La giudea e Gneo Pompeo
Antipatro, gli asmonei e i romani
Antipatro compare in Giuseppe Flavio Guerra Giudaica , I,6,2 e in Antichità Giudaiche, XIV, 8-14, come amico di Hircano ed ostile ad Aristòbulo.
Di lui si dice che è un philos di Hircano, un idumeo di stirpe, uomo ricco e valoroso, superbo (drasthrios) per natura e sedizioso (stasiasths) che si comporta in modo ostile ad Aristobulo, a causa della indole benevola (Eunoia) del primogenito, nella guerra tra i due fratelli, dopo la morte della madre Alessandra, regina di Giudea (76-67).
E’ uomo nato da una nobile famiglia venuta da Babilonia, stimato come attivo, audace e fortunato.
Flavio non lo dice espressamente, ma fa capire che la sua azione è apprezzata già al tempo di Alessandro Jamneo e durante il regno di Alessandra.
Gli asmonei hanno un territorio khoora, che comprende vaste zone della Siria, tutta l’Idumea e parte della Fenicia e la Iudaea (Ant. Giud.XIII, 395-397).
Antipatro è presentato col titolo di governatore di tutta l’Idumea (l’antica Edom) e come persona che ha amicizie con gli Arabi, coi Gazei, e gli Ascaloniti.
Si sottende che è presente alla sconfitta di Alessandro presso la fortezza di Adida ad opera di Areta III, re deiNabatei, che ha invaso la Giudea, dopo che ha preso i territori di Tolomeo, figlio di Menneo.
Sembra che favorisca gli accordi tra i due sovrani tanto che, poi Iamneo, grazie al trattato, può intervenire in Transgiordania, dove sono i maggiori possedimenti di Zenone, tanto da impadronirsi della valle di Antioco e di Gamala (Ibidem, 392-97).
Morto Alessandro Iamneo, la regina Alessandra ha al suo fianco Antipatro come consigliere abile a destreggiarsi tra i sadducei, sacerdot, e i farisei, laici, zelanti di fede, amati dal popolo (operai , contadini, pastori e le categorie medio-basse levito-sacerdotali ).
Questi, dal periodo di Giovanni Hircano (134-104) , si contendono la supremazia a corte, anche se il re, educato farisaicamente, ha amici e appoggi tra i farisei e quindi tra il popolo.
Giovanni Hircano è un grande re, ritenuto giusto e capace di seguire la retta via, indicata dai farisei, che fanno circolare tra il popolo certe norme trasmesse dalle precedenti generazioni, non scritte nelle leggi di Mosè, perciò respinte dai sadducei, che, invece, sostengono che bisogna ritenere valide solo quelle scritte e non bisogna seguire quelle aggiunte.
In effetti le due scuole di pensiero differiscono nel modo di leggere le Sacre pagine; i farisei le leggono allegoricamente e simbolicamente facendo aggiunzioni secondo una propria esegesi, mentre i sadducei restano ancorati alla scrittura e non vanno oltre la lettera. Cfr. Guerra giudaica, II, 119-166).
Inoltre, Giovanni Hircano , oltre al privilegio del governo della nazione e all’ufficio di sommo sacerdozio, ha il dono della profezia, e lo esercita, grazie alla facoltà, potenziata dalla volontà di Dio, che lo ha così fornito, anche per la educazione ricevuta da Farisei, che normalmente hanno questo stesso dono.
La sorte/ tuchh come h eimarmenh /moira è considerata dai farisei e dai sadducei in modo opposto: i primi ritengono che certi eventi sono opera del destino, ma non tutti, in quanto gli eventi, se avvengono o meno, dipendono da noi; gli esseni, che sono una loro frangia più vivace e drastica, ritengono che il destino sia il signore di tutto quanto avviene e che agli uomini nulla accada che non sia conforme al suo decreto(Ant.Giud., III, 172); i secondi prescindono dal destino e ritengono che esso non esista e che le azioni umane non si realizzino in base al decreto della sorte e che tutte le cose siano in potere nostro, tanto che noi siamo i soli responsabili del nostro bene e subiamo la sfortuna a causa della nostra irrazionale mancanza di ponderazione.
