E’ un bene essere un vecchio-bambino, che è nessuno, che non ha niente e nessuno! Che tristezza, però,… una faccia scema!
Maggiore di essere amato, è la voglia di amare; maggiore dell’anelito di ricercare è quello di insegnare. Bello a dirsi…che sofferenza il farsi, col vivere!
Meglio vivere da creatura animale il proprio giorno di vita, come si può, meglio che si può, in compagnia, …se possibile!
Noi, Marco, uomini, diciamo parole e le falsifichiamo spesso, contraddicendoci, ma i fatti restano e sono pietre angolari, da cui si può forse costruire.
Noi abbiamo una figura totalmente falsa, volutamente falsificata di Marco Aurelio, in un’epoca neosofistica, alonato dagli artisti della colonna Antonina, dall’andriantopoiòs/ scultore della statua equestre, dalla letteratura frontoniana -cfr. Frontone e gli antonini–, da se stesso con Eis auton, per di più divinizzato dal figlio Commodo, nonostante le affermazioni di Historia Augusta, proprie di Vita Veri e Vita Marci.
Tutta questa falsificazione, fatta per poco più di qualche decennio, si verifica subito dopo la successione ad Antonino Pio, secondo il volere di Adriano e dopo un secolo e mezzo torna attuale, con la vittoria cristiana, a causa della presenza della Statua e della colonna Antonina e dell’opera scritta.
Lei sta parlando della statua equestre bronzea, dorata, del Campidoglio, di Marco Aurelio?
Si.
Marco Aurelio è raffigurato con un bel volto barbuto e con capelli arricciati, a cavallo, sotto i cui zoccoli anteriori doveva esserci un prigioniero vinto, barbaro; l’imperatore ha un portamento divino e pacifico anche se la mano destra è nella posa oratoria di adlocutio/di fare un discorso all‘esercito, mentre la mano sinistra doveva avere forse un rotolo di pergamene! La figura ha tunica e paludamentum/ mantello e calzature senatorie!. La statua, opera di artista alessandrino, anonima, idealizza secondo la retorica dell’epoca, il sovrano come dio, che regna su un mondo pacifico, in quanto ha debellato i barbari, in una allusione alla campagna contro i Quadi del 176. Anche l’arte coopera a tramandare una storia non reale, fissando l’immagine in un istante!.
Dunque, professore, lei mi vuole dimostrare che Marco Aurelio è personaggio del II secolo e, quindi, che la sua storia è frutto di una mistificazione letteraria ed artistica, non corrispondente alla realtà dei fatti.
Marco, con le parole abbiamo ragione tutti, coi fatti si fa la storia! la stessa elezione di Marco Aurelio ad imperatore è secondo un editto precedente di Adriano, ma Antonino il Pio decide autonomamente, secondo la sua volontà/thelema, divina!.
Mi dica, professore, allora, come lei legge i fatti a cominciare dalla morte di Adriano. Anche io, dopo aver letto Augusto Fraschetti – Marco Aurelio. La miseria del filosofia, Laterza 2008- ho dubbi sul principato di Marco Aurelio, la cui statua stessa sarebbe stata fusa dai Cristiani, se non fosse stata creduta raffigurante Costantino!
Era accaduto, Marco, che Adriano, a Tivoli, avendo scelto il suo successore in Ceonio Commodo, divenuto Vero Cesare – dopo la morte di sua moglie Vibia Sabina – ritenuto da molti suo figlio, natogli da Plautia, moglie di Gaio Avidio Nigrino, sua amante, dovette scegliere, in breve tempo, Antonino Pio suo diadokos/successore, all’improvvisa sua scomparsa, suggerendo per il futuro la successione e di Marco Aurelio e di Lucio Vero, figlio di Ceionio, col matrimonio della figlia con quest’ultimo!.
Dunque, ho capito, professore, che Lucio Vero è figlio di Ceionio Commodo, ritenuto figlio naturale di Adriano, ma non capisco la parentela con Adriano di Marco Aurelio, che devo ritenere scelto perché considerato il migliore?
No. Marco. Non c’è traccia di scelta del migliore con Marco Aurelio! Fu eletto anche lui per parentela, perché era figlio di Annio Vero, pronipote di Rupilia Faustina, una figlia di Matidia Maior, pronipote di Traiano, tanto da essere chiamato Marco Cesare Verissimo!.
Professore, si può dire che è falsa, allora, la scelta dell‘ottimo in epoca antonina?
Marco, a me risulta che è un problema di successione per linea femminile, data la mancanza di figli maschi! Non si tratta di elezione del migliore! Non dico altro.
E la diarchia, professore, non è, davvero, una novitas?
No. Non è una novitas assoluta, ma parziale. Mi spiego. Si ripete, Marco, quanto fece Augusto – modello per gli antonini!- con Tiberio e Germanico, l’uno designato come Augusto regnante, in quanto imposto da Livia sua moglie e l’altro come Cesare futuro successore, come figlio del fratello Druso maggiore, ritenuto da molti, suo figlio legittimo.
Si ripete anche quanto fece Tiberio con Caligola e Tiberio Gemello iunior, figlio il primo di Germanico, erede con diritto prioritario, e il secondo, figlio di Druso minore, suo figlio.
Nel periodo della domus giulio-claudia Augusto e Tiberio, dunque, agiscono così per mancanza, alla fine, di elementi maschili diretti, essendo costretti da necessitas a fare la scelta adottiva; in epoca antonina, già a Traiano, senza figli maschi, si augura da parte di Plinio Il giovane-cfr. Lettere– la nascita di un figlio per la successione, mentre ad Adriano si concede di fare nomine sulla base adottiva – che Antonino il Pio modifica, stando a Lorium /Castel Guido, con una politica matrimoniale, senza intaccare il principio adottivo del predecessore -. Infatti fa sposare sua figlia Faustina con Marco Aurelio, a cui impone di dare in moglie all’altro successore designato, fratello adottivo, Lucio Vero, la figlia Lucilla, promessa sposa, undicenne.
Nel 161 d.C., all’ atto dell’ascesa al potere, dunque, professore Marco Aurelio è marito già da anni di Faustina e Lucio Vero è solo promesso sposo di Lucilla!.E così?
