La morte di Cleopatra
Lettere di Cleopatra ad Alessandra
I. Kleopatra Alecsandrai (dativo) khairein
Tu mi parli di Tuchh, narrandomi tutto ciò che di male (e di bene) ti capita, cioè quod infelix et infaustum fit in opposizione a quod felix et faustum est, e credi di lottare con un destino crudele, contro cui il tuo volere razionale nulla può, per cui ti senti, per le sventure, miserabile e degna di compassione da parte di altri che hanno verso di te, da un lato, sumpatheia e, da un altro, empatheia.
Contemporaneamente mi parli della tua infelicità, come meritata, in quanto porzione di sorte- moira- voluta dal Theos che fa la storia tua e del tuo popolo e che ha una sua oikonomia di pathr, secondo imperscrutabili disegni divini, che si sviluppano e si attuano tragicamente mediante peripeteiai e aprosdokhton improvvisi, sconvolgendo il razionale e naturale mondo umano.
Tu giudea, monoteista, figlia di sommi sacerdoti, erede di un popolo di philosohoi, che vive del timore di Dio e del suo nome santo, pensi davvero che debba scontare colpe per purificare te e la tua stirpe dai peccati amarthmata e quindi di dover fare penitenza?
Tu scrivi questo a me, regina di politeisti, che credono nelle forze primigenie naturali tanto da autorizzare la costituzione su base teologica del potere /kratos ad opera di letterati e di sacerdoti, che, avendo anche exousia, sono abili a tenere a freno col paradosso il popolo ignorante: lo dici a me nuova Iside, Hator madre, pronta per un’ altra vita?
Tu piangi la morte di tuo padre Hircano, un vecchio di ottanta anni, noto per la moderazione, perché ucciso da Erode un civis romano, che ha compiuto, in ricompensa dei tanti benefici ricevuti, un’azione non giusta né pia.
Il tuo logos è basato sulla condizione dell’uomo -maschio o femmina- di un essere nato per morire, costretto a vivere, soggetto a fortuna, cioè al caso che gira la ruota della vita dell’individuo, dei popoli e dell’universo stesso creato.
Nessuno è padrone di sé, amica mia: siamo tutti, al di là della propria funzione di monarca, di privato, di servo, soggetti ad anagkh: ognuno di noi, nascendo, ha il suo destino, che fatalisticamente si compie.
Per me, educata secondo paideia greca e cultura egizia al timore degli dei patri sia antropomorfici che zooantropomorfici, il vivere è necessitas mortale come h anagkh diamonoon o come h ek theoon anagkh, in quanto capace di permeare la materia, che si deteriora con gli anni.
Nonostante il condizionamento religioso infantile, io so, da ente divino/ oon divino, comunque, risolvere, capire e razionalmente accettare tutto ciò che accade, diversamente dagli occidentali romani, che hanno fiducia di essere padroni di sé nell’ essere ciascuno fabbro della sua fortuna/ suae faber quisque fortunae, al di là della continua verifica dell’evolversi ineluttabile degli eventi.
Il sistema mio, ereditato da una tradizione millenaria congiunta con quella greco-macedonica da Tolomeo soter alla funzione ecumenica di Alessandro, è segno e risultanza divina di un metodo di adattamento alla realtà umana di creatura e all’armonia cosmica, in relazione alla maestà faraonica regia.
Anche tu, come me, penso che sappia vivere e morire in quanto accettiamo naturalmente e razionalmente il destino di vita e di morte di ogni creatura, solo il romano invece vive nella presunzione dell’ eternità della stirpe, di superiorità rispetto a tutti i popoli, convinto di avere la funzione di sottomettere gli altri e di essere costruttore di una catena genetica infinita, che è il corpo unico della Romanitas trionfante e catholikh/universale, che è il Kosmos, unitario, nato dal contributo di tutte le parti viventi, in una visione supernazionale , che non tiene conto della fragilità dell’individuo, operoso per il bene comunitario.
Ogni civis, facendo la storia di Roma Aeterna, si eterna!; questo è l’insegnamento, ricevuto da Cesare, per il piccolo Cesare!
Per il senato romano conta Roma non la persona del civis romano, vale solo il divenire eterno e divino della Romanitas, il culto della dea Roma!.
Perciò , io Cleopatra ho già organizzato serenamente la mia morte, trasferendomi nel mio Mausoleo, non ancora finito, ma pronto ad accogliermi come Iside.
