I qainiti e le tasse sotto i figli di Erode
Marco, è difficile, direi, impossibile spiegare ad un Cristiano praticante la nascita in Giudea di Gesù all’epoca dell’ apographh e il suo successivo domicilio in Galilea, al ritorno dall’Egitto, e mostrare la sua infanzia tra i qainiti, tra muratori ed artigiani, manovali, nel contesto di un clan patriarcale, numeroso, composto da molte famiglie, che riconoscono i diritti del primogenito Ioseph bar Iakob, di Mattan, di Eleazar secondo la genealogia di Matteo (Vangelo, I,25), nel 6 d. C.
Professore, lei parla di Giuseppe, il creduto padre putativo di Gesù/ Jehoshua/Iesous – suo figlio naturale, invece – come di un patriarca, architetto imprenditore, che gestisce una comunità di qainiti e non di un umile falegname che , nel 4 a.C., è andato a Bethlem con la moglie incinta per il censimento, secondo il decreto di Augusto, applicato da Sabino, all’epoca della morte di Erode e della spartizione del regno, diviso dai romani tra Archelao etnarca di Iudaea (Giudea, Idumea e Samaria), ed Erode Antipa, tetrarca di Galilea e Perea e Filippo, tetrarca di Iturea ed altre zone, mentre a Salome viene concessa la zona costiera con Iammia ed Azoto, quando infuria una rivoluzione su molti fronti, ricordata anche da Tacito- Historiae, V- oltre che da Flavio (Guerra giudaica II,4 ed Antichità Giudaiche XVII).
Marco, Giuseppe è un uomo di cultura aramaica, che ha altri figli Giacomo, Simone, Giuda e il piccolo Giuseppe e due figlie (Asha ed Asia, di cui si parla anche nei Vangeli (Marco, 6,1-6; Matteo 13,53-58; Luca 4,16-20) e forse altre mogli, oltre a Maria. Bisogna correggere la figura del padre di Gesù, che è il capofamiglia di un clan con molti parenti, che è responsabile di una comunità con altre famiglie di qainiti, che lavorano insieme e mettono in comune il guadagno in un’unica cassa comunitaria, e che vivono in accampamento, in tende, secondo l’uso mesopotamico, non in casa di pietra, come i cananei: l’ aramaico Jehoshua è uno della tribù che, avendo una specifica professione, quella paterna, la segue da quando diventa bar mitzvah/ figlio del precetto, al tredicesimo anno e un giorno, nel 6 d.C, quando inizia la nuova stasis/rivolta contro i Romani proprio in Galilea a seguito dei veementi rimproveri di Giuda il gaulanita- figlio di Ezechia, – un edim/martire aramaico, un rabbi, un maestro della legge/sophisths, fatto uccidere da Erode giovane epimeleths – che ricorda che ogni giudeo è figlio di Dio, suo erede, e che ha un solo padrone celeste e non uno terreno, straniero!
Ai qainiti tassati e a Giuseppe architetto, il capo riconosciuto del clan, il monito di Giuda è esortazione a dare la vita per la legge mosaica, a combattere per la libertà, a scuotere il predominio straniero, ora che i romani, esautorando l’erodiano Archelao, non ripristinano la vecchia monarchia asmonea, ma annettono la Iudaea, come territorio tributario all‘imperium ed impongono, come padroni, il pagamento delle tasse /apotìmhsis!
Comprendi che, perciò, Jehoshua non può aver detto mai date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio (Mt. 22,15-22 ), come ben ho dimostrato in molte occasioni.
Professore, ho letto il suo articolo Gesù, Meshiah aramaico, methorios, o politikos, fondamentale per conoscere il pensiero politico, rivoluzionario ed asmoneo di Giuda il Gaulanita! Non è facile capire questo, comunque, per un cristiano educato fin da bambino a considerare Gesù figlio di Dio, nato da Maria, vergine madre di 14 anni, per opera dello Spirito santo, custodita nelle sua purezza verginale da un vecchio artigiano / Qain/tektoon che pur originario di Bethlem, vive a Nazareth col suo lavoro!.
