Giulio Erode,il Filelleno
A Stefano -Keter, mio prezioso speciale nipotino! Ou pan men blaptei /Non tutto viene per nuocere … pan de chrhston/tutto invece serve!
VI. Giulio Erode Archelao, figlio di Erode
Giulio Erode è turannodidaskalos di Augusto?!
Per me, professore, è una bomba dire che Erode è turannodidaskalos di Augusto! lei mi rovescia i canoni di valutazione!.Eppure già questo mi anticipava in Erode e la siccità! Questo messaggio, improponibile, mi voleva mandare quando mi parlava della figura di Gaio Giulio Cesare Ottaviano secondo Plinio il vecchio? quando mi diceva della statua colossale di Ottaviano Augusto e di Roma, a Cesarea Marittima, paragonate rispettivamente a quella di Zeus ad Olimpia, opera di Fidia, e a quella di Hera ad Argo, di Policleto?
Non le sembra esagerato ed azzardato servirsi di un termine- usato dagli storici per gli amici di Caligola, Erode Agrippa ed Antioco di Commagene, conoscitori della Basileia, plaudenti alla neoteroopoiia del giovane imperatore – ora, circa il periodo tra il 23 a.C- 11 a.C., un cinquantennio prima?
No, Marco. Ho precisi motivi e razionali argomentazioni da addurre,- come già ho fatto in I Commentari storici di Strabone-: io, allora, parlando degli anni 37-41 d.C., evidenziavo il desiderio di regnare di un giovane imperatore, che si serviva dei consigli politici di Erode Agrippa e di Antioco di Commagene e di un gruppo di intellettuali alessandrini, che allestivano giochi popolari e facevano la propaganda per l’ektheosis; ora, invece, ti voglio mostrare, in un preciso quindicennio, l’operato di Erode prima, davanti al genero di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa, famoso non solo per le imprese militari ma anche per la costruzione del Pantheon, – dove aveva posto la statua sua e quella del suocero- venuto a trovarlo a Gerusalemme, perfino, e poi, davanti ad Ottaviano Augusto ancora alle prime esperienze di basileia, specie nel periodo di Samo e in quello di Aquileia, dopo il matrimonio di Tiberio con sua figlia Giulia, rimasta vedova, a seguito della morte del marito, l’anno prima!
Chiaramente, sottendo tutta la simbologia alessandrina, collegata con la basileia e con la sebasteia, a me nota tramite il lavoro di traduzione di Legatio ad Gaium, presente in altra forma e significato nel coniugium illecito di Cleopatra ed Antonio -cfr. Cleopatra ed Antonio -www.angelofilipponi.com – celebrato come ierogamia di Dionusos ed Iside.
Io tratto di specifici momenti in cui si attua la basileia orientale da parte dell’imperator Augustus, ancora incerto in Occidente davanti ai cives, ai patres e agli equites ancorati ai principi tradizionali quiritari!
So, però, che tale propaganda, di stampo antoniano – ancora esistente sotto Tiberio e Gaio Giulio Cesare Germanico Caligola- è neutralizzata in epoca augustea e cambiata in relazione al titolo di Sebastos/augustus, poi sostituita da quella del giusto Ieros gamos di Augusto con Roma, chiara nell’opera di Virgilio dell’Eneide, in cui si rileva l’infausto coniugium del Pius Aeneas con Didone prima e, poi, quello legittimo con Lavinia, voluto dagli dei: le iustae nuptiae sono evidenti prove monarchiche nella rappresentazione statuaria dell’imperatore e della personificazione di Roma, opera di artisti alessandrini a Cesarea Marittima!.
Lei quindi vede due fasi: una più o meno collegata con la precedente propaganda antoniana ed un’altra impostata sul significato di iustae nuptiae?
Marco, Erode con la sua visione celebratrice del Sebastos è iniziatore della seconda fase elogiativa divina, con cui viene legittimato il potere di Augusto, così riconosciuto e venerato dal senato, che di conseguenza è obbediente alla sua volontà! Da Erode inizia il riconoscimento con venerazione delle province e dei re socii, dei popoli- pagani, greci e romani, giudei aramaici e giudei ellenisti- nell’occasione delle celebrazioni di Torre di Stratone ricostruita, nota come Cesarea/Sebaste, e del Tempio di Sebastos/Augustus con la ierogamia del Sebastos imperator nikhths con la Res publica, personificati nelle statue colossali di Ottaviano e di Roma!.
Comincio ad intuire qualcosa e comprendo meglio. Forse finora non ho badato ai termini.!Seguiti?
Marco, Erode con questo monumento marmoreo e con altri, posti a Banias sul Monte Hermon – già nel 20 a.C- ed altrove nel suo regno, collegati anche al culto del dio Pan, è turannodisdaskalos per Ottaviano, risultando maestro di monarchia, propositore di una theoria monarchica che congiunge la basileia orientale col militarismo dittatoriale romano, in una ripresa dell’idea antoniana di Regnum divino.
Per lei, quindi, un filelleno, come Erode, rappresenta, proprio nella raffigurazione della coppia divina, l’ideale di monarchia assoluta, tradotta in un culto pratico, essendo già conformato in tal senso dalla propaganda antoniana alessandrina?
Per me, Marco, Erode, grazie agli alessandrini e allo scriptorium di Nicola di Damasco, può avere elaborato una theoria per evidenziare la congiunzione tra romanitas e paideia greca, che viene applicata nella statuaria monumentale, con la imitazione di Fidia e di Policleto per il volto e il fisico atletico, militare, e con la decorazione figurale della corazza dell’imperatore e del suo genius.
Lei ha già presente qualche statua di Augusto?
Certo io seguo e sviluppo la lezione di Ranuccio Bianchi Bandinelli, –Archeologia e cultura, Editori Riuniti 1979- mio insegnante all’Università di Roma e penso all’Augusto di Prima Porta!
Insomma, per lei, Erode e il suo scriptorium alessandrino, sono maestri di Tirannide come forma monarchica,voluta da Ottaviano, a lungo incerto, come mi ha spiegato in Incitato, il cavallo di Caligola ?! In questa fase di incertezza del dictator lei vede un Erode propositore con la statuaria – un’arte minore! – di una monarchia assoluta su basi divine!.
Marco, io suppongo che sia così! Non è detto, però, che Erode sia effettivamente un maestro di tirannide monarchica – che potrebbe essere un’alternativa orientale all’ideologia occidentale del principato augusteo del circolo di Mecenate – anche se ho molte argomentazioni a favore, con qualche prova tanto da aumentare le probabilità di una possibile realistica interpretazione. Una prova implicita è nei quattro anni successivi il fatidico 27 a.C. -anno dell’acclamazione senatoria a sebastos /augustus, in cui Ottaviano, sofferente per una malattia epatica, va a compiere personalmente una spedizione nella zona pirenaica contro i Cantabri ed altre popolazioni, dopo aver restaurato le strade, specie la via Flaminia, mentre gli venivano fatte delle statue poste una sul ponte nel Tevere e una a Rimini, probabilmente vicine ad archi, secondo il sistema realistico romano, non idealistico ellenistico. In quella occasione, in effetti, aveva intenzione secondo Dione Cassio ( St.Rom. ,LII,23) di fare una spedizione in Britannia ma, poi, vista la situazione di ribellione in Gallia, ed, attenuatisi i fermenti insurrezionali britannici, sposta il centro operativo in Spagna, mentre è console con lui Statilio Tauro, allorché Agrippa consacra i Saepta (luogo di riunione dei comizi tributi e centuriati ) e Cornelio Gallo, richiamato dall’Egitto, accusato e processato, si uccide. L’impresa è complicata da ricorrenti coliche epatiche tanto che l‘imperator decide di guidare l’operazione da Tarragona e di curarsi con Antonio Musa, che gli consiglia un’altra dieta e un altro sistema di vita. Perciò, nel corso del suo nono consolato con Marco Silano, deve subire le imprese iniziali dei Salassi e poi contenere la ribellione dei Cantabri e degli Asturi, per, infine, servirsi di legati per affrontare decisamente i nemici. Sono scelti Terenzio Varrone, inviato contro i Salassi – che sono vinti e venduti, mentre viene fondata Augusta Praetoria per dare la terra ai pretoriani e ai veterani – e Gaio Antistio contro i Cantabri ed Asturi e subito dopo viene fondata anche Augusta Emerita -Merida- ad opera di Tito Publio Carisio, governatore di Lusitania, e dei legionari della V Alaudae e X Gemina.
A Tarragona, quindi, mentre si cura Ottaviano – stronca la resistenza dei nemici per legatos e fonda città col suo nuovo nome di Augustus/Sebastos, come sta facendo Erode con Cesarea Sebaste e con Samaria Sebaste!.
E’ questa una celebrazione occidentale, -anche se lontana da Roma- su probabile imitazione di quella orientale erodiana!
Non solo, Marco, ma Ottaviano provvede ad ingrandire il regno di Giuba di Mauritania, annettendo il territorio di Bocco, re di Numidia, da poco morto, e lo collega, di proprio arbitrio, a quello del re socio, marito di Selene, figlia di Antonio, fondando città! La stessa cosa fa alla morte di Aminta di Galizia, quando decide l’annessione all’impero romano di tutta la zona, comprese la Licaonia e parti della Panfilia! Ottaviano fa azioni autoritarie, personali, da Basileus sebastos!
Bene. Agisce da sovrano, professore, senza l’autorizzazione senatoria, avendo potere militare e il titolo di sebastos, propagandato in Oriente dai re clienti e specie da Erode costruttore!
Marco, in questo periodo, Ottaviano ha, infatti, di nuovo, anche il titolo di imperator dopo che il Legatus Marco Vinicio sconfigge i Germani, e i soldati gli decretano il trionfo: siccome egli decisamente rifiuta, secondo Dione Cassio – ibidem 26,5 – gli venne eretto un arco trionfale, presso le Alpi e gli venne accordato il diritto di indossare sia la corona che la veste trionfale, durante il primo giorno dell’anno!
Marco, è un grande munus poter iniziare l’anno con corona e veste trionfale, segno del possesso della tribunicia potestas e dell’imperium proconsulare a vita!
Dione mostra ora che Augusto, mentre torna nella capitale, ordina di chiudere il tempio di Giano e fa costruire il Pantheon, con molti simulacri di dei e di Marte e di Venere con la statua da imperator, con la mano destra alzata mentre fa l’adlocutio, con lancia nella sinistra e con una di Agrippa (Dione Cassio ibidem 27. 2).
Dione, in effetti, prima, dà una singolare spiegazione del nome: tutti dicono che Pantheon derivi dal fatto che vi sono molte statue di dei, ma la sola ragione è da imputare alla sua volta a cupola che rappresenta il cielo/ oti tholoeideis on tooi ouranooi proseoiken -ibidem-volendo mettere insieme cielo e terra, per propagandare uomo e dio nella figura unitaria di autokratoor e theos, poi spiega esattamente quello che avviene.
Lei mi ha spiegato in Incitato il cavallo di Caligola che Dione è interessato alla figura di Augusto, come modello per la domus severa! ora mi vuole mostrare Augusto come intermediario unico tra caelum e terra, secondo la tradizione mediterranea?
Certo. Devo precisare, comunque, che Ottaviano è sempre riluttante e teatrale: infatti Dione precisa che il principe rifiuta la proposta di Agrippa di porre la sua andrias/statua nel tempio- timoroso dell’opposizione dei senatori e dei loro rumores circa le imprese per legatos – ma infine permette che si metta quella del padre divus Caesar, autorizzando, comunque, anche di porre la sua e quella di Agrippa, nel pronao!.
Tutte queste azioni sono ordinate mentre fa il viaggio di ritorno da Tarragona. Solo dopo la partenza dalla Spagna – dove lascia Lucio Emilio come governatore, costretto a punire con amputazioni di mani e con la distruzione di fortezze i Cantabri e gli Asturi, di nuovo ribelli – autorizza la spedizione arabica di Elio Gallo governatore di Egitto, sostituto di Cornelio Gallo, avendo già in mente la divisione delle province in senatorie e imperiali, includendo in queste ultime Egitto, Siria ed Iudaea ed avendo già suddivisa l’amministrazione senatoria dell’erario da quella propria imperiale del fisco.
Anche se l’impresa arabica non ha esito positivo per molte ragioni e specie a causa del tragitto attraverso il deserto, delle malattie e della disidratazione dei soldati, anche se curati dai medici con miscuglio di olio e di vino, non c’è a Roma un minimo cenno di dissenso senatorio! All’impresa viene dato un valore non di penetrazione militare ma di apertura ai commerci con l’India, già avviati dagli emporoi giudaici da quasi un secolo!.
Dunque, professore, lei mi vuole dire che Augusto in quegli anni ha un potere dittatoriale grazie al titolo di Sebastos, mantenendo in continuazione il consolato fino alla decima volta con Norbano Flacco, prima di tornare a Roma?.
Si. Marco, quando è ancora console per l’undicesima volta con Calpurnio Pisone, come collega, però, si ammalò nuovamente ma questa volta, in maniera così grave da disperare della guarigione /ooste medemian elpida soothrias schein -Dione Cassio, St.Rom. LIII,30-.
Secondo Dione egli dispose tutto come se stesse per morire e riunì i magistrati, gli uomini più in vista tra i senatori e i cavalieri, ma in realtà non designò alcun successore/ diadochon men oudena apedeicse -ibidem-.
Dione -ibidem 30,1- , così aggiunge, mentre al suo capezzale sono la moglie Livia coi suoi due figli Tiberio e Druso e Ottavia sua sorella con il figlio Marcello e col genero Vispanio Agrippa, marito di Claudia Marcella: sebbene tutti si aspettassero che fosse stato prescelto Marcello per sostituirlo, dopo aver parlato un po’ con loro degli affari di stato, diede a Pisone le liste delle truppe e delle pubbliche entrate scritte su di un libro e consegnò l’anello ad Agrippa/ tooi men Pisooni tas te dunameis kai tas prosodous tas koinas es biblion esgrapsas edooke, tooi d’Agrippai ton daktulion enecheirise.
Quindi, pur dando l’anello ad Agrippa e preferendo l’amico al nipote, non nomina nessun successore ma solo divide i compiti in amministrativi e militari, secondo l’esempio di Alessandro Magno?
Bravo. Marco, Ottaviano ha come modello il grande macedone! D’altra parte per tutta la vita nega di voler creare un regime dinastico e sul punto di morte non potendo dare l’anello a Marcello troppo giovane, un neos che non ha meriti militari o politici, propende per Agrippa, vincitore di Nauloco e di Azio, benemerito come costruttore e come amministratore che, essendo benvoluto dall’aristocrazia repubblicana, ha il pieno consenso militare e popolare.
Professore, ma Augusto non muore e salvatosi con le cure di Antonio Musa coi bagni freddi e con bevande fredde/ psuchrolousiais kai psuchroposiais, riprende il potere proprio quando si ammala il giovane Marcello che, nonostante le cure dello stesso medico, muore nell’ottobre, celebrato dallo zio coi Ludi romani e con l’onore di un Teatro!
L’aver preferito Agrippa a Marcello, comunque, non è dimostrazione di non voler formare un principato dinastico: infatti non punisce Marcello – che si mostra ouk epithdeioos tooi Agrippai/ sconveniente in quanto acrimonioso e non immune da rivalità- ma invia Agrippa in Siria, temendo l’insorgenza di diatribh tis kai apsimachia/di una contesa o di scaramuccia.(Velleio,St., II,93,2 ;Flavio Ant Giud., XV,10,2,350; Svetonio Augusto 66, 3; Tiberio,10,1; Plinio St. Nat. VII,46, 149).
Augusto, quindi, ristabilitosi poi in salute, ha a cuore il nipote e non Agrippa?
Certo. In quei mesi estivi -in cui Ottaviano è guarito e torna alla politica, a Roma, mentre si ammala Marcello e poi muore-Agrippa – che non è andato in Siria secondo il mandato dell’imperatore, ha però obbedito, inviando al suo posto dei legati, a lui sottomessi perché anche lui ha l’imperium proconsulare maius –vive a Lesbo, in attesa degli eventi.
La situazione romana è davvero drammatica!. Cosa è successo subito dopo, nella capitale?
Così scrive Dione Cassio- St. Rom, LIV , 1,1-3-: nell’anno successivo durante il quale furono consoli Marco Marcello Isernino e Lucio Arrunzio, la città venne invasa da un ‘altra inondazione del fiume e tra l’altro molti monumenti furono colpiti dall’abbattersi di fulmini , come nel caso delle statue che si trovavano nel Pantheon, così da provocare la caduta della lancia dalla mano del simulacro di Augusto.