Da moglie di Cesare, da compagna di Antonio, da romanizzata, salvo mio figlio Cesarione, legittimo erede del Divus Iulius, l’emblema stesso dell’eternità di Roma, come l’eletto proclamato dalle genti, esaltato dalla theoria dei dotti del Museo, che l’hanno opposto di diritto al figlio adottivo di uno stesso Pater.
La vittoria di Ottaviano è effimera ed è su Antonio e su di me: Cesarione è libero, forte, invitto: la ricchezza dei faraoni, da me conservata segretamente per lui, e il genio di Cesare non potranno non sconfiggere Ottaviano signore di breve durata dell’ oikoumenh!
Il regno di mio figlio, dei miei nipoti, pronipoti, sarà universale secondo i sogni di Cesare! Mio figlio è Cesare Alessandro!
Antonio, invece, da romano, magnanimo e da militare valoroso ha cercato prima la morte combattendo, sfidando perfino a duello il suo avversario e poi si è gettato nella mischia con la fanteria contro la cavalleria di Cornelio Gallo, il sostituto ottavianeo di Pinario Scarpo, capo delle legioni di Libia, riportando un effimero successo tanto, comunque, da premiare il migliore, a sera, incoronandolo e dandogli una corazza e un elmo d’oro.
Il mattino successivo, dopo la notte di festeggiamenti, tutti i soldati, romani, hanno disertato, compreso il premiato!.
Eppure il povero caro Antonio si era illuso di poter far tornare con lui anche i milites di Gallo che, comunque, non aveva fatto toccare né raccogliere i biglietti di propaganda antoniana, scagliati con frecce, ed aveva impedito col suono delle trombe di sentire la voce del vecchio imperator .
Antonio, dopo aver lasciato una guarnigione a Porta Luna, in crisi ad una grave depressione, è tornato a corte.
Siccome il 14 di gennaio è il suo compleanno, l’ ho festeggiato, dopo averlo coccolato, onorandolo come mio signore e celebrando con ogni sfarzo la festa. Ho perfino trascurato il mio genetliaco, per suo amore!
Antonio ha cominciato, allora, a bere insieme ad altri, riuniti nell’ associazione di Compagni di morte, di amici destinati al suicidio/sunapothanoumenoi.
Per giorni è andato a Faro e un giorno ha voluto vedere i suoi marinai, anche loro votati alla morte, desiderosi di combattere davanti a lui.
Salutano lui come imperator, che li guarda orgoglioso dalla cima della torre del Faro; sciolte le vele vanno gridando contro la flotta nemica, ma improvvisamente alzano i remi e si salutano con gli altri marinai delle navi opposte!
Dopo questo fatto, Antonio non è tornato a corte, ma è rimasto a Faro in solitudine: Trascorreva lì i suoi giorni fuggendo il consorzio umano, e diceva che apprezzava e voleva imitare la vita dell’ateniese Timone, ritenendo di aver sofferto vicissitudini simili: anche lui offeso e trattato con ingratitudine dagli amici, per questo diffidava di tutti gli uomini e li aveva in odio.
In questo periodo abbiamo saputo del tradimento di Alexa di Laodicea e di Erode, tuo genero.
Né io né Antonio ci siamo meravigliati del tradimento di Giulio Erode, un cane fedele e mieloso, se il padrone è vicino, scodinzolante, servizievole, sempre vicino a chi comanda, troppo zelante come socius!
Un opportunista/ eukairos non può lasciarsi sfuggire l’occasione di saltare sul carro del vincitore, se si sente accarezzato, anche se sente ancora il caldo richiamo del vecchio padrone!
Da Alexa non me lo sarei aspettato: era un discepolo di Timagene, un retore famoso per la parrhsia; era amico di Antonio fin da giovane; era di gran lunga il più influente tra i greci /pleiston ellhnoon duntheis: io lo consideravo il miglior strumento per convincere il mio amato perché capace di distoglierlo dai buoni propositi nei confronti di Ottavia, avendo per me un’ammirazione cieca ed una venerazione profonda !
Tu certamente l’avrai conosciuto, cara Alessandra, a corte, da Erode : Antonio lo aveva inviato perché lo distogliesse dal cambiamento /ths metabolhs ephecsoon: solo lui l’avrebbe potuto fare!
Ha osato, invece, presentarsi da Giulio Cesare con Erode, fidando in lui. Erode pensa a sé e non gli è stato di nessun aiuto: è stato arrestato, portato prigioniero a Laodicea, fatto uccidere ed ha pagato per il suo tradimento verso di me e verso Antonio, suo benefattore.
