In memoria di Alejandrina Febles Romero
Quot capita, tot sententiae
Il Genio/Genius
Il termine genius, in latino, ha una sua area semantica in relazione alla sfera di un Deus, protettore di ogni singolo uomo, di cosa, animata ed inanimata, perfino delle azioni umane.
Professore, il termine latino non ha, dunque, attinenza effettiva col nostro genio che indica volgarmente un elemento di eccezionali qualità e capacità, che si segnala, eccellendo in una qualche disciplina, come un antico Eroe – Teseo, Ercole-.
Non è questo il significato di Genius latino! Marco. Tu usi genio per antonomasia, cioè dici per traslato un nome proprio per indicare una sua qualità o qualifica, servendoti dell’attributo o dell’apposizione, ed allora chiami Cicerone l’oratore, S. Francesco di Assisi il poverello, Dante il poeta, scambiando il nome proprio per quello comune (o viceversa, in quanto indichi col nome comune il nome proprio). Così facendo, entri nell’ area semantica delle figure retoriche e definisci impropriamente, in quanto, amplificando enfaticamente, dilati il significato di chi è definito per antonomasia, in relazione alla qualità in cui eccelle, arrivando a dare valore di eccellenza anche in campi dove non c’è eccellenza, ma solo normalità.
Professore, lei vuole dire che io generalizzo per antonomasia e per enfasi e, perciò, attribuisco ad un soggetto la perfezione, pur sapendo che ciò non è possibile in una creatura umana e terrena, che ha i limiti nella sua stessa natura. Cosa, allora, è Genius per i latini? Lei mi ha parlato di Genius Augusti e mi ha detto di Genius luci et silvae, ma non ho mai capito bene e ho confuso il termine con ingenium/ingegno, avendo pensato al processo di aferesi. Mi può spiegare?
Marco, preciso che con Genius non c’entra affatto Ingenium e quindi nemmeno è accettabile il taglio iniziale di in di ingenium, nonostante tentativi sincretici cinquecenteschi e settecenteschi! Ti dico che il lemma Genius, derivando dal ceppo indoeuropeo, è dell’area di gignomai greco e di gigno latino ed ha significato di chi genera vita. Perciò, il termine rimanda ad un Dio generatore di vita, che governa la natura dell’uomo, specie alla pars intima riferita, all’animus, che influisce sulla procreazione e sulla nascita dell’uomo e, quindi, esprime un suo dio tutelare e compagno di vita tanto da determinare il destino, da dividerne gioie e dolori e da seguirlo perfino nella morte, sopravvivendogli come Lar, specifico patronus.
Genius, dunque , è proprio di una persona o di un luogo e risulta una specie di angelo custode, come anima/principio di vita animale della persona stessa!. Lares e Penates sono la stessa cosa?
Marco, i lares sono divinità di origine etrusca, poi latinizzate, che indicano il focolare e sono domestici, familiares, privati e patrii e come imagines sono venerati in casa in un piccolo tabernacolo (aedes) o cappella (lararium), anche se si trovano nei crocicchi come lares compitales, o permarini o rurales, in quanto protettori del mare e dei campi. I Penates, invece, sono specifici protettori della famiglia o delle famiglie patrizie, che compongono lo stato, anticamente come curiae. Si dividono in maiores e minores, in statali e famigliari e sono venerati di solito nell’impluvium all’interno (penus) della domus.
Bene, professore! seguiti su Genius: la comprendo bene!
Marco, si conoscono i genii non solo di un uomo, ma anche di luoghi come protettori di case, porte, città, selve, monti, pianure: Orazio (Ep. 2,2,187) parla di case e colli e mari, affermando che ogni luogo o nazione, perfino ogni azione umana è in relazione alla protezione del Dio ( o di una Ninfa) che impedisce la profanazione ed è favorevole, dopo intercessione, specie nei giorni a loro sacri o nelle feste designate dallo stato, in cui bisogna portare loro fiori e vino oppure nelle ricorrenze dei genetliaci personali, in cui bisogna offrire focacce.
C’è su questo argomento una vasta letteratura con esempi di preghiere e di scongiuri, di feste e di organizzazioni solenni in Virgilio ( Eneide, 5,95), in Livio(Ab urbe condita 21, 62,9) in Orazio (Ep., I,7. 94); in Seneca ( Epist., 12,2),in Svetonio (Caligola, 27,3.) e in altri.
Ho già capito la religiosità del popolo romano in Ab Iove principium,/ek Dios archomenos, ora la capisco ancora di più con Genius!. Mi dica, però, professore se c’è alcuna congiunzione sincretica in un certo periodo della storia umana tra Genius ed Ingenium?
Sembra, Marco che il fenomeno di una certa congiunzione si sia verificato casualmente e che sia avvenuto tra Umanesimo e Rinascimento, quando si mette in opposizione l’Uomo e Dio allorché gli umanisti, stanchi della theologia medievale, contrastivamente oppongono la sfera umana a quella divina, poiché cercano di creare il mito dell’uomo faber/poieths, dopo la venuta dei greci ortodossi per il concilio di Ferrara del 1438, prima ancora della presa di Costantinopoli ad opera islamica nel 1453.
Dunque, sorgendo l’idea di uomo, artefice del mondo, si ritorna al pensiero greco-latino, in una volontà di opporsi al Medioevo, e da qui sorgono Archeologia e Filologia, due scienze tipicamente rinascimentali, con la ricerca dei manoscritti!.In questo clima pagano umanistico si dilata il termine Genius, che assume i valori semantici sottesi in ingenium, che indica già la naturale disposizione dell’uomo superiore, razionale, che ha da una parte la tensione divina verso l’alto, to adrephbolon e dall’ altra un atteggiamento vigoroso, passionale, pieno di entusiasmo –to sphodron kai enthousiastikon pathos (Pseudo-Longino, Del sublime,VIII.1, a cura di Fr. Donadi, BUR,1991).
Senza entrare in merito all’ antica questione tra Platone – che considera nello Ione il genio, frutto di entusiasmo – ed Aristotele, che cerca una mediazione tra Poetikon e maniakon e che rileva solo gli effetti sullo spettatore, preso da da ekstasis e da ekplhcsis , dopo che ha accettato il to pithanon/il verisimile – si rileva una visione rinascimentale basata sulla composizione di Genius latino con uomo dotato di intelligenza innata, unita ora a chi ha acquistato e conquistato honores, grazie allo studio e al talento, in una certa disciplina, in cui si esplica la capacità intellettiva. Tale posizione composita assume valore nel Settecento, quando si comincia a considerare il valore non solo degli spontanei impulsi dell’animus, ma anche si dà rilievo ad una eccezionale forza creativa, in relazione all’originalità.
In questa epoca si comincia a parlare del Genio della lingua, Genio di popolo, Genio di un secolo ed anche di Geni della nazione –Dante Petrarca, Boccaccio-?
Si. Marco.
Da allora si inizia a parlare impropriamente di genio e se ne abusa: è un titolo non meritato da nessuno, ma utilizzato per indicare chi eccelle in una determinata disciplina e rivelando doti sovrumane (Marconi, Fermi, Einstein ecc. ). In questo senso puoi leggere P. Zumthor- H. Sommer, A propos du mot “genie” in ZrPh LXVI (1950), un testo veramente utile alla comprensione generale del termine.
Grazie, professore! Genius ed Ingenium hanno, dunque, due famiglie lessicali diverse con proprie aree semantiche!
Bravo, Marco!