Il sovrano giudaico, Giovanni Hircano, seppure sia considerato virtuoso da tutti, è accusato dai farisei di essere stato generato dalla madre, quando era schiava, sotto il regno di Antioco Epifane (175-164 a.C.) e perciò gli impongono di dimettersi dal pontificato (bisognava per legge essere ebreo, con certificato!) e di accontentarsi di governare il popolo (Ant.Giud., XIII 291).
Il re chiede ai farisei di condannare Eleazaro, che ha così parlato, in un’assemblea, ma questi lo condannano solo a 39 battiture di verga e alle catene e non a morte; allora Hircano, sobillato da Gionata, un sadduceo, gli instilla rancore nei confronti dei farisei tanto da farlo passare al partito dei Sadducei, facendogli perdere l’amore del popolo, indicando la via da seguire ai figli, Aristobulo I, sovrano per un anno, e ad Alessandro Iamneo.
Questi comprendono che i farisei esigono la divisione dei poteri in quanto quello dei corpi è in relazione ai beni temporali, quello delle anime è connesso con la spiritualità e con Dio stesso; perciò gli asmonei accentrano e fortificano il loro principato in modo unitario, pensando di essere guida delle due odoi, quella corporale e quella spirituale.
La situazione, quindi, con l’inizio del regno di Alessandria si profila a favore dei farisei.
Antipatro, essendo uomo amato dal popolo, è favorevole ai farisei ed intelligentemente guida la donna, già propensa, al fariseismo, nel seguire i consigli, avuti dal marito morente.
Iamneo le ha detto, infatti, di non seguitare nella strada antifarisaica, ma di trattarli con amicizia e di non fare niente senza il loro consenso, anche circa tutto il rituale del suo funerale (Guer. Giud. I, 107-119 e Ant. Giud., XIII,399-304)
E’ un’abile mossa politica per dare un qualche valore al regno della moglie, fatta da un uomo scaltro in fine di vita per salvare il suo onore personale e per favorire Alessandra nel suo difficile compito di governare uno stato sacerdotale, dilacerato dalla lotta tra i sadducei aristocratici e i farisei popolari.
Il re è conscio che la Giudea è posta geograficamente vicino al debole regno di Siria, seleucide, ormai in mani romane, dopo la sconfitta di Mitridate del Ponto e la pace di Dardano, considerata la presenza massiccia delle navi romane nel Mediterraneo orientale- già all’arrivo di Licinio Lucullo come ammiraglio, destinato poi al comando supremo militare contro Mitridate e contro Tigrane per il biennio 68-66, a sostegno delle forze militari insediate nel cuore della Siria, specie dopo le vittorie di Cabira e di Artashata- (cfr. Plutarco, Lucullo).
Perciò, sapendo dell’avidità romana, vuole lasciare almeno il suo regno in pace, senza contrasti religiosi.
I farisei, con grande opportunismo politico, diventano amici degli asmonei, fanno discorsi funebri elogiativi, esaltano le gesta di Alessandro tanto da dire che hanno perso un re giusto.
Eppure poco prima il sovrano ha fatto stragi di giudei che, nella Festa dei tabernacoli, – cinti di tirso, intrecciati con rami di palma e di cedro- lo colpivano con cedri e lo insultavano dicendogli di essere di condizione servile ed indegno dell’ufficio di offrire quei sacrifici- avendone fatto uccidere 6000 e poi, dopo una nuova sedizione, avendo fatto trucidare ottocento giudei, costringendoli ad assistere, da crocifissi, al massacro di figli e mogli.
