Si possono, nel complesso, considerare e rilevare momenti storici precisi nella redazione letteraria di Le parole e dei fatti del bios di Gesù, ossia nella genesi dei Vangeli, durante il secondo cinquantennio del I secolo?
Secondo noi, da parte di un aramaico (o di un giudeo ellenista) è possibile fare un’ operazione letteraria (orale? o scritta? ) solo dopo un quindicennio circa, dalla morte di Gesù, in cui oralmente viene ricordata drammaticamente la storia dell’eroe morto per la patria e vengono propagandate poeticamente le sue parole, entro i circuiti ristretti dell’integralismo zelotico!.
E ciò si può realmente comprendere : 1. se si tiene presente il contesto galilaico-peraico e quello di Iudaea nel periodo dell’impresa messianica, e, subito dopo, fino alla morte di Giulio Erode Agrippa I; 2. se si conosce la nuova politeia successiva fino alla distruzione del Tempio, autonoma, anche se sotto il patronato del governatore di Siria, voluta dai romani.
Infine si può intendere la diffusione scritta dei vangeli solo se si ha chiara coscienza della situazione giudaica sotto i Flavi e sotto i primi antonini, dopo il declassamento dell’etnia giudaica .Cfr. Oralità e scrittura dei Vangeli; Vespasiano e il Regno; Frontone e gli antonini.
Complessivamente, si potrebbe dire, allora, che la scrittura dei Vangeli, sinottici, sul piano letterario, greco, è una costruzione artificialis, successiva rispetto a due redazioni diverse, in due tempi, in aramaico, sulle parole oracolari e sulla vita del martire galilaico.
La redazione greca, letteraria, cioè quella scritta secondo le formule ellenistiche col sistema retorico greco e col vocabolario della Bibbia dei Settanta, connesso con il commento di Filone, è differente, da una parte, per i vangeli sinottici, e, da un’altra, diversa come linguaggio e temi per il Vangelo di Giovanni: essa sottende un lungo periodo di oralità e un altro di scrittura in altra lingua, secondo la musar aramaica, per una memorizzazione dei detti del Signore e per una rievocazione mitica, commossa dell’ impresa del Meshiah, morto e risuscitato dai morti…
La redazione greca ha somiglianze lessicali e morfosintattiche più con Archeologia Giudaica (Contra Apionem e Vita) che con Guerra giudaica, più con il Manuale di Epitteto che con Bioi e Moralia di Plutarco e con Morte di Peregrino di Luciano, mentre quello giovanneo è da leggere tenendo d’occhio Moralia (il Volto dell luna- nascita dell anime-) di Plutarco e il pensiero spirituale /pneumatico di Luciano di Samosata …
In effetti, al di là delle analisi tecniche dei testi, per noi è significativo, come fase iniziale di approccio culturale, l’incipit del Pater hmoon matthaico proprio di una tradizione giudaico- aramaica del Malkuth, ( cfr. Una lettura del Padre nostro), in cui si rivendica il rapporto esclusivo tra padre e figlio dell’ebreo, mentre quello lucano del solo Pater è tipico della tradizione ellenistica.
Ambedue sottendono, comunque, due diverse concezioni di basileia: il primo contiene il concreto attuarsi e reale compimento del Regno/malkuth, in cui il presente è inizio del futuro, in quanto tempo di realizzazione effettiva; il secondo ha in sé la fissazione del tempo venuto, su cui si innestano l’escatologia e l’apocalisse secondo una oikonomia divina, in quanto Dio compie la sua opera a tempo opportuno secondo la sua volontà.
Ne deriva che il malkuth ha shemaim è nella presenza della shekinah divina e nella parousia giacomita, implicante il ritorno del Meshiah vivente, mentre la basileia tou theou, greca, sottende una cristologia in nuce implicita in Marco e Matteo, di cui, però, ci sono molti segni, espliciti nella redazione scritta del Vangelo di Luca, antiocheno, e di quella successiva di Giovanni …
Si può dire, comunque, che vi sono quattro momenti- che sono visti a seconda della situazione generale dell’impero romano- in relazione alla propagazione del vangelo antiocheno, distinto da quello genericamente ellenistico, contrapposto a quello aramaico nazireo-gerosolomitano, iniziato col malkuth ha shemaim?