Certo. Tutti e due – suocero e genero– sono Augusti dal 161 al 169 d.C., però, come titolo, avendo la stessa auctoritas imperiale e la stessa potestas tribunicia, oltre all‘affinità dei legami di sangue, come i due Flavi, Vespasiano e Tito- padre e figlio– dal 71 al 79 d.C.
Stando alla notizia di Historia Augusta – Vita Marci 7,6,-sembra che il senato voglia un’unicità di potere imperiale e che Marco Aurelio sibique consortem fecit (Verum),-cum illi soli senatus detulisset imperium /pur avendo il senato concesso a lui solo l’imperium (Vita Veri, 3,8)- invece associa Vero come Cesare ed Augusto. Allora il Senato concede il suo assenso, e, nell’estate del 162, Lucio parte, lasciando Marco Aurelio a Roma, perché la città ha chiesto la presenza di un imperatore.
Sembra, dunque, professore, che col termine Cesare si indichi già il successore, che ha funzioni militari, e con Augusto, invece, la pienezza di potere imperiale, essendo implicita la celebrazione del matrimonio alla maggiore età della figlia, fissata per il quindicesimo anno.
I due per otto anni governano l’impero, in pieno accordo, anche se i rapporti personali non dovevano essere certamente positivi, data la lascivia di Faustina e la natura sensuale ed esuberante del genero, amante da anni della libidinosa figlia di Antonino il Pio, coetanea, sopportata dal marito, stoico, che parlava di lei, sempre infedele, come di dote imperiale, accettata complessivamente.
Per lei, dunque, professore, è vero il giudizio dato dagli scrittori di Historia Augusta, che insistono a dire che Marco Aurelio sia la somma di tutte le virtù e che Lucio Vero è, invece, l’opposto, in quanto sentina di tutti vizi.
No. Non è così! Marco.
Siamo nel II secolo, epoca in cui trionfa la bugia col paradosso e in cui si procede sempre per antitesi, secondo retorica! E’certo solo che Lucio Vero era robusto e più giovane del fratello Marco secondo Cassio Dione, St. Rom., LXXI,2,1 e che l’epoca mostra l’uno stoico austero e l’altro epicureo lussurioso!
Perciò, se vuoi realmente capire, devi esaminare ogni situazione, ogni episodio e i singoli atti politici ed economici e le stesse gesta militari, caso per caso, tenendo presente la montatura con alonatura tipica della cultura neosofistica frontoniana, prezzolata. Dopo aver fatto lavori tecnici sul sistema frontoniano neosofistico, puoi cercare di valutare il tutto, seguendo il mio pensiero. Marco, però, devi liberarti dall’impostazione manichea, poi divenuta agostiniana e christiana, e riflettere sulla grandezza sconfinata dell’impero romano e sulla non centralità di Roma capitale, sulla necessità reale dei compiti e delle funzioni imperiali, diverse, in relazione al pericolo germanico e parthico, complicato dalla epidemia della peste- che miete a Roma (sembra!) 5000 morti al giorno nel 166, per diminuire gradatamente, nel corso di oltre un ventennio, nel corpo mastodontico dell’impero, con improvvise riaccensioni virali!-.
Certo, professore, in una tale situazione la diarchia su base dinastica è una priorità, ben valutata da Marco Aurelio.
E’ certamente un merito dell’imperatore anziano, che comunque, non ha tante virtutes se non una passiva accettazione stoica dei gravi problemi, quando, invece, sono urgenti riforme straordinarie economico-amministrative con una politica finanziaria tale da colpire le dioikhseis christiane ricche, e con strategie militari migliori, oltre ad una tattica differente, non bellica ma compositiva e societaria, nei confronti dell’elemento barbarico- germanico, dopo la vittoria sui Parthi.
Cosa intende per tattica compositiva e societaria?
Voglio dire che la solita cesariana divisione dei nemici germanici in quella situazione di loimos / peste, è infruttifera, mentre sarebbe stata necessario un coordinamento per favorire ed aiutare con viveri e sussidi le popolazioni limitrofe e con l’assegnazione di terre fertili- come se fossero sociae – lungo il Danubio, a Quadi, Marcomanni e Iazigi- Cfr. Cassio Dione, St. Rom. LXXII,13,3 e 14,1-!
Essi sono popolazioni germaniche affamate e disperate di fronte alla epidemia, contenuta, invece, in Gallia, nonostante le tante migliaia di morti e i contrasti fra cristiani- renitenti alla leva, insolventi come cives, contenti di conseguire il premio eterno – e i pagani- che li accusano di maleficio!
L’ epoca, Marco, ha, invece, un imperatore, un filosofo eclettico stoico, retore mancato, quando era necessario, un Diocleziano, un riformatore! un imperator che avrebbe dovuto impedire la decadenza economica, militare e morale, anticipando le riforme del mondo romano, quelle tipiche del III, IV, V secolo!.
Perciò, Marco, devi meditare sulla formazione dei due eredi imperiali, ben educati al comando, comunque, da maestri, a corte, prima in senso grammaticale e atletico fisico, poi secondo la paideia greca enciclica, delle artes liberales, conformemente alle regole della neosofistica, ormai penetrata nei cenacoli a Roma, tipica di Alessandria e di tutte le metropoli orientali, comune ad ogni civis romano. Marco Aurelio, nato qualche anno prima (121) rispetto a Lucio Vero (130) ha educazione e formazione simile al fratello in quanto, pratica il pancrazio- lotta e pugilato congiunti- , si esercita in pittura e in retorica e si dedica alla caccia, a seconda della propria attitudine: l’uno si piega verso la filosofia staccandosi da Frontone, che è molto dispiaciuto; l’altro rimane invece legato alla retorica e al maestro, collegato col formalismo militaristico! Lucio Vero sembra persona che sa meglio vivere la sua vita, godendosela, cosciente della brevità dell’esistenza umana; Marco Aurelio coltiva di più l‘austerità stoica in una ricerca apparente dell‘adrepeebolon/il sublime spirituale, convinto della ineluttabilità del destino di ogni creatura rispetto ad un Theos indifferente!.