Dione aggiunge: i romani, oppressi dal dilagare della pestilenza/loimos -in tutta Italia si era propagata la peste e non c’era più nessuno che lavorava la terra e suppongo che anche nelle terre al di fuori della penisola, le condizioni fossero le stesse – addussero come spiegazione di questo flagello il fatto che in quel periodo Augusto non stava rivestendo la carica di console: perciò, vollero eleggerlo dittatore e dopo aver costretto il senato a riunirsi nella curia, lo indussero a votare questa misura straordinaria sotto la minaccia di dare fuoco all’edificio mentre i senatori vi si trovavano riuniti.
Non solo la morte di Marcello ma anche fenomeni naturali sconvolgono Augusto che deve come theos proteggere il bene comune, la romanitas, con la sua divina potenza: lui decide di richiamare Agrippa e di farlo sposare con la vedova di Marcello, sua figlia Giulia, di aver una linea di successione familiare e quindi inizia a mettere le basi per un regime dinastico, rifiutando di utilizzare l’altro ramo quello dei figli di Livia- accusata perfino di aver fatto qualcosa di male, sebbene indefinito contro Marcello per favorire l’ascesa di Tiberio e di Druso, già segnalatisi per le loro qualità-.
Dunque, Augusto dimostra di aver imboccato la strada del principato, scontentando la potente moglie, il suo partito aristocratico sostenitore dei giovani claudi, operando sempre per il bene del popolo!
Sembra, Marco, che Ottaviano operi per migliorare le condizioni di vita ai romani, flagellati dalla peste e spaventati dall’inondazione del Tevere tanto da stanziare denaro a sufficienza ed agire con grande umanità per soccorrere i cittadini, seguendo l’esempio di Erode anche lui oppresso, qualche mese prima, dallo stesso problema.
Ora Augusto, avendo 24 littori per la sua incolumità,-non dodici- non accetta la carica di dittatore ma quella di curator annonae sull’esempio di Pompeo Magno, non essendo riuscito né con le parole né con le preghiere a dissuadere il popolo perché ha la tribunicia potestas completa-con lo ius intercedendi, lo ius coercitionis, lo ius agendi cum plebe secondo Appiano CIV. V,132,548-549- e l’imperium proconsulare congiunto, non volendo suscitare l’invidia e l’odiosità propria della dittatura: infatti, ordinò che due uomini fossero scelti annualmente tra gli ex pretori .. per essere preposti alla distribuzione di grano – ibidem-
Il popolo è sempre al primo posto!
Avendo, dunque, i pieni poteri, fa la teatrale sceneggiata di stracciare la veste dittatoriale davanti al popolo e ai suoi littori: lui non ne ha più bisogno tanto che fa convalidare le leggi dal senato con un editto, anche se già poteva fare indipendentemente secondo la propria volontà, potendo fare tutto quello che desiderava ed evitare tutto ciò che non voleva- ibidem-.
Augusto ha un comportamento in Roma e in Occidente, un altro in Oriente dove l’imperatore equivale a Basileus che è nomos epsuchos dove c’è la differenza di natura tra il theos onnipotente perché divino e lo thnhtos, creatura mortale, uomo sottoposto. A dire il vero, a Roma si comporta solo demagogicamente, temendo il senato, mentre nelle province occidentali agisce con un fare dittatoriale!
Infatti, allontanatosi da Roma, dopo aver rifiutato il titolo di censore a vita, anche se regola ed abolisce i banchetti pubblici e le feste cittadine, nonostante abbia subito e represso subito il complotto di Cepione e di Murena -ne subirà altri nel 19 a.C. quello di Egnazio Rufo, nel 2 a.C. quello di Iullo Antonio -Dione, St. rom., LV,10, 12-16- nel 4 d.C. quello di Cornelio Cinna Magno -ibidem, 14,1.22 – nell’8 d C. quello di Lucio Emilio Paolo e di altri – va in Sicilia, per passare poi da una provincia ad altra, in Siria, seguendo l’esempio di Solone, nomotheta. In Grecia onora gli Spartani, che hanno salvato Livia, sua moglie nella guerra civile, ma punisce gli ateniesi perché filoantoniani!. E venuto a Samo, vi trascorre l’inverno poi sotto il consolato di Marco Apuleio e di Publio Siro si trasferisce in Asia, dove sistema ogni faccenda politica, senza trascurare la situazione della Bitinia.
In questo viaggio Ottaviano, come già Antonio, avendo l’omaggio degli asiatici e del re dei re – e più tardi anche una ambasceria, inviata dal re degli Indi a Samo- ha la reale percezione del suo essere monarca assoluto nei confronti dei re socii e dello stesso Fraate, comparato al livello dei reguli asiatici, imponendo ostaggi, dopo aver ricevuto le insegne perdute da Crasso e da Antonio, non con le armi ma mediante trattativa: il nomen di Augusto e quello di Roma hanno un’aureola divina, considerata la exousia il potere su tante genti In Oriente e in Occidente, in tutta l’oikoumenh!.
Professore, mi vuole dire che già tra il 20 e il 16 Ottaviano in Oriente ha atteggiamenti divini e forme simili ad un sovrano orientale ed accetta realmente il titolo di Sebastos, sovrano assoluto del Kosmos, già propagandato in ogni città ed isola ed evidenziato da Erode nelle sue costruzioni? a Roma tale comportamento era impossibile perché prosternarsi secondo proskunesis è atto servile non degno di un civis che non può sopportare per tradizione arcaica repubblicana un dominus/despoths!.
In questo clima orientale penso, Marco, che un filelleno come Erode, avendo una concezione universalistica dell’imperium romano, connessa ad un ieros gamos di un deus/theos colga la funzione imperiale tra Caelum /ouranos e gh/terra, desideroso di celebrare e di unire ulteriormente Occidente ed Oriente: il re giudaico nella sua grandiosità costruttiva, vuole realizzare un comune santuario in Cesarea Marittima tanto da essere paradigmatico per lo stesso princeps Romano, autokratoor katholikos.
Professore, per seguirla meglio, devo comprendere esattamente i fatti, su cui poggia una tale affermazione.
Marco, parto dalla inaugurazione di Cesarea /sebaste, costruita su una vecchia città, potenziata con un porto, abbellita di monumenti e specie del Tempio di Augusto con le due colossali statue dell’Imperatore e di Roma, simbolo di uno Ieros gamos, samio. Sappi che Erode fa le celebrazioni, non in Gerusalemme, città sacra religiosa, ma in una nuova città, popolata da pagani, greci e romani e da giudei ellenisti- non aramaici- di Augusto, il sebastos, il dio pacificatore del mondo, che ripristina l‘era suturnia, che instaura la pax/eirenh universale! Anche Erode si trova in una situazione difficile, dovendo mantenere la fides nel Dio altissimo della tradizione giudaico- aramaica della maggioranza della popolazione e contemporaneamente fare attestati di sudditanza alla maestà di Roma e del suo Imperator sebastos, caro ai pagani e ai giudei ellenisti!
Quindi, mi vuole dire che celebrando Ottaviano theos nella sua capitale commerciale, Erode dia esempio di basileia all’imperatore, iniziato ai misteri dello Ieros gamos?
Il coniugium tra l’imperatore e Roma è in relazione ai misteri samii, propri dell’Herarion ed è connesso con quelli di Olimpia – di cui allora Erode è presidente, desideroso di ripristinare i riti e riportarli all’antico splendore- !.
A Samo nel 16 a.C. riceve l’omaggio di tutto il mondo orientale e perfino quello di un’ambasceria indiana, essendo celebrato come l’onnipotente signore dell’Occidente e dell’Oriente, della Terra e del Cielo, come il Nikhths sooter, come euegeths theos specie dopo la rinnovata pax con i parthi.
A Samo, centro ideale del mondo Ottaviano Augusto- che sente di aver superato lo stesso Alessandro Magno- asseconda l’idea erodiana di fare del centro marittimo e portuale di Sebaste Cesarea un santuario comune per tutto l’imperium romano, la città sacra della domus Giulia, in un collegamento ideale coi riti sami!
Professore, non conosco i riti di Hera a Samo?
Marco, a Samo si celebravano ogni anno riti primordiali delle nozze di Zeus ed Hera, ma erano cerimonie molto più antiche preelleniche, che ricordavano l’incontro di una Divinità celeste con la Madre Terra!
In estate avveniva lo ieros gamos tra Zeus ed Hera, preceduto da un lungo corteggiamento alla dea vergine da parte del Dio che era sempre disdegnato, tanto che, adirato, la faceva imprigionare in un castello sotto le profondità marine da suo fratello Poseidone. Si narrava che la vergine dea, riluttante all’amore, si commosse solo quando il dio si mutò in gufo col pelo arruffato, infreddolito e quasi morente, e solo allora si decise a raccoglierlo e metterselo nel petto per ridargli vita col calore del suo corpo. Si celebravano allora le nozze del Dio e della Dea, la cui prima notte durò trecento anni di amore, che poi andò scemando ed iniziarono le scappatelle di Zeus, che facevano soffrire Teleia la signora perfetta, che iniziava a girare di terra in terra dimessa e triste come una vecchia, Chera, per tutto il periodo invernale: a primavera la dea si rigenerava tornando al suo splendore di vergine bella e desiderabile col nome di Parthenos, pronta per un nuovo gamos!.
E’ professore, una bella leggenda, un muthos dell’era saturnia, di un ritorno ciclico stagionale annuale della Madre Terra, proprio dei riti di Cibele, che consideravano solo tre stagioni secondo il costume Egizio! Lei pensa che Flavio sacerdote ebraico possa sottendere questo, mostrando l’ alta collina su cui sorge il tempio maestoso di Cesare ?
Marco, tu sai che le due opere Guerra giudaica( I,21,414) ed Antichità Giudaiche(XVI,339) hanno diversi telh,/fini, ma qui invece, sembrano concordi per indicare una precisa volontà di celebrazione saturnia da parte di Erode!
Ancora di più la concordanza appare possibile perché la cosa è fatta non a Gerusalemme ma a Cesarea ed inoltre risulta probabile perché il rito samio è adombrato nella corazza di Ottaviano di Prima Porta!.
In Guerra Giudaica Flavio scrive: su un’ altura antistante l’ingresso del porto, c’era un tempio di straordinaria bellezza e grandezza, con il colosso di Augusto, non inferiore a quella di Zeus ad Olimpia, da cui era stata copiata e della dea Roma eguale all’Era di Argo all’interno, mentre in Antichità giudaiche dice: in mezzo alle abitazioni che sorgevano ininterrotte costruite in pietra levigata c’era un monticello su cui poggiava un tempio a Cesare, visibile da grande distanza da quelli che veleggiavano verso il porto con la statua di Roma e di Cesare.
Sostanzialmente l’autore dice la stessa cosa e quindi sulla base del termine colosso- e non alla postura di un Zeus seduto e di Ottaviano eretto- si può pensare ad una statua di molto più grande di quella di Ottaviano di Prima Porta, ritrovata nella villa di Livia, probabilmente donata, come copia minore, di marmo, alla moglie dell’Augusto, da Erode in qualche particolare occasione.
Ricorda che Erode e la sorella Salome sono amici stretti di Ottaviano e Livia; ne abbiamo parlato varie volte!.
Professore, non conosco bene la statua di Ottaviano di Prima Porta. ma so che la statua di Fidia era alta 12 metri e quella di Policleto, non meno di 8 metri! Me ne può parlare?
E’ una statua romana ellenistica, di metri 2,04, opera di artisti alessandrini, che imitano per il volto e la figura atletica e militare il doriforo di Policleto, in una idealizzazione di Ottaviano (non certamente uomo aitante!) -in quanto piccolo di statura (neanche un metro e settanta) e valetudinario!- desideroso di assimilarsi ad Alessandro -anche lui idealizzato mediante la figura perfetta dell’amico Efestione-: si raffigura un giovane che porta una corta tunica ed ha la mano destra alzata come per un’ adlocutio militare, che ha una lancia nella mano sinistra- sul cui braccio cade il paludamentum che avvolge i fianchi -e che vicino al piede destro ha Eros sopra un delfino.
La statua mette in primo piano il militarismo di Cesare e la sua ascendenza divina in quanto figlio di Venere, e fratello di Eros, che risulta un suo genius protettore.
Il giovane rappresentato è loricato cioè cinto da una lorica di pelle, aderente al suo corpo scultoreo, che ha molti valori simbolici connessi con l’evento di un trattato col re dei Parthi Fraate, in una volontà propagandistica di avvento di pace di ritorno di un’era saturnia sulla terra, come dono del Cielo.
Mi descrive l’intero disegno impresso sulla lorica?
Nella parte superiore c’è la personificazione del Caelum– con sotto la quadriga del sole e con la luna, insieme a Phosphoros, sul lato destro -idealmente congiunto con la parte inferiore che è la personificazione della Terra/Tellus, alla cui veste si afferrano due bambini.
La parte centrale, invece, è dominata da Fraate, che concede ostaggi ad un generale, forse Tiberio, con un lupo.
Sotto questa scena sono raffigurate due donne piangenti: una a destra ed una a sinistra. Quella a destra, con cinghiale, ha un copricapo gallico -carnix- , l’altra, a sinistra, porge un parazonium sotto cui sono Apollo su un grifone e Diana su un cervo. Sembra che si voglia rappresentare la conquista della Gallia e della Spagna tra il 26-23- un’impresa compiuta parzialmente da Ottaviano Augusto per legatos, mentre la Terra coi due bimbi allude forse ai due figli di Livia, Tiberio e Druso conquistatori della Pannonia e Germania.
E’ chiaro che nella statua ci sono segnati episodi prima della morte di Druso, avvenuta nel 9 a.C, quando già i due claudi sono famosi e per la conquista della Pannonia l’uno e per quella della Germania l’altro, essendo, inoltre, ambedue ricordati come ktistai fondatori di Sepinum in Samnio – dove ci sono resti di quattro porte con iscrizione, foro e 20 colonne, una palaistra e un teatro con scena e cavea -.
Quindi, la statua di Ottaviano loricato potrebbe essere data come dono nel periodo del matrimonio di Tiberio?
Marco, non è escluso che all’epoca del matrimonio di Giulia nell’11 ad Aquileia Erode possa aver portato la statua di marmo, copia più piccola di quella di Cesarea, in omaggio a Livia nell’occasione della sua venuta in Italia con Alessandro ed Aristobulo, imputati di ribellione al padre, per un giudizio da parte di Augusto, che è a fianco di Tiberio, che dirige la campagna pannonica.
Comunque, la statua potrebbe essere stata regalata anche nel 17 a.C., nei giorni compresi tra il 31 maggio e il 3 giugno nel periodo dei ludi saeculares, a Livia, da Erode che viene a riprendere i figli, che studiano a Roma, probabilmente invitato dall’imperatore per la cerimonia, collegata anche con le Parilie festa della nascita di Roma !
I ludi saeculares di Orazio?
Si. Marco. Sono una festa religiosa antica che si rinnova ogni 110 anni, con sacrifici alla dea Tellus, ad Ilithia e alle Parche con spettacoli, con elargizioni di grano, orzo e fagioli ai cittadini che a sera portano fiaccole catramate e seguono Augusto che come quindicemvir, durante la notte, sacrifica da solo, mentre Agrippa con o senza Augusto fa sacrifici diurni.
Si cantò da parte di un coro formato da ventisette ragazzi e ragazze un canto amebeo- a voci alternate- il Carmen saeculare di Orazio!.
Erode potrebbe aver fatto coincidere il ritorno dei figli con la celebrazione della festa dei ludi saeculares e portato doni dalla sua terra come catrame e derrate alimentari, oltre alla statua di Augusto loricato per Livia, compensando in un certo senso quanto fatto da Augusto e dalla moglie che avevano finanziato i suoi giochi quinquennali.
Flavio dice che Livia con i suoi beni preziosi fa raccogliere una cifra non inferiore ai 500 talenti e che Ottaviano per dare lustro alle feste gli invia gran numero di gladiatori e di fiere e di cavalli da corsa e quanto di più magnifico si può vedere a Roma o in altre grandi località – Ant. Giud.. XVI,136-141-.
Erode, comunque, avrebbe potuto regalare la statua a Livia anche prima della sua morte, quando Salome col marito Alexas governa mentre il fratello è in uno stato di salute precario, prossimo a morte. Si è negli anni 5, 4 (3 ) a.C- anni oscuri data la scarsa testimonianza delle fonti classiche, compreso Dione Cassio, quasi assente – quando a Roma ci sono tumulti che anticipano la congiura di Giulia e Iullo, quando Tiberio è lontano ed è in volontario esilio a Rodi e i generali di Gaio Cesare -ancora sotto tutela- preparano la spedizione contro i Parthi.
Salome, avendo avuto da Erode morente l’ordine di uccidere tutti i giudei notabili, riuniti nell’ippodromo di Gerico, per avere un universale compianto funebre, potrebbe aver chiesto consiglio all’amica Livia mediante lettere accompagnate da doni, da unguenti e dalla statua di Augusto loricato.
