conoscono  Giulio Cesare Vanini, la sua patria e la sua opera.

A me piace  ricordarlo almeno come uomo di grande ingegno e di  provata scienza, abbandonato anche dai suoi protettori, compaesani,  davanti alla Santa Inquisizione.

Mi dispiace solo di aver dedicato a lui poco tempo essendo preso all’ epoca dei miei studi sul Seicento, da questioni letterarie  circa la poetica  oraziana  e poi dalla figura del Segretario e dal pensiero controriformistico basato  sulla formazione del  sovrano…

Eppure Vanini  già allora mi appariva  uno scientifico ricercatore un uomo razionale e naturale, un cartesiano.

La sua opera,- per me, antitridentino, antidogmatico, laico- era tipica espressione di  un innovatore che lottava contro il conservatorismo ecclesiastico, uno scienziato  ante litteram che,  sulla scia di Giordano Bruno,  avviava la storia verso forme culturali settecentesche, in senso illuministico e riformistico    secondo quei parametri   che saranno  propri di napoletani  come Genovesi,  Filangieri, Giannone …

Non riuscivo a capire come  avesse potuto operare la separazione  della sua attività scientifica da quella letteraria e filosofica, cosa improponibile agli inizi del Seicento!?

Mi sembrava impossibile che lui scienziato universale  desideroso di  abbracciare il sapere   della natura in una sintesi potesse avere  la spinta a  frammentarizzare la  forma  e  a cercare una specializzazione tecnica , cosa che si comincia a manifestare, oltre un secolo dopo, con il matematico fisico  astronomo P. S. De La Place (1749-1827) che, comunque, per vivere, svolge la professione  di incaricato di Ispezione dell’artiglieria, o come il chimico Lavoisier, che fa l’appaltatore di Imposte per non dipendere da mecenati nobili…

Il letterato  – filosofo tendeva  ad essere politico e moralista  anche se si sentiva scienziato, che filosofeggiava ambiguamente (cfr. C. C. Gillispie, Scienza e tecnica,in Storia del mondo moderno, Cambridge University Press,IX).

In un’epoca seicentesca, nei primi decenni, ancora uniformata al baccalaureato non c’è professionalità reale  a seguito di licenza   specifica ma solo l’incarico sulla base di conclamata fama  e dopo raccomandazione  nobiliare o ecclesiastica: non è possibile carriera senza la commendatio!.

Il Vanini infatti è accettato inizialmente anche fra i confratelli per l’assistenza del conte de Castro, senza la quale non è possibile nemmeno la pubblicazione.

Amphitheatrum  aeternae Provvidentiae, è,  infatti,opera dedicata a Francesco De CASTRO, CASTRI COMITI, TAURISANI DUCIS   Lo scrittore  dedica l’opera al suo protettore e si rivolge ad un lettore candido/ sempliciotto (Iulius Caesar Vaninus  candido lectori salutem ).

Il suo monito di salvezza in nome  della scienza  è ad un lettore  dal candore puerile!

Ha piena coscienza della manipolazione del clero e della stolidità del popolo analfabeta. 

Miseri inciderunt ut nullam prorsus in orbe regendo providentiam agnoscant divinam, sed humanam tantummodo ex qua  originem traxisse sibi plane persuadent  opiniones de Superis  atque de Inferis, ad concionosam plebeculam in officio servitioque continendam !/ infelici cadono  sbagliando tanto da  non riconoscere  affatto nel governo  del mondo la provvidenza divina, ma soltanto quella umana, da cui trassero  origine le credenze  intorno alla cose celesti ed infernali , in modo da  costringere il popolino  sempre pronto alla sedizione, sotto il peso del dovere e della servitù.

Giulio Cesare Vanini  insegna  che non c’è oikonomia divina con presenza di un Deus pater, ma solo  una legge umana e razionale terrena, cosa che poi dimostra in tutta la sua opera  maggiore De Admirandis  naturae reginae deaeque  mortalium arcanis , in una esaltazione della natura prodigiosa regina e dea dei mortali uomini.

