I romani riconsegnarono nel 37 a.C. il corpo /sooma del re asmoneo Antigono Mattatia, dopo la tortura e la decapitazione?
Non sembra. Inviarono, però, ad Erode messaggeri con la testa di Antigono per dare la certezza della sua morte ed avere la ricompensa in talenti e in preziosi.
Marco, Flavio – Ant. giud.XIV,487-491- scrive : Erode temeva che Antigono, custodito da Antonio, per essere portato a Roma, potesse avere la possibilità di perorare davanti al senato la sua causa e dimostrare di essere legittimo discendente di re, rispetto a lui, che era comune cittadino, e che i suoi figli avrebbero regnato in virtù della loro stirpe, nonostante le offese che egli aveva arrecato ai romani.
Lo storico giudaico conclude: (Erode) diede molto denaro ad Antonio e lo convinse a liberarsi di Antigono.
Questo viene detto a termine del XIV libro di Antichità giudaiche con cui viene evidenziata la fine della dinastia asmonea, dopo 126 anni di regno, con la conclusione della guerra coi Parthi, vinta da Antonio per legatos, prima, tramite Ventidio Basso e, poi, grazie a Gaio Sosio!
Quindi, professore, Flavio archivia storicamente il regno degli asmonei con la fine della guerra parthica, conclusasi con l’assedio e presa di Gerusalemme, ed inizia col XV a trattare del regno di Giulio Erode, figlio di Antipatro, capostipite della dinastia degli Antipatridi. E’ così ?!
Si. Nel mostrare i difficili inizi del suo regno, a causa della reazione armata degli aramaici, fedeli alla vecchia dinastia regia e alla persona di Antigono, mostra i tumulti in Gerusalemme – una città da poco presa dai romani ed ancora sotto le macerie – evidenziando la necessità del nuovo re, considerato illegittimo, di far bottino, di spogliare i ricchi gerosolomitani – tra cui Abba/Baba – al fine di avere a disposizione molta quantità di oro e di argento.
Professore, i tumulti popolari autorizzano Erode a reprimerli con l’aiuto dei romani e far giustiziare i nemici o ad esiliarli, incamerando i loro beni nel suo tesoro privato, facendo probabilmente doni anche al Tempio e ai sadducei!
Certo, Marco!
Flavio (Ant. Giud., XV, 1-10), infatti, scrive…. fece uccidere 45 partigiani di Antigono e pose guardie alle porte delle mura affinché con i morti non si potesse portare fuori nulla in quanto queste perquisivano attentamente i cadaveri e quanto trovavano d’oro e di grande valore portavano al re, che.. avido padrone … li saccheggiava, anche perché aveva bisogno di denaro, essendo la terra in riposo, in quanto si era nel settimo anno.
Professore, lei, in molte sue opere, ha fatto vedere il continuo stato di guerra dei giudei coi romani e le stragi perpetrate dai milites e, quindi, la processione di carri, pieni di morti, portati fuori dalle mura della città e in Giulio Erode basileus – il secondo libro del bios di Erode il Grande, il filelleno, opera inedita – tratta della vicenda insurrezionale di Costubar e mostra il suo tradimento, avvenuto circa 12 anni prima, all’epoca dell’ assedio di Gerusalemme e dei primi mesi del regno erodiano, dove parla specificamente dei figli di Baba/Abba!
E’ vero! Ne ho parlato!. Flavio, infatti, narra che nel 28 a.C. ancora esistevano dei rivoltosi favorevoli ad Antigono, e che Costubar con Lisimaco e Dositeo (Ant Giud., XV, 261-266) era stato tra i guardiani delle porte e che, all’epoca della presa di Gerusalemme, salvò i figli di Baba/Abba, stimati ed onorati da tutto il popolo, ritenuti uomini utili, in caso di cambiamento di governo, tanto da decidere di segregarli in Idumea, regione sotto il suo diretto controllo. Quando Salome ripudia il marito e lo accusa di tradimento, viene fuori tutta la vicenda dei figli di Baba/Abba, determinando la morte di loro e di Costubar.