E’ il momento della successione di Archelao, dell’arrivo di Sabino incaricato di mettere sotto sequestro i beni di Erode e di contrasto tra epitropos finanziario, un funzionario ad census accipiendos e il governatore di Siria Quintilio Varo, mentre è in atto una ribellione popolare di vaste proporzioni!.
Professore, lei mi ha detto tante cose e ha cercato di mostrare anche i momenti in cui Livia potrebbe aver avuto il dono della statua. Lei ha fatto supposizioni, sensate, senza prove dirette, comunque plausibili. La ringrazio per avermi orientato specie negli ultimi anni della vita di Erode e fatto comprendere la probabile dipendenza dell’imperatore dal suo amico Basileus di Giudea.
Marco, di questo aspetto avrei voluto tante volte discutere con te, ma l’ho sempre rinviato perché nella cultura critica mai nessuno neanche lontanamente lo ha accennato! La figura di Augusto è sacra quasi come quella di Christos, perché ambedue risultano mitizzate con lo stesso sistema ed hanno avuto la stessa aureola a cominciare proprio dagli autori del periodo dei Severi e poi da quelli dell’Historia Augusta.
Mi vuol dire che la figura di Augusto, avendo subito una indubbia dissacrazione in epoca flavia, non è recuperata dalla dinastia degli antonini e solo coi severi ritorna in auge amplificando la connotazione divina.
Certo, Marco, Giuseppe Flavio e gli scrittori dell’epoca flavia non sono teneri con la domus giulio-claudia e nemmeno con Augustus: il principato, è una politeia mal funzionante perché Ottaviano argentarius è scaltro ma, nonostante il gruppo letterario del buon Mecenate, rimane ambiguo ed equivoco tra res publica e basileia, non riuscendo a sfruttare il potenziale culturale alessandrino come invece sa fare il contemporaneo Erode e Gaio Cesare Germanico Caligola decenni dopo!
Le congiure contro Ottaviano Augusto sono evidente segno di una ancora intatta forza repubblicana aristocratica in quanto nessun civis accetta che un altro civis, anche se buon amministratore, regni su di lui, essendoci perfino competizione tra i seicento senatori per essere il primo, il princeps, il destinato a parlare per primo! Augustus, lontano da Roma governa da sovrano assoluto: a Roma, nonostante i titoli non ha la forza anche fisica di ergersi al di sopra dei singoli senatori, nonostante l’alonatura divina e la maestosità statuaria!
Lo scarso valore dell’originaria familia octavia, l’ adozione giulia di Cesare, il rapimento di Livia ai Claudi -tentativo di connessione con l’aristocrazia repubblicana- la ricerca della solidarietà con Marco Vipsanio Agrippa, sono espressione di una non fermezza di carattere di Augusto, che risulta personaggio cagionevole di salute, malfermo nell’animus per natura, incline più alla tergiversazione che all ‘autoritarismo, uomo che soffre di un complesso di inferiorità alla ricerca di stabilità anche se geniale fortunato politikos: Ne sono prova i rapporti diretti con Antonio nel periodo iniziale di triumvirato e quelli con Lepido sempre denigrato, dopo l’esautorazione militare, oltre al bisogno di sostegno di Marco Vipsanio Agrippa -nei momenti cruciali della sua vita militare -e di altri suoi legati, come Lollio, Varo e Quirinio.
Nella ricerca di un successore per la costituzione di un regime monarchico Ottaviano testimonia ancora di più la sua indecisione ed incertezza per oltre 38 anni, in un ‘oscillazione tra Marcello ed Agrippa prima, e poi tra i figli di Agrippa e Tiberio, infine tra Tiberio e Agrippa Postumo, sempre condizionato da Giulia sua figlia o da Livia, mai autonomo nelle sue scelte, tanto che alla fine sceglie Tiberio al posto di Gaio Cesare Germanico, a cui per diritto familiare toccherebbe la successione, dopo l’adozione, quando, invece, gli riserva il titolo di diadokos rispetto al figliastro, ben conscio di lasciare il regno diviso e in mani non giulie! Eppure aveva seguito le vicissitudini della familia erodia e aveva rilevato la crudele ferocia dell’amico giudeo, permettendogli di fare stragi nella famiglia asmonea e perfino in quella idumea!
Ottaviano è uomo condizionato di fronte all’aristocrazia e perfino,a mio parere, alla dinastia asmoneo-erodiana.
Ai romani e ai latini Ottaviano appariva un civis privato fortunato e a quelli ellenizzati idioths poliths, che non sapeva governare da tyrannos, nel sistema della basileia, pur avendo titoli superiori perfino a quello di un dictator a vita, avendo congiunto tribunicia potestas con imperium proconsulare, avendo il controllo del numero delle milizie e il loro stanziamento provinciale e tenendo il libro questorio, il breviarium della contabilità erariale e fiscale, essendo nomotheta moralizzatore, perché bisognoso di viri fidati, non avendo le qualità fisiche e morali di un perfetto pater familias, non essendo dotato di figura autoritaria, nonostante l’autorevolezza e venerabilità della carica imperatoria!
Fino alla morte di Erode, Augusto forse ammira l’exemplum operativo di re del suo amico, il più ellenizzato e romanizzato degli altri re del tipo di Polemone, re del Ponto, di Archelao, re di Cappadocia e dello stesso Giuba, re di Mauritania.
Perciò, professore, la storia non è quella che noi sappiamo e troviamo scritta!. Augusto è sostanzialmente quello di Plinio il Vecchio, Storia Naturale, VII, 147-150 o quello, di un principe attore, che sa recitare bene la parte, a lui destinata, fino all’ultimo istante della vita, secondo Svetonio.
Certo. Marco. Svetonio è un procuratore equestre, un funzionario statale, addetto agli archivi e alle biblioteche pubbliche un procurator a studiis et a bibliotechis (Sparziano, Adriano11,3).
E’ un eques che vede non bene il principato, che va in direzione opposto alle prescrizioni del senato ed aborre dalle figure come Caligola e Nerone, che si allontanano dall’equivoco della monarchia moderata, in una volontà di dare un monarca assoluto a tutto l’impero romano!
Marco, chiudo il mio discorso con le parole sulla concordia ordinum, sognata da Ottaviano, di E. Cizek ,- Structures et idéologie ” dans le vites des Douze Césars ” de Suètone , Bucarest , 1977, p179-: Concordia ordinum significa adesione alle tendenze moderate dei senatori, da un lato, e dei cavalieri, da un altro, realizzabili e compatibili nel quadro di una monarchia moderata anch’essa, per lo meno nella sua influenza sociale, ma queste condizioni di fattori contraddittori erano difficili da coordinare. Ancora una volta, a dispetto dell’ammirazione che provava per le teorie politiche di Cicerone, Svetonio doveva tener conto delle esigenze del suo tempo!.
Perciò, Svetonio era fautore di una monarchia rinsaldata che prescindeva dalla libertas di un tempo, capace di mostrarsi, tuttavia, sempre attenta a non urtare la suscettibilità e soprattutto a non ledere gli interessi fondamentali dei senatori, in particolare di coloro che tendevano a schierarsi dietro le illusioni tradizionaliste
Cizek mi sembra autore che abbia compreso davvero l’animus di Svetonio che sotto i flavi ed antonini è fautore di una monarchia rinsaldata, che sa accettare, senza punire, le illusioni repubblicane.
Anche a me è piaciuto il giudizio di Cizek! Augusto, dunque,professore, risulta un Augustus non venerabile solo a Roma, ma sebastos in tutte le province occidentali e, ancora di più, in quelle orientali!
Se la storia è questa … anche Augusto fu quello che fu!
Archelao, figlio di Erode
Giuseppe Flavio parla di Archelao per la prima volta quando il giovane è a Roma col fratello Erode Antipa e coi fratellastri per motivo di studio (Ant.Giud., XVII,79-80) e poi alla morte del padre (Ibidem,188-199) ed infine, lo segue dagli inizi del suo regno fino all’esilio (Ibidem,200-355). Venti anni prima, invece, in Guerra giudaica, ne aveva parlato-alla fine del I libro per mostrare la situazione della Giudea subito dopo l’uccisione di Antipatro – nuovo testamento, morte successiva di Erode e successione di Archelao ton presbubaton uion (663-673)- dopo la liberazione da parte di Alexas e Salome dei prigionieri dell’ippodromo, dopo la convocazione di un ‘assemblea plenaria nell’anfiteatro di Gerico ad opera del curatore del regno Tolomeo, che, avendo l’anello col sigillo ton sementhera daktulion, glorifica il re morto, rivolge esortazione al popolo, legge la lettera per i soldati invitati alla fedeltà al successore, apre le epidiathkai i codicili testamentari e proclama la elezione di Archelao, a cui affida l’anello e gli atti amministrativi del regno da consegnare, in un plico sigillato, a Cesare, destinato a convalidare le volontà erodiane e a dare legittimo potere al nominale eletto.
Professore, lei ha fatto una rapida sintesi, situazionale, per mostrare i fatti subito dopo la morte di Erode e le sue volontà testamentarie a favore del figlio maggiore Archelao. Ha posto, però, il problema di due visioni della figura di Archelao, in relazione al telos/fine delle due opere, diverso a seconda del particolare momento di scrittura. Certamente mi vuole mandare un messaggio sotteso rispetto all’unicità sostanziale dello stesso racconto. Quale?
Marco, la sostanza del racconto del Regno di Archelao sembra la stessa nelle due opere, ma i particolari sono spia di due diverse intenzioni, sottese, dell’autore. Non c’è dubbio che la parte finale del I libro (33.8-9) e quella iniziale del II libro di Guerra giudaica (II.1-7) siano migliori, e per forma e per vivacità narrativa, della trattazione fatta in Antichità Giudaiche XVII. Mi piace rilevare questo inizio di regno di Archelao con le parole testuali dell’autore: si levò un grido di giubilo per Archelao e venendogli incontro a schiere insieme con la folla, i soldati gli promisero il loro sostegno. e glielo invocarono anche da parte di Dio.
Dopo l’acclamazione militare, professore, so dalle due opere di Flavio che Archelao si occupa dei funerali del padre. Quale differenza nota nella narrazione dello stesso episodio? Apparentemente nessuna, ma ognuna ha una visione propria, in relazione al telos generale.
Flavio, mostrato il letto tutto d’oro tempestato di pietre preziose, la coltre di porpora variopinta, il corpo avvolto in vesti purpuree col diadema sul capo e con sopra un’altra corona d’oro e con lo scettro nella destra, dice chiaramente : Archelao non trascurò nulla per la loro magnificenza, ma fece portare fuori tutti i tesori del re come accompagnamento del defunto….aggiunge che intorno al letto c’erano i figli e la folla dei parenti e la sua guardia del corpo costituita da Traci, Germani e Galli; seguivano i comandanti e subalterni e 500 schiavi e liberti che portavano incensi formanti una processione che avanzava ordinatamente per 200 stadi fino ad Erodion, il luogo di sepoltura. e poi e conclude informando che Archelao ha apodhmias anangkh/ necessità di vita, fuori della patria, cioè di un allontanamento dal suo popolo, subito dopo i sette giorni di lutto.
L’autore sembra dire la stessa cosa nelle due opere, professore, ma lei mi marca, per la definizione dell’esatta figura di Archelao, che tutto dipende da questa necessità di recarsi a Roma per avere l’investitura da parte di Augusto, compresi i nuovi disordini /neoi thoruboi! Mi vuole far notare che i suoi successivi atti (offerta al popolo di un sontuoso banchetto- dopo aver indossato la veste bianca- l’ingresso al tempio acclamato dalla folla, il saluto e il ringraziamento ai molti per aver partecipato al funerale del padre e per l’omaggio a lui reso, anche se non ancora re legittimo) e le sue stesse dichiarazioni di astensione dal potere, finché non c’è la ratifica romana, comprovata dalla non accettazione del diadema da parte dei militari a Gerico, sono atti equivoci e tipici di un erodiano, ambiguo nella politica filoromana, come lo stesso autore, all’epoca della scrittura che, da apostata e da traditore, serve il vincitore e fa lo storico ufficiale di chi ha distrutto il Tempio?!.
Certo, Marco. io rilevo in una visione globale storica una precisa funzione in Archelao e in Flavio stesso, che sono paradigmi in una oikonomia tou theou. Considera che Archelao si pone come un basileus/re su un upselon bhma un tribunale e che annuisce alle richieste popolari, ben conscio della presenza di farisei ed esseni rivoluzionari, disposti a vendicare i martiri, uccisi da Erode per aver distrutta l’aquila davanti al Tempio: anche se giovane immaturo, i suoi atti sono studiati perché guidati da un consilium regis, sadduceo che opera in relazione alla situazione giudaica, consapevole che il regno erodiano è pars dell’imperium romano, che è, comunque, sotto la protezione di un Dio padre.
Capisco, professore, che Archelao pronto per la partenza, non volendo disordini, accoglie le richieste popolari (ridurre le imposte epikourizein tas diasphoras ed abolire le tasse/anairein ta telh rimettere in libertà i prigionieri ) ed è, suo malgrado, consenziente a quanto succederà secondo la volontà di Dio. Non mi è chiaro, però, perché lei rilevi che la personalità di Archelao è letta da Flavio in modo diverso a seconda del momento della scrittura delle due opere e dell’indirizzo specifico dello scriptorium, operante all’epoca?
Mi dispiace per il difetto di comunicazione! spero di correggermi e di spiegarmi meglio. Marco, seguimi bene nel ragionamento. Guerra giudaica e Antichità Giudaiche sono frutto di uno studio non di un singolo scrittore, sacerdote di cultura aramaica, un sadduceo che segue l’airesis farisaica – e quindi già è contraddittorio in se stesso- ma di un giudeo e di un gruppo di letterati che traducono il pensiero scritto in aramaico, inizialmente, con una precisa ideologia in un’ altra lingua, greco, che sottende la cultura implicita della paideia ellenistica, che contrasta con la musar ebraica. Ora lo scriptorium, con uomini di diversa cultura, ha una sua funzione a seconda del momento storico. Perciò, anche la figura di Archelao, come basileus re che si siede su un trono d’oro e si comporta come sovrano /oos pros bebaion hdh basiléa ha funzione diversa, a seconda dello scriptorium.
Professore, dico quello che ho compreso finora: lei mi vuole comunicare che Flavio nel 74 d.C., anno della pubblicazione di Guerra Giudaica invia un messaggio all’intero kosmos romano, della venuta dall’ Oriente di un soothr, Vespasiano, che porta pace e giustizia, dopo l’ anno terribile 69, a seguito della morte di Nerone e che dal male della guerra giudaica e della guerra civile Dio fa sorgere un bene anche per Occidente inviando il salvatore, che forma una nuova dinastia di euergetai: questo è il messaggio del gruppo di scrittori riunito intorno al sacerdote ebraico, Giuseppe ben Mattatia, che ha l’ordine imperiale di scrivere la Storia della Iudaea capta sulla base dei suoi appunti aramaici, coordinando il lavoro per evidenziare e propagandare la missione di Roma aeterna, la sua funzione civilizzatrice e lo specifico mandato divino per il nuovo imperatore e la sua casata degna di regnare e di succedere alla domus aristocratica gulio-claudia, per il bene dell’umanità, seguendo le linee della storiografia romano-ellenistica, anche in senso giuridico.
Benissimo. Marco! Questo è l’intento dello scriptorium, guidato dallo storico ufficiale giudaico nel 74, mentre per Antichità giudaiche c’è un’altro scriptorium, in altra epoca, che scrive sempre in greco non la storia soterica di salvezza universale ma la storia di un popolo, prediletto da Dio suo padre, che ha cura del figlio prediletto seguendone la toledoth/le varie generazioni nel kosmos romano ellenistico, in cui vive come pars di un imperium, alla pari, simile agli altri popoli che seguono la giustizia con un propria funzione, al momento, non riconosciuta, data la particolare pietas giudaica, che impedisce l’effettiva amalgama con gli altri. Comunque, Marco, procediamo con ordine anche per ricostruire la reale figura di Archelao, che per disposizione testamentarie è erede di Erode, che siede sul trono del padre secondo giustizia. Dunque, Archelao, accogliendo le richieste popolari scatena una rivoluzione e Filippo, suo fratellastro che lo sostituisce, non può mantenere le promesse di essere migliore del padre tou patros ameinoon e tanto meno può liberare i prigionieri/ apoluein tous desmotous. In una tale situazione il giovane di 19 anni, che promette e parte, lasciando il reggente nei guai è menzognero! Archelao, inoltre, mentre si dirige verso Cesarea Marittima, incrocia Tizio Sabino, il quaestor ad census accipiendos, incaricato di mettere sotto sequestro i beni erodiani e controllare le proprietà terriere imperiali di Traconitide e quindi non dovrebbe più aver fretta di partire! Avrebbe dovuto almeno attendere per vedere cosa sarebbe successo, dopo aver sentito le ultime disposizioni imperiali! Avrebbe dovuto affrontare la folla ed impedire ogni azione preliminare all’apotimhsis /al pagamento, opponendosi al volere di Sabino, sapendo che, altrimenti, si sarebbe scatenata la neoteroopoiia e ci sarebbe stato l’intervento repressivo da parte dell’esercito del governatore di Siria, Quintilio Varo imparentato con la domus Augusta, di cui ovviamente conosce i mandata / piani ! Archelao, invece, ringraziata la folla, va con gli amici a banchettare dopo aver fatto il sacrificio rituale, mentre già i facinorosi iniziano il compianto dei propri morti reclamando la punizione dei favoriti di Erode e la deposizione del sommo sacerdote Jhozar, desiderosi di creare pontefice un uomo più puro e pio, cosa arbitraria, non possibile per Legge!. Il re, non ancora re legittimato da Roma, ha fretta di partire per ottenere l’agognato regno, e, forse, mal consigliato, invia un comandante militare con pochi uomini per far desistere il popolo che, numeroso, è nel tempio, costituito da fedeli non solo aramaici del regno giudaico, ma anche forestieri ellenistici e parthici, giudei anche loro, venuti per la festa di Pasqua per fare sacrifici e riti! Per la folla di fedeli l’arrivo del comandante militare, che pur è sollecito a trasmettere l’ordine Archelao a desistere da ogni rivolta, è una provocazione e suona come invito alla neoteropoiia.