I farisei coprono le azioni del re morto, lo trasfigurano, collegandolo col padre, giusto, e, in questo modo, propagandano una nuova figura di Alessandro, rilevando la sua eusebeia/pietas, instillando nel popolo un profondo cordoglio e rimpianto vero, indicendo funerali splendidi come mai per altro sovrano.
E’ probabile che, già Antipatro sumbouleus di Alessandro Iamneo, influenzi il re a lasciare il regno alla moglie, non compromessa, in considerazione dell’età dei figli ancora fanciulli paidia (Hircano il più grande ha undici anni ed Aristobulo il minore, ne ha nove).
I farisei fanno circolare l’idea che la regina non ha colpe negli eccidi precedenti del re, e neanche nella politica filo aristocratica del marito, antipopolare.
La regina, quindi, dato il sommo sacerdozio al figlio, ora quasi ventenne, uomo disinteressato alla politica, non intento all’amministrazione degli affari ed amante del quieto vivere, pusillanime e debole/ agennh kai anandron, si affida totalmente ai farisei, che gestiscono il potere nei rapporti col popolo, ristabilendo gli ordinamenti tipici del fariseismo, conformi alla tradizione, aboliti da Giovanni Hircano ed autorizza a richiamare gli esiliati e a liberare i prigionieri.
Secondo Flavio (Ant. Giud., XIII 409) viene dato ai farisei un potere assoluto.
Antipatro, che è filo farisaico, da sempre, perché di formazione aramaico- babilonese, fa reclutare forze mercenarie, raddoppia l’esercito e tiene a bada i vicini, da cui ha ostaggi, avendo al suo seguito il fratello Fallione.
Si deve ritenere che già nel 76 a.C. il padre di Erode, uomo di una trentina di anni, ha un suo potere che consolida tenendo a freno le mire crescenti del giovane Aristobulo, considerato anche lui drastherios energico …diegergemenos to phronhma sveglio di spirito, personaggio d’indole molto simile ad Antipatro.
Farisei ed Antipatro per oltre un triennio sono alla caccia dei sadducei, che, responsabili della morte atroce degli ottocento, dopo la sconfitta subita da parte di Demetrio Acairo presso Sichem, dopo la morte di Diogene e di molti altri, fanno una petizione insieme con il principe Aristòbulo: se i nemici sono paghi del sangue degli avversari, essi avrebbero sopportato equamente l’accaduto per un senso di pura devozione verso il loro re; se persistevano in tale idea di stragi, avrebbero accolto volentieri la morte e, se abbandonati e cacciati dalla regina , sarebbero diventati soldati mercenari per i suoi nemici.
Aristobulo, inoltre, presa la parola, accusa la madre come responsabile della situazione, mentre tutti i presenti piangono.
L’arringa di Aristobulo è feroce contro i farisei e contro Antipatro, uomo ambizioso, reo di fare governare, per il proprio utile, una donna perdutamente ed irrazionalmente bramosa di potere che, pur ha già figli rispettivamente di 20 e18 anni.
La regina, su consiglio dei farisei, concede al figlio di presidiare le fortezze di Hircania, di Alessandreion e di Macheronte e gli dà l’incarico di muovere guerra a Tolomeo figlio di Menneo, un vicino inquieto,
inviandolo a Damasco.
Queste tre fortezze, date ad Aristobulo, saranno luoghi dove si accendono focolai di insurrezione contro Hircano ed Antipatro e servono per anni come asilo e come basi di riunione dei dissidenti antiromani.
Non si sa se Antipatro, durante questi fatti, abbia già una sua rete di relazione con i romani, né con chi per primo abbia avuto rapporto: si sa di una corrispondenza epistolare con Pompeo e di una sua abilità nell’uso di colombi postali: Flavio non ci illustra a proposito.
L’invasione, comunque, della Siria da parte di Tigrane del 69 e di una sua marcia contro la Giudea con un esercito di 300.000 uomini, spaventa Alessandra, tanto da chiedere aiuto a Lucullo, già vincitore di Mitridate nel biennio 70-69: Antipatro in questa occasione può aver contattato i romani ad Artashata, poco prima del mandato della regina al figlio contro Tolomeo.