Certo.
Noi abbiamo fatto storia romana congiunta con quelle ebraica e rilevato due Regni distinti, quello del Malkuth e quella della basileia ellenistica, con Giacomo, da una parte, e con tutto il mondo aramaico giudaico e quello parthico e, da un’altra, con Filone, Paolo e gli evangelisti, congiunti alla Romanitas e alla paideia greca, specie nell’esame della ecclesia antiochena e della sua divulgazione…
Si è considerato in questo periodo, il rilievo di Filone con l’apporto methorios e politikos, durante il trentennio 38-68 di Saulos Paulos? Certo.
Si è indagato sul singolo contributo di ognuno dei tre evangelisti sinottici nell’ambito della propria sfera di influenza nel periodo successivo la distruzione del Tempio, specie nel ventisettennio flavio (69-96) oltre che nel primo ventennio di quello antonino (97-118)? Certo.
Anzi. Non solo si è cercato di evidenziare il valore fondante di Filone per il cristianesimo antiocheno e per l’amministrazione diocesana cristiana, ma anche l’apporto economico finanziario e politico facilmente rilevabile dall’opera di Saulos Paulos tarsense e si è colto l’aspetto socio-culturale, che è basilare nel passaggio tra la monarchia flavia e quella antonina, in una Roma ormai tesa verso una nuova fase di ellenizzazione, per una rinnovata politeia imperiale, elettiva ( cfr. Il cristianesimo primitivo senza Filone era poca cosa).
Se il primo coincide con la vita storica di Gesù ed è quello che vede l’origine stessa dei fatti e delle parole, alla presenza dei seguaci, poi chiamati apostoloi/discepoli, inviati a bandire il kerugma della buona notizia del regno venuto, bisogna accertare i fatti storici e rilevare la reale figura di Gesù storico e le parole veramente dette, dopo aver precisato la sua professione, la presunta regalità, a seguito del riconoscimento essenico della sua unzione di guida del movimento messianico, in un contesto antiromano, proprio dell’ ambiente aramaico, nella Iudaea dell’ultimo Tiberio, quando già operano politicamente in Oriente con imperium proconsulare maius il prefetto del pretorio Macrone e il principe ereditario Gaio Cesare Germanico Caligola…
E’ uno studio già fatto e precisato storicamente tra il 18 ottobre del 31 e la pasqua del 36 d.C. secondo la vigente datazione cristiana , aumentata per errori cronologici di quattro anni…
Il secondo periodo, se è quello della comunità primitiva, che si risolleva dall’ekplessis della morte del Meshiah e del conseguente lungo pianto funebre, è segnato dalla propaganda della resurrezione dai morti e dall’attesa/parousia del ritorno del Signore, quando i discepoli, ispirati dallo Spirito santo, calato su di loro nella Pentecoste (del 37 o del 38? ), iniziano a raccogliere, a fissare e trasmettere oralmente un pensiero secondo le opere del Maestro in relazione ad una lezione orale aramaica duratura per decenni, prima sotto il magistero di Giacomo, fratello di Gesù, in relazione al davar della tradizione (nei ventisei anni di exousia/ potere sacerdotale, imprecisato), poi secondo i detti oracolari di Matthaios Cfr. Traduzione e messaggio del “Padre nostro” di Matteo …
Il terzo, connesso col secondo ed aggrovigliato come un rigoglioso cespuglio ereticale, in forma di polloni alla base del tronco nazireo, è il periodo dell’apostolato di Saulos-Paulos civis romano, visionario, mistico, misterico, ellenista tarsense, fariseo, strano philosophos, esponente di una diatriba cinica, col suo mantelletto e bastone di viandante, guaritore taumaturgico, un goes più che un sophisths, sempre contestato e continuamente punito e da autorità ebraiche e da quelle romane. E’ una fase trentennale di un ‘apostolato compromesso dall’irregolarità del personaggio ambiguo, portato a mirabili antitesi, innovatore, sentimentale, contestato sia da giudeo- aramaici che da giudeo-ellenisti, tanto da subire persecuzioni che tra l’altro- oltre alle ripetute punizioni con 39 vergate e ad una lapidazione- lo portano a due processi a Roma, dove il suo passaggio risulta di breve durata e di scarso valore, nonostante la morte per decapitazione sotto Tigellino e Nerone…