Da qui, professore la definizione dei caratteri dei due imperatori: l’uno come debosciato militare, come un marco antonio; l’altro come stoico pensatore, scrittore di Eis eauton, un altro augusto, saggio anche come amministratore e moralmente sano!
Mi sembra di capire, dunque, professore, che Historia Augusta fotografi solo gli aspetti formali in relazione ai rumores, posteriori alla morte di due, secondo le testimonianze cristiane del IV secolo.
Marco, è così che gli scrittori di Historia Augusta, che sono di epoca successiva – di cui sono insicuri perfino i nomi- li vedono, dipendendo da un certo Mario Massimo, scrittore dell’epoca antonina che, avendo scritto Caesares è fonte della loro esposizione narrativa falsificata.
Non ho mai sentito Mario Massimo. Chi è?
Marco, dovendoti parlare di Mario Massimo, dovrei farti la questione sulla scrittura di Historia Augusta secondo Hermann Dessau – che nel 1889 avanzò l’ipotesi che i nomi dei sei scrittori sono fittizi e che il lavoro è composto da un singolo autore- (egli tra l’altro riteneva che, all’epoca di Teodosio, la vita di Settimio Severo è copiata da Aurelio Vittore e che quella di Marco Aurelio è intrisa di elementi che fanno pensare ad Eutropio- fine IV secolo-!)- e sull’ opposizione fatta da Heinrich Woelfflin-Psycologie der Architectur, Venezia 1985- che, invece, considerava Historia Augusta dell’epoca tra Diocleziano e Costantino. Cosa posso io dirti di Mario Massimo (158-230)? E’ figlio di un eques della provincia di Africa che diventa procuratore di Gallia Lugdununse e d’ Aquitania e senatore sotto Commodo(180-192) e poi legatus legionis della I Legio Italica, detta anche severiana, sotto Settimio Severo, perché partecipa alla campagna contro Pescennio Nigro nel 193 ed in seguito è ancora con lui contro Clodio Albino nel 197 a Bisanzio e a Lugdunum. Fa carriera politica, essendo nominato console e governatore di Germania inferior e poi di Celesiria nel 207 per essere praefectus urbi nel 211 e di nuovo console nel 223. Nel periodo migliore politico sembra scrivere Caesares, un’opera che è una somma di 12 biografie – da Traiano fino a Eliogabalo- in cui non si segue il sistema cronachistico di Cassio Dione, ma quello di Svetonio, di cui è continuatore aneddotico- cosa che in seguito sarà criticata da Ammiano Marcellino e da Eusebio- . Mario Massimo non è scrittore affidabile perché mette insieme documenti ufficiali e lettere con atti falsificati, ben congegnati, in modo da risultare piacevole e dilettevole per i lettori, tanto da essere utilizzato dagli autori di Historia Augusta, che lo citano ben 26 volte!.
Professore, solo per mia curiosità, mi dice i nomi dei presunti scrittori di Historia Augusta?.
Mi vuoi far fare bella figura mentre sfoggio la mia fantastica memoria o vuoi saggiarla per vedere se sono rimbambito? Eccoti i nomi: Elio Sparziano, Giulio Capitolino, Volcacio Gallicano, Elio Lampridio, Trebellio Pollione e Flavio Vopisco. Contento? Procediamo nel lavoro!
Professore, devo concludere che cade anche questo pregiudizio storico sugli antonini, data l’immoralità della corte e considerata la falsificazione degli atti.
Certo, Marco, l’epoca antonina con la crisi economica, finanziaria e sociale, con le invasioni barbariche e con la peste risulta il momento più buio dell’impero, specie quello del ventennio di Marco Aurelio, storicamente etichettato come il migliore, quando invece è la somma di una fucina di bugie tanto da potersi affermare che, sotto di lui, c’è il trionfo del paradosso e della retorica anche per l’apologia cristiana ( Giustino e Quadrato,Minucio Felice e Tertulliano) e specificamente per Ippolito Romano, Melitone di Sardi e per Teofilo di Antiochia oltre che per la datazione reale dei Vangeli (cfr. La chiave di Melitone in Melitone e i nuovi decreti).
Si frantuma tutto in epoca antonina, data la immoralità della corte e la falsificazione degli atti testamentari! Diventano equivoci perfino iura et leges!
Eppure, professore la storiografia ottocentesca si è mantenuta sulla linea tracciata da E. Gibbon nel 1782 (History of Decline and Fall of Roman Empire) e da E. Renan e la stessa storiografia contemporanea non ha cambiato parere se non sulla diversità dei comportamenti di Marco Aurelio, indagato più dal lato letterario e psicologico che in senso storico. Perciò mi sembra strano che si dica qualcosa di nuovo e diverso dalla normale definizione dell’impero antonino come scelta del migliore e di Marco Aurelio come un imperator, filosofo armonico nella sua azione politica. Comunque, io la seguo e cerco di capire.
Marco, a me risulta non solo da Historia Augusta, ma anche dai cristiani, dai retori e dagli scrittori dell’epoca un mondo di una inarrivabile immoralità, di grande anarchia e di una disarmonia senza pari, dovuta alla persistenza di una pandemia di peste per circa un venticinquennio e ad una coscienza di fine del mondo, propagata dalla popolazione cristiana: l’anno 193 d.C sembra per i cristiani l’ anno dell’ Antichristos e dell’avvento del Signore! Settimio Severo appare anche lui eleutheroon e soothr, come Flavio Vespasiano ! Tu conosci veramente la vita di Faustina, moglie di Marco Aurelio o quella di Lucilla o quella di Plauzia o quella di Fabia Sabina? tu hai conosciuto soltanto le figure di Giulia Maior e Minor e di Messalina dalla propaganda delle domus imperiali flavie ed antonine ed hai vaghe conoscenze dell’immoralità di Faustina! Se hai piacere, mi soffermo un po’ sulla moglie di Marco Aurelio su cui, a mio parere, non c’è aureola che la possa santificare in qualche modo: Faustina non è meno famosa per le sue disonestà che per la sua bellezza!. La grave semplicità di quel Principe filosofo non era capace di fermare la licenziosa incostanza di lei, o di frenare quella sfrenata passione che le faceva spesso trovare un merito personale nel più vile degli uomini. Marco Aurelio pareva o insensibile ai disordini di Faustina, o il solo in tutto l’Impero che l’ignorasse. Ciò gli procurò disonore. Egli promosse molti degli amanti di lei a cariche onorevoli e lucrose, ma per trenta anni continui, le diede prove invariabili della più tenera confidenza e di un rispetto, che non terminò se non con la di lei vita.!
