la storia lunga lunghissima di “Amen”

Noi tutti, da cristiani, conosciamo il significato di Amen e lo traduciamo come così sia e  in verità: facciamo un’ operazione superficiale  e propria di uomini, che inconsciamente accolgono una tradizione e l’accettano, senza porsi il minimo problema della sua effettiva semantizzazione, in un momento storico, convinti della sacrosantità testuale biblica ed evangelica veterotestamentaria e neotestamentaria.
Neanche comprendiamo né discutiamo sul perché  di un amen aramaico rimasto isolato, in un contesto greco, latino e poi italiano (o lingue nazionali).
Lo usiamo in modo conclusivo, a fine di una preghiera, di una liturgia, di una serie di raccomandazioni, inviti o proibizioni, (perfino maledizioni), come adesione di un fedele, laico, a quanto precedentemente formulato recitato ordinato dal clero.
Rileviamo solo che in un rito la sua valenza arcaica aumenta il valore della comunicazione, del fatto, della memoria cristiana propria per quei segni linguistici misteriosi  che sottendono una cultura da una parte egizia e da un’altra aramaico-ebraico mishnica: questo alone arcaico è anche espressione e  manifestazione di autenticità e di attestazione di verità.
Noi da cristiani crediamo e in questo siamo rimasti  nella linea dei cristiani del  periodo di Giovanni, l’apostolo prediletto che scrisse il quarto Vangelo (crediamo!) come ultimo testimone evangelico, come ultimo inviato a bandire la buona novella della Venuta del Signore e ad attendere il ritorno, sicuri di essere stati riscattati col suo sangue, di risorgere con lui, come figli del Padre.
Noi abbiamo mostrato in altre parti della nostra opera la non storicità di questo vangelo ed abbiamo collocato il Vangelo di Giovanni discepolo prediletto in epoca antonina, dopo la morte di Adriano.
Rilevato che non ci sono  rapporti effettivi  tra questo vangelo e le sette lettere di Ignazio di  Antiochia (morto intorno al 110) colte le analogie con gli scritti di Giustino, di Policarpo, di Marcione, si è precisata  la zona di influenza nell’ area di Efeso, dopo aver rilevato la nuova struttura del porto,  sotto Antonino il Pio (138-161).
Il cristianesimo efesino di questa epoca  ( ed anche del periodo di Marco Aurelio e di Commodo) è molto diverso da quello paolino e giovanneo, essendo in lotta con le impostazioni di uno gnosticismo ormai dominante  ed essendo lacerato da dissidi interni e  confuso ideologicamente con tanti altri credi, eresie, scismi tra cui il docetismo: il cristianesimo già combatte una battaglia per la sua stessa esistenza e ne esce vittorioso, dopo accanito combattimento, come Grande Chiesa, rimanendo, comunque, all’interno di un mare pagano politeista dove ancora più acuta è la crisi del soggettivismo romano-ellenistico, di cui Luciano di Samosata è la massima espressione.
L’epoca antonina è piena di contraddizioni sul piano della libertà,  della democrazia, della politica del migliore in quanto  c’è la propaganda di una sincresi di valori quiritari ed ellenici   che unisce retorica arcaicizzante frontoniana  ed eguaglianza di tutti i cittadini dell’impero,  nominale,  anche se  viene opposta la reale classificazione in Honestiores ed humiliores .
Questa mostra, come in un censimento, due mondi  ben separati non solo  sul piano economico e finanziario in relazione al patrimonio, ma anche in senso culturale,  in quanto è bene conosciuto il tenore di vita  dei due gruppi,  da  cui vengono separati  nettamente i christianoi,  ben individuati rispetto agli gnostici e alle  eresie gnostiche e a quelle cristiane, in una persecuzione di tutta quell’area  religiosa di origine ebraica,  con particolari  e  crudelli interventi sui seguaci di Marcione e di Valentino.
