Seguito di Premessa generale
Il mondo giudaico, inoltre, ha qualcosa di sacro nella lettera, che è perla nell’abisso del mare, diamante, la cosa più preziosa nascosta nel ventre più recondito della terra, celata ai più e trovata da pochissimi: mi risulta che viene indicato con seraf (la lettera) l’ atto di liberare il metallo dalle scorie, mediante una purificazione attraverso il fuoco, che si effettua nel momento di unire, anagrammare e combinare l’insieme dei segni significativi.
La codificazione implicita, pitagorico- essenica ( che, poi, sarà cabalistica) non ha niente in comune con la moderna scienza del linguaggio, in quanto sottende l’azione di trovare il segreto del significato primo, dello scrivere e del comunicare, avendo quasi compresente l’atto dell’ermenueta: essa, infatti, nelle sue operazioni non va alla ricerca della storia della parola in senso diacronico, ma la libera da ogni storia ed indaga sui segni grafici, numerici e semantici, che legano le lettere, che la compongono e fa giochi, creando nuovi mondi di significati sulla base di aggregazioni di eguale valore numerico: suddivisioni, sostituzioni, norme di equivalenze e di intercambiabilità diventano operazioni possibili, che producono una infinità di interpretazioni di una stessa frase e perfino di una stessa parola.
Perciò, nonostante gli sforzi di decondizionamento, non si può leggere un testo allo stesso modo: ogni popolo ha una sua sistema di codificazione e quindi ha bisogno di un sistema diverso di lettura: solo quel popolo lo può leggere interpretare e capire, che lo ha generato: tutti i tentativi di decifrazione di uomini di altra generazione sono sempre inesatti: rimanere fedeli alla lettera in senso sadduceo era una possibilità di essere pii; andare oltre la lettera e fare esegesi farisaica erano un’altra lettura, forse più alta, ma certamente più difficile, più enigmatica, meno vera, forse erano allegoria, un dire altra cosa in modo simbolico dopo aver stabilito la simbologia stessa, in un tentativo di decifrare il mistero, se si parla di religione.
Un testo specie religioso ha carattere allegorico che da possibilità effettive di moralizzare e di dogmatizzare.
Non si riesce mai a rilevare esattamente la convenzione di un gruppo nell’atto della semantizzazione di un termine, anche il più banale.
Chi dei miei pochissimi lettori, d’altra parte selezionatissimi, sta comprendendo l’esatto valore di banale, collegato col termine banno medievale?
Con chi ho una vera comunicazione di questo specifico termine? Con quanti sono in equivoco? Il termine passa da diritto esclusivo del signore ad imporre tasse e pedaggi a chi fruisce di acque, boschi, mulini, torchi ecc., e quindi a decretare di bandire i trasgressori, ad un’altra valenza sulla base dell’opposizione popolare al priviligio signorile della consuetudine e al cambio di significato, nel senso di usuale, di consueto, di normalità consuetudinaria.
Chi parla e gestisce il discorso ha conoscenza di quanto (o dovrebbe averlo) dice, mentre chi ascolta riceve in relazione solo alle sue competenze, relate alla sua cultura: è necessario, perciò, appaiare i due codici, altrimenti il messaggio dell’uno non passa nell’altro, ma si genera equivoco, dopo poche parole.
Dunque, prima di fare lo storico, ho fatto prove di verifica linguistica e ho lavorato sul linguaggio, avendo competenze umanistiche, retoriche e filologiche.
Mi sono dedicato, a lungo, al lemma, alla frase, al periodo, al brano, al racconto, al romanzo, al saggio, alla poesia in modo tecnico, sicuro che in ogni trasmissione di pensiero, nonostante la buona fede dell’emittente e di ogni traduttore-ricevente, c’è necessariamente l’errore o per difetto o per eccesso.
C’è sempre in una lettura immediata inconscia traduzione con una interpretazione personale, anche se si opera in modo neutro e con le tecniche linguistiche, storiche, letterarie, insomma con ogni forma la più sofisticata e scientifica.
Senza dare una valutazione di bugia e di blasfemia, propria dell’ebraismo, ho cercato fedelmente di tradurre in modo da non essere valutato bugiardo se troppo legato alla lettera, né blasfemo in caso di aggiunte.
Decifrare il lessico, rilevare il testo, leggere l’equivoco proprio di ogni termine, definire il piano espressivo e quello dei contenuti, secondo la regola morfo-sintattica, sono state operazioni tecniche, neutre, il più possibile, che hanno permesso di ricercare la storia, falsificata dai vincitori, di cui gli storici sono, di norma, i servi (fedeli?!), che, comunque, sono ambigui perché uomini di parte, servili e cortigiani.