Forse è più probabile che i contatti siano avvenuti nel periodo della guerra di Pompeo contro i Pirati quando i romani esasperati per l’insicurezza del Mediterraneo, impraticabile per i naviganti, precluso ad ogni commercio temono di non avere normale approvvigionamento e hanno paura di una grande carestia tanto da accogliere la lex Gabinia che concede un mandato di un potere assoluto ed universale a Pompeo sul mare fino alla colonne di Ercole e dovunque sulla terraferma, entro un raggio di quattrocento stadi dal mare (75 km dalla costa).
Pompeo, in breve tempo, forma una flotta, avendo diritto di scegliersi personalmente 15, comandanti di una parte dell’esercito, all’interno del senato, cui rimettere parte del comando, di prendere tutto il denaro che gli pare dal tesoro pubblico e di guidare 500 navi con la facoltà di decidere autonomamente gli effettivi e le condizioni di arruolamento dei soldati e dei rematori.
Pompeo ha un esercito formidabile di 120000 fanti e 5000 cavalieri tanto che, aumentato il numero dei strategikoi e degli egemonikoi li porta a 24 eikositessares, conducendo con sé due censori (tamiai).
Inoltre Pompeo, intento a dividere l’intera estensione del mare in tredici settori, può chiedere ai popoli e ai re confinanti col Mare Mediterraneo cooperazione alle richieste dei suoi legati(Plutarco Pompeo,26).
E’ possibile, a nostro parere che qualche lettera sia giunta anche ad Alessandra o ad Hircano nel periodo in cui si conosce anche la notizia, grazie a lettere inviate da Cleopatra Selene, regina di Siria, di una invasione da parte di Tigrane.
La regina ebrea, infatti, invia un’ambasciata a Tigrane, a Tolemaide, e viene informata che il re ha ricevuto i suoi ambasciatori ed accettato i doni, e nell’occasione viene a sapere, però, anche, che il re armeno è costretto al ritiro perché Lucullo sta inseguendo Mitridate, che si è rifugiato tra gli Iberi, dopo aver saccheggiato l’Armenia, mentre Pompeo sta terminando la guerra contro i Pirati.
Flavio mostra che la regina, pur caduta malata, conosce una insurrezione da parte di Aristobulo, che non sopporta il potere di farisei e di Antipatro e che non vuole accettare la successione del fratello, incapace e potenzialmente incline a farsi dominare da altri.
E’ questo il momento del primo incontro di Antipatro con qualche legato pompeiano?
Aristobulo, ha avuto l’appoggio di Emilio Scauro pagando somme in talenti, e sembra collegarsi con Lollio e con Metello e forse con contingenti guidati da Gabinio a Damasco (Ant. Giud., XIV,30 ) e marcia sicuro contro Areta ed Hircano e a Papirone li sconfigge, uccidendo 6000 nemici e lo stesso Fallione, fratello di Antipatro (Ibidem, XIV,33). Quindi non è da escludere che in questa stessa vicenda Antipatro abbia avuto nuovi rapporti coi romani, ma non disponendo di somme non ha avuto fortuna e deve piangere per la morte del fratello.
Subito dopo la vittoria su Mitridate, intorno alla Giudea ed anche nella stessa Giudea ci sono legioni romane, sparse sotto i controllo di legati, che, inoperosi militarmente, fanno razzie là dove possono, a scopo di rifornimento di viveri.
Pompeo, cessate le ostilità contro Areta III, si dedica con i suoi uomini ai festeggiamenti per la notizia della morte di Mitridate, mentre è in viaggio verso Petra, secondo Plutarco (Pompeo,41) mentre, secondo Flavio, si trova sotto le mura di Gerico (Ant Giud,XIV, 53-54)
La fine di Mitridate significa la conclusione del mandato straordinario di Pompeo che, ambizioso, seguita nella sua missione e rinvia il suo ritorno a Roma- come già aveva fatto Lucullo, nonostante le forti pressioni del senato e degli aristocratici pompeiani.