La separazione dei cives  è ai fini di una reale comprensione dell’animus del civis imperiale del II secolo d.C. che deve essere libertario comunitario retorico  nazionalista nonostante la sua diversa collocazione in occidente o in oriente   nonostante le diverse gene di appartenenza, insomma la politica imperiale  vuole un prototipo di cittadino   che abbia come base la tradizione arcaica quiritaria su cui è innestato  il virgulto  nuovo romano-ellenistico,per un nuova romanitas  da opporre come forza alla barbaries.
Ora l’isolamento di tutta l’area ebraica prima e poi di quella cristiana  dell stessa matrice, comporta una cura ed una attenzione verso i problemi dati da questi seguaci di Christos, che professano di appartenere ad un altro mondo ad un altro regno e che sono peregrini nell’impero romano e che neanche vogliono radicarsi in esso…….
Inoltre  nonostante la predicata filosofia imperiale  umanitaria e il suo permissivismo  viene applicato  un differente diritto  che è secondo le interpretazioni giuridiche di Quinto Cervidio Scevola, uno dei  cavalieri honestiores.
La persecuzione dei Marcioniti e dei Valentiniani non favorisce i cristiani ortodossi che vengono anch ‘essi ricercati di ufficio e  puniti da locali prefetti che organizzano ludi gladiatori così da costringere ad una confessione pubblica i cristiani humiliores che devono  scegliere la vita e la morte, sulla base degli attestati ufficiali,   sull’arena  di fronte agli spettatori.
Gli storici di Historia Augusta non mostrano effettivamente i rapporti tra i sovrani antonini e il senato e neppure  tra i sovrani e col popolo , ma rilevano il formale ossequio verso i senatori e  parlano di disponibilità all’ egualitarismo  umanitario’ generico. per cui non si rileva il reale atteggiamento nei confronti dei christianoi  e le altre sette  che invece sono in un chiaro stato di disagio rispetto agli altri pagani  sia humiliores che honestiores, quasi non fossero dello stesso impero.
Le denunce degli apologisti sono comprovate dalla Tavola bronzea di Italica e dalle parole di Eusebio che sta facendo la storia di una religio ormai diventata licita e ne ricerca le radici,
Da queste fonti si rileva una persecuzione avvenuta dopo indagine seria di scoprire e di punire i cristiani quasi fossero renitenti alle leva o come non combattenti di fronte al pericolo barbarico.
Gli antonini avvertono il pericolo cristiano e d incolpano i cristiani di non essere veri cives  e quindi li tratta di conseguenza come  uomini senza diritti , come i colpiti da atimia, e li lascia in preda ai furori degli altri cives.

Proclamarsi christianoi significava non essere  cives del’impero romano ma di un altro regno,   essendo  peregrini  inquilini di passaggio nel territorio romano in quanto destinati  al regno eterno dove avrebbero avuto il tesoro eterno e la ricompensa divina del loro Dio imperatore.
Di fronte al grave pericolo delle invasioni di Quadi e di Marcomanni  il rifiuto della civitas romana comportava la pena di morte in quanto era un tradimento  nei confronti e del popolo romano e dell’imperatore.
Insomma i christianoi dal loro canto si erano autoesclusi dall’ impero romano come precedentermente gli ebrei: il giudaismo infatti si era macchiato di incredibili misfatti  nel seno dell’impero romano dopo che,  sotto il regno di Traiano e poi di Adriano,  vedeva  persa definitivamente  la propria organizzazione economica e trapezitaria, la tipica cultura oniade diocesana, collegata con la Tzedaqah  e la tarsha, e dopo che aveva tentato l’ultima offensiva integralista contro l’impero romano prima con la guerra di Kitos (grazie a Lukuas ed Atenione) e poi con la rivolta di Shimon bar Kokba.