Bene, professore. Ora, siccome so che Flavio, dopo aver evidenziato i primi atti regi di Erode e la sua difficoltà a regnare, è costretto a mostrare dettagliatamente la morte di Antigono ad Antiochia e a citare anche Strabone, come prova di verità, le chiedo se anche l’evangelista Giovanni, che narra di una vicenda di guerra, appena conclusa, quella messianica, usa la stessa tecnica informativa o si serve di qualche accorgimento per provare la morte di Gesù e poi per dimostrare la miracolosa resurrezione! Mi può mostrare i testi in modo da compararli?
Marco, io non ho difficoltà a citare Flavio Ant. Giud. XV,8-10 e neanche Giovanni 19,31-42.
Per il primo ti sintetizzo il pensiero e ti rimando alla mia traduzione del XV libro di Antichità Giudaiche: Antonio, avendo intenzione di mantenerlo vivo, per portarlo con sé a Roma per il trionfo, come emblema di nemico punito per la ribellione aramaica, filoparthica, lo tiene prigioniero a Antiochia. Erode, ora re di Giudea, fatta la strage dei fautori aramaici asmonei, coi loro beni forma un tesoro da inviare al triumviro e lo spinge, dietro compenso, ad uccidere subito il ribelle, informandolo che altrimenti egli non ha possibilità di regnare, essendo grande l’amore per la vecchia dinastia tanto quanto l’odio per lui, un romanizzato ed idioths/civis privato!. Detto questo, ti riporto, fedelmente, il testo italiano di Flavio: decise, allora, di tagliargli la testa: in altro modo, infatti, non si sarebbe potuto tenere tranquilli i giudei! Strabone il Cappadoce, confermando le mie parole, scrive: Antonio fece decapitare Antigono, precedentemente condotto presso di lui, ad Antiochia. Fu il primo romano a decidere di far decapitare un re: pensava, infatti, che non vi fosse altro modo che potesse cambiare il sistema dei giudei, che non potevano accettare Erode al suo posto, in quanto, neanche sotto tortura, essi lo avrebbero onorato ed acclamato re! Antonio pensava che così sarebbe caduta la sua memoria e fosse diminuito l’odio verso Erode!.
Quindi, professore, per Flavio, che riporta anche la fonte autorevole di Strabone, la testa di Antigono, inviata ad Erode è segno per gli ebrei aramaici che la loro dinastia nazionale è finita e che ora i romani impongono come re Erode, figlio di Antipatro, come loro kurios e che sono troncati i legami coi parthi!. Ma il sooma/corpo del re asmoneo che fine fa, come anche quello di tanti altri prigionieri portati ad Antiochia da Sosio, governatore di Siria, a guerra finita?
Questa, Marco, è una storia ancora da raccontare! sappi, comunque, che i corpi/soomata dei nemici, uccisi in battaglia o crocifissi, venivano ceduti dai romani al migliore offerente, a parenti o amici o partigiani, ricchi, che, pagando, potevano fare il loro ufficio funebre. Bastava pagare! Flavio riporta molti casi di riscatto di sooma ed io ne conosco molti e li ho citati nella Biografia di Giulio Erode, il Filelleno . (Per il fratello Fasael, prigioniero e poi ucciso, avrebbe pagato fino a 300 talenti- XIV,371-, per l’altro fratello Giuseppe, ucciso da Antigono, il riscatto di 50 talenti è pagato da Ferora -XIV,430-). Anche Giovanni evangelista, senza dirlo esplicitante, si riferisce a questa pratica di riscatto, comune a parthi, ad asmonei e a romani, che applicano una norma prefettizia, pubblicana, che, comunque, è diversa in tempo di guerra, dato il gran numero di morti! Marco, ecco il testo di Giovanni: era il giorno della preparazione /paraskeuh’ e, dunque, i giudei richiesero hroothsan a Pilato -era infatti un giorno solenne quel sabato – per non far rimanere quei corpi sulla croce / epi tou staurou ta soomata, di far spezzare loro le gambe e di portarli via. Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro, che era crocifisso con lui. Venuti da Gesù, vedendolo già morto tethnhkota, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia e subito ne uscì sangue con acqua. Giovanni aggiunge: e quello, che ha visto, ha reso testimonianza, e vera è la sua testimonianza, e sa che dice cose vere/ o eoorakoos memarturhken kai alethinh autou estin h marturia, kai ekeinos oiden oti alhthh legei.