Professore, devo capire che la folla non solo non recepisce il messaggio del re, ma comprende che il figlio come il padre reprime la volontà popolare e che, essendo menzognero, promette ma non può mantenere! la reazione popolare è, infatti, la lapidazione dei militari, i quali subito vendicano i compagni, quando Archelao, temendo di non poter tenere a freno il popolo, senza spargimento di sangue, fa intervenire thn de stratian …olhn/l’esercito al completo.
Lei mi vuole dire, che Archelao, che sta arrivando al porto, nonostante le promesse, inviando l’esercito è conforme alla logica romana di repressione ed ha un atteggiamento simile a quello attuato poco tempo prima da Erode su Mattia di Margalotho e su Giuda Safireo? A parole dice una cosa, a fatti ne fa un’altra!.
Marco, Flavio su questo episodio fa discutere a Roma a lungo i fautori di Archelao e i loro oppositori, ed è quindi un conoscitore dei fatti, avendo fatto accurate ricerche: lui sadduceo per nascita e per scelta fariseo, pur con le contraddizioni di un ellenizzato e romanizzato, ha orrore nel descrivere da una parte la fanteria che opera all’interno della città a ranghi serrati e la cavalleria che rastrella e massacra nella piana del Cedron, disperdendo i fedeli verso il Monte degli Ulivi e dall’altra i vari gruppi di uomini che attendono alle cerimonie sacrificali, su cui piombano i militari! 3000 sono i morti! Archelao si presenterà all’imperatore con questa carta vincente, stile Erode!
Quindi, professore, devo comprendere che Flavio vede la figura di Archelao in Guerra giudaica come suo padre, come un erodiano che, nonostante la necessità di un viaggio a Roma, segue i mandata imperiali anche in Gerusalemme e la politica romana di repressione, anche nel momento del censimento nelle sue due fasi di apographe e di apotimhsis, che sono un preludio alla cosiddetta pacificazione della regione per i romani?
Marco, a mio parere, circa la vicenda, dobbiamo, perciò, esaminare in Flavio i telh /i fini dei due scriptoria, uno tipico del periodo di circa quattro anni tra la distruzione del tempio e la successiva presa di Masada con la pacificazione di tutta la zona ad opera del legatus Lucio Flavio Silva, un altro del periodo di Domiziano assolutistico, nuovo Caligola, che è dominus et deus. Devi considerare nel primo il compito di uno scrittore, pubblico, ufficiale storico di corte, che scrive un‘upourgia per la domus regnante e quindi inneggia e omaggia come soterica la famiglia dei Flavi, cui appartiene, in senso romano ellenistico universale; nel secondo, invece, devi vedere un altro Flavio, privato, con i suoi scribi personali, che ha una propria visione privata, non essendo più uomo di corte, ma ebreo vicino al suo popolo, per il quale mostra la toledoth, le sue Antichità e ne fa l’apologia in mezzo agli altri popoli che fanno parte del kosmos imperiale al fine di evidenziare la sua contestata reale integrazione con un falso messaggio, presente anche in Bios, in quanto sottende una impossibile conciliazione tra il sistema romano ellenistico innovatore e l‘animus aramaico conservatore di cultura mesopotamica, ora dominante anche tra gli ebrei ellenisti, rovinati finanziariamente ed economicamente dall’impostazione quiritaria flavia italico- occidentale. Flavio, nonostante la dimostrazione giuridica con decreti imperiali – a cominciare da Giulio Cesare- incisi nelle tavole di bronzo in Campidoglio e scritti su tavola di bronzo per i Giudei di Alessandria-(cfr.J.Juster, Les Juifs dans l’empire romain,Paris 1914 e il corpus Papyrorum romanorum di V.A. Tscherikover-A.Fuks, Harvard U,P., 1957-1964 ) alle altre nazioni, al fine di far riconoscere che i re dell’Asia e dell’Europa hanno avuto stima di noi ed hanno ammirato il nostro valore e la nostra lealtà, comprovata anche dall’ alleanza stretta con I romani e con i loro imperatori (Ant,Giud.,XIV,186), non risulta convincente dato il reciproco sospetto tra le due parti antagoniste alla fine del I secolo d.C!.
Professore, quindi, se non comprendo il diverso telos delle due opere neanche posso comprendere il rilievo della figura di Archelao un erodiano filoromano controverso, come quella dello stesso nipote e cognato Erode Agrippa, uscita fuori dallo scriptorium di uno storico ufficiale e tanto meno posso intendere la distinzione con quello di un privato civis che scrive, come Luca, il quale , anche lui, fa ricerca accurata per il bios di Christos come memoria generazionale, come parte di antichità giudaica.
Lei, quindi, vede il secondo Flavio col secondo scrittorio molto vicino al medico Luca e al suo serio fare storia vera?
Marco ho dimostrato in tante altri miei lavori che Luca è discepolo – non so come!- dell’autore di Antichità giudaiche e non è il caso di insistere cfr. Upourgia e Vangelo di Marco www.angelofilipponi.com
Professore, lei lì parlava del Vangelo di Marco?
Vero, ma sottendevo anche quello di Luca cfr. Qual è il sondergut di Luca, e quale quello di Matteo? ibidem ! Per meglio chiarirti il problema ti aggiungo, in conclusione a questo argomento, che lo scriptorium del 74 è legato alla corte flavia, che, intenta a debellare il male giudaico aramaico, sta concludendo la sistemazione di quell’area in relazione alla Nabatea e alla Siria, mentre quello del 94, sottende che sono iniziate nuove staseis giudaiche, che ora coinvolgono il giudaismo ellenistico del Mediterraneo orientale, specie alessandrino, che si congiunge con le forze rivoluzionarie, rimaste in patria, che piangono ancora sul Tempio distrutto, riorganizzate clandestinamente in senso militare nei consueti luoghi montani e desertici con nuovo goetes e con lhisteria/ Bande armate zelotiche, coperte protette e dai parthi e dai nabatei.
Mi sembra di aver finalmente capito e penso di avere chiara la sostanziale figura unitaria di Archelao, la cui strutturazione è da vedere come personaggio, nonostante la sperimentazione decennale provvisoria augustea, inadeguato agli scopoi romani e perciò soggetto da ridurre allo stato privato di civis e da esiliare, in Occidente. Aggiungo che posso dire di aver più chiaro il ricordo che ha Gesù, nel vangelo lucano, di Archelao, un re che deve fare un lungo viaggio e che lascia i suoi tesori agli amministratori con l’ordine di gestirli in sua assenza e che tornato, chiede il rendiconto, sulla base dei risultati e del profitto!.
Bene. Marco, sono contento!. Perciò voglio chiudere questo discorso iniziale su Archelao e farti notare che In antichità giudaiche XVI,174-78 Flavio mostra il suo telos specifico per questa opera che è apologetica in quanto cerca consenso tra i popoli che fanno parte dell’imperium romano e che si sono perfettamente integrati e sono regolati dalle stesse leggi, avendo una comunione di valori e una comune Giustizia/Dike, che regna e rende tutti, compresi gli ebrei che la osservano, come gli altri, benevoli ed amici tra loro. Il sacerdote giudaico, spiegando to allotrion /la discordante diversità en th diaphorài/ nella differenza toon epitedeumatoon /delle usanze, esorta tutti ad aver un comportamento conveniente alla magnanimità e disponibilità alla kalokagathia. Flavio sembra anticipare, come propheths i tempi iniziali dell’epoca traianea quando comincia una guerra ideologica contro i Giudei, ritenuti proprio non disponibili alla kalokagathia e lui, uomo ancorato al periodo Flavio – in cui ancora sono presenti gli effetti della legislazione giulio/claudia che aveva protetto il commercio e la funzione giudaica nell’imperium- e che perciò ora ricorda leggi e magistrati come difesa dall’ atto anche giuridico, come volontà di mostrare oltre la propria integrazione di differente ma di comune cittadino romano anche quella del suo popolo, anche se odiato ed emarginato, per il suo elitarismo clericale, come incapace di accettare l’ ideologia del principato, sintesi di quiritarismo ed ellenismo.
Flavio, dunque, nel momento domizianeo, sente l’urgenza di difendere il giudaismo internazionale ellenistico mostrando leggi e i decreti del periodo repubblicano in XIV,19 e in XVI,6 , le leggi di Augusto e di Agrippa, poi riconfermate da Tiberio, nonostante al cacciata dei giudei del 17 d.c. e la persecuzione di Seiano.
Secondo me, professore è giusta la sua indagine e quindi nel primo bisogna rilevare Archelao nel quadro di una politica romana, ormai tesa a cambiare strategia operativa e dare un’autonomia dopo l’annessione della Iudaea alla Siria, come tipico esempio di transizione per l’attuazione del censimento e della pacificazione dopo la stasis successiva alla morte di Erode e a quella dell’esautorazione di Archelao, mentre nel secondo il regno di Archelao è un tipico momento di lotte e di provocazione romana che anticipa la politica di estirpazione da parte giulio-claudia del cancro giudaico con l’invio di Flavio Vespasiano col mandato militare di effettuarlo.
Marco, mi piace e la tua ricostruzione e il tuo acume storico, ma ora il nostro discorso- che verte sulla presenza degli erodiani a Roma e sul loro peso nella comunità romana – deve essere portato avanti. Torniamo, perciò, dopo questa lunga digressione, al giovane Archelao che si sta formando a Roma coi suoi fratelli.
Per mia personale utilità, professore, desidero sapere quanti figli di Erode sono a Roma all’epoca, e quanti e quali famigliari hanno un maggior peso e in special modo quanti potrebbero far parte del gruppo di 8’000 giudei romani che, insieme ai cinquanta ambasciatori, autorizzati da Varo, nel corso stesso della neoteropoiia chiedono all’imperatore l’autonomia per la Giudea?
Marco, mi fai una domanda complessa, a cui mi è difficile rispondere anche se con esattezza posso solo dire che di una popolazione giudaica romana di 50.000 elementi, la maggior parte è un’ élite sacerdotale dissidente dal pensiero di Erode e dai sadducei filoromani, connessa con elementi principeschi asmonei, esiliati da tempo, costretti a vivere accanto ai numerosi figli di Erode, avuti di varie mogli, che studiano presso famiglie nobiliari romane, come quella di Asinio Pollione o di Valerio Messalla, che hanno un tenore di vita alto coi sesterzii paterni, amministrati da dioichetai e da trapezitai romano-giudaici.
Si tratta, dunque, di un’apoikia /colonia giudaica romana, costituitasi inizialmente con pochi elementi nel II secolo a.C., dopo le prime apparizioni folcloristiche di ambasciatori ebraici con vesti sacerdotali che riescono ad avere un foedus con Roma nella lotta contro Antioco IV Epiphanhs, e poi divenuta consistente per l ‘esilio di sacerdoti che, come Onia IV, hanno la possibilità di rifugiarsi o a d Alessandria o a Roma sotto la protezione lagide o sotto quella romana, infine diventata numerosa per l’arrivo di giudei alessandrini e antiocheni, oltre ad un gruppo gerosolomitano, trasmigrato nel periodo delle lotte tra Hircano ed Aristobulo, prima e dopo l’intervento di Pompeo e la presa della città santa?.
E’ andata proprio così, Marco. La colonizzazione è quella di cui ho parlato in Giudaismo romano I ( e.book Narcissus 2012), anche se bisogna dire che la colonia si raddoppia solo nel periodo tra le due guerre civili quella a seguito deI I triumvirato e quella dopo il secondo triumvirato, quando gli eserciti romani spadroneggiano nella terra santa giudaica con i legati o cesariani o pompeiani in lotta fra loro che, bisognosi di viveri e denarii, depauperano il territorio occupato ed ancora di più dopo la morte di Pompeo, il trionfo di Cesare e sua uccisione, con la conseguente guerra tra i cesaricidi e Antonio ed Ottaviano: i trapeziti ebraici si sentono più sicuri a Roma che in Giudea da dove possono finanziare chi chiede il loro denaro senza correre i pericoli della rappresaglia militare, potendo apprezzare lo ius romano, senatorio, direttamente, che funziona molto diversamente in Oriente, dove è applicato con la forza da pubblicani e da cives e da legati affiancati dall’esercito!
Dalla colonia romana ebraica, allora, professore, potrebbe venire la richiesta di autonomia giudaica da parte di ebrei che apprezzano la giustizia romana in un clima pacifico, ordinato, prima dal senato ed ora da Augusto, che impone le regole, secondo equità fiscale, nelle province imperiali?.e specie nel caotico anno della successione di Archelao?
E’ possibile, Marco! il giudeo, essendo un banchiere methorios, conosce bene il diverso funzionamento provinciale tra quello rapace delle province senatorie e quello più equo delle province imperiali e sa che i governatori delle prime inviano tributi e tasse all’erario e delle seconde al fisco!. Non ho, comunque, fonti per poter rispondere esattamente a questa ultima domanda anche se penso che, secondo logica, H autonomia patria ancora è prematura non essendo del tutto pacificata la regione, a causa dell’ apographh incompiuta ( cfr. La nascita di Gesù In Jehoshua o Iesous? op cit). Invece per quanto riguarda Archelao ritengo che la mia risposta possa essere la seguente. La causa, intentatagli dai parenti circa il suo diritto al governo del Regno paterno avviene perché Erode, prima di morire quando era sano di mente ed aveva imprigionato suo figlio Antipatro, reo di avvelenamento, che aveva governato come supplente, aveva cancellato il precedente testamento stilato a favore di Erode Filippo, figlio di Mariamne di Boetho, inizialmente per darlo al figlio di Doris. In seguito, essendo quest’ultimo in carcere, aveva fatto un nuovo testamento a favore di Erode Antipa il figlio minore di Maltace, per le chiacchiere fatte da Archelao a Roma riferite al re, ingrandite dai cortigiani. Dopo la morte di Antipatro, nei quattro giorni successivi, essendo lo stato mentale di Erode compromesso e dal dolore fisico, dalla demenza senile e dai rimorsi per l’ultimo tragico atto compiuto contro il figlio primogenito, scrisse dei codicilli con cui designò Archelao come successore.
Certamente professore, il testamento è facilmente impugnabile già per i due termini usati a Roma, davanti al tribunale di Augusto dove le due parti avverse si fronteggiano con due avvocati di valore: per Erode Antipa c’è Antipatro di Salome (che, data la sua figura di intrigante fa da ago della bilancia tra i due fratelli facendo pendere la giustizia inizialmente a favore di Erode Antipa), per Archelao Nicola di Damasco, che vince la causa.
A Roma, comunque, il potere di Salome è grande da tempo: la donna avendo seguito suo fratello Erode nei suoi viaggi romani aveva conosciuto di persona Giulia Livilla la moglie di Ottaviano e sua sorella Ottavia, oltre alla nuora Antonia Minor. Inoltre si crede che, scaltra faccendiera com’era, aveva mantenuto le sue amicizie coltivandole, nella lotta contro le nemiche asmonee, Alessandra e Mariamne, legate a Cleopatra, inviando lettere e doni profumi e balsami, vesti damascene. E’probabile che suo figlio maschio, come quelli di Erode abbia fatto gli studi per una normale educazione e formazione romano-ellenistica, chiara nel suo discorso contro Archelao. Suo figlio maggiore Antipatro IV,- sposato con Cipro II, figlia di Mariamne Asmonea,- dovrebbe vivere a Roma da qualche anno raggiunto dalla sorella Berenice, che, rimasta vedova di Aristobulo IV con i suoi cinque figli, dopo una sosta ad Antedone di breve tempo, si mette sotto la protezione di Augusto, mentre la madre Salome, dopo la morte di Giuseppe, prima, e di Costubar, poi, si risposa con Alexas, dopo il chiacchierato rapporto con il principe nabateo Silleo.