La galuth (la cacciata)  dal sistema civile  romano  dei giudei come elementi perfidi, barbarici, indegni di una convivenza civile cosmopolita è l’extrema ratio di una politica, a cui giungono gli antonini .

Essi  perseguitano anche i seguaci di Christos   e da quel momento cominciano a esaminare attentamente i capi cristiani , della stessa radice giudaica, che non pagavano le tasse comunitarie, ma solo quelle individuali.
Il cristianesimo, mantenendo la struttura organizzativa giudaica, specie  il sistema veterotestamentario, credeva di poter mantenere inalterata anche la struttura oniade  trapezitaria amministrativa,  nonostante le opposizioni di Marcione (85-160), che voleva, dopo la separazione netta dall’ebraismo  con il rifiuto del Vecchio Testamento, una nuova costituzione cristiana, pura, basata su Dio buono che aveva inviato il suo unico figlio, dopo aver condannato il dio ebraico come cattivo.
Il rigidismo di Marcione sul piano del rituale,( nuovo  sabato e nuova Pasqua  e il suo pensiero sulla verginità),  la selezione epistolare  di Paolo e il suo kerugma evangelico (simile a quello lucano) influenzarono notevolmente il cristianesimo del Quarto secolo,  secondo il senso origeniano, senza pratica e per esempio di testimonianza, data nel corso delle persecuzioni  sotto Marco Aurelio, poi sotto Decio e infine sotto  Diocleziano secondo la tradizione di Eusebio e degli altri autori cristiani.
Ignazio, Policarpo, Giustino, Ireneo hanno esaltato  col martirio il loro pensiero ma sono uomini interessati al bene delle comunità, costrette a mantenere inalterata la loro organizzazione diocesana  amministrativa: c’è un contrasto tra il fisco imperiale e l’organizzazione della Chiesa che comincia a precisarsi come Grande Chiesa, a distinguersi dalle tanti comunità cristiane acefale anatoliche e mediterranee.
La morte degli episcopoi, amministratori, testimonia,comunque,  solo un’evasione fiscale non una persecuzione: la spettacolarizzazione e teatralità del martirio cristiano è una dimostrazione della dignità e dell’ onore della personalità del prelato che, in difesa della comunità, si immola secondo i processi tipici della cultura ancora giudaica: muoia uno per tutti gli altri.
Dopo la cancellazione del nome stesso di Gerusalemme, la lotta per la supremazia tra le comunità si restringe: Antiochia ed Alessandria sono le due metropoli orientali che si contendono il potere in senso cristiano e che rivendicano l’apostolicità delle loro sedi  dapprima nei confronti di Efeso  e poi di Roma , che ha perso anche la centralità amministrativa e politica  nel terzo secolo a favore di Milano e Treviri  e definitivamente nel IV secolo, dopo la fondazione di Costantinopoli, a favore di Ravenna.
La definizione di Tacito del popolo giudaico come gens taeterrima stigmatizza efficacemente  quanto di barbarico  fosse stato compiuto nel corpo comunitario ellenistico romano, nel corso  della II (116-117) e III guerra giudaica (134-36) ( cfr. Angelo Filipponi,Giudaismo romano III parte, in Sito angelofilipponi.com)….
Il nuovo uso semantico di Amen  é quello di un credente che legge il vangelo dello pseudo Giovanni  che fa parlare Gesù come figlio di Dio, la cui rivelazione della verità è ribadita due volte come amen amen, in un’ anadiplosi retorica di un termine che era della toledoth (storia)  giudaica, come manifestazione di una certa continuità  dalla matrice giudaica ma anche come un diverso integralismo in quanto i cristiani ribadiscono la spiritualità del loro regno e la divinità del Christos, generato dal  Paraclito e fuso in modo Trinitario con Padre e col  logos ( Verbum).