Professore, non è troppo insistente per essere vero il dire i fatti ricorrendo al poliptoto alhthinh – alhthh ?
Marco, l’uso del poliptoto giovanneo e dell’ avverbio alhthoos marcino (Marco,15,39 aleethoos outos o anthroopos estin uios theou hn/ veramente quest’uomo era figlio di Dio!) è davvero opportuno per una manifestazione di fede e ancora di più è dubbio tutto il testo, se rilevi che questo è detto come spiegazione di passi della Scrittura: non gli sarà spezzato alcun osso!; guarderanno a colui che hanno trafitto!
Professore, lei vuole dire che sotto c’è lettura allegorica di quanto avviene e che si scrive in tempi lontani dai fatti?
Certo Marco! i fatti sono letti, dopo decenni, in modo da essere significativi per i credenti in Christos, secondo una visione sapienziale e simbolica!. Infatti il sangue (col pane) è segno dell’eucarestia mentre l’acqua esprime il battesimo con sottensione dello Spirito Santo secondo una lettura tipica del IV-V secolo d.C. che considera la Chiesa come nata dal costato di Cristo, colpito da Longino, al pari di Eva nata da quello di Adamo (cfr. Agostino e Giovanni Crisostomo ). Giovanni seguita il racconto: Giuseppe di Arimatea quel discepolo -senza patronimico, indicato col solo nome di città, inesistente all’epoca, non identificabile, ignoto – che, di nascosto, era andato da Gesù, per timore dei giudei, chiese a Pilato di potersi prendere il corpo di Gesù/to sooma tu Ihsou e Pilato lo concesse (epetrepsen). Venne anche anche Nicodemo, che la prima volta era andato da lui, di notte, e portò una mistura di mirra e di aloè di cento libbre/pheroon migma amurnhs kai alòhs oos litras ekaton.
Quindi, si può dire, professore, che due del consiglio dei settanta, due sinedriali vanno da Pilato, in via ufficiale, a chiedere il sooma di Gesù e lo ottengono, non come discepoli ma come notabili consiglieri, protoi, per conto della comunità gerosolomitana!
Certo, Marco! La precisazione di Giovanni fa escludere, data la vigliaccheria dei due, che essi, da privati, si espongano, dopo la morte di Gesù! Essi rappresentano quel Sinedrio nuovo, filoromano – subentrato a quello vecchio filoparthico e messianico – che si è lamentato della scritta in triplice lingua sulla croce circa la regalità del Crocifisso e che era stato zittito dallo stizzito Pilato, che aveva risposto o gegrapha, gegrapha! Professore, io penso, come lei, che i due discepoli, segreti, non certamente dopo la morte del Messia possono aver il coraggio di fare un richiesta privata e familiare compromettente!
Tu ritieni , dunque, con me, che tutto il testo di Giovanni, scritto dopo molti decenni dai fatti, è equivoco nel processo davanti ad Anna e kaifas e in quello davanti a Pilato, perché non mostra il clima di guerra e parla di un uomo che si è fatto Dio – inconcepibile all’ epoca !- perciò, degno di crocifissione secondo la legge ebraica (cfr. Giovanni 19,7 – anche se accenna al lhisths Barabba– cfr ibidem 18,40 e cfr. Marco 15,7, che parla di un desmios un prigioniero, o legomenos Barabbas, il detto Barabba/figlio di Abba, che con altri rivoltosi stasiastai aveva commesso nella rivolta/stasis un delitto-!).