Professore, la situazione a corte, presso l’imperatore, al momento dell’ arrivo di Berenice è, a dir poco, funerea? Certo, Marco, i lutti si sono succeduti a breve distanza, 23 a.C. Marcello, nel 12 Marco Agrippa, nel 11 Ottavia nel 9 Druso maior. Le vedove, Giulia ed Antonia hanno bisogno di consolationes e accolgono con solidarietà femminilE la sfortunata Berenice.
Il matrimonio di Berenice con Teudione, fratello di Doris, prima moglie di Erode, e quello di Giulia con Tiberio, devono essere dello stesso periodo, ma in luoghi diversi, forse l’uno avvenuto ad Antedone per volontà del re e l’altro a Roma, voluto da Augusto che pensa a proteggere Gaio Cesare e Lucio Cesare, figli di Agrippa, ora membri della famiglia Giulia, destinati alla successione.
La venuta a Roma di Berenice coi figli forse lo stesso 7 a.C. ,anno della morte del marito Aristobulo e di suo fratello Alessandro, è patrocinata certamente da Livia, da Giulia Maior e da Antonia Minor, sollecitate da lettere di Salome, che è legata alle romane.
Professore, lei parla di un’amicizia di Salome anche con Ottavia, la sorella di Ottaviano, il cui figlio Claudio Marcello fu marito di Giulia Maior figlia di Ottaviano, che morì giovane, per cui Virgilio scrisse versi nell’Eneide?
Certo. Marco! Virgilio scrive di Claudio Marcello, nato a Roma nel 42 , morto a Baia nel 23, quando aveva iniziato la sua carriera politica come edile ed aveva fatto relegare in Oriente Marco Agrippa, seppure con comando straordinario perché insofferente a stare in ombra ai comandi di un giovane diciannovenne. Si. E’ quel Marcello, di cui Virgilio celebra nel VI libro vv. 883-884 il suo tragico destino, anticipato profeticamente da Anchise a suo figlio Enea, che lo vede tra i suoi discendenti: Heu miserande puer, si qua fata aspera rumpas/ tu Marcellus eris, Manibus date lilia plenis/purpureos spargam flores animamque nepotis / his saltem accumullem donis et fungar inani/ munere.-ahi! miserevole fanciullo, se mai tu potessi spezzare gli acerbi fati, tu sarai Marcello., datemi gigli a piene mani che gli abbaglianti fiori io sparga e all’anima del mio nipote così almeno accumuli doni e compia un vano dovere.
E’vero, professore, che Ottavia fece doni grandiosi per quei pochi versi?
A quei tempi i poeti di corte e i letterati hanno doni regali, ville grandi come province, masserie di migliaia di ettari!.Allora, Marco, i poeti aulici, come il parthenias Virgilio, sono ricoperti d’oro come fa la tv con attori, sceneggiatori, conduttori, veline, come faceva Berlusconi con le escorts e Ruby! .Non devi meravigliarti se Ottavia, presa da commozione tanto da svenire e da avere difficoltà a riaversi, diede 20.000 sesterzii per quattro esametri completi e un dattilo iniziale di stikos, recitati, però, al momento opportuno davanti al principe e a sua sorella in lutto (cfr.Donato, Vita,32)!. Era davvero una grande somma?
Potrebbe essere eccessiva per un vecchio professore che non ha guadagnato una lira dal suo lavoro di ricerca e che fa i conti per campare con la pensione!. Comunque, giudica tu! io sono abile in matematica come un mastro muratore.
Con mezzo sesterzio – due assi- si comprava 1 kg, di pane (3 Euro circa); con un sesterzio -4 assi- un popolare si scopava una prostituta al lupanare ! Puoi capire, quindi, che, se con 1 sesterzio si possono comprare 2 kg di pane (6 euro attuali), la cifra, presa da Virgilio, cioè 120.000 euro, è notevole. Se pensi che si tratta solo di 28 lemmi significativi , comprendi che il poeta ebbe per ogni termine 715 sesterzii, quasi la paga annuale di un legionario e mezzo (500 sesterzii), e complessivamente la paga annuale di 42 legionari (o la paga annuale per 28 anni per un legionario e mezzo)!.
Andiamo avanti, professore!, Lei parla anche di Antonia minor, la nonna di Caligola?
Si. Parlo di Antonia Minor, che è donna di costumi quiritari, una nuova Cornelia, che rifiuta un secondo matrimonio, una vera antica domina, solidale con Berenice, che fa da nutrice anche a Claudio, dandogli il suo stesso latte!Dunque, Marco, i giudei a Roma erano molti e vivevano come tutti quelli delle colonie con lo sguardo fisso agli avvenimenti della loro patria, rivolgendosi nella triplice preghiera giornaliera, verso il tempio di Gerusalemme e si relazionavano con gli altri pagani mediante una speciale forma di separazione ameicsia (Cfr. Ameicsia www.angelofilipponi.com) che permetteva loro di non confondersi e mescolarsi. Gli erodiani, a Roma, erano, quindi, uomini rispettati perché la casa regnante era loro amica. Alcuni erano educati coi figli delle famiglie più nobili ed erano romanizzati ed ellenizzati ed avevano contatti minori con le sinagoghe e parlavano, comunque, Aramaico, Greco, Latino e recitavano le preghiere rituali in ebraico mishnico, mangiavano Kasher, santificavano come gli altri il sabato e le feste comandate e si separavano dagli altri all’occorrenza partecipando alla vita cittadina, quando possibile, con le restrizioni tipiche ebraiche, coscienti di essere figli di Dio, come progenie divina, e di portarne nel proprio corpo il segno stesso perché la circoncisione valeva come sigillo divino. Ancora di più doveva essere impegnativo in senso ebraico, la presenza di scribi, dottori della torah, al fianco, dei figli maschi di Berenice, che erano sotto la tutela di Antonia, dopo la morte della madre, protetti e dalla domus Antonia e da quella Giulia al pari dei figli di Antonio, prima, educati da Ottavia – che si era preso cura anche degli altri figli della casata e perfino dei figli dei re socii ed alleati del popolo romano- ed ora dalla figlia. Di un particolare privilegio godeva Berenice per la stretta amicizia con Antonia: i loro figli maschi vivevano e crescevano insieme, specie Claudio ed Agrippa e le femmine avevano una comune educazione secondo la tradizione romana e quella ebraica congiunta, dopo la riforma dei costumi fatta dall’imperatore, augure e sommo pontefice. La figura femminile di Cornelia, di Giulia moglie di Pompeo, e di Ottavia, di Livia e di Antonia quella di donne ebraiche celebrate dalla tradizione, erano esempio di una nuova femminilità romana più austera, dopo gli eccessi e le scostumatezze di Precia, di Clodia e di Fulvia, in epoca repubblicana.
Professore, nel 4 a.C. sono tutti bambini nepioi, i romani Germanico, Claudio, Druso minore, figlio di Tiberio e di Vipsania Agrippina, che seguono i maestri, ellenistici, ed apprendono la loro storia, e quelli giudaici, Erode di Calcide ed Erode Agrippa, hanno come ebrei, erodiani, una doppia educazione come quella alessandrina ed una doppia patria quella romana e quella gerosolomitana?
Certo. In particolare modo quelli che da tempo vivono a Roma come Erode Filippo figlio di Mariamne di Boeto sommo sacerdote, divenuto marito di Erodiade, da cui nascerà intorno al 10 d.C Salome, la danzatrice che farà mozzare la testa di Giovanni Battista, o come i figli di Maltace gerosolomitana, i cui figli Archelao ed Erode Agrippa, erano stati educati a Roma ed erano tornati in patria un anno prima della morte di Erode, al momento dell’arresto di Antipatro, dopo il verdetto imperiale ( cfr. Ant. Giudaiche, XVII,52-148 e Guerra giudaica I,32-33): sotto il regno di Archelao, avviene il matrimonio di Erode Antipa con Dasha nabatea, figlia di Areta IV e quello fastoso del sovrano di Iudaea con l’altra figlia di Berenice Mariamne, come una pacificazione tra due stati socii , il primo, in quanto garanzia di pacifici rapporti tra il tetrarca di Galilea e Perea e il re Nabateo , con estensione a tutto l’ex regno erodiano e il secondo come rinnovato vincolo familiare interno.
Professore, tutti questi giovani viventi accanto a tanti giudei dissidenti hanno loro idee, di autonomia nazionale, come quelle di Archelao ed Erode Antipa accusati da lettere di amici di Erode, istigati da Antipatro, a scrivere che i figli di Maltace sparlano di lui ritenendolo assassino dei due fratellastri Alessandro e Aristobulo e che si commiserano compiangendosi perché il loro richiamo in patria equivale ad una condanna a morte!
Tutti, Marco, hanno una loro politica in reazione alla educazione ricevuta e perciò considerano bestiale il governo del padre ( Ant. giud, XVII,309 ) che ha abbellito ed arricchito con la sua munificenza le nazioni straniere e che ha reso povera la Iudaea, e che ha favorito una burocrazia corrotta, placabile solo con le mance ed ha fomentato con le innovazioni arbitrarie da philhllhn, non conformi alle leggi, la costituzione di bande armate di ladroni/ lhisteiria rendendo il paese invivibile.
Dunque, professore, i figli educati a Roma ritornano a corte con idee eversive di neoteroopoiia, antierodiane, in senso di autonomia patria, che coincide, da una parte, con la volontà aramaica, di cambiamento con la possibilità di tornare sotto la stirpe asmonea, secondo la predicazione farisaica ed essenica, che propendeva, dall’altra, ad avvicinarsi e a fondersi coi confratelli di Parthia, parenti per lingua e per religione. Inoltre, quali sono le ultime volontà di Erode? quelle del testamento in cui è eletto re Erode Antipa e quelle dei codicilli ultimi dettati dopo la morte di Antipatro, da una mente malata in un corpo disfatto?
A me sembra, Marco, che l’atto di scrittura testamentaria/ diathhkh (Ant,Giud., XVII. 224) sia di un momento migliore di salute del re, mentre quello dei codicilli d’epidiathhkh /nuova disposizione di un testamento già fatto (ibidem, 226) è proprio di un uomo delirante e rantolante, incapace di connettere!.
Comunque, il suo avvocato Nicola di Damasco, pur nel dissenso generale, è abile sia nel primo processo che nel secondo a dimostrare, da una parte, la lucidità di Erode fino alla fine della vita e, da un’altra, a rilevare la non colpevolezza di Archelao, pur esaminato nel suo preoccupato comportamento iniziale di fronte ai sediziosi, colpevoli di aver ucciso uomini che facevano il loro servizio e cacciato il tribuno intervenuto per pacificarli. Lo stesso incidente della morte di 3000 fedeli in Gerusalemme è accaduto per la violenza degli oppositori che lottano, animati da neoteroopoiia, essendo rivoluzionari che combattono anche contro l’esercito schierato, costretto a difendersi dagli attacchi di forsennati: la morte dei fedeli è dovuta al loro stesso intransigente zelo rivoluzionario!
Professore, il verdetto di Ottaviano nel 4 a.C., conforme a quanto deliberato da Erode, è in linea con quanto decretato nel 6. a.C., dopo che Antipatro aveva vinto al causa con Silleo?
Augusto in quella occasione riabilita Erode come amico, per qualche tempo ignorato e tenuto a distanza, avendo scoperto la falsità di Silleo e quella di Areta IV, non ancora nominato re, avendo capito che gli arabi avevano creato appositamente l’incidente di Repta per accusare di abuso di potere il re giudaico, che, non come sovrano belligerante, aveva attaccato un regno anch’esso consociato coi romani, senza averne l’autorizzazione, ma come riscossore di un debito, dovuto e a lui e ai romani, con un contingente di guardie del corpo e di soldati stazionanti al confine, era entrato entro i confini altrui: gli avvocati avevano dimostrato che non era un casus belli, ma solo riscossione di denaro dovuto, confermato poi dalla confessione di Silleo che ritira anche le accuse dei morti (25 e non 250 come diceva la propaganda araba!).
Il caso di Repta si risolse, quindi, in un nuovo e più fraterno abbraccio di Augusto con il re giudaico non ancora malato, che aveva però, diseredato il figlio di Mariamne di Boetho ed aveva nominato successore Antipatro che, allora reggeva il regno come vicario.
Infatti tutti i giovani erodiani ed asmonei che erano a Roma nel 6 a.C.avevano fatto omaggio al reggente andando a riverirlo nel tempo di attesa, necessario per aver un incontro con l’imperatore! .
Dunque, professore, nel 4 a.C. il testamento migliore non era quello dei codicilli, ma, comunque, Ottaviano elegge etnarca Archelao -che, prima di essere riconosciuto re dai romani incappò in una rivoluzione religiosa appositamente fatta sorgere dai seguaci di due dottori della morti con i loro 40 discepoli per aver distrutto l’aquila posta da Erode davanti al Tempio- perché riconosce che nel periodo di sua assenza si verifica la neoteroopoiia poi sedata a fatica da Varo a causa dell‘apographh di Sabino.
Archelao, non sembra uomo fortunato/eutuchhs, come il padre, ma, comunque, riesce a regnare?
Certo, Marco, ma il suo regno è di solo 10 anni, e non è mai una basileia vera perché, secondo Flavio, rimane sotto inquisizione di Ottaviano che già sta, col suo gruppo di esperti orientali e giudaici, tra i quali Saturnino e Quirinio, elaborando il piano di annessione della Iudaea alla Siria. Inoltre il giovane etnarca non è accolto bene al suo ritorno col titolo riconosciuto dai sudditi, che gli imputano colpe anche non sue: Farisei ed esseni soffiano sul fuoco quando ancora ci sono focolai di insorti lungo il Giordano. Archelao, poi, sembra avere un problema con gli esseni, anche se Flavio non ne parla esplicitamente. Il re, infatti, tornato in patria i primi giorni dell’ autunno con poteri limitati, in quanto Augusto ha imposto moderazione ed equità non solo nella repressione di Atrongeo, che ha la sua maggiore azione offensiva lungo il Giordano, ma anche con i sudditi e con gli oppositori religiosi interni, come i farisei e gli esseni.
Non gli è facile regnare, Professore?
In Iudaea secondo Flavio non c’è potere che conta perché le tante contraddizioni religiose, sociali e politiche, sommate insieme impediscono una normalità amministrativa in Gerusalemme, metropoli sacra per ogni ebreo anche parthico ed ellenistico, considerata la santità del Tempio e la ricchezza del suo tesoro/ gazophulakion.!
Comunque, vinto Atrongeo, un pastore notevole per statura e per forza di braccia, che si era incoronato re ed aveva formato un suo consiglio senatorio, dapprima grazie agli aiuti dei sebasteni di Grato e di Tolomeo di Iacimo, poi, con le sue stesse truppe, Archelao gli promette salva la vita, dopo aver giurato garanzia sulla sua fede in Dio e avutone la resa, ottiene la pacificazione di tutta la zona cisgiordanica e transgiordanica (Ant. Giud.XVII,284), nonostante l’opposizione religiosa degli esseni.
Questi erano stati autorizzati a ricostruire – non si sa esattamente l’anno – e a rifondare il loro monasterion utilizzando le parti meno compromesse dal terremoto del 31 a.C, compreso lo scriptorium, e lo avevano ripopolato con circa 4000 uomini. Essi, però, non erano contenti della diminuizione delle acque, necessarie per i loro riti purificatori e per l’irrigazione dei campi, avendo un sistema solo agricolo, non commerciale, di sopravvivenza.
Perché Archelao non concede acqua a sufficienza ad uomini santi, agricoltori?
Non ne so il motivo, anzi ti aggiungo che non so neanche se la cosa è così!. So solo che vuole tentare di fare una masseria agricola a scopo commerciale come quella di altri cives romani attivi nella zona del Giordano. Sembra che la voglia fare non lontano dalla sorgente oggi detta di Eyr Pug, poco a nord della zona essenica dell’odierno Qumran e che intenda irrigare la Piana del Neara dopo aver ricostruito il palazzo asmoneo di Gerico, dopo la fondazione di una città, chiamata Archelaide, oggi Kirbet Auga el Tahtani.
Mentre sorge Archelaide ed è avviata la coltivazione di palme, secondo i voleri di Archelao, sembra(?) che l’etnarca decreti di accogliere la richiesta di ritorno nelle sedi orìginarie fatta dagli esseni, domiciliati nelle città vicine e in Gerusalemme, dove hanno rotto il giuramento di essere celibi e dove vivono come sposati. Nel corso del trasferimento e durante il periodo di riconversione e di ristrutturazione e delle mura degli edifici e della regola primitiva sembra cominciare l’attrito con l’etnarca, che poi si acuisce per la faccenda della scarsità di acqua fornita.