La codificazione e la semantizzazione antica sono di base retorica perché tendono a cogliere lo stupore del fedele e a provocare smarrimento, turbamento e paura (phobos) per averne la simpatia: l’empatheia che si stabilisce tra lettore e scrittore è anch’essa equivoca, perché viene presupposto come vero quanto proposto da chi manda il messaggio, che attira e che permette la condivisione e partecipazione in senso emotivo e patetico.
Pur sicuro che ogni dogmatismo nasconda retorica e che, comunque, nella retorica c’è qualcosa di vero, qualcosa di oggettivo, nascosto sotto lo slogan propagandistico retorico, ho operato molto sulla referenza, dopo aver semantizzato il concetto.
Il referente dà corpo e sostanza all’idea connessa nell’asse significante – significato convenzionale: la sua individuazione come immagini reali rimanda ai fenomeni naturali, alla logica e al sistema di significazione di un popolo, la cui scrittura è la base effettivamente storica della sua esistenza e del suo tipico esserci nel mondo di relazioni, sia interne che esterne, sia con gli elementi della propria etnia che con quelli di altre.
E’necessario, però, sottrarre la referenza all’attualizzazione, che distorce e stravolge la comprensione reale dei fenomeni.
Per meglio referenziare, perciò, mi sono decondizionato dal classicismo e dalla sua logica, dalle artes sermocinandi cristiane ed ho lavorato come banausurgico, come operaio, in modo da leggere dall’angolazione, opposta da quella liberale.
Il lavoro linguistico, di vario genere, mi ha permesso di leggere i diversi linguaggi e le differenti culture e mi sono sentito abilitato a procedere oltre.
Mi sono isolato, però, dagli altri e per di più, sono fuggito in campagna, alternando al lavoro culturale uno artigianale, mettendo insieme artes liberales e sordidae, ho meditato, dopo la fatica fisica, sulle forme più elementari e genuine del vivere, in senso naturalis, cercando la forma di base agricola, tipica della cultura romana e greca, mediterranea in genere.
In questa ricerca naturale ho cercato di capire il male del vivere umano e il suo significato e funzione e il bene della morte e il suo valore in relazione all’insignificanza delll’ essere umano ripetto alla creazione, alla kosmopoiia anche senza poihths.
Ho piena coscienza della deficienza della metretica umana e naturale rispetto all’infinito kosmico: non solo mi sento periferico e massimamente insignificante sul piano personale ed umano rispetto ad un marchigiano ad un italiano ad un europeo ed ad un occidentale e ad un uomo della Terra rispetto ai tanti altri,c he probabilmente vivono nell’universo nei tanti pianeti dei milioni di galassie intersiderali, ma anche ai tanti esseri animali, vegetali e lapidei terrestri e di ogni altro mondo sperduto nello spazio
A dire il vero mi sento plurimo e non unitario pur nella strutturazione personale, che ha determinato geneticamente l’individuo che sono, in quanto risulto un composto eterogeneo ma funzionale in ogni settore e in ogni microcellula e nel suo completo kosmos cellulare al di là della funzione di anima di corpo di cervello, di cuore, di organi inferiori, che noi normalmente stabiliamo come centri di un certo potere organizzativo razionale o spirituale o sentimentale o sessuale ecc.
Comprendo di non essere padrone affatto degli impulsi e delle determinate operazioni automatiche implicite nel nostro organismo dal fatto di essere geneticamente Homo costituito da milioni di cellule che hanno ritmi in relazione a processi e a formule chimiche ed elettrochimiche. Come comunicare con altri uomini, presi quasi esclusivamente dalla quotidianità di vita come mia moglie, dal suo insegnamento, dal rapporto familiare, come i miei amici sempre in movimento in favore della famiglia, per la forma, ed anche per se stessi?
L’isolamento stesso non è stato fruttifero, anche se ha prodotto una certa autocoscienza con assimilazione di molte forme del creato, che altrimenti sarebbero rimaste non conosciute, data la distrazione e la mancanza di tempo …
Perciò, non ho avuto mai il tempo di alzare la testa dal lavoro e non ho avuto occasioni di relazionare con altri che avrebbero potuto fare lo stesso tragito, pur partendo da altre premesse e magari di confrontarmi.
Ho però cercato di relazionarmi e confrontarmi con coloro che mi avevano preceduto nella ricerca dell’Anthropos e sono riuscito, mi sembra, ad avere una media lettura dei fenomeni, di qualsiasi genere, un’altra lettura, rispetto a quella della tradizione (laica, clericale, positivista, liberale, fascista, comunista, scientifica ecc).
Sono, poi, del tutto incapace di muovermi alla ricerca di sponsor o di qualcuno che possa diffondere le risultanze del mio lavoro, e perciò ho atteso, a lungo, fiducioso che il tempo sia giusto giudice.