Professore, eppure Marco Aurelio divinizza, dopo la morte, Faustina Minor, che è venerata come Demetra a Mileto, con lo stesso culto della madre, Faustina Maior?
Si . L’imperatore divinizza la moglie, sua cugina, secondo Filostrato ( Vita dei filosofi,II,1,562).
Ma quali sono i suoi errori maggiori e quali le disonestà che la fanno considerare, secondo lei, la donna più immorale tra le feminae imperiali?
E’ donna per natura libidinosa e viziata dalla vita di Corte in quanto figlia di Antonino il Pio, fidanzata poco prima della morte della madre, col cugino Marco Aurelio, di cui diventa moglie nel 145 e gli dà 13 figli, di cui solo restano in vita un maschio e cinque femmine, mantenendo come amante fisso il coetaneo Lucio Vero, a lei promesso sposo, secondo il testamento di Adriano. Sembra che il genero fu avvelenato nel 169, dopo il ritorno dalla campagna di Parthia perché aveva rivelato la sua attività sessuale con lei, già alle prime mestruazioni, alla figlia Lucilla, dopo il matrimonio ad Efeso, nel 164. (Vita Veri,10,1) e se ne era vantato vanagloriosamente davanti a molti. Faustina è ritenuta causa della ribellione di Avidio Cassio in quanto sostiene la pars senatoria avversa al marito – che persiste nella politica di mantenere il fronte occidentale lungo il Reno e il Danubio – e favorisce i cilici, i siriaci, i giudei e gli egizi che parteggiano per l’usurpatore, anche se definito hostis, anche quando segue in Asia, Marco Aurelio, che ha lasciato a Roma come guida e patronus popolare Vettio Sabiniano.
Historia Augusta dice che la donna vuole accompagnare il marito proprio per controllare le sue mosse strategiche e favorire infidamente l’usurpatore, a cui si è proposta come moglie, ma muore nella prima parte del viaggio ad Halala in Cappadocia, nell’invernata tra il 175 e il 176. Aggiungo che, all’epoca, circola la voce che Commodo, l’unico maschio, rimasto in vita, non sia figlio di Marco Aurelio.
Sembra, infatti, che ci fu un rito, secondo alcuni, prima del concepimento di Commodo, durante i saturnalia del 160, ritenuto figlio illegittimo, nato il 31 agosto del 161 dal rapporto con un gladiatore campano, del cui sangue la donna fu bagnata- dopo la sua uccisione! E’ attestata una lustratio/ purificazione rituale per Faustina, destinata ad avere nuovi rapporti intimi, imperiali, col marito!. Era risaputo, infatti, che a Lorium o in altre ville campane in Campania, Faustina facesse venire marinai e gladiatori, con cui si accoppiava dopo orge, stordendosi probabilmente con droghe, con oppio, a cui faceva ricorso la donna specie dopo la morte di ciascuna figlia (ed anche di quella del figlio minore, settenne, Annio Vero Cesare nel 170!).
Eppure, professore, ho letto che critici, come Gibbon e come Ettore Paratore (La letteratura Latina dell’età imperiale, Sansoni 1969), hanno stima delle figure femminili antonine, anche se sembra chiara la loro propensione e passione per i gladiatori e marinai, dai fisici atletici.
Certo, Marco, le pagine di Marziale e Giovenale, di Plinio il giovane, di Tacito, di Apuleio, di Dione Crisostomo, di Plutarco, di Luciano testimoniano l’immoralità crescente dell’epoca Flavio-antonina, pur critica nei confronti di quella giulio-claudia! Perciò fa sorridere la definizione di Ettore Paratore circa l‘ultimo sorriso di quell’armonica esemplare civiltà romana che culturalmente trionfava sia in Marco Aurelio che in Faustina!.
E’ una vecchia linea critica di derivazione ottocentesca, che stranamente confluisce in una lettura christiana, bisognosa anch’essa di vedere in Marco Aurelio una romanitas austera, vittoriosa, amata dal Theos, quasi una copia, come un precursore di Costantino nikhths, provvidenziale, legittimo e giusto!.
Vengono, invece, amplificate le relazioni degli asiatici che fanno satire feroci nei confronti del sovrano Lucio Vero specie durante le recite teatrali ad Antiochia, circolanti a Dafne intorno al tempio di Apollo, da dove il giovane imperatore dirige le operazioni di guerra, contro la Parthia – Cfr. Vita Veri ,7-.
Viene esaltato, a Roma, al contrario, l’ imperator senior tanto da essere considerato correttore dei vizi dell’altro Augusto, rimproverato nella sua condotta morale, anche se esaltato per la conquista del titolo prima di Armeniacus, poi di Parthicus ed infine di Medicus, titoli tutti condivisi ed assegnati anche all’ Augusto, occidentale!
Da Roma si narra che viene inviata una nave scortata da una flotta, che porta non solo militari ausiliari a Lucio Vero, ma anche la quindicenne moglie, accompagnata da Faustina stessa e da nobildonne romane per il matrimonio ad Efeso nel 164, in modo sfarzoso.
E’ raccontato anche il matrimonio?
Certo, Marco in due fasi: in due momenti, precisi, uno al porto, all’arrivo; ed un altro all’Artemision come celebrazione di un divino coniugium universale di una simbolica congiunzione tra una vergine dea Occidentale e un dio orientale. Marco, immagina le chiacchiere /rumores degli occidentali di fronte all’accoglienza festosa da parte di Lucio Vero a Faustina sua amante e a Lucilla sua moglie! Si diceva perfino che il genero rimase male e fu turbato per l’assenza del suocero alla cerimonia nuziale!