La mia, Marco, è un’altra storia, incredibile, anche se ci sono dati precisi storici, ancora più sospetta perché frutto di una ricerca cinquantennale aramaica, fatta da un traduttore non digiuno di lingue antiche, che ha studiato una categoria di costruttori professionisti, mai esaminati nello specifico lavoro, nella loro organizzazione piramidale e nel sistema di contratti per chiamata, da parte di dioichetai, amministratori regi di Erode Il grande o dei suoi figli e nipoti, che hanno lasciato opere monumentali e che hanno costruito intere città, di cui parlano anche i Vangeli, come dimostrato in altre sedi.
D’altra parte la storia dei qainiti è già legata alla famiglia degli asmonei, anche loro datori di lavoro, perché costruttori di fortezze e di città, certamente inferiori per mezzi alla dinastia erodiana, che partecipa agli utili del gazophulakion templare coi romani, ben assistita e patrocinata dalle trapezai oniadi alessandrine e dai gestori ellenistici commerciali come l’alabarca di Egitto, oltre che dagli imperatori di casa giulio-Claudia, connessa col sistema bancario alessandrino. (Cfr. A F., Caligola il sublime, Cattedrale, Ancona 2008).
Infine la stessa tecnica di rilievo analitica diventa un impedimento a chi è abituato, non all’esatto termine aramaico o greco o latino, proprio di un lavoro filologico ed etimologico, referenziato e denotato, ma solo alla parola retorica e mitica! Sappi, comunque, che la rivoluzione viene stroncata da Quintilio Varo che interviene in favore di Sabino, incaricato del censimento e ne abbiamo parlato ed abbiamo accennato anche alla distruzione di Sepphoris, ad opera di un Gaio – non ben identificato-, amico di Quintilio Varo (Flavio, Guer. Giud., II,68 :Gaion hgemona toon autou philoon, os tous te upantiasantas trepetai kai Sepphoorin polin eloon authn men empiprhsi, tous de enoikountas andropotizetai/ diede parte dell’ esercito a Gaio comandante, uno die suoi amici, che, piegata la resistenza prese la città di Sepphoris e la diede alle fiamme, facendone schiavi gli abitanti).
Professore, lei parla poi dell’altra rivoluzione nel 6 d. C., quella guidata da Giuda il Gaulanita, un sophisths /dottore, – insieme ad un non ben definito Sadoc – quando Augusto esautora Archelao e invia a reggere la Iudaea il procuratore Coponio, un praefectus cum iure gladii sotto la sorveglianza dell’ epitropos di Siria Sulpicio Quirinio (cfr. La nascita di Gesù, cit). Lei mostra la figura – in relazione a quanto scritto da Flavio in Guer Giud., II. 8.1 e in Ant. giudaica XVII – del figlio di Ezechia, fondatore dello zelotismo, in epoca erodiana, iniziale – rilevando un fenomeno, costituitosi per affermare l’integralismo giudaico religioso, basato sul culto di un unico Dio, come non riconoscimento della legittimità delle tasse imposte ad un figlio di Dio, cleronomos/erede del malkuth, nella sua stessa terra, da estranei, come volontà di resistenza militare con la formazione di un partito politico – airesis – che rifiuta di chiamare sovrano nessun altro mortale, se non Jhwh, padrone celeste?
Marco, io leggo attentamente le parole di Flavio che sottendono non solo un movimento religioso integralista ma anche una rivolta contro il sistema censitario di Roma che considerando la Iudaea ormai pacificata ed integrata nel sistema imperiale, applica l’apotìmeesis, la reale riscossione dei tributi in relazione alla dichiarazione scritta, fatta un decennio prima, – come fa poi Gaio Germanico, padre di Caligola, in Gallia, anche dopo la sconfitta nel 9 d.C. , ad opera di Arminio, di Quintilio Varo, che la stava facendo in Germania- : kakizoon ei phoron te Romaiois telein upomenousin kai metà ton theon oisousi thnhtous despotas/ colmando di ingiurie (i suoi ), se avessero continuato a pagare il tributo ai Romani e ad avere, oltre Dio, padroni mortali.