In questo modo si cela un uomo-dio sotto questa doppia affermazione del Christos (ora non più Messia con connotazione giudaica, rifiutata secondo la logica di Marcione,  ma come soter  dell’uomo universale -catholicos-, in quanto morto e risorto per la salvezza di tutti i viventi  come salito al cielo in attesa della ricongiunzione di tutti-oi polloi!- gli spirituali -pneumatici-) …
Questi sono solo quelli capaci di liberarsi dalla sarchia dalla ule dagli impulsi stessi della  psuché  terrena e di tornare al padre sull’esempio di Gesù, che ha indicato la via  mediante la sua stessa resurrezione e  che attende il fedele  per una vita eterna nel regno celeste.
Questo evangelion era nuovo, opposto a quello marcionita, non  quello degli altri tre evangelisti il cui kerugma era di stampo ancora terreno ed ancora legato al messaggio del christos ebraico aramaico, in senso escatologico e apocalittico (Cfr. Cosa sottende Malkuth?) finito miseramente con la cattura  e morte di Rab Aqivà e di Shimon bar Kokba.
Un’eco di questa amara conclusione delle speranze messianiche giudaiche si può  leggere nel Dialogo con  Trifone di Giustino e  la stessa apologia cristiana,  presente nelle due apologie giustiniane,  è segno di questa nuova impostazione di Amen amen.
La semantizzazione di amen in questo senso è quindi di stampo cristiano cattolico in epoca antonina, ma  come  termine che è stato trasformato  con un’altra interpretazione, l’ultima da noi conosciuta di una lunga fila di lezioni interpretative da rileggere e da capire, fatte nel corso dei secoli, a  seconda delle esperienze di vita, giudaiche…
Dunque in un clima di invasione barbarica, in una indagine sul sistema cristiano da parte degli antonino  il cristianesimo è perseguitato perché apolide perché estraneo alla comunitas dell’impero, non partecipe della sua vita, ma volto verso la speranza di un  altro mondo  un paradiso mentre  i capi non sono ottemperanti alla legge fiscale…
Esso aveva già una sua lunga lunghissima storia che  noi cerchiamo di rilevare.
La semantizzazione di Amen Amen e il pater matteano rivisto sono espressione di questa epoca,  antonina, di una netta separazione dall’ebraismo  del cristianesimo, che pur mantiene il VecchioTestamento come patrimonio comune.
Amen  Amen viene usato col valore di   Così sia  come conclusione di una verità o di un credo stabilito  sulla base di quanto dice Gesù ( in latino, amen amen dico vobis, in vertà in verità  vi dico), come risulta in Giovanni,3,11 (amen amen lego soi  oti o oidamen laloumen  kai o eorakamen marturoumen , kai thn marturian hmon ou lambanete  in verità in verità ti dico che  noi annunciamo – diciamo chiacchierando- quel che sappiamo e quel che abbiamo visto testimoniamo e non accogliete la nostra testimonianza).
In effetti in greco e in latino vi sono aggiunzioni  perché amen  (aleph con lineetta e punto e Min con due punti e Nun ) vale in verità e deriva da aman  sono saldo e quindi credo e diventa espressione di ‘met  (aleph men e tau) verità.
Il termine viene usato come acrostico,   inizio di tre termini –dio (el: aleph e lamed), regno (melek:men lamed e kaf finale) e  fedele (Naaman :nun aleph men nun lungo finale)– con valore di sono fedele  a Dio e al re.
Per me l’uso di questo termine in latino e in greco è un’ ulteriore dimostrazione della falsificazione del testo di Giovanni (che viene datato nel 135-50, in epoca gnostica ).
Il termine, comunque, pur essendo aramaico, potrebbe essere inizialmente una contaminazione del termine Amenhotep (Akenaton)   usato apocopato,  da elementi egizi fuggiti in Canaan dopo la persecuzione contro Amenofi IV  alla fine della XVIII dinastia e durante la prima fase della  XIX dinastia.