All’ Artemision, il più celebre santuario orientale, era convenuta una folla eccezionale nell’agosto del 164 d.C., davanti al tempio di Artemide!
Il tempio era lungo 425 piedi e largo 199,8, perciò, valendo il piede 30 cm, aveva le dimensioni di un rettangolo di 125 mt. per 66,6 con 100 colonne, di cui alcune caelatae, scolpite da Skopas, cantate da Antipatro di Sidone (170-100 av. C,).-cfr. Ant. Pal. 9,58- che affermava che niente di simile può contemplarsi sulla terra!.
Era davvero una delle sette meraviglie del mondo antico? Certamente. Marco. Il santuario era stato costruito nel IX/VIII secolo a. C., era stato arricchito ed ornato da Creso, secondo Erodoto, ed era stato bruciato da un pazzo mitomane nel 354 e fu ricostruito e di nuovo distrutto dai Goti nel 263 d.C, quando i suoi marmi furono trasferiti in chiese vicine e poi anche in seguito a Costantinopoli in S. Sofia. Anche in epoca cristiana il santuario, sebbene più modesto, ebbe funzioni religiose fino al 401 d.C., in cui, per volontà di Giovanni Crisostomo, allora patriarca di Costantinopoli, si decise il totale annientamento col trasporto dei marmi per le chiese cristiane!.
Così furono abbattute o riutilizzate le 100 colonne ioniche del tempio?
Marco, ogni colonna era alta 6 metri e larga 1.50 ed aveva 24 scalanature; le colonne erano 40 per lato- due per venti – davanti il tempio erano 10 e nella parte posteriore pure 10: la statua della dea si trovava sul frontale del santuario tra tre colonne a destra e tre a sinistra, preceduta da un doppio colonnato di otto colonne.
Doveva essere imponente lo spettacolo a chi vedeva frontalmente!
Faceva impressione vedere le otto colonne, forse anch’esse caelatae, insieme a quelle altre otto successive e alle due colonne templari- tra cui era Artemide- che erano certamente con un plinto istoriato fino al punto, in cui si innestava la colonna, anch’essa istoriata, in basso, per un metro!.
Lì, nella parte anteriore del santuario, si celebrò il matrimonio tra una folla plaudente!.
E’ attestato l’amore della Ionia per Lucio Vero, non solo del popolo efesino, greco, ma anche di tutte le altre etnie, viventi nella metropoli, compresi gli ebrei e i christianoi!
Dunque, non si può giudicare negativamente il periodo orientale di Lucio Vero, né la sua reggenza da Antiochia, mentre i suoi legati facevano l’impresa parthica, a meno che non gli si voglia incolpare il propagarsi dell’epidemia delle peste in Occidente col reclutamento di truppe, messe insieme a quelle tornate vittoriose dalla Parthia, infettate, schierate poi sul Reno e sul Danubio o lo si accusi del ritorno a Roma con la corte con elementi anch’essi appestati, tanto da contagiare smisuratamente la capitale nel biennio 166-67!
Al ritorno a Roma Lucio Vero, comunque, diventa console per la terza volta ed è malvolentieri coinvolto a riprendere le armi contro i Marcomanni, che premono sui confini italici e si sposta col suocero, ad Aquileia, per la direzione delle operazioni militari.
Nel frattempo, arruolate la II legio italica e la III italica, ci sono scontri con i Quadi, che vengono sconfitti, mentre il loro re risulta ucciso in battaglia.
Considerato il buon avvio di guerra, e essendosi mitigata la paura della peste, Lucio decide di tornare a Roma col suocero: Placuit autem urgente Lucio, praemissis ad senatum litteris, ut Lucius Romam rediret. – Vita Marci, 14-.
Nel viaggio di ritorno, due giorni dopo, sedendo in carrozza accanto a Marco Aurelio, Lucius, apoplexi arreptus, periit/ Lucio colpito da ictus morì- Ibidem- e il suo corpo fu sepolto nel Mausoleo di Adriano (dove era suo padre naturale – Vita veri, 11,1-).
Dopo la morte di Vero, le vie della seta e delle spezie, orientali, terrestri, risultano controllate da comuni trattati romano- parthici, come si può rilevare, secondo Filostrato, dal tragitto fatto da Apollonio di Tiana -Cfr. Apollonio di Tyana e Gesù di Nazareth– concordati dal periodo di Augusto, che conosceva già le vie della circumnavigazione dell’Oceano Indiano, note da tempo agli scienziati alessandrini, che facevano studi sul regime dei monsoni ed indicavano i passaggi attraverso la penisola indocinese per arrivare in Seria e forse in Giappone e Filippine.
Quindi, professore, sono falsità quelle di un sogno di armonia orientale, realizzato solo da Lucio Vero, concretizzato da Marco Aurelio che fa riforme sul censimento dei liberi e sul felice stato dei liberti e degli schiavi?
Sembra che la situazione sia immutata, Marco!
Posso solo dirti, seguendo oltretutto F. Lanfranchi (Ricerche sul valore giuridico delle dichiarazioni di nascita nel diritto romano, Bologna 1951), qualcosa di nuovo sul censimento dei neonati (Vita Marci, 9.8-9) e circa l’ uso dei tabellarii publici, che risulta una istituzione provinciale, per cui ci sono archivisti, che registrano le nascite nelle province, come a Roma, per una migliore conoscenza anagrafica da parte del prefetto dell’erario, avendo già l’imperatore dato rilievo ai curatores urbis aumentando il gravame delle curiae/assemblee municipali, utilizzate come sistema anche per la leva. Aggiungo che l’imperatore provvede all’amministrazione della giustizia civile incaricando il senato, che deve avere accanto a sé i prefetti, coadiutori nello ius in relazione alle leggi promulgate Cfr. Vita Marci, ibidem ius autem magis vetus restituit quam novum fecit.
Professore, in materia di schiavitù, però, lo stoico Marco Aurelio è sicuramente un benemerito?