Che dire ancora, cara Alessandra, ognuno crea a modo suo un proprio sistema di difesa umano verso la Tukhh: tu , io, Antonio poniamo vane palizzate contro il destino al quale, si dice, anche gli dei come un semplice ebreo, come un greco o egiziano, come un romano, non possono non inchinarsi.
Io ho pensato anche alla fuga ed ho fatto lavorare intensamente architetti ed operai per completare l’istmo intorno ad Arsinoe- Clima, proseguendo un ‘impresa grande nobile ed ardita, iniziata dalla mia stirpe.
Eppure neanche questa è riuscita; tutto è vano ed inarrestabile quando la ruota corre veloce dall’alto: è frantumato il mio thelema di trasportare le navi, la flotta intera sull’istmo così da farle navigare nel golfo arabico, nella speranza di poter andare ad abitare in un paese straniero, portando forze e ricchezze sufficienti per sfuggire alla schiavitù e alla guerra. L’istmo che divide il Mare Eritreo dal mare antistante l’Egitto, che sembra fare da confine tra l’Asia e l’Africa, è di 100 stadi nel punto più stretto tra i due mari: gli arabi di Malco e gli ebrei di Erode, come demoni, hanno bruciato le mie navi ed hanno precluso questa ultima via.
Ed Antonio, non potendo morire da valoroso in battaglia come i suoi gladiatori, -avrebbe tanto voluto esser loro accanto e spronarli fino alla fine gloriosa- ha dovuto proteggere Alessandria, sebbene invano!- ha impresso e scolpito, comunque, ognuno di loro nel suo cuore e li compiange!
Neanche sente chi gli consiglia di far finire la ierogamia, di tornare dalla sua Ottavia e dalle piccole Antonie e lo esorta ad uccidere Cleopatra!.
Avrebbe una vita tranquilla ad Atene, se mi uccide! Avrebbe regni per i figli se uccide il mostro!.
Antonio fa lo stupido e ride, da ebete, come un vecchio bambino, come uno dei vostri terapeuti, immerso già nell’eternità!
Sorridente, va dritto, a piedi, senza scorta, al Ginnasio, per svolgere la funzione di gumnasiarcha supremo: ha stabilito per marzo–aprile, nel periodo delle Antesterie, un tempo festoso per i viventi inimitabili /amimhtobioon, di iscrivere tra gli efebi Cesarione, mio figlio e di Cesare, ed Antillo, anticipando i tempi per il figlio suo e di Fulvia.
Il giorno dopo quel grande evento, ho stabilito di stare una giornata intera con mio figlio, come madre e regina col figlio re, in una comunicazione più di sguardi che di parole, più di azioni che di logoi.
Ho contemplato Tolomeo Cesare XV con l’Ureo, col serpente sacro d’oro, vestito con praetexta orlata col laticlavio!.Un faraone imperator!
L’ho salutato alla romana, l’ho baciato all’egizia; poi abbiamo banchettato io e lui, Cleopatra mhthr e il neos Kaisar, in allegria, mentre giovani donne danzano e cantano, invocando l ‘Eutuchia, l’ Amore e la Gloria. Abbiamo bevuto e gettato le coppe alle nostre spalle, come segno augurale.
A sera si è licenziato da me e dalle donne per ricomparire vestito da Tribuno, inviato con messaggi e lettere creditizie sigillate col doppio sigillo, quello di Cleopatra e quello di Tolomeo Cesare, in Nubia, come una recluta in incognito, per destinazione ignota, con mandata segreti.
L’ho visto in tutta la sua bellezza e altezza, nella sua vitalità atletica, vero figlio di Cesare, anche nell’aspetto!.
II. Kleopatra Alecsandrai khairein
Ti lamenti della sorte, insicura del futuro tuo e di quello di tua figlia, cercando comprensione (forse solidarietà) in una che non ha più nessun potere, costretta a vivere per il trionfo del Vincitore.
Ormai un esercito sta penetrando da Pelusio ed un altro urge intorno a Porta Luna di Alessandria sotto il comando di Cornelio Gallo, che attende l’ordine di entrare e di congiungersi.
All’insaputa di Antonio ho ceduto Pelusio e così facendo ho già aperto Porta Sole, inviando al Vincitore perfino uno scettro d’oro, una corona d’oro e un seggio regale, pure d’oro, come segno di resa, di richiesta di trattativa diplomatica sulla base della cessione del trono.
