Origene nel quarto libro di I principi affronta il problema dell' ispirazione divina della Sacra pagina in un contesto gnostico, dove predomina la volontà di distacco del Vecchio Testamento dal Nuovo Testamento.
Il teologo cristiano ha piena coscienza del dibattito ( Cfr, Contra Celso 1, 45 e ed Ho. Ier. 10,1) come più tardi Rufino che nella sua traduzione parla di divinarum scripturarum (genitivo plurale): i due considerano il carattere ispirato del Vecchio e del Nuovo testamento.
E' chiara la posizione di Origene, come quella di Rufino: la sua intenzione è quella di rilevare in senso antignostico l'unità dei due testamenti.
Origene è convinto che la Sacra scrittura sia superiore,c ome fonte di conoscenza rispetto a quella che si consegue con i mezzi naturali: infatti ritiene insufficienti le koinai ennoiai, i pensieri comuni, le nozioni generali, naturali, di valore sapienziale, considerate, secondo la lettura platonica, come idee innate.
Il volere, però, dimostrare che il fondamento della fede e della auctoritas scritturale, connesso col carattere ispirato, sia nella ragione e nella storia al di là della ispirazione stessa dello spirito santo, è una pretesa assurda.
Egli non può giustificare la storia facendo un razionale lavoro con l'esame della lettura biblica, mediante l'esegesi.
Questa, intimamente connessa con l'ispirazione dello spirito santo, è divina e già di per se stessa esclude la razionalità e la storicità.
Il volere congiungere Mosè e Gesù, il legislatore degli ebrei e l'altro, maestro delle dottrine che i cristiani considerano apportatrici di salvezza, è un passaggio indebito che diventa insostenibile quando si vuole dimostrare che si opera in modo razionale e storico sulla base della lettura della Bibbia, considerata come prefigurazione del nuovo Testamento: Connettere la figura di Mosè e quella di Gesù in una lettura razionale è un non senso storico.
Infatti sposta subito la sua indagine da un piano razionale a quello morale e religioso nella coscienza della verità rivelata, in un confronto tra il pensiero dei filosofi, che non ha avuto successo, e il successo del logos personificato. (Cfr. Contra Celso, I,27;1,64;III, 51 ; e VI, 2).
Egli mostra che hanno fallito sia i legislatori con le buone leggi che i maestri umani col loro insegnamento perché pagani
e di conseguenza evidenzia l'efficacia e il valore con cui sono onorati Mosè il nomotheta e Gesù il maestro di verità…
Insomma Origene vede in un Gesù-dio, l'aletheia, in quanto dio figlio, logos, sapienza stessa…
Noi che abbiamo cercato in altre occasioni di evidenziare che la figura di Gesù è stata mitizzata e poi divinizzata sulla base delle definizioni mosaiche e che abbiamo cercato di dimostrare che Christos neanche è stato un maestro (rabbi) ma solo un toon ergoon paradocsoon poihths, rileviamo l'ambiguità del procedimento origeniano…
Inoltre avendo noi mostrato che il cristianesimo per oltre due secoli non ha subito veramente persecuzioni ma sono stati colpiti solo i capi (dioichetai) di alcune sette ereticali cristiane, le cui comunità non pagavano le tasse ed abbiamo rilevato il valore del sintagma tertullianeo (semen sanguinis) come non reale nel II secolo e nei primi anni del terzo secolo dopo una precisa indagine storica, nemmeno condividiamo l'impostazione de I Principi e la consideriamo propria di Rufino di Aquileia (345-410) uomo nato in epoca costantiniana, (quando il cristianesimo è religio licita) che ha visto già il trionfo del cristianesimo in epoca teodosiana, ed anche la sua stessa applicazione, feroce, sia in Occidente che in Oriente…
Da questa angolazione sembra aver rilievo il Keerugma evangelico (Commento a Giovanni e I, 5 e Commento a Matteo XII,38).
Da qui anche l'affermazione della necessità di pensare ad un'opera più che umana e ad un Gesù " che ha insegnato con tutta l'autorità e la persuasione, che la sua parola sarebbe diventata sempre più forte, in relazione a passi evangelici di Matteo 10,18 24,14e 7,22.
Ancora più da studiare la profezia su Gesù stesso in Genesi 49, 10 e sulla realizzazione della fine del giudaismo in Osea (3,4).
Insoma si rileva che l'esame di Origene del Vecchio Testamento è in relazione più a quanto si vuole dimostrare che a ragione o a storia…
Origene ha una logica morale, tipica di un alessandrino colto, di epoca severiana in cui la retorica religiosa predominante sulla praxis, si precisa nel sistema rituale e didascalico per di più letta ed intepretata da uomini di altre epoche, che hanno visto con gli occhi dei vincitori rispetto a quelli, invece, di uno che vedeva in posizione subalterna…
Noi, che intendiamo invece fare opera razionale storica, dobbiamo prima distinguere i campi e ristabilire i diversi momenti e poi cercare la parola detta da Origene e quella della traduzione di Rufino e chiarire quanto detto da Origene e quanto dal traduttore.
Infine dobbiamo mostrare che anche Origene, nato cristiano con una formazione ed educazione cristiana, già per conto suo, non sa staccarsi dalla sua confessione e crede che sia giusto, regolare e naturale e logico, perfino ciò che non è tale …
Comunque. ogni frase origeniana, essendo passata attraverso varie revisioni e letture (specie di avversari e nemici di epoche diverse), deve essere rimessa nel suo cotesto e riletta in chiave contestuale in modo da capire effettivamente il valore del reale pensiero dell'autore.
Peccato che noi prendiamo spesso per oro colato ciò che invece è opera della successiva tradizione cristiana …
Siamo, perciò, sicuri che quanto dice Origene sulla prefigurazione del Vecchio Testamento sia realmente proprio del grande filosofo alessandrino o di altra mano?…
Il cristianesimo dopo la vittoria sul paganesimo, si è, varie volte, in diversi momenti storici, diviso in nome di Origene!
Origene è stato innalzato ed abbattuto, celebrato e denigrato: il suo nome è segno delle contraddizioni del cristianesimo stesso…