Certo. Marco Aurelio ritiene che gli schiavi, essendo uomini sono isoi / eguali ai liberi come già aveva affermato Posidonio e poi ribadito Seneca ed infine Epitteto ( immo et servi homines sunt). In questo, la sua visione umanitaria è vicina a quella di cristiani, da lui perseguitati perché teatranti e falsi, perché renitenti alla lena, disfattisti durante la guerra, non solidali con gli altri cives pagani, nella loro coscienza di appartenenza ad un’altra patria, quella celeste.
Marco Aurelio è un vir ellenista con una paideia umanistica mentre i cristiani hanno un’altra cultura di matrice ebraica basata sull’essere ogni uomo figlio di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza, destinato ad un premio eterno per i meriti del Christos, la cui vita, morte e resurrezione sono esemplari per ogni fedele che rifiuta il servitium alla patria terrena, per avere gloria in quella paradisiaca, sua eterna sede.
Da qui i nuovi decreti che colpiscono le ecclesiai con i dioichetai episkopoi e la massa di fedeli, cristiani, senza diritti civili, anche se rappresentata giuridicamente dal clero, anelante al martirio, come abbiamo spiegato altrove! In questo clima di persecuzione neanche c’è quell’armonia tanto cantata neppure in Oriente, dove è più marcata la presenza christiana. Forse a Roma la celebrazione della vittoria sui parthi produce euforia subito attenuata dai primi contagi di peste, poi, finita in tragedia, per l’imperversare catastrofico delle morti giornaliere. Il trionfo dei due monarchi che si fregiano dei titoli onorifici militari diventa un incubo per le vittime del contagio e per l’insurrezione barbarica ai confini dell’impero! Dunque, anche l’Occidente non è in armonia, ma con l’incombere della peste e con l’invasione delle popolazioni prima longobardiche, poi, dei Quadi, Marcomanni ed Iazigi è terra devastata! c’è un frenetico spostarsi di gentes decimate dalla peste, alla ricerca di terre da coltivare dove stanziarsi definitivamente accanto a parenti già arruolati, come militari, ai confini, perfino nelle legioni dette Italicae, come ad esempio i Custoboci, che dal Danubio penetrano nella Mesia e poi in Grecia e vengono ricacciati dalle stesse popolazioni romanizzate elleniche.
Inoltre, dopo la morte del genero sembra manifesta l’incompetenza militare dell’imperatore che, volendo insistere nella guerra contro i germani, ricorre alla consulenza del nuovo genero. Ha fatto, infatti, sposare la figlia Lucilla, riluttante lei e la madre, con Tiberio Claudio Pompeiano, un generale siriaco, anziano, al quale nel 170 la donna dà un figlio di nome Pompeiano, proprio quando scompare il fratellino di Commodo!.
La donna, insieme al marito, all’imperatore e alla madre vanno in guerra e gestiscono la campagna militare insieme a Ponzio Leliano, Damisio Tullio, Quinto Sosio Prisco e Giunio Vero, che fanno parte del comitatus belli.
Grazie al consiglio dei comites Marco Aurelio arruola perfino gladiatori e schiavi, tanto graditi all’augusta!
E’ vero che in questo arruolamento con lo spostamento di uomini si moltiplicano i casi di appestati?
A detta del medico Galeno e del cristiano Melitone la popolazione dell’impero fu più che decimata: sembra che molte città e paesi scomparvero e che, in un venticinquennio, morirono non meno di un terzo di 60.000. 000 cittadini censiti sotto Antonino il Pio! per congiurare il pericolo i pagani ricorrevano a cerimonie e forme religiose arcaiche , a preghiere collettive e personali nuove, apprese da altre religiones e a pratiche magiche straniere. Sembra che, quando Marco Aurelio si ferma a Sirmio, per dirigere la guerra col suo comitatus, faccia venire anche briganti e pirati dalla Dalmazia a dalla Dardania. Le operazioni militari hanno esito davvero positivo tanto che è salutato dai soldati come Germanicus, dopo la resa di Ariogeso, re dei Quadi, e il suo esilio ad Alessandria.
La guerra non finisce, comunque?
Certo. La guerra seguita. Anzi la volontà di Marco Aurelio di costituire le due province di Marcomnania e di Sarmazia determina la defezione di Avidio Cassio, le cui truppe parthiche sono ora sul Danubio.
Marco, considera che, mentre riprendono le ostilità germaniche c’è l’usurpazione di Avidio Cassio in Oriente e che, nel frattempo, l’imperatore appare malato, quando Commodo è ancora considerato in un’età inadatta all‘imperium.
Professore, mi ha accennato all’usurpazione di Avidio Cassio e alla probabile adesione alla congiura dell’imperatrice, ma, ora, me ne può parlare più diffusamente.
Da Dione Cassio si sa che Avidio, ingannato da Faustina, fece un terribile sbaglio!.
Sembra che già i rapporti tra l’imperatore ed Avidio erano tesi dalla fine della guerra parthica, quando Vero era tornato a Roma ed aveva fatto relazione scritta della campagna ed aveva lasciato come reggente il legatus. Lo scrittore di Vita Avidii Cassii, 2.7-8, parla di un carteggio tra il legatus e l’imperatore, in cui i due, senza eccessi, si attaccano e si punzecchiano, comunque, essendo l’uno disposto ad accettare il verdetto del senato e l’altro ad usare clemenza, in quanto conosce il valore del militare : sibi ergo habeat suos mores maxime cum bonus dux sit et severus et fortis et rei publicae necessarius. Nam quod dicis liberis meis cavendum esse morte illius; plane liberi mei pereant, si magis amari merebitur Avidius quam illi et si rei publicae expediet Cassium vivere quam liberos Marci/ Si tenga dunque il suo destino, essendo un buon generale, severo e forte e necessario allo stato. E sul fatto che tu dici che bisogna ucciderlo per proteggere i miei figli, muoiano pure loro, se Avidio meriterà di essere amato più di loro se allo stato conviene la vita di Cassio sia più utile di quella dei figli di Marco!. Sembra che la lettera sia apocrifa , anche se la stessa cosa dice Aurelio Vittore nella sua epitome, in cui viene riconosciuta l‘avidità dell’usurpatore e la nobiltà d’animo dello stoico imperatore, pacato nei suoi interventi, anche se giudice fatalista.– cfr. Luciano, Quomodo historia conscribenda sit!-
Marco Aurelio, quindi, accetta il comportamento non corretto già di Avidio, accusato di avidità, durante la guerra parthica in opposizione a Lucio Vero, diretto comandante militare che in un certo senso lo denuncia.