Ora Antipatro in questa caotica situazione, mentre Pompeo è lento nel deporre il potere ed ancora avanza in Giudea, lasciando ampia libertà a molti luogotenenti di razziare, deve avere avuto contatti con legati pompeiani, che sono intenzionati ad aiutarlo contro Aristobulo.
Noi pensiamo a Gabinio, e crediamo che, tramite lui , e grazie a molti doni, abbia allacciato rapporti diretti, con Pompeo, che allora era ancora per legatum alla caccia di Tigrane, che si era insediato in Armenia.
Pompeo in quel tempo sta conducendo (Plutarco Pompeo39)- avendo sottomesso già gli arabi che vivevano sul monte Amano, grazie a Lucio Afranio (console poi nel 60)- il grosso dell’esercito nella Siria, che viene dichiarata provincia e possesso del popolo romano, poiché non vi sono più i legittimi sovrani seleucidi.
QQquindi, Antipatro deve aver cambiato i rapporti con il legatus Emilio Scauro, molto venale, che ora, oltretutto, si è ricongiunto col suo dux, al quale vanno le ambasciate di Siria, di Egitto, di Giudea, proprio quando Aristobulo invia una vite d’oro (Ant.Giud., XIV,34).
Le ambascerie, guidate da Antipatro per Hircano e da Nicodemo per Aristobulo, sono davanti a Pompeo insieme a quelle di altri dinasti locali come Antioco cizicheno, Tolomeo, figlio di Menneo e Dionisio di Tripoli e il giudeo Sila, riuniti a Damasco.
Pompeo, in effetti, dopo aver sistemato, a suo arbitrio, la zona, sente per primi i giudei integralisti che vogliono la separazione dei due poteri quello sacerdotale e quello temporale regale in quanto essi obbediscono, come sacerdoti, solo a Dio e si oppongono sia ad Hircano che a Aristobulo, ambedue desiderosi di cambiare la loro politeia e di fare di loro una nazione di schiavi, proprio reclamando ognuno per sé il titolo regale, segno dei due uniti poteri.
E’la prima manifestazione del pensiero effettivo degli esseni, stanziati già sulla costa marnosa del Mar Morto?!
Hanno avuto la possibilità di trattare con i Romani invasori!?
Poi, Pompeo sente i due capi della delegazione di Hircano e di quella di Aristobulo: è incerta la loro presenza diretta (Guerra giudaica I,6, 3-4)
Antipatro conduce con sé mille protoi giudaici perché comprovino che Hircano, in quanto primogenito, ha diritto alla regalità, ereditata dalla madre, e che è ingiusta seconda la legge ebraica l’ usurpazione di Aristobulo, secondogenito, che ha ridotto il fratello allo stato di privato
e perché mostrino la mitezza del carattere del primo rispetto alla smodata energia e tracotanza del secondo.
Presentatasi l’ambasceria di Aristobulo, costituta da giovani galanti vestiti elegantemente di porpora con varie acconciature ed altre forme leziose, come se fossero non persone che dovevano subire un processo ma andare ad una festa (Ant giud.XIV,45).
Pompeo, nonostante abbia preso la terpolé (la vite d’oro del valore di 500 talenti -3.000.000 di denari, 12.000.000 di sesterzi, poco meno di 12 tonnellate di argento-) decide in favore di Hircano che non dà niente e priva del regno Aristobulo, capovolgendo quanto fatto in precedenza da M. Emilio Scauro, corrotto con 300 talenti cioè un 1.800.000 denarii , 7.200.000 di sesterzi, sette tonnellate di argento,(cfr. Guerra giud.I,, 6.3,1) dal sovrano ebreo.