Già con la rivolta, sedata da Varo, il sentimento antiromano si era moltiplicato a causa della feroce repressione culminata con la crocifissione di 2000 uomini e con la fuga di molti, tra cui Giuseppe, che, coi suoi, era andato in Egitto, ma ora, dieci anni dopo, al momento dell’ attuazione dell‘apotìmeesis, cioè alla riscossione di denarii da parte dei pubblicani, seguiti da scribi delle varie eparchie, e da schiere di cavalieri e da carri per il sequestro dei beni, in caso di mancanza di liquidi, è uno spettacolo inconsueto per un aramaico, figlio di Dio, non tributario di un padrone terreno!
Dunque, Marco, vedendo il legame tra apographeè ed apotìmhsis, metto in relazione Giuseppe capo di un clan, fuggito in Egitto e poi tornato in Galilea, – perché forse richiamato dal tetrarca Erode Antipa, desideroso di ricostruire la capitale del suo regno, grazie all’opera di qainiti – con il vangelo di Matteo che parla di un’apparizione di un angelo al padre di Gesù, che gli dice di tornare in Israele, ma non di stanziarsi in terra giudaica sotto Archelao, ma in Galilea, sotto Erode Antipa, a Nazareth (Mt.2.19-23). E, quindi, sapendo del ritorno in patria del tekton, conoscendo la necessità di ricostruzione di Sepphoris del tetrarca e l’attività precedente costruttrice anche di Archelao, non mi è stato difficile collegare la residenza a Nazareth, località poco distante da Seffhoris, con la costituzione di una grossa squadra di prezzolati oikodomoi, di lithotomoi e di tektones, riunita in un campo non lontano dai due centri urbani, agli ordini di un capomastro qainita, capace di costruire un’ intera città nel giro di un quinquennio (Cfr. Giulio Erode sovrano costruttore in www.angelofilipponi.com).
Professore, dalla sua associazione si evince la reale possibilità di una rivolta da parte di operai di Seffhoris, non pagati, già eccitati dalla parola di Giuda al non pagamento delle tasse agli esattori romani, perché sudditi di un sovrano celeste, che non impone tributi ai suoi figli che sono eredi /cleronomoi !?
Non lo si può dire con esattezza, ma è probabile che l’insurrezione sia in relazione ai tafferugli/tarachai, sorti precedentemente in terra giudaica nel 1 d.C. , subito dopo il trattato tra parthi e romani a Zeugma tra il re dei re Fraate e il giovanissimo dux, erede al trono romano, Gaio Cesare circondato dal suo consilium principis, costituito da Lollio e da Quirinio, quando Tiberio è in esilio a Rodi, allorché Archelao, avendo bisogno di liquidi, anticipa l’apotimhsis, col supporto delle truppe romane e fa scoppiare la rivolta tra gli operai intenti alla fondazione di una citta chiamata Archelaide e alla ricostruzione del palazzo asmoneo di Gerico: sembra che l’etnarca paghi una metà di quanto dovuto, sottraendo l’altra metà come imposta e tributo da inviare a Roma! Archelao giovane, poco avveduto in campo finanziario, non ben consigliato dai dioichetai, reprime nel sangue i tanti lamenti di qainiti che contestano la legittimità di pagamento in relazione a quanto stabilito all’inizio dei lavori (Cfr. Il Vangelo di Luca e gli amministratori in www.angelofilipponi.com )!
A questo pagamento decurtato seguirono nel Tempio di Gerusalemme altre tarachai nel periodo delle feste pasquali e di quell’anno ed anche nei successivi anni, come rievocazione dei fatti e come memoria dei morti, quando già l’impresa di Gaio stava andando non più bene, essendo stato il principe ferito ed non essendo più in grado di gestire l’imperium proconsulare maius e non sapendo limitare i suoi legati, dopo il ritiro a Limira in Cilicia!
Sembra, Marco, che Erode Antipa, trovandosi a corto di liquidi, imiti il fratello nel pagamento ristretto, rompendo i patti coi qainiti, per cui questi, seguendo Giuda, smettono le attività murarie, lasciandole incomplete ed iniziano la guerriglia in Galilea, proprio quando è in atto la riscossione dei tributi da parte di pubblicani!