Non ho avuto risposta. Antonio, per conto suo, ha mandato Antillo con una delegazione romana, senza Cesare Tolomeo- perché malato?!- per un’intesa in nome della stessa famiglia Iulia.
Ottaviano è già alle porte di Alessandria e si è commosso al vedere il giovane figlio di Antonio, ma non ha trattato con lui! Questa è la mia situazione. Un’attesa di entrare nel Mausoleo, mia tomba! Attendo non la conquista di Alessandria, ma messaggi cifrati di salvezza per mio figlio, lontano dalla patria!
E tu piangi per le tue disgrazie?
E tu, piangendo, preghi, e, disperata, gridi in aramaico, in una raddoppiata invocazione di supplice: Eloi! Eloi! Lemà sabacthani! /Dio, Dio, perché mi hai abbandonato! Reciti la parte iniziale del salmo di David il grande: lontano dalla mia salvezza/ sono le voci del mio ruggito. Mio Dio/ invoco di giorno/ e tu non mi rispondi/ nelle ore della notte / e non ho pace.
Io ti dico, cara Alessandra, di non disperare e te lo dico col Canto dell’Arpista egizio: Osiride, che ha il cuore tranquillo non ascolta le lamentazioni, non sono esse che liberano l’uomo dall’altro mondo. Iside nemmeno è ascoltata… Tutto è distrutto, tutto è finito: il male che batte il paese non ha fine. La morte, solo rifugio, quest’oggi, è davanti a me come quando un uomo aspira a rivedere il suo focolare dopo aver passato numerosi anni in prigionia…. Rallegra il tuo cuore perché ti è salutare l’oblio
Tu mi parli, cara Alessandra, delle tue sventure personali, familiari e patrie, marchi le tue sofferenze e quelle di tua figlia Mariamne e ti lamenti della sorte meimarmenh e dell’insensatezza di Tuchh e dell’oikonomia segreta del tuoTheos upsistos, il venerato Shaddai.
Deplori l’arroganza di tuo genero Erode, che ti tiene prigioniera e che abusa, anche se innamorato, dell’amore di tua figlia, costretta a vivere accanto ad un rudis popularis e alla sua famiglia volgare!.
Tu mi scrivi che Erode ora è più potente di prima e che la sua insolente superbia ora condiziona la tua Mariamne, che non trova soluzione al suo vivere. Erode è stato reintegrato nel suo regno ed è tornato a corte con una concessione di Ottaviano e con un decreto del senato romano: il favore di Adonai è su di lui, che scampa sempre ai pericoli, anzi ne trae sempre vantaggi.
Lascia da parte la rabbia, giusta:essa frantuma e sbriciola la tua anima. Accetta serenamente come Giobbe quanto accade e fa scivolare la pioggia sul tuo mantello.
Tu parli di un Theos che assiste Erode e che invece ha abbandonato la tua famiglia da ebrea vittima, simile all’unto del signore sofferente, al Messia, agnello sacrificale che porta su di sé i peccati del Mondo!
Alecsandra, Alecsandra, il dolore ebraico, come la tua stessa condizione di assuefazione dolorosa, non è uno status reale, ma una lunga sofferenza come un’agonia prolungata all’infinito.
E’ poca cosa questa, o Alecsandra, e non ha niente di divino: è solo una lunghissima alternanza, comunque, casuale, insolita!
Piccoli e grandi sono niente agli occhi dell’Altissimo, come le loro storie felici o infelici: sono formiche schiacciate sotto il piede di un uomo che cammina,; sono case inghiottite dal vortice di un fiume in piena, sono città popolose nel centro di un cratere di un sisma.
Ed io, Cleopatra? Chi sono? una piccola greco-egizia, prossima a morte, che si crede Dea!
Io cosa dovrei dire e fare? dovrei uccidere secondo Ottaviano, mio figliastro signore, Antonio, mio signore marito!
Ascolta! Cara.
Mi ha inviato un giovine di nome Tirso, in apparenza e a parole belloccio e fiero del suo compito: con lui dovrei regnare! Con lui come sostituto nel talamo di Antonio, a me legato da sacri vincoli e da catene invisibili ai profani!.
Un liberto, non privo di intelligenza, abile a parlare in modo persuasivo, troppo giovane per trattare con una donna altera e straordinariamente superba!
Un meirakion tremante di fronte a una regina adulta, nuda, che avanza verso di lui, vogliosa: per la paura il suo uccellino si nasconderebbe nel ventre!