Certo, professore, sono d’accordo anche io perché Pilato insiste sul regno/basileia di Gesù, pur salutato per scherno -diciamo noi!- re dei giudei dai soldati, anche se stranamente non trova colpe in uno che è detto re (maran?!) dei giudei o si è autoproclamato sovrano di un territorio romano – seppure a parole viene fatto risultare dopo molti anni da uno scrittore efesino, un re di un regno non di questo mondo/h basileia h emh ouk estin ek tou kosmou toutou, i cui ministri/ uphretai avrebbero combattuto hgonizoonto, per non darlo in mano ai giudei!–
Inoltre, Pilato, professore, fa appendere una tabella con iscrizione col titolo regale di Gesù sulla croce – che già di per se stesso risulta un crimen di lesa maestà nei confronti di Tiberio, che non ha autorizzato la sua exousia/il potere, dato, invece, dal nemico partho Artabano III, secondo la sua ricostruzione storica! Comunque, lasciando da parte i Vangeli, Flavio nella sua opera, parla, altrove, di soomata?
Flavio ne parla in altre parti della sua opera e, in specifico, in due punti, uno di Guerra Giudaica ed uno di Bios-. Esaminiamo Guer. Giud. V, 13, 7 (367.69), in cui il sacerdote ebraico, ora al servizio di Tito, come interprete, mostra gli orrori della guerra in corso: in quei giorni si rifugiò Manneo, figlio di Lazzaro, il quale riferì che, attraverso una sola porta, affidata alla sua sorveglianza nel periodo tra il 14 del mese di Xantico, quando i romani si erano accampati presso la città e il primo del mese di Panteno, erano stati trasportati fuori 115.880 cadaveri. Tutti questi appartenevano ai ceti popolari più bassi ed egli, pur non essendo preposto a questo ufficio, li aveva dovuto contare perché aveva l’incarico di pagare col denaro pubblico le spese del trasporto, mentre gli altri erano sepolti a cura dei parenti che facevano la sepoltura, tirandoli fuori e buttandoli via dalla città/tous de loipous oi proshkontes ethapton, taphh d’hn to prokomisantas ek tou asteos ripsai.
La mia traduzione, Marco, diverge da quella di Giovanni Vitucci di norma perfetta, che in Guerra giudaica, II, Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondadori editore1974, non è chiara e risulta quasi contraddittoria, in quanto, da una parte, mostra il pietoso ufficio di seppellire thaptein, fatto dai proshkontes/ congiunti che hanno da compiere il dovere funebre e, da un’altra, sembra che i cadaveri siano estratti dal mucchio e buttati via dalla città.
Noi, invece, pensiamo che la sepoltura a cura dei pii parenti consisteva nel precipitarsi a levare/ riptein dal mucchio i corpi dei propri cari morti che, una volta tratti fuori, vengono portati, processionalmente, al luogo stabilito nei limiti della contingenza della situazione bellica. Si è in guerra! e sembra che i morti, contati con quelli delle altre porte, siano 600.000, a detta di altri custodi, rifugiati, in seguito, presso i romani!
Marco, per capire quanto scrive Flavio devi sapere che esiste un magistrato responsabile, sorvegliante di ogni porta, incaricato da un phrourarchos/ capo della guarnigione, a far svolgere un servizio ad uomini, pagati a spese pubbliche, in relazione al numero dei morti accertati, e a verificare i cadaveri e a commissionare, dopo l’uscita dalla città, il trasporto su carri dei corpi a schiavi o liberti , che, con asini e vecchi cavalli, guidano le carovane mortuarie in zone designate per la sepoltura plebea. E’ sotteso che il costo della sepoltura popolare a spese pubbliche è modico, e in relazione al percorso da fare fuori città e al numero dei carri impegnati al bisogno, mentre il riconoscimento dei cadaveri dei protoi e il loro trasporto è un rito privato con un corteo di familiari, che portano profumi per la dovuta imbalsamazione!.