Il suo nome, infatti, è oscurato già alla fine del I secolo in epoca flavia e la sua lettera ai Romani sembra essere dell’inizio del II secolo, in epoca traianea o adrianea…
Il fatto che Paolo sia capace di rilevare l‘oikonomia divina e quindi di dare la possibilità di una lettura in senso profetico di una futura struttura ecclesiale romana lascia perplessi sia per la parte dottrinale che per quella morale e sorprende per la precisione terminologica…
Inoltre la giustificazione che avviene per mezzo della fede, indistintamente, per pagani e per ebrei, perché la salvezza viene da Dio, in una visione universale di Abramo, padre di tutti i credenti, in una liberazione generale dalla schiavitù del peccato, è una soluzione di un problema successivo, di altra epoca…
Perciò è difficile non dubitare dell’autenticità della lettera e non mettere in discussione il dato della tradizione cristiana che Febe, diaconessa del porto corinzio di Cencre, abbia portato a Roma la lettera scritta nell’invernata degli anni 57-58, mentre Paolo dovrebbe stare in Macedonia…
Lo stesso Paolo che afferma , da emittente, che neanche avrebbe dovuto rivolgersi ai Romani, perché la chiesa non è da lui fondata e nemmeno conosciuta, non è credibile, perché è un soggetto che non si serve della reticenza, come anche il saluto a persone a lui note- una trentina rispetto ad una popolazione di oltre 1 milione e mezzo di abitanti pagani, compresi i 50.000 ebrei- non ha valore indicativo e probante, ai fini della comunicazione epistolare…
Sorprende, quindi, la giustificazione gratuita senza le opere secondo la normativa mosaica, che fa pensare ad una lotta coi seguaci di Giacomo e ad una probabile successiva introduzione, nel corpo della lettera, di una fratellanza universale nel nome di Abramo secondo il pensiero occidentale di Girolamo e di Agostino…
Questo, però, fa trasparire la presenza di un ‘aggiunta del Signore al materiale iniziale di una probabile lettera di Paolo, recuperato, poi indirizzata ai Romani in epoca di Domiziano,( o ancora più tardi) mentre cresce la figura di Petros Kefa, alonato, e la sua missione romana ed occidentale ricomincia ad avere un qualche valore con il rilievo dei segni della decapitazione di Paolo sull’Ostiense, sotto il regno di Adriano, perdurante fino agli inizi del Regno dei Severi ed ha un nuovo significato di evangelizzazione orientale nelle grandi città dell’impero, specie ad Alessandria…
Secondo noi, la rivalutazione di Saulos Paulus a Roma, potrebbe essere avvenuta più nell’epoca di Callisto e di Ippolito romano che in quella di Damaso, dato lo stretto rapporto della colonia romana con le metropoli orientali, nel II secolo…
Senza tentare di trovare soluzioni, ma rilevando solo una differenza di pensiero della tradizione paolina, secondo la lettura di Origene…riteniamo possibile qualche aggiustamento tematico e morale in un momento di crisi religiosa, capitata nel contesto romano nel passaggio dagli antonini ai severi…
Comunque, in quell’epoca si fa rivivere la attività itinerante di Paolo, imitata, per le province orientali, e perfino viene ripreso ed esaltato il tentativo negli ultimi anni neroniani di una svolta verso occidente, il suo amore per il rischio nei viaggi, la sua fede incrollabile nel suo mandato personale e nell’investitura divina; vengono rilevati i tradimenti dei compagni di viaggio, il rovesciamento culturale col paradosso e con l’elogio della pazzia, che diventano per i didaskaleia alessandrini e per Origene, espressione di una ricerca sublime di un mistico esaltato, da connettere con la tradizione giudaica esegetica filoniana.