Paga con la vita affermando il proprio pensiero laico, pur essendo un religioso,  che ha  una volontà di indipendenza  e libertà…

Per chi non conosce Giulio Cesare Vanini scrivo qui una breve biografia.

Giulio Cesare Vanini nasce  a Taurisano nel 1585 da  padre ligure e da madre spagnola.

E’ un  frate carmelitano, laureato in diritto  civile e canonico nel 1606.

Trasferito dai superiori a Padova, Vanini  conosce un altro carmelitano, padre Bonaventura Genocchi,  anche lui ligure, e si scrive alla facoltà di Theologia e studia Averroè,  seguendo le teorie aristoteliche di  Pietro Pomponazzi.

Nella lotta tra il papato e la repubblica veneta sulla questione di giudizio  per i due sacerdoti veneti,  rei di omicidio,  Vanini è vicino alla tesi di Paolo Sarpi, che ritiene in Istoria dell’interdetto  necessario un processo laico secondo diritto non canonico, con un trattamento  per i prelati simile a quello di un normale cittadino, senza privilegi.

Paolo V, invece, con l’interdetto a Venezia, vuole  imporre un tribunale ecclesiastico per i due  sacerdoti, rei confessi veneti.

Da allora  Vanini comincia a conoscere il metodo punitivo della  Chiesa , poiché è tenuto  in custodia nel proprio convento dai confratelli, filopapali.

Conosciuto il ferimento di Paolo Sarpi concorda col giudizio del frate servita (agnosco stilum romanae curiae)!.

Poi,  per punizione, il frate  viene inviato a Napoli, dove rimane per breve tempo.

Protetto da uomini, filoveneti,   riesce a fuggire dal convento e ad arrivare fino al confine con la Svizzera senza incidenti.

Passa poi attraverso la  Germania e l’ Olanda ed arriva infine  a Londra.

Accolto nella chiesa dei Merciai,  abiura al cattolicesimo e si converte all’anglicanesimo  sotto lo sguardo di Francesco Bacone.

L’Inquisizione cattolica lo perseguita anche in Inghilterra, da cui è espulso come elemento sovversivo, pericoloso per la  comunità.

Dopo un viaggio rocambolesco,  rientra in Italia e a Genova diventa istitutore del figlio di Giacomo Doria.

In questo periodo  scrive a Francesco de Castro, suo patrono, ma, nonostante la protezione del conte,  è costretto a rifugiarsi in Francia.

Sembra che a Lione possa pubblicare  Anphiteatrum aeternae Providentiae  divino-magicum   nel 1615, avendo ancora la protezione del De  Castro.

Dopo circa un anno  pubblica il suo capolavoro De admirandis  naturae reginae  deaeque mortalium arcanis in 4 libri.

L’ opera sembra impostata secondo retorica (già nel titolo c’è iperbato con chiasmo admirandis…. Arcanis e naturae reginae deaeque mortalium) ma  è un capolavoro, basato sulla scienza, in quanto si rifiuta ogni  schema sillogistico e si preferisce operare sui dati scientifici, denotati secondo  un procedimento analitico.

  La sua opera subito è condannata al rogo dopo lo studio dei lettori cattedratici  parigini  e viene  proibita  in ogni ambiente cattolico, come diabolicum opus.

 Vanini, costretto a nascondersi, vaga per la Francia meridionale, ma poi, attirato a Tolosa da falsi amici , è  arrestato  il 2 agosto del 1618 ed è preso in consegna dalle guardie dell’Inquisizione.

Il suo corpo è bruciato  il 9 febbraio del 1619,  dopo strangolamento: prima, però, gli  è strappata la lingua!

Il suo nome è  vilipeso ed  oscurato da infamie  di ogni genere da molti intellettuali cattolici ma è anche onorato da Friedick Hoerderlin (Vanini ) e da  A. Shopenhauer …

ONORE A GIULIO CESARE VANINI!