Ora, professore, capisco il motivo per cui lei, sempre rispettoso della traduzione altrui, perfino di quella di Luigi Moraldi- da lei ritenuto un traduttore di traduttori, frettoloso, rispetto ad altri già da tempo impegnati nella stessa traduzione di Flavio – (Antichità giudaiche, I,II, UTET, 2000), in questo caso, ha voluto fare un proprio intervento sul testo, riportato dal Vitucci!.
Marco, grazie per la tua amichevole approvazione! Sappi, comunque, che Flavio narra di un altro episodio, bellico, quello accaduto a Tecoa, descritto in Bios (Cfr. Giuseppe Flavio, Autobiografia, Introduzione Traduzione e note di Elvira Migliario, Testo greco a fronte, BUR,1994).
Giuseppe, all’epoca, anche se prigioniero, segue Tito che, nel 69 d.C., riprende l’assedio di Gerusalemme, ancora nel quadro di guerra civile, tra Vespasiano e Vitellio (cfr. Vespasiano e Il regno e Apollonio di Tiana e Gesù di Nazareth) e svolge la funzione di interprete, invidiata- anche se spesso è accusato di tradimento dai suoi contribuli-! In seguito, quando scrive Guerra giudaica mostra il suo amore per la patria, per Gerusalemme, per il Tempio distrutto, per i confratelli ed evidenzia la sua emozione caritativa di fronte alla tragedia dei suoi amici e parenti e ricorda atti di generosità personale verso i suoi compatrioti, seppure rabbiosi nei suoi confronti ed invidiosi. Lui, ora, vive a Roma nella stessa casa dove viveva Vespasiano da privato con Cenide, ha onori ufficiali, ha in dono ville e terreni in Italia e in Giudea ed ha la cittadinanza romana e fa parte della familia flavia tanto da parlare alla pari col suo basileus Giulio Erode Agrippa II e con Berenice, allora destinata a divenire moglie di Tito, che convalidano ed approvano la sua opera storica!.
Quindi, il racconto del suo amore per il suo popolo vinto e per la Iudaea capta è da vedere da questa nuova angolazione di civis romano e di rispettato liberto imperiale!.
Certo, Marco! Comunque, così scrive, dopo aver mostrato di aver liberato, grazie alla protezione di Tito, 195 amici e parenti, raccontando l’incontro con molti prigionieri crocifissi, tra cui tre amici (Bios, 420-21): inviato da Tito con Cereale e 1000 cavalieri / chiliois ippeusin ad un villaggio, chiamato Tecoa, per verificare se il villaggio era adatto ad accogliere un campo trincerato/ charaka, nel ripartire, vidi molti prigionieri crocifissi e ne riconobbi tre, che erano stati miei amici, e ne ebbi il cuore straziato ed andai subito da Tito a dirlo. Egli ordinò che immediatamente fossero tirati giù e che ricevessero le cure più attente e due di loro morirono, ma il terzo sopravvisse.