Dunque, grazie alla sapiente regia di Antipatro, Pompeo riconosce ad Hircano il sommo sacerdozio e la dignità di Etnarca.
A Damasco si decide anche il futuro assetto della regione: il regno di Giudea rimase quasi intatto,- vengono sottratte solo Samaria e Scitopoli, congiunte con la provincia di Siria- e quindi comprende ancora Giudea, Idumea, Perea e Galilea.
La notizia di Flavio è confermata da Plutarco (Pompeo,39) e da Cassio Dione (Storia Romana XXXVII, 15-19).
Antipatro, grazie a Pompeo e quindi ad Hircano, riconosciuto nel suo potere, può gestire la regione di Gerusalemme (la Giudea), la sua patria, Idumea, la Perea e la Galilea, due porzioni staccate, ma che fanno parte del principato asmoneo, anche se ora è suddito e soggetto a tributo ai romani.
Antipatro, dunque, in questo periodo assume il titolo di Epimeleths cioè di un curator, therapeuoon, procuratore, uomo che amministra come dioicheths il territorio, per conto di Hircano, e ne ha cura e tutela quasi c fosse un comandante militare con funzioni di supplenza amministrativa.
Egli ha ancora buone relazioni con Areta III, che ha bisogno di lui per il pagamento dei 300 talenti, imposti da Emilio Scauro (Ant.Giud .,XIV,80-81).
Tutta la regione, dato il continuo passaggio di truppe romane, di contingenti dell’esercito di Pompeo, che, avendo bisogno di rifornimento, arraffano quanto necessario, dai contadini e dalle città, imponendo anche tributi in una terra già pervasa da lotte intestine religiose e dall’antagonismo tra i due fratelli asmonei.
La rivolta contro le sanzioni romane, in un triennio, è alimentata anche dai dissidenti farisei e dai fautori di Aristobulo, che si è insediato nelle sue fortezze di Alexandreion e di Macheronte, per cui scoppia di nuovo la guerra civile tra i popolari e farisei , da una parte, e i sadducei con gli aristocratici, da un’altra, mentre scorrazzano nel territorio le milizie romane.
E’ un periodo molto agitato, di guerra civile, da una parte, e di guerriglia montana e desertica contro l’invasore, senza alcuna coordinazione, tanto che Antipatro ritiene opportuno trasferire la sua famiglia a Petra, in Nabatea, presso i parenti della moglie Cipro.
Non si capisce se la discordia interna sia più nella regione che nella città di Gerusalemme, che, però, entra in fibrillazione dopo l’occupazione di Aristobulo, braccato da Pompeo, che assedia la capitale con buona parte del suo numeroso esercito.
Dunque, i sadducei favorevoli ad Aristobulo si rinchiudono nel tempio, impediscono l’apertura della porta esterna, mentre i farisei e i popolani accettano Pompeo nella prima e seconda cerchia delle mura fino a consegnare la reggia e la città, assistito da Hircano, desideroso di occupare il trono, tanto che il dux fa presidiare le parti occupate da Calpurnio Pisone (Cfr. Ant. Giud. XIV 59-60).
Hircano, sostenuto da Antipatro incita i suoi dopo il rifiuto dei sadducei di arrendersi, a favorire l’impresa di Pompeo e a prendere il tempio dal lato settentrionale, che era l’unico lato debole, seppure protetto dalla torre asmonea.
Il sommo sacerdote partecipa coi romani alla presa di Gerusalemme e del tempio!
I romani scavano una trincea, dopo che è stato abbattuto il ponte, ed essendoci un dirupo molto scosceso con vegetazione, iniziano a riempirlo, intenzionati ad innalzare un terrapieno, dopo aver disboscato la zona sottostante: la riempitura è fatta con le machinae tractoriae e con una speciale gru di grandi dimensioni con una ruota, i cui raggi sono girati da militari, anche se azionata mediante un sistema di leve, tanto da accatastare grandi massi e materiali per la costruzione del terrapieno.