Thanatos è liberatore della mia vicenda, altrimenti per me c’è lo scempio di una regina legata al carro del trionfo di Ottaviano, il figlio adottivo di Cesare, col quale io, regina trionfai un giorno, a Roma, su mia sorella, sotto lo sguardo severo di Calpurnia, la moglie romana del dictator!
Questa è la sorte di me donna e di me regina: per chi nasce sovrana essere mortale non è solo dover soffrire e morire ma è soprattutto saper uscire teatralmente dalla vita, come divinità.
Il tuo Theos pather ha ora nascosto il suo volto, ma ricompare talora per lenire la tua sofferenza.
Il mio Diònisos, invece se ne è andato definitivamente col suo corteo di Satiri ed ha lasciato Alessandria: l’ho avvertito questa notte e mi sono svegliata di colpo, con un dolore nel petto.
Sento ancora un frastuono mentre la città è immersa nel sonno, nel silenzio e nella paurosa attesa del futuro, improvviso, che risulta un suono misto armonioso di vari strumenti, fuso con un clamore di folla, unito a grida e danze di satiri, quasi fosse un corteo dionisiaco, che si snoda tumultuante. E sembra che proceda attraverso il centro dalla città verso la porta esterna, rivolta dalla parte di nemici e che là il tumulto, dopo aver raggiunto il massimo grado, cessa.
Il sangue mi si gela, il silenzio blocca il mio respiro, non so né pensare né dire qualcosa.
Alle prime ore dell’alba Ottaviano, trionfante, è entrato da Porta Sole, orientale, con l’esercito, ed ha atteso al Gimnasio, dopo aver fatto poco più di una metà dell’odos principale della città, mentre dall‘altra Porta orientale, festoso, Cornelio Gallo ha fatto i suoi dodici stadi per ricongiungersi col suo imperator.
Si è compiuto il destino di Alessandria lagide!.
III. Kleopatra Alecsandrai Khairein
Alecsandra, amica mia, questa è l’ultima lettera che ti invio: Ottaviano mi ha preso prigioniera perfino nel mio Mausoleo. Ora attendo l’atto finale della mia sorte.
Ero già chiusa nel Mausoleo a Lochias, decisa a morire, avendo saputo da un primo messaggero che mio figlio Cesarione viveva in sicurezza in una località segreta: volevo insegnare ad Antonio la via da seguire per morire dignitosamente, mostrare l’impavidità di una regina di fronte a Thanatos, di una femmina cosciente di essere presto al cospetto di Anubi, dare l’esempio al maschio civis romano, solo col gladio da configgere con bestiale ferocia nelle proprie carni.
Avevo saputo che Antonio avevo chiesto ad Eros, un suo fidato servo, di mantenere la promessa fattagli di ucciderlo, qualora glielo avesse chiesto. Avevo sentito dire che l’uomo, sguainata la spada, la sollevò come per colpire il suo dux, ma appena lui volse indietro la faccia, colpì invece se stesso.
Antonio invece già scosso dal suicidio di Eros, ascoltò, in silenzio, il racconto della mia morte , dettagliatamente descritta secondo le mie direttive dai miei fedeli servi, opportunamente inviati da lui.
Antonio, rotto il silenzio, disse: Brava Cleopatra !, Che cosa aspetti ancora Antonio? la sorte/h tukhh ti ha sottratto l’unico ed ultimo pretesto per amare la vita!. Poi, dopo un pò aggiunse: Bravo Eros non potendolo fare tu, mi hai insegnato cosa devo fare io!.
E subito si colpì al ventre e si lasciò cadere su un piccolo letto, ma non aveva dato un colpo tale da provocare morte istantanea.
L’emorragia, però, era cessata dopo che si era coricato; allora si riprese un po’ e chiese ai presenti di finirlo.
Tutti fuggirono dalla stanza, mentre Antonio gridava e si dibatteva.
Saputo questo, cara Alecsandra, ho inviato il mio segretario, Diomede, con l’ incarico di portarlo nel Mausoleo.
Quando ha sentito la mia voce è rimasto sorpreso, stordito a vedermi affacciata alla finestra del Mausoleo.
Ho ordinato di portarlo fin sotto il grande portone, senza aprirlo per timore dei romani.
Io stessa con le mie ancelle, facendo sforzi congiunti, l’ho tirato su, in alto, lentamente, dentro il Mausoleo.
L’ho visto cosparso di sangue ed agonizzante , con le mani tese verso di me.