Professore, dunque, la rivolta del 6 d.C. di Giuda e di Sadoc, quando Gesù diventa bar mitzvah è da mettere in relazione con una questione finanziaria ed economica, connessa, comunque, con l’ideologia messianica?
Certo Marco! Anche dopo la sconfitta e l’uccisione di Giuda il gaulanita ad opera dai milites di Sulpicio Quirinio, epitropos ths Surias, prontamente intervenuto per ristabilire l’ordine e in Galilea inferiore e in quella superiore, e in zone circonvicine, per fare applicare la nuova costituzione giudaica in Giudea, ora annessa all’impero romano, secondo gli ordini congiunti di Tiberio, richiamato a Roma, e di Augusto.
E Giuseppe? e i qainiti?
Marco, anche i romani capivano che Giuseppe – o suo padre Jakobos o suo nonno Mattan – era un capo artigiano e che i qainiti erano solo operai che lavoravano e che volevano essere pagati secondo contratto. Forse, furono sparpagliati perché il loro numero consistente costituiva un pericolo e poteva generare qualche grosso tumulto difficile da reprimere!
Si può pensare che Gesù e il padre rimasero nella zona con un gruppo diminuito di famiglie qainite, mentre quelle più compromesse, rifugiatesi in Iturea e Traconitide, ingrossarono il numero degli irriducibili lhistai.
Marco, queste notizie non sono presenti solo in Flavio, ma anche in Cassio Dione, Storia romana, IV, 27,6 e, poi, in autori cristiani e dànno informazioni, puntuali, a distanza di decine di anni o di secoli e, quindi, sono da sottoporre a studio. Comunque, l’insurrezione si chiude con una riforma in quanto si istituisce la sotto provincia di Iudaea dopo l’esperimento di Augusto di seguitare a dare un re legittimo ai giudei della stirpe di Erode – un fedele re socius, buon amministratore ( A Filipponi, Jehoshua o Iesous? ,Maroni, 2003)!-.
Flavio, infatti, così scrive riassumendo i fatti e facendo una sintesi di circa otto anni, perché tratta del periodo 6-14 d.C.: ths Archelaou d’ethnarchias metapesoushs eis eparchian oi loipoi, Philippos kai Heroodhs o clhtheis Antipas, diooikoun tas eautoon tetrarchias, Saloomh gar teleutoosasa Iouliai thi tou Sebastou gunaiki, thn te auths topachian, kai Iamneian kai tous en Phasaeelidi, phoinikoonas katelipen . metabashs de eis Tiberion ton Iulias uion ths romaioon hgemonias, meta thn Augoustou teleuthn….diameinantes en tais tetrarchias o Heroodhs kai Philippos, o men pros tais tou phgais en Paneadi polin Kaisareian, kan thi katoo Gaulanitikhi Iouliada, Heroodhs d’en the Galilaiai Tiberiada, en de thi Peraiai pheroonumon Ioulias/ trasformata l’etnarchia in provincia, gli altri Filippo e d Erode detto Antipas, continuarono a governare le loro tetrarchie, Salome invece morì e lasciò in eredità a Giulia la moglie di Augusto la sua toparchia con Iammia e i palmeti di Faselide. Alla morte di Augusto … rimaste le tetrarchie in possesso di Erode e di Filippo, l’uno fondò una città di nome Cesarea, presso le fonti del Giordano in Paniade ed un’altra di nome Giuliade nella Gaulanitide inferiore; Erode fondòTiberiade in Galilea e nella Perea un’altra città, che gli ricordava il nome di Giulia (Guer. Giud., 9.1,167-168).