Era risaputo che Avidio considerasse l’imperatore, coetaneo, piccola vecchia filosofa /aniculam philosopham e Lucio Vero luxuriosum morionem/un lussurioso buffone ! Tieni presente Marco, la situazione del momento di guerra: Avidio sta operando, mentre il sovrano alterna la propria residenza tra Dafne, estiva, e quella invernale a Laodicea, coi suoi colleghi Stazio Prisco e Marzio Vero nella bassa Mesopotamia, disposti in modo strategico da fronteggiare il pericolo armeno, quello parthico e quello siriaco oltre a quello Medico, così da conquistare non solo le due capitali sul Tigri – Ctesifonte e Seleucia – ma anche penetrare in Media vittoriosamente, favoriti inizialmente dalla peste; ora, invece, a distanza di un decennio circa, dopo la morte di Vero, Marco Aurelio, stando sul fronte danubiano, non rivela nemmeno la defezione del suo legatus orientale ai soldati che operano sul fonte germanico, già ex militari attivi nella campagna parthica! Ha paura della scelta militare!.
Considera, inoltre, che in questa condizione Faustina, preoccupata per la salute, incerta, del marito, e per la giovane età del figlio, non avendo intenzione di tornare alla condizione, in caso di morte dell’imperatore, di privata cittadina, sembra offrirsi con la dote imperiale ora al pretendente usurpatore.
In questo clima Avidio, generale di valore, amato dai militari, politicamente fiducioso nelle promesse della regina, non può non accettare la nomina ad imperatore, fatta con acclamazione militare in Egitto, specie dopo la notizia falsa della morte dell’Imperatore – cfr. M.L. Astarita, Avidio Cassio, Roma 1993-
Avidio Cassio (121-175) è figlio di Eliodoro, uomo di nobile famiglia, tanto da essere considerato discendente dei re di Commagene, un siriaco di Cirro, procurator ab epistulis sotto Adriano e sotto Antonino il pio, divenuto governatore di Egitto. Ha fatto carriera militare in Siria e in Egitto ed ha dimostrato capacità strategiche nella guerra Parthica- anche secondo Luciano di Samosata che, all’epoca è funzionario amministrativo ben pagato-.
L’usurpatore è anche un buon amministratore oltre che militare di successo nel momento della crisi economica e della peste e perciò non fa proclami di ripristinare la Res publica e non sembra intenzionato a fondare un’ altra dinastia, ma solo ad assecondare i disegni dell ‘imperatrice circa la successione di Commodo, desideroso di esserne patronus, specie dopo la repressione fatta dei bucolici/ pastori in Egitto, avendo il pieno favore dei viri militares.
Quando Marco Aurelio si ristabilisce in salute e marcia contro di lui e già si trova in Cappadocia, i suoi soldati – quelli della III legio gallica – temendo le truppe imperiali, tradiscono il lor dux che, abbandonato anche dalla regina, – ora lei stessa sul punto di morte-è ucciso o è costretto al suicidio.
In una lettera forse apocrifa Marco Aurelio afferma che i militari gli hanno impedito di fare una azione di clemenza verso il dux ma è pronto ad essere clemente e nobile con la famiglia dell’usurpatore, preservata in vita e immune dal sequestro dei beni.
Dunque, professore, finita la guerra contro l’usurpatore e morta Faustina, Marco Aurelio coi suoi generali di nuovo marcia per ritornare sul Danubio dove si sono concentrati i Quadi, i Marcomanni e Iazigi?
Si. La guerra germanica ora riprende perché non sono concluse le operazioni a favore dei Quadi, che cercano territori fertili e non sono stati accolti gli Iazigi, secondo le promesse. Marco Aurelio ora si sposta a Carnuntum dove riesce a malapena a fare trattative per distaccare dalla coalizione le popolazioni secondo il sistema romano divisorio, opponendo le richieste dell’una con quelle delle altre.
Perciò, nell’ultima fase del 177-180 , anno della sua morte, qual è il comportamento del sovrano ?
Marco, gli storici concordano che Marco Aurelio si dedica cocciutamente alla spedizione contro le popolazioni germaniche e pensa alla elezione del figlio Commodo come suo successore, mantenendo la stessa politica non del migliore ma quella della successione diretta. Essi precisano che l’imperatore , dopo aver fatto sposare anticipatamente suo figlio con Crispina, figlia di Gaio Brizzio Parente, console nel 155 e nel 180 ,- che poi nel 187 (cfr Vita commodi, 5.7-9) è uccisa – si distacca da Pompeiano e suo figlio omonimo e da Lucilla e dai viri militares ed avuto il consenso del senato, fa l’expeditio germanica secunda .-cfr Cassio Dione, St.Rom: LXXI, 339-
Historia Augusta Vita Marci 27,4 infatti dice: Celebrato il trionfo, andò a Lavinio, e si associò Commodo nella potestas tribunicia e diede al popolo denaro e fece magnifici spettacoli / Commodum sibi collegam in tribuniciam potestatem iunxit, congiarium populo dedit et spectacula mirifica. Sembra certa la partenza dell’imperatore il 3 agosto del 177 contro gli Iapigi cfr. Dione Cassio, St., rom., LXXI,18-
Professore, dunque , lei giudica Marco Aurelio un grande comunicatore della sua immagine e non certamente un buon militare né politico e considera migliore il fratello, ritenuto il suo opposto che, invece, nonostante le dicerie popolari e la critica filoaureliana, è un vir che ha abilità militari strategiche ed è buon amministrative capace di coordinare anche la politica antiparthica, già iniziata da Antonino il Pio da quando Volegese impose Pacoro in Armenia cfr D.A. Magie, Roman Rule in Asia minor, Princeton University press, 2016.