Professore, al di là di questi fatti, viene fuori che, in tempi di guerra, prevale la disumanità, normale per i romani, un popolo in continuo stato di guerra, che dalla vittoria ha una grandissima ricchezza, che, a fiumi, arriva da tanti popoli soggetti, alla Capitale. Flavio è da vedere certamente come un filoromano, costretto dalle vicende alla guerra nel periodo galilaico, e, dopo Iotapata, divenuto schiavo, risulta un traditore, eukairos/ opportunista, un collaboratore dei romani che se ne servono come interprete ed intermediario fidato coi Giudei specie gerosolomitani, presso i quali vive forse ancora il padre – sacerdote della prima delle 24 classi sacerdotali, un notabile gerosolomitano, coetaneo del nostro Gesù- ed anche la madre discendente asmonea, che, in un’occasione, piange il figlio, perfino, come morto – cfr. Giusto di Tiberiade -. E’ chiaro che in tale stato come scrittore, cerca di alonarsi, vestendosi da filantropo e benefattore per amici e parenti: questo capitò dopo il 70 d.C., ma la stessa cosa potrebbe essere stata fatta dagli evangelisti che narrano molto dopo l’impresa fallita messianica del 32-36 d.C., che, comunque, aveva lasciato tracce di un pur breve periodo di Malkuth, glorioso, e specie Giovanni potrebbe aver stravolto i fatti, grosso modo narrati da Marco e Matteo, e già mitizzati da Luca, vivendo in tempi apocalittici ed escatologici: Giovanni /lo pseudo Giovanni, più degli altri, visionario, dà una sua visione falsata del Christos, della sua morte e della sua resurrezione, dei miracoli galilaici come testimonianza della presenza del Messia, ancora vivente, cantato dalla toledoth. Siccome gli sfugge la realtà cruda della guerra, ricrea figure, non storiche, di Gesù e di Pilato e degli altri protagonisti della vicenda!.
Professore, operando in questo modo, lei mi permette di pormi domande circa il corpo di Antigono, ma anche circa il sooma di Gesù e il sepolcro vuoto, in quanto la situazione autorizza un esame da un’altra angolazione.
Marco, cosa vuoi dire realmente ?
Vorrei sapere da lei, che ha operato e sulla vicenda reale del Christos e sul muthos galilaico della tradizione:
1. se i romani vendettero il corpo di Antigono, maran giudaico di Gerusalemme, dopo una guerra vinta contro i parthi, perché non avrebbero potuto fare la stessa operazione col corpo di un altro maran, dopo oltre un settantennio, a seguito della vittoria sui Parthi di Lucio Vitellio, del trattato di Zeugma e la successiva morte di Tiberio, con la proclamazione nella città Santa dell’avvento al trono del neos sebastos Gaio Germanico Caligola?;
2. se la prima entrata, solenne, a Gerusalemme di Lucio Vitellio, avvenuta nella Pasqua del 36 d.C., determina la crocifissione di Gesù e la seconda, ancora più solenne, sempre nel periodo pasquale, del 37 d.C. risulta proclamazione di Caligola giovane augusto, sovrano dell’ecumene, simbolo di una nuova età dell’oro per l’Oriente e l’Occidente, espressione di una pacificazione tra tutti i popoli e specie tra ebrei e romani, ora affratellati di fronte all’ evento dell‘avvento di un divino puer, che autorizza le più rosee speranze per l’universo, come si legge in Filone, prefazione a Legatio ad Gaium ( cfr. A.Filipponi, Legatio ad Gaium, e.book Narcissus 2011), – non si può pensare che in tale clima di euforia e di gioia universale cessino le ricerche del corpo di Gesù, trafugato dai romani nel corso del riposo del Sabato , estese, poi, anche in Galilea da Pilato -subito esautorato dal legatus imperiale, trionfatore su Artabano III – per ordine di quel Marcello, suo provvisorio sostituto, destinato a cedere il mandato prefettizio ad Erode Agrippa favorito di Gaio Caligola, che lo fa tetrarca prima dell’ Ex tetrarchia di Filippo e poi di quella di Galilea e Perea, tenuta da Erode Antipa, ed infine, divenuto re, ad opera di Claudio, dell’intera Iudaea, riunificata?- cfr. Giudaismo romano II E book Narcissus 2012 -.