Professore, io conosco la sua etimologia di rivale– da rivus– da lei fatta nel corso del liceo, quando parlava di ruscello deviato da contadini a monte, minacciati ed odiati da quelli più in basso, per portare l ‘acqua incanalata verso i loro campi e faceva l’esempio di agricoltori sotto la montagna la Montagna dei Fiori, che dovevano fronteggiare la reazione di chi aveva terra sottostante. Gli esseni essendo più in basso, non avendo acqua o avendola razionata avrebbero potuto reagire al sovrano anche a ragione dell’acqua quando già lo odiavano perché erodiano e menzognero, essendo nostalgici del regno asmoneo e/ o desiderosi di autonomia (cfr. Ant Giud., .XVIII,32. dove Archelaide è ricordata per l’eccellenza dei datteri in epoca in cui governa la Iudaea Marco Ambivolo -9/12 d.C-). Eppure, nonostante il dissidio, Archelao chiama un esseno a spiegare il sogno delle nove/ dieci spighe.?
Marco, a dire il vero Archelao secondo Antichità Giudaiche interpella altri, prima di lui, e poi, non avendo una risposta significativa univoca date le tante interpretazioni, fa venire Simone esseno, mentre in Guerra giudaica sono chiamati indovini ed alcuni Caldei per l’interpretazione, ma siccome danno differenti letture, il re ha la spiegazione esatta da Simone, esseno di stirpe. Ti aggiungo che, secondo me, Archelao non può chiamare gli esseni perché sono suoi nemici, anche se ha loro concesso il ritorno nelle sedi originarie avendo già contestato il suo matrimonio con Glafira. Se, infatti, Archelao fosse stato in buoni rapporti con gli esseni ovviamente li avrebbe consultati per primi perché essi come profeti e interpreti dei sogni leggono in Dio ogni cosa, che accade sulla terra vedendone l’oikonomia, il piano eterno e sui privati, sui re, sull’ecumene.
Infatti anche Flavio, sacerdote e storico, rivendica per se stesso la stessa funzione essenica di leggere, oltre i fatti terreni e le vicende umane (Cfr. Vespasiano e il Regno in www.angelofilipponi.com ) anche altro, secondo l‘oikonomia tou teou. Il sacerdote ebraico avendo una visione provvidenziale del mondo e dell’uomo (tou theou promhtheiai ta anthroopeia perieilophotos di un Dio che con la provvidenza abbraccia cingendo le cose umane) dà l’anathhma a chi pecca secondo legge (Genesi,38,8; Deuteronomio, 25.5-10): la sua storia in Antichità giudaica è lettura sacerdotale della pronoia di Dio padre su Israel eterno!
Per lei, professore, quindi, Archelao, avendo avuto la scomunica per il matrimonio con Glafira deve forzare un esseno a rivelargli il significato del sogno dell 9/10 spighe mangiate dai buoi?
Per un esseno che applica le regole sul levirato il matrimonio tra Archelao e Galfira non è possibile per tre motivi: I. non è valido il ripudio di Mariamne, per la motivazione della sola infecondità in quanto donna onesta ed ancora giovinetta; II. Glafira non può per la terza volta risposarsi, se vedova, dopo il secondo matrimonio per di più contratto con un pagano anche se re di Mauritania, III. è stata moglie di un fratello da cui ha avuto due figli. Si ricordi che in caso di effettuazione di un matrimonio contro legge segue l’anathema con la maledizione che significa che ogni contribulo, zelante, deve o tenersi alla larga o uccidere l’inadempiente alle prescrizioni della torah. Infatti sembra che Flavio nelle due opere mostri che il marito defunto si arroghi il diritto di far morire la moglie, Glafira: secondo il racconto di Antichità Giudaiche (XVII,353) la donna sogna Alessandro che gli compare dicendo: tu confermi il detto che non bisogna prestare fede alle donne..e siccome vergine fosti a me promessa e a me sposata, e quando ci nacquero i figli dimenticasti il mio amore per il desiderio di sposarti di nuovo,e non soddisfatta di questo oltraggio hai avuto la temerità di prendere ancora un terzo sposo e in maniera indecente e vergognosa, tu, membro della mia famiglia col matrimonio sei entrata nella famiglia di Archelao, tuo cognato e mio fratello, io non dimenticherò mai il mio affetto per te, ma ti libererò da ogni disonore facendoti mia come tu eri.
E pochi giorni dopo Glafira muore: Alessandro morto la fa sua!?.
L’apparizione di Alessandro che rimprovera e castiga la donna è paradigma di un’altra verità, tipica della mentalità giudaica sacerdotale che considera sacra l’unione matrimoniale come simbolo d’ una congiunzione universale. Lo stesso Archelao diventa esemplare in una storia dominata da Dio e dalla sua oikonomia , paterna e giusta nei confronti del singolo (Erode, Erode Archelao, Erode Agrippa) e del popolo ebraico, figlio prediletto.
Professore, dunque, in Guerra Giudaica II,112. Ant. giudaiche XVII;345-348 si parla di Simone che spiega il significato del sogno delle nove/ dieci spighe -il numero è i relazione all’inizio del computo degli anni reali di Regno- pronosticando un mutamento di situazione per Archelao non certamente favorevole?
Marco, l’esseno gli dice che il sogno non gli è propizio e gli spiega che i buoi indicano sofferenza essendo animali soggetti a molte fatiche e sono segno di cambiamento di situazione perché lavorano la terra e e la rigirano: le 9/10 spighe mangiate sono in relazione al corso degli anni di raccolta ed indicano il numero di anni del suo regno, ormai finito. Certamente gli esseni sono contenti! Flavio, comunque aggiunge, che la sua storia non è upourgia , scritta per Archealo, ma è storia morale in quanto fornisce paradeigmata/ esempi connessi con l’immortalità dell’anima e con l’oikonomia tou theiou (ibidem 354) e conclude che se a qualcuno simili cose sembrano incredibili rimanga pure nella sua opinioni senza interferire però con chi le evidenzia per virtù.
Una domanda, professore. Glafira non potrebbe essere rimasta pagana?
Per me è improbabile, dato il clima di una corte dominata da sacerdoti sadducei. Comunque, Glafira è rimasta a lungo in Iudaea e potrebbe aver accettato il monoteismo ebraico, pur restando nel cuore goy/gentile. La donna, infatti, ha avuto un’educazione specifica cappadoce (anche suo padre Archelao è figlio di sommi sacerdoti del tempio di Bellona, a Comana, e lui stesso sommo sacerdote officiante!)ed ha un caratterino pepato, a cui non interessano le critiche e le condanne esseniche, dovute all’essere cognata dello sposo che essendo levir /Fratello del marito non può congiungersi con chi ha avuto figli (Alessandro e Tigrane), ancora in casa erodiana. La donna, è condannata specialmente perché il divorzio di Archelao da Mariamne appariva un capriccio di un despota, sedotto, che si considera nomos empsuchos/legge vivente come un re assoluto ellenistico!.
Il sacerdote ebraico avendo una visione provvidenziale del mondo e dell’uomo (tou theou promhtheiai ta anthroopina perieilophotos / di un Dio che con la provvidenza abbraccia cingendo le cose umane), considera legittimo l’anathhma a chi pecca secondo legge (Genesi,38,8; Deuteronomio, 25.5-10). L’apparizione di Alessandro e il rimprovero del marito defunto sono segni della mentalità giudaica sacerdotale di Flavio che considera sacra l’unione matrimoniale come simbolo d’ una congiunzione universale.
Professore, si sa come visse Archelao in Gallia? certamente come un protos/notabile che vive in esilio dalla patria. Siccome gli ebrei da decenni sono attestati in Hispania (Empuriabrava frazione di Castello Empùryes – Catalogna-) e in Gallia( Marsiglia a Lugdnum e in modo particolare nella vallata del Rodano, a Vienne) dobbiamo pensare che Archelao visse l’ultimo dodicennio di vita in comunità ebraica, amato e riverito dai giudei, che in lui vedevano la regalità erodiana, congiunta con quella di Salome, di Filippo e di Erode antipa, ancora regnanti in Patria: non gli mancarono né talenti né amicizie, né proprietà fondiarie, né trapezai!
A distanza di 20 anni dalla morte di Archelao, forse Mariamne potrà vedere il trionfo di suo fratello Erode Agrippa, pur accogliendo fraternamente in terra gallica suo cognato zio Erode Antipa e sua sorella Erodiade!
Il falso Alessandro ed Augusto
Marco, hai mai sentito parlare di un falso Alessandro, il figlio di Erode il grande ?
No, professore. Conosco per sommi capi la vicenda dei due fratelli uccisi dal padre nel 7 a.C , ma non so niente di un sosia di Alessandro.
Se vuoi, ti racconto la storia : ci serve per capire la diffusione della popolazione ebraica nel Mediterraneo e la sua colonizzazione emporica in tutto il Kosmos e per comprendere la ricchezza di questo popolo, in epoca romana, giulio-claudia.
Per Filone – Legatio ad Gaium 281-283 ebook 2012-: Gerusalemme… è la metropoli non solo della regione Giudea, ma anche di molte altre per le colonie da essa un tempo inviate, e, più precisamente nel confinante Egitto, in Fenicia, in Siria e nell’ altra, quella detta Celesiria, e nelle regioni abitate più lontane, come Panfilia, Cilicia, in tutte le altre parti dell’Asia, fino alla Bitinia e agli estremi golfi del Ponto, e, in pari modo in Europa, in Tessaglia, in Beozia, in Macedonia, in Etolia,in Attica, in Argo, a Corinto e nelle parti più importanti del Peloponneso. Non soltanto le province del continente sono piene delle colonie giudaiche ma anche le isole più famose, Eubea, Cipro, Creta. Potrei tacere di quelle transeufratee?! Tutte, ad eccezione di una piccola parte, Babilonia e le altre satrapie, quelle che hanno un buon territorio all’intorno, sono abitate da giudei. Pertanto qualora la mia patria implori la tua clemenza, tu ti concilierai, oltre ad essa, anche le altre decine di migliaia di città, poste in diverse parti del mondo, in Europa, in Asia, in Libia, chi sui continenti, chi sulle isole. Conviene alla grandezza della tua potenza, grazie ai benefici verso una sola città, beneficare decine di altre decine di migliaia, affinché la tua gloria sia cantata per tutte le parti del mondo ed affinché inni di ringraziamento risuonino dovunque. Avendo tu reso degno della cittadinanza romana tutte le patrie di alcuni amici, sono diventati padroni di altri anche quelli che, fino a poco tempo fa, erano servi e quelli che ebbero questo beneficio non ne godono più se non quelli che ne fruiscono in quanto ne sono autori.
Il re Agrippa I, proprio nel momento della neoteropooia/ribellione giudaica nel 40 d.C. e nel corso dell’ Ektheosis/ divinizzazione caligoliana ribadisce, ambiguamente, mediante una lettera, la sua appartenenza all’imperatore, che è padrone e signore/Adonai di lui e del suo popolo.
Perché ambiguamente? in apparenza dice che Caligola è despoths kai kurios!
Certo. Marco! Ma Giulio Erode Agrippa, da ebreo, sa che il suo Kurios è uno dei nomi, Adonai, che un giudeo può dare solo al mai nominato JHWH!
Non è questo oggi il nostro tema: noi dobbiamo raccontare la storia di un Falso Alessandro ed abbiamo citato Filone per mostrare il numero grande della popolazione giudaica, sparsa in tutto il mondo romano, in quello parthico e perfino in Seria e in India: l’etnia ebraica, specie ellenistica, era l’avanguardia commerciale del militarismo romano!.
Tutti, invece, professore, pensano alla Giudea come piccola regione, regione piccola quasi come Marche ed Abruzzo congiunte, e non comprendono, perciò, la grandezza di un popolo sacerdotale, numerosissimo, unito nel nome di Dio e di Gerusalemme, anche se sparso in ogni parte dell’ecumene, nonostante la divisione tra aramaici ed ellenistici in relazione a due diverse ed opposte culture.
Marco, dici bene, E’ proprio così !. Ora, comunque, ti racconto la storia di un impostore, di un Giudeo di stirpe, vissuto ed educato, però, a Sidone presso un liberto romano. Ne parla G. Flavio in Guerra Giudaica,II,7.1-2 (a cura di G. Vitucci, Fond. Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori Editore,1974) e in Antichità Giudaiche, XVII,324-338 (a cura di L. Moraldi, Antichità Giudaiche,XI-XX; Utet,1998).
Sono simili i due racconti?
La sostanza del racconto è la stessa; ci sono novità solo nei particolari, come tra il Vangelo di Marco e quello di Matteo- un po’ meno tra quello di Luca e quello di Giovanni-! Si tratta, comunque, di un giovane ebreo, dalle mani callose e dalla corporatura massiccia, un banausos, che ha una rassomiglianza fisica con Alessandro, il figlio di Erode e di Mariamne asmonea, un nobile dalle fattezze delicate, un atletico cavaliere ed abilissimo arciere, fatto uccidere dal padre insieme al fratello Aristobulo, come reo di parricidio, organizzatore di un piano per ammazzarlo durante una battuta di caccia. Io te ne parlo proprio ora perché da poco ho revisionato il XVII libro di Antichità giudaiche ed ho finito di mettere le note!.
Lei, professore, ha trovato qualcosa di nuovo e me lo vuole comunicare! Me lo dica!
No. Marco.
Non so solo collocarlo esattamente in un preciso momento, perché Flavio è vago nella trattazione del fatto. Penso che l’episodio sia da porre subito dopo il verdetto di Ottaviano sul testamento erodiano e sulla divisione del Regno in due parti: una costituita dall‘ etnarchia di Archelao che comprendeva Giudea, Idumea e Samaria – esonerata da un quarto di tributi- e le città soggette di Cesarea Sebaste, di Samaria, di Ioppe e Gerusalemme con una rendita di 400 talenti, mentre venivano staccate dalla Iudaea ed annesse alla provincia di Siria, Gaza Gadara ed Ippo; l’altra parte venne divisa in due: una veniva data ad Erode Antipa che aveva la tetrarchia di Galilea e Perea con una rendita di duecento talenti e una a Filippo a cui furono attribuite Traconitide, Auranitide alcuni dei possedimenti di Zenone presso la Paniade, con una rendita di 100 talenti. Infine una porzione de regno erodiano venne staccata dall’etnarchia per darla a Salome sorella di Erode, amica di Livia, fatta secondo i codicilli testamentari, signora di Iamnia, di Azoto e di Faselide con diritto di residenza nel palazzo reale di Ascalona,e con una rendita di 60 talenti, anche se i territori nominalmente erano soggetti ad Archelao.- augusto, ligio alla volontà testamentarie dell’ amico divise secondo questa stessa ripartizione i mille talenti lasciati dal re conservando per sé qualche oggetto di poco conto in onore del defunto. Guerra giudaica II,93-100.
Non si sa, però, quando avvenne esattamente il Consiglio dei magistrati romani e degli amici dell’imperatore, riunito nel tempio di Apollo sul Paladino.
Al di là di Flavio, che racconta gli eventi della rivolta giudaica, durata a lungo, soffocata da Varo, e di Tacito – che accenna in Storie V- non c’è fonte romana, né greca sul 4-3- a.C. , neppure quella di Cassio Dione –St Rom., LV, 9, 9-10 e 10,1ab -che tace su gli avvenimenti epitomati da Zonara ( Kronikon,10, 35 ed altrove) e parla solo di distribuzione di grano a 200.000 persone che hanno diritto di beneficio e di sessanta denari dati a ciascuno cittadino ( Xifilino,100, 30-101,1).
Chi è Zonara?
E’ un epitomatore bizantino del XII secolo scrittore di un Kronikon in 18 libri, che tratta dalla Creazione del mondo fino alla morte di Alessio.
Chi è Xifilino?
E’ un monaco bizantino, un predicatore, nipote dl patriarca di Costantinopoli Giovanni VIII, epitomatore dell’ XI secolo di Storia Romana di Dione Cassio.
C’è un buco, professore, con vuoto di notizie sorprendente! Certo Marco.
Si pensa che, comunque, non prima della primavera del 3 a.C. Archelao prenda possesso del sua etnarchia – che subito trattò male con mano pesante non solo i giudei ma anche i samaritani che erano stati fedeli ai romani- Guer. Giud. II, 111-. Perciò si deve ritenere che il falso Alessandro si sia presentato ad Augusto dopo le feste di insediamento di Archelao come etnarca, come se lo Pseudo Alessandro, in quanto asmoneo potesse fare rivendicazioni sull’eredità paterna!
Ci fu una pianificazione, dunque , in questa simulazione di persona da parte di giudei ellenisti filoasmonei?
Si.
Architetto dell’inganno è tis omophulos, un tal connazionale della stessa tribù, che conosce la corte erodiana, e che istruisce il giovane nel dare ad intendere che gli incaricati di uccidere Alessandro ed Aristobulo, dia oikton /per compassione, li avevano fatto scomparire, sostituendoli con i cadaveri di persone somiglianti.
