Jehoshua o Jesous?

Il saggio Jehoshua o Jesous?è un'opera complessa  in cui l'autore dimostra la sostanziale differenza tra Regno dei Cieli e Regno di Dio, evidenziando il sistema mitico opposto a quello logico,dopo aver rilevato il metodo di aggiunzione o di sottrazione o di soppressione, proprio della ricerca teleologica evidente già nel nome di Gesù. 
Nel lungo lavoro di distinzione dei due sintagmi l'autore mostra il metodo logico-funzionale di indagine storica, con cui procedendo nella lettura del Nuovo Testamento rileva la mancanza di storicità per l'inesistenza di dati effettivamente contestuali, verificabili, specie situazionali, tali da dare le coordinate storico-geografiche ed evidenzia  come invece abbondino  gli elementi retorici, patetici, fantastici, atti a dare le idee di risurrezione, di amore, di vita eterna, disgiunti dalla quotidianità  e normalità esistenziale.  

Ne deriva che viene mostrato, nel corso della lettura, il modo di interpretare la realtà secondo mythos, in senso religioso secondo strutture e formule mistiche,relazionate  con la physis (natura) e quindi con il divino animatore  dià symbolon, mediante simboli ,con l'ausilio di magi (sacerdoti, cantori, aruspici, auguri, maghi) tutti interpreti (ermeneutai ) della natura, manipolatori   ed artigiani di un mestiere che, col passare degli anni e dei decenni, diventa organizzato culto, liturgia, sistema cultuale ,atto a dare serenità ai fedeli turbati per sovraggiunti avvenimenti straordinari e capace di assicurare  la speranza di un futuro migliore anche ultraterreno ed extratemporale.  
Allora il mytos diventa celebrazione  misterica ,in cui il fedele, in quanto myste, inziato ai culti, scopre l'arcano divino ,che è anche la sua intima angoscia  esistenziale e si quieta nella luce del divino e nell'unione con Dio.
L'autore distinque quindi i due procedimenti  ed evidenzia come il sistema mitico e quello logico formino due methodoi  (due vie) che possono essere perfino complementari per raggiungere la verità astratta, ma di solito sono opposti in quanto ognuno ha una sua area di competenza,  suoi strumenti e forme.
 Il mythos mostra le coordinate astratte, le forme atemporali, le strutture costanti del vivere, pur nella sua lontananza storica e nella sua fabulosità: esso fonde passato e presente  e dà certezze per il futuro, in quanto intuizione  capace di tradurre in realtà mediante i riti  e le cerimonie i simboli stessi dell'esistenza e di portare, con l'ascesi mistica, l'uomo alla purificazione e alla conoscenza intuitiva del divino.
Il giudaismo e il cristianesimo hanno questa componente mitica anche nella storia: la rievocazione dell'esodo dall'Egitto  per l'ebreo non è ricordo storico ma è vita reale  che rivive di fatto nel seder (cena) della pesah(pasqua) come il  ricordo della Pasqua (morte e resurrezione) di Gesù è, nel rito della celebrazione della messa , presenza vivifica del Cristo nel pane e nel vino , essenza vitale del dio vivente, alimento per il fedele
Il logos invece, in quanto pensiero pragmatico e scientifico, razionale ed epistemico ,è proprio del polìtes  desideroso di realizzare il Kosmos .
Esso ha una valore aggiuntivo  grazie allo stoicismo , che indica sia la natura specifica dell'uomo che quella del Kosmos, (ordinato sistema universale fisico) di cui l'uomo è parte, in quano esso è principio attivo della realtà, la forma che plasma il mondo razionalmente  e fissa la destinazione di ogni singola creatura, cosciente che il creato ha anch'esso la stessa costituzione ed è destinato alla coesione amorosa (simpatheia)
L'autore evidenzia  che il primo sistema è via popolare e il secondo è  via nobiliare  anche se ambedue cercano un modo di vivere che dia una giustificazione dell'esistere , possibilità di vita reale e speranza per il futuro. 
Mostra  allora che il mondo romano ellenistico è dominato da funzionari imperiali razionali e tecnici, che hanno una concezione cosmopolita , basata sulla vita di societas , come comunità universale di uomini  in cui entrano, come parti, individui famiglie e stati. 
Di conseguenza l'autore rileva che il Kosmos del periodo tiberiano (14-37) è un complesso statale visto come ordine divino e razionale in cui ,per libero consenso, vivono gli uomini sottratti all'arbitrio, guidati dal nomos empsuchos (legge vivente) dell'imperator (autocrator)  in ogni parte dell'impero sia ad occidente che ad oriente. 
L'autore evidenzia che ,dunque, questo sistema, basato sul quiritarismo e sull'ellenismo è altamente scientifico e quindi logico e che contro di esso si batte in nome della legge  della centralità del tempio di Gerusalemme e dell'elezione-predilezione divina, il popolo giudaico che, sulla base del mythos , trasformato fideisticamente in logos ellenistico, diventa affermazione nazionalistica , fusa con credo fondamentalista  che si traduce in guerriglia e cieca opposizione alla romanitas.
Dopo aver illustrato il metodo  tipico di uno skeptikòs, ricercatore, il cui tratto distintivo è l'epoché (sospensione del giudizio)  , l'autore ,dopo oltre trenta anni di ricerca, convinto, oltre tutto, di poter sbagliare nel suo lavoro, e di poter essersi sbagliato,ritiene ,comunque, necessario dare le risultanze del suo lungo  studio.