Sembra che Flavio voglia sottendere, col marcare l’attività costruttrice dei figli di Erode, ora protetta anche dal procuratore romano di Giudea e dalle sue truppe, che i qainiti e quindi, Giuseppe e Gesù, abbiano lavoro assicurato, anche se permangono le solite questioni circa il pagamento e persista il clima antiromano proprio degli aramaici che, avendo una cassa comune, hanno minori entrate che non permettono un dignitoso sistema di vita, che risulta, comunque, accettabile rispetto a quello degli altri ceti operai e alle condizioni generali popolari. Flavio parla prima solo del periodo dei figli di Erode ma, poi, trattando del ramo misto asmoneo-erodiano della stirpe di Aristobulo, figlio di Mariamne di Hyrcano, mostra l’ascesa progressiva al potere di un erede cadetto, sostenuto prima dallo zio cognato Erode Antipa, poi, dal Governatore di Siria Pomponio Flacco ed infine da Gaio Caligola e da Claudio, evidenziando l’iter di un civis romanus, che giunge al trono seguendo il modello del nonno Giulio Erode il filelleno.
Per questo, professore, lei ha ipotizzato nel romanzo storico L’Eterno e il Regno, l’incontro tra Erode Agrippa, agoranomos in Tiberiade e il costruttore architetto Jehoshua, che lavora per ordine di Erode Antipa e che poi viene inviato in Egitto alle dipendenze dell‘alabarca di Egitto, Alessandro (Cfr. Alabarca in www.angelofilipponi.com)!
Già negli anni ’90, Marco, ipotizzavo un Gesù aramaico costruttore indipendente anche se per mestiere doveva accettare ogni lavoro dagli erodiani e dai sadducei, e dai banchieri ellenisti. Certo la scoperta di Giulio Erode Agrippa, a seguito della traduzione di Legatio ad Gaium, e poi degli ultimi tre libri di Antichità giudaiche, mi autorizzava a tirare qualche pertinente conclusione sui datori di lavoro In Giudea, in Siria e in Egitto (e anche in Parthia cfr. Methorios!) e sui qainiti e a d ipotizzare una certa fama di Jehoshua costruttore, utile ai fini di una scelta messianica ad opera di esseni e di farisei, come proposta al re dei re Artabano esule, da parte del re giudeo adiabene Monobazo e del figlio Izate, di una nomina a maran/re /basileus di Giudea nel periodo postseianeo 32.-36! (cfr. A.Filipponi, Giudaismo romano I, e II, ebook Narcisuss 2012).
La vita , sconosciuta dai tredici fino a trenta anni, prendeva corpo, di Gesù, di un architetto che, seguendo il mestiere paterno, raggiungeva una certa notorietà tanto da aver l’incarico di costruire nel 28 d.C. Tiberiade da Erode Antipa e da Erodiade, ora moglie del tetrarca, che, compiendo un’azione illegittima, esecrata dagli aramaici e da Giovanni Il battista -che proteggeva i diritti della moglie legittima, Dasha, figlia di Areta IV- ceduta a lui dal fratello maggiore Filippo, figlio della figlia di Boetho, allora domiciliato a Roma!.
Professore, ora mi è chiaro l’odio di Giovanni il battista che considerava illegittimo il matrimonio per il levirato e capisco l’ostilità di Areta IV contro Erode Antipa, che ha il coraggio di riportare in patria la nipote, come moglie con la pronipote Salome, destinata come sposa al fratello Tetrarca ituraico, ben sapendo le conseguenze dell’anathema farisaica ad Archelao, che aveva sposato la vedova del fratello Alessandro – dopo il ripudio da parte di Giuba II di Mauritania -, Glafira, figlia di Archelao di Cappadocia!
Lei cuce gli avvenimenti storici e mostra i collegamenti nei tanti passaggi di potere in Giudea e in Galilea e nel frattempo mette in luce una classe sociale ignota, e rileva aspetti nuovi mettendo in contrasto la musar aramaica e la paideia greca, per cui si riesce a vedere porzioni della possibile vita di un ebreo aramaico, molto diversa da quello di un ebreo ellenistico, romanizzato.
Marco, sono contento che tu e i tuoi compagni di classe possiate capire qualcosa del mio studio sulla cultura ellenistica, ed anche su quella aramaica dei qainiti, della cui opera penso che vi siano segni in Israele e in Giordania visibili anche nelle rovine di Sepphoris / Diocaisareia / Autocritis e in quelle di Tiberiade!.
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Seffhoris, un pavimento