Flavio aggiunge al racconto di Guerra giudaica un particolare in Antichità giudaica XVII,330 per indicare il modo di interpretare da parte dei giudei romani, l’azione fatta dai carcerieri che sostituiscono i corpi, scrivendo, venti anni dopo, dello stesso episodio, retoricamente: essi pensano divinizzando l’opera della salvezza con un miracolo/ parodocsooi ths sooterias ektheiazontes ton ergon.
Professore, un pensiero evangelico tutto da interpretare! Quanti Theologoi hanno preso spunto da questa frase di Flavio per la Resurrezione di Gesù?!
Certo, Marco! Eppure Flavio, in quel cotesto e nel contesto romano giudaico, voleva dire nel 94 d.C. semplicemente : ai giudei romani Alessandro appariva come uno, risuscitato da morte, grazie ad un miracolo, per un disegno divino secondo l’oikonomia tou theou!
Professore, l’azione dei carcerieri risulta difficile, improponibile, impossibile all’epoca di Erode.
Io so, inoltre, che gli uomini del re Erode sono fedelissimi proprio per paura delle punizioni e delle torture: il carceriere di Antipatro, cinque giorni prima della morte del re, nonostante le promesse di Antipatro, esultante per aver pensato, sulla base delle urla sentite a corte, alla morte del padre, andò subito a riferire ogni cosa ad Achiab, determinando l’immediata condanna a morte del figlio, erede al trono!
Ed io Marco ti aggiungo che lo stesso Augusto cominciava a dubitare in Antichità Giudaiche sull’autenticità di Alessandro perché conosceva bene Erode, che era uomo che non si lasciava ingannare specie se la cosa era per lui di grande importanza!.
Comunque, Marco, i due, complici, architettato il piano, si trasferiscono a Creta e con tali frottole ingannano i giudei cretesi ed hanno da loro mezzi in abbondanza. Da lì passano a Melo, dove raccolgono somme ancora più grandi, dato l’immenso credito che hanno riscosso persuadendo i connazionali ad accompagnarli nel viaggio verso l’Italia e Roma e ad armare una nave per arrivare a Dicearchia/ Pozzuoli. Alessandro, giunto al porto, è accolto dai giudei del luogo che dànno un’infinità di doni (doora te pamplhthh) e come un Basileus/re è scortato dagli amici paterni erodiani.
Perfino quelli che avevano visto Alessandro e lo conoscevano bene giuravano che era proprio lui, poiché la somiglianza era impressionante e dava sicurezza a chi aveva organizzato e pianificato il progetto , specie ora con le borse piene di denarii!
L’ arrivo a Roma è trionfale: tutta la colonia giudaica di Roma si riversa fuori per vederlo ed una folla innumerevole si accalcava per i vicoli in cui egli passava/to ge mhn ioudaikon en thi Roomhi apan ecsechuthh pros thean autou, kai plhthos apeiron hn peri tous stenoopous di’oon ekomizeto (Ibidem).
Alessandro è portato dai melii, che finanziano pazzamente ogni spesa, in lettiga, come un re!
La cosa non passa inosservata e viene riferita ad Augusto che conosce di persona il giovane Alessandro, avendolo incontrato varie volte nel periodo di studio e di formazione in casa di Pollione, prima, e poi, nel corso del processo di parricidio, intentatogli dal padre.
A Roma non solo Ottaviano ma anche tanti altri avrebbero potuto smascherare il falso Alessandro, che, avendo una sua formazione ebraica, conforme alla torah, aveva avuto anche maestri giudaici e compagni in una delle cinque sinagoghe romane.
Certo Marco!
Pensa anche che nella primavera del 4 a. C a Roma viene fatto un secondo processo ad Archelao, il figlio di Erode, successore al trono, ad opera di giudei che prima della rivolta, sedata da Varo, sono stati inviati per trattare il problema dell’autonomia nazionale !
I venuti dalla Giudea sono solo cinquanta, ma sono sostenuti da rappresentanti delle sinagoghe romane, da ottomila giudei viventi nella capitale.
Professore, se nell’occasione del processo ad Archelao ogni sinagoga invia 1600 uomini , questo significa che ogni proseuchh ha una popolazione media di almeno 10.000 persone, come in Alessandria, una sua organizzazione ed una precisa volontà antierodiana con un desiderio di ritorno alla tradizione in senso asmoneo.
Ora, l’accoglienza trionfale al figlio di Mariamne asmonea è, inoltre, un segno tangibile che la comunità romana non è filoerodiana e contesta la stessa politica imperiale, che ha fatto di Erode un privato/idioths, un Basileus, a scapito della legittima monarchia asmonea!
I giudei romani si erano uniti precedentemente ai giudei inviati da Varo per fare un secondo processo ad Archelao- che già nel primo processo per la strage del tempio, dopo l’arringa a sua favore di Nicola di Damasco anche se si era gettato alle ginocchia di Cesare, senza parlare, aveva lasciato l’imperatore incerto sulla decisione di riconoscere re uno dei figli di Erode menzionati nel testamento o se spartire il regno fra gli eredi, essendo convinto che i più di loro avessero bisogno di tutela/ edokei gar chrhizein to plhthos toon prosoopoon Guer. Giud.II,2.7- .
Ora in questo successivo processo, fatto nel tempio di Apollo sul Palatino accanto alla domus Augusti cfr. Foto -ibidem 93-100- Augusto decise la divisione del regno erodiano in due parti: l’etnarchia ad Archelao e le tetrarchie ad Erode Antipa e a Filippo e una porzione litoranea a Salome nominata nel testamento dal fratello. cfr, Archelao, figlio di Erode.
Marco. non ci è nota la esatta venuta dello pseudo Alessandro a Roma: gli storici di questo periodo parlano poco ed esiste solo la versione di Flavio.

la notizia non è certa e precisa nei tempi. Non sappiamo nemmeno se il Alessandro viene a Roma il 4 av. C. o se va prima tra il 7 a.C e il 4 av. C.- anche se non è da escludere la possibilità di una sua presenza nel 6 d.C, al momento dell’esautorazione di Archelao e del suo esilio a Vienne- e quindi non possiamo dire, storicamente, quanto hai affermato che presuppone che l’arrivo di Alessandro è successivo al giudizio/dikh di Augusto, che stabilisce, comunque, di dare auctoritas e potestas al figlio di Erode e di Maltace samaritana, nonostante l’eccidio dei 3000 uomini nel tempio e i 2000 insorti, aramaici, crocifissi da Varo, a rivolta sedata,- di cui non si conosce l’esatta durata – concedendogli il titolo di Etnarca, con la promessa di crearlo re.
In qualunque momento, comunque, lo pseudo Alessandro sia venuto a Roma, si può parlare di una contestazione ebraica nei confronti di Augusto, che ha favorito la dinastia idumea a quella asmonea e si può dire che ci sia richiesta di Regno per il giovane, falso asmoneo, pseudo Alessandro, sia subito dopo la morte di Erode sia dopo l’esilio dell’etnarca!
Dunque, professore, posso dire, però, che a Roma o prima o durante il regno di Archelao, c’è in città, al di là del Tevere una colonia-apoikia- di almeno 50.000 giudei, che acclamano il creduto figlio di Mariamne, asmonea.
Si può dire con le dovute riserve di approssimazione. Posso seguitare il racconto? Si, certo.
Il giovane falso Alessandro, dopo mesi di recita, ha imparato bene la parte di principe: sa vestire come lui, tirare l’arco, cavalcare, parlare con lo stesso tono, essere signorile nei modi da ingannare chiunque.
Ottaviano è un figlio di nummularius di Velletri, amico di trapeziti ebraici- di cui il padre è stato un semplice diakonos occidentale- abile a scovare le frodi numismatiche e sapiente nella sua regia economica e sociale, ha intuito l’inganno del giovane ebreo di Sidone e del suo compare contribulo.
Augusto, ricevuto il neaniskos, vistolo, ha, anche, comunque, dubbi e decide di verificare il suo sospetto, avendo compreso il raggiro fondato sulla somiglianza. L’imperatore chiama un suo liberto ebreo di nome Celado, che conosce bene tous Alecsandrou karakthras/le fattezze di Alessandro e gli ordina di fare uno studio accurato sul personaggio per individuare la diversità dei lineamenti tas diaphoras tou proosopou, di rilevare la corporatura nel suo insieme troppo massiccia e l’aspetto servile /to olon sooma sklheroteron te kai doulophanes e quindi di smascherare lui e pan to suntagma/ tutto il preordinato disegno.
L’imperatore si era molto innervosito per la sfrontatezza delle dichiarazioni fatte alla sua richiesta dell’assenza del fratello Aristobulo, durante l’interrogatorio privato, e per la risposta del falso Alessandro: anche lui era vivo ma era rimasto di proposito a Cipro per proteggersi da tranelli/tas epiboulas phulassomenos ritenendo che, se stessero separati, era più difficile toglierli di mezzo!.
Celado, entrato nella grazie di Alessandro, riferisce ogni cosa ad Augusto circa la vita quotidiana del presunto figlio di Mariamne e scopre chiaramente che non è figlio di Erode da molti segni. Su suggerimento dell’imperatore, Celado, confidenzialmente, dice al falso Alessandro che Augusto gli potrebbe salvare la vita nel caso che riveli la sua vera identità e il raggiro, fatto da altri, a scopo di guadagno.
Il neaniskos, avuta l’assicurazione di aver salva la vita, rivela tutto il piano per fare soldi pros ergasian come lavoro produttivo e dice di avere guadagnato moltissimo e fatto una vita brillante, cosa che come operaio o addetto all’agricoltura o alla pastorizia mai avrebbe ottenuto/tosauta gar eilhphenai doora kath’ekasthn polin osa zoon …ouk elaben.
Flavio racconta che Cesare scoppiò a ridere, pensò bene che l’aitante Alessandro potesse fare il rematore nella sua flotta, mentre condannò a morte il suo istigatore.
Il regista di Ben Hur ha seguito, interpretandola, la storia di questo personaggio?
Non ho mai visto Ben Hur! I Melii, comunque, che chiedono rimborso delle spese sostenute, hanno la seguente risposta: vi sta bene! ta alanoomata/le spese sostenute vi siano di castigo giusto per la vostra stoltezza/epitimion ths anoias!.
E’ bravo Ottaviano Augusto! Lui, figlio di mercanti italici, non si lascia prendere in giro da avidi ebrei!.
Perché la casata di Erode e quella di Filone hanno in comune il nome Giulio ?
Per una revisione del contesto romano storico, politico -economico dell’epoca di Iesous Christos Kurios
Nella mia ricerca sempre mi sono chiesto il motivo per cui Oniadi ed Erodiani abbiano in comune il nome Ioulios/Iulius.
Mi sono risposto intorno agli anni settanta quando scrivevo, sulla base della traduzione di Antichità Giudaica XIV, XV, XVI, XVII,(Trad. inedita) Antipatro padre di Erode ed Erode basileus, figlio di Antipatro, dove rilevavo la presenza del nome Ioulios per il padre e per il figlio (opere ancora inedite).
Poi, traducendo Filone, mi accorgevo che il filosofo, oltre ad essere chiamato Ebreo o alessandrino, era detto anche Ioulios, così come suo fratello Alessandro Alabarca e l’ altro fratello il naukleros Lisimaco e suo nipote Giulio Tiberio Alessandro.
Comprendevo specie da Legatio ad Gaium e da In Faccum, oltre che da De Ioseph e de Opificio e Vita di Mosè, Vita contemplativa e Quod omnis probus, che esisteva una particolare figura di Methorios e che era presente un tipico politeuma (una specifica costituzione/politeia) in Alessandria con Senato e Sinedrio, e rilevavo l’attività trapezitaria e il rapporto tra la domus antonia e l’alabarca epitropos, therapeuoon di Antonia, nonna di Caligola.
Con la ricerca mirata non solo su Filone ma anche su Flavio (Antichità Giudaica XVIII, XIX, XX, opere edite ) , oltre che sugli autori latini e greci per scrivere Caligola il sublime, opera di revisione storica, ho compreso il connubio tra la finanza giudaica sadducea templare e quella leontopolitana alessandrina oniade, esteso ad un privilegiato rapporto con la domus giulio- claudia tanto da rilevare le connessioni finanziarie tra Augusto, Tiberio, Caligola e Claudio e i giudei filoromani ed ellenisti.
Nel contempo mi si manifestava sia in Iudaea che in Egitto una cultura aramaica propria di una popolazione barbarica, collegata con le genti mesopotamiche della stessa razza e lingua, ferocemente antiromana, tanto da poter rilevare la loro musar opposta alla paideia ellenistica.
Mi si presentavano due mondi opposti: uno commerciale e scientifico grazie al fattore imprenditoriale giudaico finanziario methorios, innovatore, ed uno agricolo mesopotamico, attardato, conservatore tanto che Filone parlava di un mondo civile, ellenico, kosmios, basato su Philanthropia e praooths che si propagava universalmente in senso democratico e liberale, grazie all‘armonia data dalla casa Giulio-claudia, che favoriva la crescita finanziaria ed economica dei popoli ed autorizzava gradualmente l’integrazione di ciascuna etnia nell’ordinato sistema romano-ellenistico; ed un altro barbarico, impostato nei valori contrari, in quanto illiberale, irrazionale, selvaggio, passionale, spietato nell’ira.
Filone divideva il kosmos in hllenes e in barbaroi e faceva l’apologia del commercio e della propagazione di nomos, eleos e charis, di dikaiosunh ebraica secondo l’antica forma di tzedaqah, evidenziando l’origine aramaico-mesopotamica della stirpe con la conseguente integrazione nel sistema ordinato razionale, naturale mediterraneo, tramite il filtro della cultura lagide alessandrina ellenistica…
Filone celebrava perfino nell’impero romano, agli inizi dell’epoca caligoliana, un ritorno di un’età saturnia…fiducioso in una nuova era col figlio di Germanico, Neos sebastos /nuovo Augusto...
Questo benessere era opera della famiglia Giulia, di cui erano parte integrante gli erodiani e gli oniadi, anche loro Ioulioi, gestori del potere economico, philantropoi, philhllenes, trapezitai, emporoi, naukleroi, già infiltrati come methorioi tra le popolazioni barbariche come avanguardia della politica romana, svolgenti il compito di cambiavaluta al confine non solo tra l’impero romano e quello Parthico ma anche tra quello parthico e l’Arabia meridionale e l’India, tra l’Egitto e l’Africa centrale, tra il Ponto Eusino e la pianura Sarmatica ...
Ora se consideriamo, fatta questa premessa, che giuli sono i figli e nipoti di Erode, Giuli l’alabarca e i suoi figli e tutti gli oniadi possiamo comprendere il reale valore di tale parentela con la casa regnante, per cui non sorprende che il connubio tra finanza giudaica e potere imperiale diventi sempre più stretto da Cesare fino a d Augusto e Tiberio e crei un progressivo aumento di capitale Giulio tanto che Caligola, ridimensionando il senato per le gravi difficoltà dell’erario pubblico, rileva l’abnorme capitalismo ebraico e la connessione tra Giudaismo (sia aramaico che ellenistico) con la Parthia, destinata ad entrare nell’orbita romana, e la centralità di Alessandria ai fini operativi sia economici che finanziari e decide il trasferimento di Capitale.
I giuli erodiani, sadducei, e gli oniadi, seppure scismatici da Gerusalemme, in nome della propaganda romano-ellenistica, basata sulla razionalità e naturalezza, sulla liberalità, risultano, comunque, il motore economico- finanziario dell’impero romano per oltre un secolo, senza contare la pericolosa frenata del periodo caligoliano, sia in Occidente che in Oriente (più in Occidente per la presenza di un mondo barbarico -ancora da organizzare integrare e potenziare in senso liberale e democratico secondo le linee della paideia greca, nonostante le riluttanze del ceto druidico- che in Oriente dove è comune la formazione culturale con la basileia).