Poi, dopo aver completato in un mese il terrapieno durante il sabato, giorno di riposo per gli ebrei, che non combattono, Pompeo accosta le macchine d’assedio e ogni strumento bellico (Ariete e Catapulte ) ed inizia poi a martellare il tempio (Cfr. CassioDione, Storia Rom., XXXVII,16,4)
L’azione di Pompeo è fatta alla presenza di Hircano, che coopera-non di sabato- alla presa del tempio: il taglio della selva e la formazione del terrapieno si fanno nel giorno del venerdì sera e del sabato nel giro di un paio di mesi (Il termine argein mostra come i giudei dalla prescrizione mosaica siano costretti all’ozio, mentre i nemici costruiscono il terrapieno. Cfr. Flavio, Guer. Giud, I,7,3-4).
Il tempio è preso il mese delle espiazioni, Tishri-settembre/ottobre, nella 179^ olimpiade, sotto il consolato di C. Antonio e di M. Tullio Cicerone nel 63 a.C, dopo tre mesi di assedio.
Pompeo, presa la città, entra nel tempio (cfr.Tacito, Hist.,V 9,1Romanorum primus, Gn. Pompeius Iudaeos domuit templumque iure victoriae ingressus est: inde volgatum intus deum effigie vacuam sedem et inania arcana) e trova nel tempio solo 2000 talenti (kai ieron chrematon eis talanta dischilia).
Per Flavio sacerdote, cosciente della profanazione, (Ant. Giud.XIV,64-78) e della strage di 12000 ebrei, il dux romano, stando a cavallo, vede ciò che non è lecito agli altri uomini, eccettuati i sommi sacerdoti che entrano nel sancta sanctorum una volta all’anno, anche se ne loda l’eusebeia per non aver toccato niente.
Sembra strano che Pompeo sia entrato nel debir alla presenza del sommo sacerdote, per la cui presenza, comunque, non avviene il regolare saccheggio- per gli idolatri romani- del tempio, forse grazie all’intervento di Antipatro,.
L’idumeo ha partecipato ai combattimenti per odio contro Aristobulo e i sadducei, ma non può, data la sua fede templare aramaica, non astenersi da ogni profanazione: è vincolato dal patto del Padre con Figlio, dall’alleanza dell’Eterno col Mortale, dell’Altissimo col suo Popolo.
La presa della città e l’imprigionamento di Aristobulo hanno come conseguenza che Gerusalemme diventa upotelh tributaria (paga il phoros Cfr.Guerra giudaica I,7,7) e che viene stilato lo statuto della Decapoli oltre quello di Gadara, (poi data dai romani a Demetrio) e quello per la fascia costiera (Cfr. Guer. Giud., I,7.7 ) e quello di Giudea.
Flavio così chiude Ant. Giud. XIV,77-78: i responsabili di tutte le cose che soffrì Gerusalemme furono Hircano ed Aristobulo a causa della loro discordia…noi abbiamo perso la libertà e siamo diventati soggetti dei romani e siamo stati costretti a riconsegnare il territorio conquistato con le armi, preso ai siriani ed abbiamo concesso ai romani di riscuotere da noi oltre 10000 talenti . Il regno che prima era concesso a coloro che erano della stirpe sacerdotale diventò un privilegio di uomini del popolo.
(egeneto dhmotikoon androon). Da allora la Giudea è annessa alla Siria anche se non direttamente.
Gli odi di parte irrazionali, la guerra civile e i contrasti religiosi hanno dato l’opportunità ai romani e a Pompeo di conquistare Gerusalemme e il tempio (Cassio Dione, St.Rom. XXXVII,16,2)
Pompeo ritorna a Roma e lascia Emilio Scauro come governatore di Siria fino al 62, mentre Aristobulo è condotto a Roma per ornare il trionfo del dux vincitore (Plutarco, Pompeo,45).