Dopo i lunghi studi sulla Bibbia, sul medismo e sull’ellenismo, ho scritto Una lettura del Padre Nostro,(opera inedita) e Jehoshua o Jesous? (Maroni, 2003) mostrando le risultanze storiche sulla figura di Gesù e sulla sua funzione, come fondatore del Malkut ha Shemaim (Regno dei Cieli).
H Basileia ton ouranon si è evidenziata come un Regno del tutto diverso da H basileia tou Theou (Il regno di Dio ) ed ho, perciò, staccato storicamente i due eventi rilevando due diverse epoche storiche, con due diverse mentalità e culture, giudaica e giudaico-cristiana, in una distinzione del primo cristianesimo, rilevato nelle sue due anime, quella gerosolomitana, di Jakob, nazirea e basileica e quella successiva antiochena, di Shaul-Paolo, nate entrambe dallo stesso fondatore.
La figura di Jehoshua, aramaica è stata rilevata nella sua vicenda terrena, esaminata nella professione di tecton, nella sua attività costruttiva (da qui anche lo studio su Tecnicismo e scetticismo in epoca Tiberiana, opera inedita).
Di Jehoshua ho colto la mediazione culturale tra i diversi giudaismi, la consociazione con l’impero parto e con Izate di Adiabene e con Areta IV, la sua ricerca del Malkuth in opposizione ai romani, dal confronto tra le fonti Giudaiche di Filone (traduzione e commento dell’opera omnia, opera inedita ) e di Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, traduzione e commento, opera inedita).
Ho letto la sua epopea armata ricostruendo la conquista di Gerusalemme nella pasqua del 32, a seguito della morte di Elio Seiano, il 18 ottobre del 31 e i suoi atti regali più significativi (consacrazione del tempio, il Nuovo patto con Dio, istituzione del pontificato essenico e del calendario solare nel Tempio).
Ho rilevato anche il periodo di Regno di Jehoshua di circa 5 anni e la sua fine nel 36 ad opera di Lucio Vitellio inviato, con un mandato antipartico e antinabateo, da Tiberio, a riconquistare la provincia di Siria, secondo le direttive di Caligola già designato alla successione, coadiuvato da Macrone, espresse in Caligola il sublime, (Cattedrale 2008).
La figura di Jehoshua, separata da quella di Jesous, è una delle tante, che lottano in nome del nazionalismo e dell’integrità di fede contro l’impero romano e contro l’ellenizzazione nell’arco di 200 anni, dal 63 a. C. fino all’impresa di Shimon bar Kokba (135 d.C.): Giudaismo romano è l’opera inedita, che mostra questa guerra tra Romanitas e giudaismo integralista e legge dall’ angolazione dell’impero romano che dava potere al sacerdozio sadduceo e agli erodiani, in lotta contro la pars aramaica filopartha che, comunque, viene illustrata ed illuminata.
Tutti questi avvenimenti sono stati visti nel quadro di un grandioso e vasto disegno nazionalistico giudaico, di cui si rileva la storia fino alla Galuth (espulsione) di Adriano(136 d.C.), mentre viene seguito il corso storico del primo cristianesimo antiocheno, la sua esclusione dalla sinagoga giudaica, la separazione dal giudaismo, la sua vita nell’impero romano, il suo adattamento e il suo ramificarsi nel sistema ellenistico-romano con l’equivoco della persecuzione anticristiana, fino alla vittoria del cristianesimo con Costantino e alla deificazione di Gesù Cristo nel concilio di Nicea.
Ora, su suggerimento di amici e di mio figlio, cerco di comunicare, tramite il mezzo informatico quanto ho trovato di nuovo, storicamente.
Nessuno scopre niente, ma ritengo di aver letto qualcosa di nuovo, di aver rilevato grazie ad un paziente lavoro di traduzione e di commento su Filone, su Giuseppe Flavio e su Clemente Alessandrino, un’altra storia del cristianesimo, vista da un’angolazione diversa, che è andata di pari passo inizialmente col giudaismo che, comunque, si è nettamente separato dopo la guerra di Kitos (116-117), con rivolta di Cirene e, definitivamente, con la rivolta di Simone bar Kokba(132-135).
Di norma, la storia della Bibbia e l’eredità giudaica vengono fatte confluire nel Cristianesimo: io ho fatto storia cercando, invece, di leggere i reali motivi di una separazione dopo aver rilevato il quadro di insieme dei fatti storici politici ed economico-sociali, di due religioni, che hanno la comune origine mosaica.
Mi auguro che, dopo di me, tanti altri leggano la storia in modo neutro e scoprano tante altre porzioni di verità, in quanto conoscenza e sapienza.