Il porto di Alessandria (sia quello sul Mediterraneo che quelli sul Nilo), quello di Cesarea Marittima, di Efeso, di Corinto, di Dicearchia /Pozzuoli, di Marsiglia sono dominati da naukleroi/armatori e da trapezitai/banchieri ed emporoi/commercianti giudaici che hanno una rete di addetti finanziari coi loro banchi di cambiavaluta e che prestano denaro ad usura a tassi diversi…
Più mi inoltravo nella lettura dei testi filoniani e negli studi tecnici specie su Giulio Erode Agrippa, fratello di latte di Claudio e sulla politica innovatrice di Caligola (neoteropoiia ed ektheosis) più serrato mi appariva il vinculum non solo tra gli erodiani e gli oniadi ma mi si rivelava la centralità finanziaria ed economica di Antonia minor, figlia di Ottavia e di Antonio, che con i suoi ministri finanziari- specie Pallante e Callisto che poi faranno la fortuna di Claudio- dominava e l’Oriente e l’Occidente, imponendo la sua politica innovatrice giulia con sua nuora Agrippina e coi suoi nipoti maggiori Giulio Cesare e Druso minore, avendo mire espansionistiche in terra parthica…
Si rilevava perfino un contrasto nella corte tra Tiberio, claudio, e i giuli, nella gestione economica e finanziaria con due politiche una conservatrice ed una innovatrice, una aristocratica ed una democratica popolare e militare tendente ad aperture verso l’India alla conquista di nuovi mercati, dopo aver saturato quelli pontici, sarmatici, cimmerici e caspici, in una ripresa dell’espansionismo germanico da sud, seppure frenato dalla morte di Druso Maggiore e dalla sconfitta di Varo, e nella direzione orientale parthica con penetrazioni dal Ponto lungo la linea danubiano- sarmatica, secondo i piani di Germanico, bruscamente interrotti nel 19 d.C…
Era quello di Germanico un programma di ripresa dell’espansionismo militare- non conforme alla volontà di Augusto- e con esso della penetrazione dell’economia giudaica verso l’Oceano indiano, da una parte, e verso le terre settentrionali afgane e le steppe nel nord asiatico, inesplorato, da un’altra…
La politica di Germanico avrebbe decuplicato le entrate nel fisco imperiale e il patrimonio dei giuli erodiani e oniadi, che già avevano avviato la loro attività bancaria sulla scia delle indicazioni programmatiche del padre di Caligola, che guidava tutto l’Oriente dal 17 d. C. dopo il trionfo sui Germani, con tribunicia potestas ed imperium proconsulare maius straordinario, in quanto erede, figlio adottivo di Tiberio, successore designato per volontà di Augusto stesso, in quanto figlio legittimo di Druso Maior, suo fratello.e di Antonia Minor…
Dopo la parentesi di Seiano (26-31) e di Macrone (31-37), in un clima di stragi e di morti dalla parte Claudia e da quella Giulia, il giudaismo ellenistico compatto, in quanto giulio, era schierato con l’indirizzo giulio, in relazione alla sua ascesa politica e militare dal periodo della guerra Alessandrina (Cfr. Antipatro padre di Erode ed Erode Basileus ed altri articoli in Sito)…
Cesare, dictator romanus, imbottigliato nel pantano Alessandrino durante la guerra Alessandrina, subito dopo la morte di Pompeo, liberato da Antipatro padre di Erode, lo ricompensava dopo la battaglia del Nilo con la politeia/cvitas romana col titolo di Ioulios per lui e perla sua stirpe nel 47 a.C. e dava anche privilegi all’etnia giudaica oniade tanto da farla risultare superiore ai macedoni-greci, alla aristocrazia lagide dominante fino ad allora in Egitto…
Cesare, nell’occasione, aveva ricompensato apparentemente allo stesso modo i giuli erodiani e i giuli oniadi, ma in effetti aveva dato agli uni un potere politico-militare, agli altri un potere, economico finanziario, connesso con la loro funzione religiosa, in un certo senso, equiparata a quella sacerdotale di Hircano…
Per il rapporto coi primi rinviamo agli studi di Giudaismo romano, mentre per la societas con gli oniadi mi sembra opportuno precisare che una cosa sarebbe un dare appalto di riscossione generale facendo una koinonia (koinonian poieomai pros tina– faccio società con qualcuno) ed una invece l’altra (sumballomai sunousian tini-entro in società commerciale con qualcuno).
Perciò, siccome non si conosce esattamente con quali clausole abbia dato il nomen, si ritiene che Cesare abbia dato titolo per fare sunousia con gli oniadi, già vincolati coi lagidi nella stessa funzione finanziaria…
Quindi , Cesare ricompensava,- dando il monopolio delle banche, fino allora limitato al territorio del solo Egitto, in tutto il Kosmos romano, con protezione Giulia, dilatando la sfera di attività ebraica – il nonno o il padre di Filone, di Alessandro alabarca e di Lisimaco, e tanti altri discendenti di Onia IV che insieme ad Antipatro avevano aiutato Cesare nella difficile situazione in cui si era cacciato, facendo dubitare Svetonio sulla sua prudentia – in obeundis expeditionibus dubium cautior an audentior (Cesare LVIII).
Ora Cesare nel ricompensare i filoromani puniva gli antiromani, quella pars aramaica filoparthica, avendo oltre tutto intenzione di fare una spedizione contro Fraate re di Parthia nella volontà di stroncare i legami e le connessioni di sangue e di lingua con i giudei transeufrasici, che avevano determinato la sconfitta di Carre e vendicare il collega triumviro, attuando i suoi piani di invasione, dopo la sua elezione a Re in Roma…
Anche B.Brecht (Gli affari del signor Giulio Cesare, Einaudi 1959) aveva intuito che la grande politica si faceva a Roma, in età cesariana, con i debiti (maggiori erano i debiti per grandi ideali e maggiore era l’impegno di tutti i creditori a realizzarli più del debitore stesso!)…
Da ciò derivava l’esistenza di una pars antiromana, di cultura aramaica integralista, -variamente punita da Erode prima e poi dai suoi figli e dai prefetti della Iudaea coordinati dagli epitropoi di Siria -sempre più sferzata e gravata dai pubblicani – che era tesa al Malkuth ha shemaim ed attendeva l’arrivo di un Messia liberatore dal fisco imperiale, dalla schiavitù romana, in quanto convinta di aver come padrone solo Dio…
Con Caligola al potere la frattura tra la pars giudaica ellenistica e quella aramaica era divenuta incolmabile perché il benessere degli ellenisti giudei sia gerolosomitani (sadducei ed erodiani) che alessandrini e cirenaici era così alto da stridere con quello del popolo (operai, agricoltori, allevatori di bestiame e piccolo e medio sacerdozio), incapace di sopravvivenza, data l’esosità romana: le differenze si notavano durante le feste nel periodo di convivenza, negli stessi luoghi templari, specie a Pasqua …
Caligola intendendo livellare il giudaismo e limitare la supremazia dell’etnia ebraica in Alessandria, scelta come residenza imperiale e come capitale per l’impero, volendo un’unità e centralità di potere con la monarchia assoluta, equiparava e fondeva auctoritas e potestas e si assimilava a Zeus, Basileus di uomini e dei, ed entrava in conflitto con gli ebrei romani, con quelli alessandrini, giuli, e con quelli sadducei ed erodiani, giuli, che, comunque, davanti alla bia facevano un formale ossequio con lo stesso socius e praetor, Giulio Erode Agrippa, tetrarca di Gaulanitide, Batanea, Traconitide, Auranitide e di Galilea e Perea ( Cfr. Caligola il Sublime)…
Dopo l’eccidio del 38 d.C. degli ebrei di Alessandria (cfr In Flaccum) , dopo l’ektheosis, la neoteropoiia contemplava l’installazione del suo Colosso nel tempio di Gerusalemme e il culto di latria per la sua deità da parte di tutti e la guerra contro i Parthi, dopo il trasferimento di capitale in Alessandria e la riduzione della ricchezza ebraica a favore delle altre etnie… Caligola probabilmente pensava solo ad un’atimia di breve corso, per tutta la durata dell spedizione parthica: per lui l’etnia ebraica aveva grandi meriti , come il suo maestro turannodidasklos Giulio Erode Agrippa, che era andato in prigione.sotto l’ultimo Tiberio per amor suo ,in sua difesa…. .
Caligola voleva solo limitare, non annientare la potenza finanziaria ed economica ebraica prima di stabilire la sua residenza in Alessandria, da dove dirigere le operazioni militari contro la Parthia, avendo già pronti gli eserciti di invasione con i piani cesariani ed antoniani, cosciente di dover diffidare degli ebrei aramaici ben collegati con i fratelli di lingua e di religione, transeufrasici…
A questo punto, – non so se sono riuscito a spiegare bene quanto ho detto sugli Ebrei Giuli di Giudea e di Egitto, data l’equivocità dei termini -, mi chiedo cosa i tanti accademici, studiosi dell’età imperiale e quelli di Storia del Cristianesimo possano dire sulla Domus Giulio- Claudia, sulla Costituzione del Cristianesimo, sulla figura umana di Iesous Christos kurios, sui Vangeli e la loro scrittura, non avendo alcuna competenza su un dato così importante per la definizione del contesto storico!…
Eppure li sento parlare in Tv, fare dibattiti e seminari sull’argomento, seguiti da parenti ed amici che applaudono e che normalmente disapprovano il mio pensiero, rifiutando le mie risultanze storiche, pur ben documentate: sono attirati dallo spettacolo e dai nomi degli intervenuti che ripetono le solite cose, dicono sempre il solito rosario di notizie vecchie e si beccano, scherzando tra loro, sproloquiando su una storia-mito raccontata a bambini…
Anzi un amico, cristiano, colto, è giunto al punto di bollare, bonariamente, me e i miei pochissimi alunni come “nu vranche d matt” “un branco di matti”…
Personalmente mi sento molto coerente nella argomentazione e nei procedimenti logico-discorsivi, nonostante la difficoltà dei temi e delle connessioni e, perciò, procedo seguendo la mia strada – anche se i miei cari, non comprendendo, non mi ascoltano né leggono-. Eppure, nonostante tutto, da laico, ho dubbi dove sia la pazzia…
Erode il grande, Filelleno
Dopo molte ricerche e traduzioni sono giunto ad una risultanza storica non conforme alla tradizione letteraria, culturale, politica, quasi opposta a quella della tradizione religiosa sulla figura storica di Erode il Grande. Fino ad oggi la titolatura di Erode Il grande era in relazione ai figli e ai nipoti e non certo alla sua immagine di re e di statista e tanto meno di uomo che da privato era diventato sovrano, che da idumeo era diventato ebreo e signore dell’ Iudaea, prima grazie ad Antonio, poi era stato riconfermato da Augusto.
Dunque, la mia risultanza storica è quella di una nuova lettura di Erode che viene studiato senza pregiudizi, specie religiosi, senza riferirlo minimamente alla figura di Gesù Cristo.
Noi abbiamo letto la storia di Erode come Philellhn, come filoromano e come figlio di un etnarca idumeo Antipatro e di una principessa Nabatea, Cipro, dopo averne rilevato la formazione nel quadro dell’ebraismo ellenistico filoromano e in quello antiromano aramaico.
Nel nostro lavoro abbiamo tenuto presente Filone e Giuseppe Flavio, frammenti di Nicola di Damasco, (che ci fa intravvedere la fonte di Tolomeo di Ascalona) e in subordine storici latini e greci che lo hanno menzionato ed abbiamo volutamente trascurato la fonte evangelica e quella dei padri della Chiesa: noi neanche prendiamo in seria considerazione i fatti secondo la tradizione cristiana circa la nascita del Christos, la strage degli innocenti e l’arrivo dei re magi, dopo la scrittura di La Nascita di Gesù e di La Fuga in Egitto , due capitoli di Jehoshua o Iesous? ( Maroni, 2003).
Grande rilievo abbiamo dato alla lettera di Erode Agrippa a Caligola in Legatio ad Gaium, di Filone Alessandrino, da cui abbiamo avuto la possibilità di tentare una revisione della figura del re giudaico.
D’altra parte mi sembra che anche Abraham Shalit(1898-1979) sia sullo stesso piano ed abbia concluso il suo lavoro considerando Erode come uno dei migliori re ebrei e certamente un grande re per il popolo ebraico, nel suo insieme, un uomo coraggioso e valoroso, un politico dalla mente acuta, capace di lasciare una grande eredità politica, rovinata solo negli ultimi anni di vita.
D’altra parte anche Samuel Sandmel(1911.- 1979) nella sua biografia su Erode non aveva minimamente negato i meriti del sovrano filelleno e lo aveva ritenuto uomo ponderato ed avveduto in ogni azione,nonostante i limiti di parallellomania, cioè la volontà di fare i continui confronti tra ebrei e cristiani .
In effetti Erode, specie come militare e come statista alla scuola di suo padre Antipatro e di Antonio, prima, e successivamente, di Ottaviano e di Marco Agrippa, due parvenus di eccezionale intelligenza, era stato a lungo per decenni un dux prudens, un re moderato e un vir civilis / o politikos veramente saggio scaltro certamente, più di ogni altro, abile al punto di diventare il terzo simbolo dell’impero, data la stretta amicizia con i due romani, dominatori dell’ecumene…
Comunque già da anni la storiografia si volge ad Erode con una nuova attenzione rivolta non tanto al personaggio, ma a contesti e alle situazioni e alle forme strutturali degli enunciati in un tentativo di lettura, teso al fine di trovare, sotto i termini, la vera ragione dell’odio di una parte del giudaismo, quello aramaico, e poi della setta iakobita malkuthiana e degli altri antiromani, che successivamente andarono alla distruzione del tempio e di Gerusalemme, in una graduale sorda opposizione al potere romano, dato il loro intransigente barbarico integralismo…
Arginata l’invasione parthica da Antonio, responsabile del settore orientale, grazie al Legatus Ventidio Basso, vittorioso a Gindaro, dato il regnum ad Erode nel 38 a.C., Roma assicurava, per quasi un trentennio, alla regione stabilità e pace con un’organizzazione diretta da Augusto e da suo genero Marco Vipsanio Agrippa, coadiuvato per il settore orientale dal re giudeo.
Erode con una politica lungimirante, tesa a staccare il suo popolo dall’orbita parthica e ad ellenizzarlo, meritava davvero il titolo di grande re fino alla morte del suo amico Marco Vipsanio Agrippa nel 12 a.C., ma poi, per molte ragioni, perdeva auctoritas e potestas e tra i romani e tra il suo popolo, invischiato in congiure di famiglia e ormai debilitato dalla malattia e dalla precoce vecchiaia.
Eppure aveva assicurato pax al suo popolo, stabilità internazionale e sicurezza interna e un buon rapporto tra gli aramaici ciseufrasici e transeufrasici, dando rilievo al sacerdozio e al tempio, nonostante le accuse di uomo di menzogna e di philellhn, a lui dato dagli esseni.
Fu davvero un grande re Erode, l’unico capace di tenere un genos fanatico della propria elezione divina e del suo patto eterno col suo Dio e padrone, pur quotidianamente offeso dall’ invasore romano, pur dilacerato e scisso nel suo interno tra una pars aramaica mesopotamica integralista ed una pars progressista, aperta ad ogni novitas ed abile a sfruttare la koinonia universale romana.
Erode un politico eccezionale, terzo uomo dell’impero, quale epitropos orientale, gestore dei rapporti con l’impero Partico, methorios tra Roma e Ctsifonte, amico di Augusto e di Vipsanio Agrippa! Dopo la pausa erodiana, ricominciavano le staseis giudaiche aramaiche contro i figli di Erode e contro il sacerdozio sadduceo, in nome di un’ antiromanità, fomentata dai re di Parthia, specie in epoca tiberiana, da Artabano III.
L’equivoco cristiano che mette insieme, confondendo il Regno dei Cieli con il Regno di Dio, determina nella tradizione cristiana di matrice antiochena e poi alessandrina, un assorbimento dei valori aramaici anche, dopo l’impresa di Shimon bar Kokba e con esso una lettura di Erode in senso negativo, come uomo di menzogna e quindi come espressione negativa del giudaismo filellenistico…
La lettura cristiana di Erode non è neanche in linea con quella del Bios del grande re secondo Giuseppe Flavio ( Antichità Giudaiche parte XIV, XV,XVI, parte del XVII)…
I vangeli e la tradizione cristiana conoscono superficialmente l’ultimo Erode e lo descrivono come un Saul degenerato, come un fosco, tetro, bieco personaggio di una tragedia di Seneca… come l’antagonista del Christos … uios Theou…
Dunque, Erode, uomo di menzogna è figura tenebrosa, opposta a Christos, uomo di verità, figlio di David, logos, nomos empsuchos, Dio -amore, solare espressione di vita …
Una visione, dunque, astorica di Erode il Grande è quella cristiana, nata dopo la fine degli ultimi eredi erodiani, dopo la Galuth di Adriano.
Cerchiamo, dunque, di capire, da laici, il reale contributo Giulio Erode, al giudaismo e al cristianesimo!
Noi, dopo uno studio di oltre 50 anni sul Grande Re, diamo le nostre risultanze:
a.circa l’origine della stirpe degli antipatridi Cfr. Antipatro padre di Erode;
b.circa la famigliarità di Giulio Erode con la domus Giulio-Claudia cfr. Giulio Erode Basileus;
c.circa le lotte tra la familia idumea e quella asmonea cfr. Alessandra suocera di Erode; Antipatro e gli innocenti figli di Mariamne; la morte degli Innocenti e il “regno” di Antipatro;
d. circa la successione cfr. Giulio Archelao, figlio di Erode e Il falso Alessandro ed Augusto;
e. circa l’opera in senso agricolo, commerciale ed industriale di Giulio Erode, un costruttore sublime, che si serve del lavoro dei qainiti/tektones cfr. Erode e la Siccità.