Al momento dell’esodo gli ebrei -egizi parlavano ancora egiziano: quasi  duecento anni dopo è attestato l’ebraico mishnico  a cui si sovrappongono  influenze linguistiche e lessicali del sanscrito e dell’aramaico  che probabilmente favoriscono il fenomeno dell’apocope (amenhotep/amenhophis -amen)… e dànno il significato di base aramaico…
Il successivo significato aramaico ( di derivazione aria) trasformatosi il valore iniziale del nome proprio, data la significatività nuova nella lingua degli aramei  ha la stessa valenza significativa  a lungo:  esso forse va  da David fino alla distruzione del I tempio, al ritorno  in patria dopo l’esilio, fino  alla venuta di Esdra e Neemia   e rimane inalterato sotto il dominio persiano e macedone ( sia sotto i Lagidi che sotto i Seleucidi).
Il cristianesimo e il mondo islamico, poi avendo ripreso il termine, gli hanno dato la valenza di credo (così sia) e di in  verità sulla base conciliare (nonostante le differenze fono-scrittorie iniziali lessicali di aramaico, sanscrito ed egizio, specie della lettera iniziale)
Amen si trasforma forse con gli Hasidim prendendo valore dall’acrostico, in epoca maccabaica , nel periodo della lotta contro Antioco Epiphanes…
Tre, comunque, nel corso dei secoli  sono gli  effettivi significati di amen:
a) uno  proprio del  Vecchio  Testamento, con due diverse valenze a seconda del periodo (una più antica  ed una postesilica, più moderna), con qualche eco nelle lettere di Paolo…
b) uno proprio  del Nuovo testamento  (Matteo-Marco )  riferito al I  secolo…
c) uno ancora del II secolo secondo il vangelo di Giovanni .
Noi cercheremo di seguire le diverse semantizzazioni di Amen  a seconda dei momenti storici  e cercheremo di dare un valenza significativa propria in relazione ad imprestiti culturali e a situazioni specifiche.
La semantizzazione per come è avvenuta è in relazione ai diversi significati e alla cultura dell ‘epoca.
a) Amen come apocope di Amenhotep (IV) aveva un iniziale valore di sigillo lasciapassare e veniva usato come amenotep   come partecipazione ed accettazione di fedeltà ad una promessa (è rilevabile in questo senso  in Deut.27,15-26 ; 1Re 1,36; Neh 5,13) ma entra anche nel senso  di approvazione di qualcosa e come espressione di sincerità (Numeri 5,22; Tobia 8,8) e risulta anche  espressione di fede nei confronti di Dio in senso liturgico (in Salmi 71,19, I Paralipomeni 16,36,Ne 8,6) ma anche  come accettazione di fede  in Dio (Romani 1,25, Galati,1,5;Fil. 4,20 anche se  ha già un’altra valenza in quanto il lessico deve essere ora solo ebraico,  perché l’aramaico è derivato dalla cultura  mesopotamica ed achemnide ed è  ad essa connesso).
b) Il termine avendo quei segni e quel valore  durò a lungo fino alla liberazione maccabaica in cui  esso assunse un altro senso, che poi divenne determinante nel periodo romano,  quasi una bandiera contro la romanitas, un segno di riconoscimento  fra zeloti, come poi per i cristiani JKHTHUS (J.esous, Ch.ristòs, Th.eou u.ios,S.other): zeloti e sicari comunicavano tra loro tramite questo simbolo nel corso della guerra antiromana  forse dal 63 a.C. fino al 135 d.C…
Il termine aveva probabilmente  valore di slogan, come acrostico,  il cui significato sarebbe stato quello di sii fedele a Dio ed al re ed era connesso con lo Shema (Shema, Israel,Adonai Elohenu, Edonai Echad) …
c)Terminata la guerra contro i romani Amen ebbe  nell’area efesina  il valore dato dallo pseudo Giovanni ,come abbiamo detto,  per una distinzione nel corso delle questioni gnostiche…