Nel complesso tutto questo mondo evangelico con Filone e col ripescato Paolo si precisa alla fine del regno di Domiziano e agli inizi del principato antonino, mentre a Roma si forma il mito di Pietro, a cui si comincia congiungere sotto Antonino il Pio e Marco Aurelio la figura magico-cinica di Paolo, con un riconoscimento della sua missione apostolica tra i pagani e giudeo-ellenisti, distinta da quella petrina, ancora legata alle sedi orientali, specie Efeso ed Antiochia… Questo quarto momento è connesso con le pullulazioni della setta christiana nel bacino del Mediterraneo e nell’interno anatolico e macedonico e perfino balcanico, mentre si precisa in epoca gnostica un altro pensiero cristiano, quello giovanneo efesino apocalittico, che circola insieme con le tante proliferazioni di scritti apocrifi , specie in Egitto, lungo le due maggiori linee nilotiche, così da costituire una nucleo disarmonico scritturale, non omogeneo, ma tale da indicare il corpus di una tradizione evangelica con metodo relativo, corrispondente al fine che ciascuna ecclesia si prefigge secondo canoni propri di ogni scrittore, condizionato dalla cultura locale periferica …
Si ritiene che ad una fase iniziale orale, senza scrittura sia in aramaico che in greco, segue una fase di scrittura evangelica sinottica greca unitaria (cfr. J.J.GRIESBACH in Oralità e scrittura dei Vangeli), a cui succede, dopo qualche tempo, la fase d’insieme, di compimento e di perfezionamento di un tal Giovanni che manda un ulteriore messaggio diverso rispetto a quello unitario degli altri evangelisti (Marco Luca e Matteo), la cui lezione giustamente è detta secondo Matteo (Kata Matthaion ecc)…
Giovanni( non certamente Giovanni il discepolo prediletto) scrive intorno al 130 epoca in cui oggi si colloca il papiro del Fayum (Ossirinco) della biblioteca di Roland Ryland publicato da C.H. Roberts contenente un brano proprio di Giovanni in cui si parla del dialogo di Gesù con Pietro (Gio. 18,31-38)…
Infatti si può arguire che quanto scritto ad Efeso sia in circolazione da poco anche in Egitto e in Africa in quanto Studi paleografici hanno fissato la datazione non oltre il 150 d.C e non prima del 130 d.C. in circa un ventennio, in considerazione del papiro usato, della grafia e del sistema a colonne.. ..
Perciò i redattori della Nuovissima versione della Bibbia dai testi originali (gennaio 1983) ritengono invece che si sono succeduti tre stadi anche se non ne sanno precisare i termini storici e tanto meno i reali contenuti, in quanto trascurano il dato storico del Malkuth..
Noi cerchiamo, a differenza loro, di rilevare i periodi e di mostrare secondo ordine, in modo di precisare i singoli momenti storici e rinviamo alle nostre analisi sia a Giudaismo romano che ad Jehoshua o Iesous?, a Ma, Gesù chi veramente sei stato ? e a Per una conoscenza del Primo cristianesimo .
La vita storica di Gesù che va dal 7 a.C fino alla Pasqua del 36 è tutta da documentare secondo fatti accaduti realmente e le sue parole, se veramente dette alla presenza dei cosiddetti discepoli (apostoli) devono essere ricollegate nella sede contestuale di origine altrimenti il valore cambia nel quadro di una belligeranza ininterrotta tra il giudaismo e la romanitas, della proclamazione di un malkuth e di una venuta del Messia : è un periodo sconosciuto, nonostante i tanti scritti, di cui niente è effettivamente certo, in quanto tutto è stato letto in una chiave religiosa e mitica, poiché alonato da un senso di mistero e di divino, dato come certo e credibile, non razionalizzabile e quindi custodito come tesoro intoccabile, segreto….
Lo studio per la la datazione reale dei vangeli in nostro possesso, attualmente sulla base storica, su quella letteraria e culturale, potrebbe produrre come risultanza: Marco – distinto dal Protomarco databile tra il 74-94 come il Matteo di cui parla Papia, aramaico, scritti dopo un lungo periodo di vita nell ‘oralità gerosolomitana, con due differenti codici, il primo circa la Vita e l’altro circa le Parole – e Matteo greco risultano tra la fine dell’impero flavio e l’inizio degli antonini, mentre Luca ( o chi altro ha rivisto e pubblicato l’opera del medico antiocheno ) è da collegarsi con gli ultimi anni di vita di Giulio Erode Agrippa II…
Un discorso a parte merita Giovanni, di cui abbiamo già detto in altra sede…