Mi sono seduta a terra l’ho accolto tra le braccia, sdraiato sopra le mie gambe.
Mi sono chinato su di lui baciandolo; mi sono strappato le vesti, battendomi il petto, graffiandomelo. Gli ho asciugato il sangue, l’ ho chiamato signore, marito imperatore /despothn , andra , autocratoora.
Alecsandra , davanti a lui morente , mi sono dimenticata di ogni mio male, pensando alla sua sofferenza e ho sentito chiedere tra i lamenti vino per la sete o per la speranza di morire prima!?.
Allora lui mi ha guardato e con voce flebile mi ha consigliato di pensare alla mia salvezza, invitandomi a fidarmi solo di Proculeio e mi ha esortato a non piangere per le presenti vicissitudini e a considerarlo fortunato per la sorte avuta, in quanto è stato epiphanestatos anthroopoon genomenos /il più illustre tra gli uomini, kai pleiston iskhusas/avendo avuto un potere grandissimo ed è stato sconfitto in modo non ignobile da romano, ad opera di un romano / kai nun ouk agennoos romaios upo romaioon kraththeis.
E’ Morto così Antonio!
Ho saputo da Decelio, incaricato da me a portare la spada ad Ottaviano per notificare la sua morte, che questi si è ritirato in un angolo e ha pianto, a lungo, l’uomo che è stato suo parente, collega nel governo, compagno di tanti combattimenti ed imprese.
Poi Ottaviano è tornato lo scaltro dioikeths ed abile politico che non si lascia sfuggire l’occasione propizia per incorporare le mie ricchezze e per prendere viva me per il suo trionfo.
Ha inviato Proculeio al Mausoleo con l’intento di farmi prigioniera, e con l’ordine di impedire che io mi uccida e di scovare i miei tanti depositi finanziari e i miei tesori, salvaguardandoli dal fuoco.
Ho capito, nonostante il consiglio di Antonio, di non potermi fidare di Proculeio, ministro fedele ad Ottaviano,e mi sono ulteriormente rinchiusa nelle parti più interne del Mausoleo, col cadavere diell’amato, profumato con tutte le essenze più preziose.
Allora Proculeio mi ha raggirato con uno stratagemma: mentre sto discutendo con Cornelio Gallo che prolunga il colloquio, sulle condizioni di resa della città da una fessura del Mausoleo, essendo il legatus sopra una scala, dalla parte opposta Proculeio con un’altra scala entra attraverso quella finestra aperta- da cui è stato fatto passare Antonio- ed è sceso con due aiutanti verso di me ancora parlante.
Ho sentito solo il grido di Carmione: infelice Cleopatra sei presa viva!
Poi sono stata affidata alla custodia di Epafrodito, che ha il compito sorvegliarmi a vista, di concedere quanto mi necessita e di preoccuparsi che io resti viva, pena la morte.
Prima hanno frugato le mie vesti e dalla cintura hanno tolto lo spadino, hanno toccato la mia persona in ogni parte, esplorando perfino la mia bocca alla ricerca di armi o di veleno.
Sono rimasta prigioniera in attesa di eventi, per tre giorni, mentre sento grida di giubilo: il popolo applaude il nikeths, lo chiama despoths, soothr , euergeths. La Città è salva perché destinata ad essere proprietà privata dell’autokratoor come l’Egitto
Mi hanno, invece, riferito che Ottaviano ha salvato Alessandria dalla rapina militare e dalla distruzione in onore di Alessandro, per la bellezza e grandezza dei monumenti e per amicizia con Arieo Didimo.
Arieo, simbolo della cultura del Museo e dell‘akharestia degli intellettuali, per primo tra gli alessandrini, è salito sul carro del vincitore, pronto con tutti gli altri membri, accademici, a fare la propaganda sebasta per Giulio Cesare Ottaviano, a mettersi al servitium di Roma.
Ora che ho svolto con le mie ancelle le esequie per Antonio, mi accingo a morire. Non ho voluto nella stanza romani che, comunque, sono in quella accanto!
Mi è giunto un secondo corriere senza messaggio, che per me significa sicura salvezza e libertà di Cesarione in terra straniera.
A lui consegno questa lettera per te, amica mia, mentre sento i passi dell’uomo che ci porta la coena.
Solo dopo, mi sdraierò sul letto ed Ira e Carmione mi prepareranno per l’incontro con Iside e con Hathor, che mi scorteranno da Anubi.
Errooso kai khaire