Allora, professore, giudica positivamente il filosofo, almeno per le riforme universitarie?
Non precisamente perché anche in questo l’imperatore imita i predecessori ed ha un comportamento connesso con l’usurpazione del regno ad opera di Avidio Cassio.
Marco, bisogna rilevare che a Roma esisteva il thronos/cathedra della sede dell’Athenaeum, fondato da Adriano al suo ritorno dalla spedizione contro Shimon bar Kokba, dopo lo sterminio dei giudei e la loro dispersione cfr. E.Harleman , Question su “l’Athenaeum” de l’empereur Hadrien in “Eranos” 1981.
Adriano è un puro ellenista, che ribadisce il valore della paideia e in Roma e in Atene, già evidenziata ad Aelia Capitolina, con un decreto.
Marco Aurelio insiste su questa volontà di uniformare l’impero in senso latino per l’Occidente e in senso greco per l’Oriente, essendo intenzionato a contrastare i christianoi che hanno una cathedra orientale greca a Roma, non autorizzata, e che fanno conferenze logoi in un tentativo di apologia. Sembra quindi, che che da ciò derivi la nomina romana della prima cathedra data a Nepoziano, che ha una retribuzione annua di centomila sesterzi di molto superiore a quella di Atene, conferita a Philagros. In effetti la nomina ateniese è determinata dalla rivalità tra i due maestri di eloquenza Publio Erdoneio Lolliano e d Erode Attico, che all’epoca è ostile a Marco Aurelio, in quanto fautore di Avidio Cassio. Solo dopo la riappacificazione con Erode Attico- cfr. Vita Marci, 27,1- e la sua iniziazione ai misteri eleusini di Demetra l’imperatore elegge Claudio Eliano, che è un discepolo di Erode Attico, come successore di Philagros. E’ chiaro che anche in questo Marco Aurelio sa gestire la sua immagine e il suo prestigio secondo i canoni sofistici, ambiguamente , mostrando sempre la parte migliore di sé da propagandare insieme, col figlio, ora associato, presente alla iniziazione eleusina, in relazione al significato della continuità imperiale.
Tanti storici del passato, a cominciare da E. Gibbon, hanno detto che l’epoca antonina è un momento magico dell’impero romano e che Marco Aurelio è sovrano sublime!
Hanno detto!
Marco, pensa come vuoi, a me risulta quanto ti ho detto e mostrato circa il sistema militare e quello amministrativo, oltre alla moralitas, non solo dall’esame di Historia Augusta, ma anche dai documenti cristiani e dallo studio sulla retorica di Frontone e di altri, anche se si registra una qualche dissidenza dalla pars ebraica di Giuda Ha Nasi, forse perché salvaguardata ed immune rispetto alla persecuzione cristiana.
Comunque, siccome il sistema scriptorio è certamente falso e la documentazione ufficiale è cortigiana, non essendoci documenti tali che possono autorizzare un giudizio certo e sicuro, anche perché i fatti sono letti a distanza di anni, dopo l’evento terribile di una pestilenza, devastante interi territori, distruttrice di archivi locali e di atti, capace di cancellare sistemi di vita comune e normali consuetudini, è opportuna la sospensione di giudizio/epochh, in attesa di scoperte concrete!.
Si può dire, però, che dai documenti e dai fatti accertati si può evincere che la figura di Marco Aurelio è differente da quella propagandata e dai pagani e dai Christianoi, per come la tradizione l’ha fissata ed etichettata!
A mio parere, Marco Aurelio stesso, essendo un abile manipolatore di opinione, più abile di Adriano, ha voluto recitare la parte gestendo la sua immagine pacifica di filosofo stoico con la sua opera di scrittore, avendo tenuto sotto controllo la cultura ufficiale, volendo risultare un eclettico cultore, un teorico fatalista, pagano, secondo la pura tradizione romano-ellenistica, marcando il fenomeno cristiano, -di cui non conosce né il valore eversivo dottrinario né la propagazione accanto alle sinagoghe con le ecclesiae e i loro episcopoi, gestori di capitali non censiti dalla burocrazia imperiale, capaci di moltiplicarsi con la caritas/agaph, essendo disponibili verso i pagani assistiti durante la pestilenza-.
Operando così nel primo decennio in Occidente, Marco Aurelio potrebbe essere riuscito a dare l’idea di uomo pacifico e filosofo stoico nel corso del suo mandato occidentale, ma per sua sfortuna, dopo la morte di Lucio Vero, vi sono due spedizioni militari germaniche – una prima ed una secunda expedio- con una rivolta in Oriente, durata oltre due anni- che fanno naufragare, insieme con la peste, tale rappresentazione teatrale imperiale! Lui stesso ci indica il suo volto, accusando di teatralità i cristiani, in una sottensione di falsificazione di atti e di theorie! Gli ultimi 11 anni di vita sono una marcia continua dall’Occidente all’Oriente e dall’Oriente all’Occidente e un traslocare da una parte all’altra, alla ricerca di un punto da dove dirigere le operazioni militari nella zona balcanica!
La sua morte a Vindobona, o in una località non lontana da Carnuntum, sconfessa il suo ideale filosofico stoico e pacifista e la theoria del migliore.
Solo, in una tenda militare quel 17 marzo del 180, sofferente per una malattia mortale, deciso ad affrettare la morte con il digiuno, dopo il saluto teatrale agli amici, invitati a meditare sulla peste e sulla brevità di vita umana, senza il figlio Commodo, impegnato sul fronte del Danubio e senza la figlia Lucilla, lascia il mondo romano in una crisi economica, sociale, finanziaria e morale, spaventosa, neanche immaginabile, apocalittica.
Professore, vuole alludere come Fraschetti, alla situazione disastrosa dell’impero dopo la morte di Crispina e alla congiura christiana dell’ amante di Commodo, Ceionia Marcia, una timorata di Dio, secondo Erodiano 1, 16,3-4 e al fallimento della banca romana di Carpoforo, secondo la testimonianza di Ippolito, Philosophumena IX, 12,10?
Marco, bravo!. Hai studiato bene Teofilo di Antiochia e la Chiave di Melitone?
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