Secondo l'autore c'è un'altra storia ,oltre quella cristiana, la storia di Jehoshua  diversa da quella di Jesous: il primo è solo un uomo che lotta da oltranzista contro la Romanitas, da giudeo contro l'impero, da zelota  figlio della luce  contro i sadducei e gli erodiani  e contro tutti i pagani figli delle tenebre  seguendo il magistero degli esseni e farisei; il secodno è uomo dio che con la sua morte , grazie al suo sangue, redime l'uomo dalla colpa originale.  lo affratella, lo guida alla perfezione  dando la speranza di una ricompensa eterna .
Jehoshua  realizzò il Malkut ha shemaim (il regno dei cieli)  tra il 32 e 36  divenendo effettivamente maran ( melek, rex) dopo una rivoluzione vittoriosa contro i romani  grazie all'aiuto dei parti, vanificata ,però, nel 36 dalla vittoria di Lucio Vitellio su Artabano III,  costretto alla resa e al trattato di Zeugma: egli fu  consegnato ai romani e crocifisso dopo la resa di Gerusalemme ,  nella prima( o forse nella seconda)  entrata del procuratore in città. 
Il regno di Dio  invece è invenzione ereticale di Paolo di Tarso, giudeo di nome Saul, della stirpe di Beniamino, che nel 43 ad Antiochia, in una comunità scismatica, condannata da Giacomo (Jakob, fratello di Jehoshua)  chiamò i suoi seguaci Christianoi, derivando il nome dallo stesso personaggio ,dichiarato meshiah (Christos), celebrato come eroe nazionale, vincitore della morte stessa,in quanto risorto.  
Le storie delle due comunità hanno percorsi diversi  fin dall'inizio: quella di Jehoshua seguita nella sua lotta antiromana : combatte nella guerra del 66-73, assiste alla distruzione del tempio, riprende la guerriglia nel 115-6 in epoca traianea, rinnova la guerra nel 134-36 ed  è repressa da Adriano  che dopo aver ucciso Il rivoluzionario Shimon bar Kokbah  e l'ideologo Rab Aqiva, distrugge Gerusalemme ed edifica Aelia Capitolina , determinando il Galut giudaico ; quella dei cristiani invece , si distacca dai giudei e dalla guerra, si adegua alla legge dell'impero romano, non ha effettive persecuzioni  ma solo violenze di gruppo, di masse pagane che fanno stragi, inferocite per disfatte militari o per cataclismi per il comportamento antipatriottico o  assente di fronte al male comune, di uomini che aspirano a ritornare dal loro dio per avere la giusta ricompensa, del tutto dimentichi del loro reale vivere. soggetti ai loro episkopoi , di norma puniti dalla legge romana.
Sono rare volte (Valeriano, Decio)  perseguitati nel corso di  tre secoli ed hanno un numero insignificante di morti rispetto a quello  dei giudei , perseguitati  fino all'epoca antonina e poi costretti ad emigrare in Partia, e in altre zone  o a vivere clandestinamente nell'impero romano senza diritti civili .
Dopo la vera persecuzione,attuata scientificamente da Diocleziano per precisi motivi  d'ordine interno e di valore militare, andata avanti per quasi un decennio, anche dopo il ritiro dell'imperatore dalla scena politica, Costantino  considera il cristianesimo religio licita  
Il saggio è diviso in tre parti: la prima è un lavoro sullo zelotismo, sul Regno dei Cieli e sul Vangelo di Giacomo contrapposto a quello di Paolo: è un tentativo razionale di mostrare come in terra di Giudea lo zelotismo è una necessità per ogni uomo del popolo  , educato in sinagoga e preparato da santoni alla pratica delle armi al fine di cacciare i romani dal suolo sacro della patria e dall'area del Tempio di Gerusalemme, domicilio di Dio ed espressione del patto eterno tra il fedele e la divinità; la seconda è una ricostruzione probabile e possibile del Malkut (regno) a seguito della fine di E. Seiano(18 ottobre del 31) e della deposizione dei responsabili dell'area siriana e palestinese, inquisiti da Tiberio  come fautori di Seiano e degli accordi intercorsi tra capi giudaici e Artabano III. re di Partia,nemico acerrimo di Tiberio,  Izate di Adiabene , Areta IV re di Petra e forse Il satrapo di Babilonia Asineo, che formarono una coalizione contro Roma, occupando tutta la zona, abbandonata a se stessa dall'imperatore, impegnato nelle sue vendette e nella successione dinastica; la terza è dottrinale in quanto vengono affrontati problemi specifici teologici, viene esanìminato il Regno di Dio, nella sua peculiarità e viene rilevata la doppia angolazione cristiana nelle due diverse vie, quella paolina e quella giovannea 
La conclusione ?! 
L'autore tratta sul sublime non senso di Paolo, sulla sua via mitica,mistica e retorica:  l'immensa grandezza di Paolo è nell'aver adattato l'armonia austerà alla davar del figlio dell''uomo: nessun uomo può resistere alla piena vulcanica, specie se logico e sapiente, vinto dall'irrazionalismo mistico e dalla pazzia sapienziale sottesa.