Da Maria Teresa Rosini ( Chi era davvero Caligola ? articolo su Caligola il Sublime in Quotidiano. It 19.03 .2009) si legge
Chi era davvero Caligola?
Non è che una delle innumerevoli domande che il passato, territorio definito dalla sua irreversibilità, ci pone. Forse neppure tra le più avvincenti.
Ma il nome del soggetto del quesito riecheggia dalle comuni esperienze scolastiche con un tale connotato di negatività e disvalore che vederlo abbinato all’aggettivo “sublime” ci dà come il senso di una clamorosa stonatura, di un macroscopico errore.
Che la storia ci tenda trappole e trabocchetti non è concetto nuovo: nell’interpretazione delle fonti, soprattutto quelle più antiche, antecedenti la scrittura, ogni nuova scoperta rischia di continuo di mandare all’aria cronologie e teoremi costruiti in anni di lavoro e di ricerca e che l’ansia di certezze spesso definiscono in verità cristalizzate, destinate a soccombere nell’ arricchirsi di particolari atti, pur nella loro minutezza, a ribaltarne le prospettive.
Nell’ambito della lettura e dell’interpretazione delle fonti scritte, i problemi lontano dal semplificarsi semmai si accentuano, dato il carattere “volontario” di molte delle fonti scritte.
Chi scrive, con la volontà di rivolgersi direttamente al futuro, cronache, racconti, annali spesso si comporta come gli scrittori contemporanei dell’informazione verso cui nutriamo generalmente una sana diffidenza. I punti di vista non coincidono mai, anzi, per loro stessa natura, muovendo cioè da presupposti democraticamente diversi, possono giungere ad accreditare le “verità” più suggestive e fantasiose.
La lingua, inoltre, può essere un mezzo potentemente ambiguo se non se ne possiede una padronanza tale da intravederne in controluce la struttura portante che ne sorregge la trama dei discorsi.
E’ raro perciò trovare studiosi che prima di accingersi ad una ricerca, sappiano sgombrare la mente da pregiudizi e sovrastrutture, spogliarsi del proprio contesto storico culturale e ricomprendere nel campo di studio l’intreccio di una pluralità di contesti, di lingue, di culture, di eventi dipanandone minuziosamente fili e trame.
Credo che Angelo Filipponi appartenga a questa categoria di studiosi. La sua ricerca “interroga” la vita di “Gaio Giulio Cesare Germanico (31 agosto12 d.C. – 25 gennaio 41), meglio conosciuto come Caligola, terzo imperatore romano della dinastia giulio-claudia”.
La conoscenza delle lingue antiche (greco, latino, aramaico) permette al professor Filipponi di accedere autonomamente alle fonti. E proprio dalla contraddittorietà dei testi riguardanti la figura dell’imperatore (Filone, Flavio) che nasce la motivazione ad approfondirne lo studio.
Può essere un imperatore definito come straordinariamente amato dal popolo e dalle milizie (il suo impero fu chiamato “età dell’oro”) e nello stesso tempo, in altre fonti, essere paragonato alla “bestia” cioè al diavolo, come nel Talmud di Babilonia?
Filone ci racconta un Caligola dalla mente straordinariamente aperta, moderno e dissacrante, interessato a conquistarsi il consenso del popolo e a limitare il potere del senato, animato da una nuova concezione dello stato che potremo definire moderna: unificazione dell’erario col fisco imperiale, sostituzione del senato con i ministeri, spostamento ad Alessandria della capitale.
Un uomo che vuole farsi dio, pur mostrando una concezione sostanzialmente laica e politica del potere, che utilizza strumenti mediatici come travestimenti e cerimoniali fastosi per veicolare un’ immagine suggestiva atta a impressionare il popolo, ma che può essere considerato come una delle espressioni più moderne e innovative della cultura del suo tempo.
Nell’opera di Filipponi entriamo anche nel groviglio degli intrighi che accompagnarono la formazione e la crescita di Caligola: intrighi spesso giocati nel contesto allargato delle potenti famiglie imperiali in cui il potere era una variabile con la quale bisognava fare i conti, quella determinante, che travolgeva ogni parvenza di sentimenti e per cui non c’era niente di davvero privato.
Da esso emergono le figure straordinarie di Tiberio, zio e padre adottivo di Caligola, ritiratosi a Capri lasciando a Seiano il potere nell’intento di piegare il Senato: intento che non riuscirà a realizzare in quanto il Senato corromperà Seiano prospettandogli il ruolo di nuovo imperatore. E quella di Antonia, potente e ricchissima nonna di Caligola, che affida a Tiberio il nipote, per dargli protezione, ma dal quale Caligola dovrà imparare a guardarsi.
Dai dettagli minuziosi del racconto, che consente la consultazione delle fonti, in nota, ma può anche essere letto con l’attenzione prevalente allo svolgersi sorprendente di fatti e circostanze, si costruisce con rimandi precisi un quadro storico culturale dell’epoca di Caligola. Si tenta anche di svelare il mistero e le origini della sua fama di tiranno e pazzo individuando le tante ragioni che i suoi nemici,-i vittoriosi che hanno finito per “scriverne la storia” e i loro alleati, -hanno lasciato predominare nell’attraversare il tempo.