Marco, alla prima domanda rispondo che è possibile che i romani abbiano effettivamente sottratto il corpo di Cristo e lo abbiano venduto come fecero con quello di Antigono decenni prima, ritrovato in un Ossario nel 1971 da archeologi ebraici in una nicchia segreta di una delle due camere costituenti la Grotta detta di Abba; per la seconda ti aggiungo che si vive in un momento magico per l’impero romano che festeggia per sette mesi il nuovo giovane re del Mondo, che, comunque, passa improvvisamente da una continua festa ad uno stato di disperazione e di trepidante attesa, alla notizia di una malattia mortale che ha colpito il divino puer e, quindi, rimane per un periodo di circa tre mesi in affanno, in cui si prega, si sacrifica, si fanno voti augurali di ogni genere per la guarigione del giovane amatissimo/ peroptatissimus figlio di Germanico, ristabilitosi negli ultimi giorni di gennaio del 38 d.C.: Filone parla di un giubilo indescrivibile popolare, incontenibile, in ogni parte dell’oikoumenh e greca e barbarica: Marco, in quel tempo, Caligola, erede di Tiberio, è segno di una pacificazione generale straordinaria nell’impero romano, a seguito della vittoria su Artabano III: si teme solo l’invidia degli dei/phtonos toon theoon, vista la irraggiungibile grandezza e potenza di Roma, governata da un solo Signore, di stirpe divina! Che valore poteva avere, in un tale clima di rinnovata certezza di pace, grazie all’erede divino della divina famiglia giulio-claudia, la ricerca di un sooma di un povero galileo, di un ribelle maran vinto e crocifisso, venduto dai soldati a partigiani, desiderosi di seppellirlo degnamente in Galilea?. Specie quando a capo delle due tetrarchie erodiane è signore Giulio Erode Agrippa, un principe gerosolomitano amico e maestro di Caligola, che ha nel suo nome stesso una storia di romanizzato ma ha nel sangue i geni congiunti della stirpe asmonea in quanto discendente dalla nonna Mariamne, figlia di Alessandra di Hyrcano, e quelli della stirpe erodia in quando figlio di Aristobulo – suo secondogenito e di Erode il grande, destinato a riunire tutto il regno dei propri avi, grazie al debito di riconoscenza dell’imperatore Claudio, fratello di latte!
Dunque, professore, secondo lei, i soldati romani possono aver venduto il corpo di Gesù e rimanere anche impuniti date le circostanze favorevoli, epocali, per circa una ventina di mesi, essendo cessate le indagini sul sooma di Gesù e sulla sua presunta vita di risorto in Galilea, sui miracoli della pesca sulla sua ascesa al cielo e sull’invio degli apostoli a predicare il khrugma evangelico, a seguito della calata dello Spirito Santo!
Allora, professore, in una tale situazione è probabile la nascita della leggenda di Gesù che, non essendo morto– era stato curato e salvato da amici che avevano acquistato il sooma!-. Secondo la medicina attuale Gesù, come crocifisso poteva morire per asfissia perché piegato in avanti, e rimanendo in tale posizione si sarebbe potuto soffocare, ma ricevuto il colpo di lancia, emise sangue con acqua e poté avere una certa respirazione proprio quando era svenuto ed appariva morto, per poi cadere in uno stato di deliquio comatoso, profondo, tale da non accorgersi neppure di essere sepolto da mani pietose! Rinvenuto nello tomba, si era risvegliato e i romani, venuti per vendere il corpo lo trovarono svegliato dal torpore del coma e, pur sbigottiti, lo consegnarono ai compatrioti galilaici, seguaci, che lo trasportarono in Galilea e lo fecero curare da medici!
Marco, sei molto fantasioso! Hai letto Caritone di Afrodisia, (Il romanzo di Calliroe, a cura di Renata Roncali, testo greco a fronte, Bur 2012)? Vi si legge che Calliroe. sepolta perché creduta morta dopo un calcio all’altezza del diaframma – che bloccò il respiro (IV,12) – dato dal suo fidanzato Cherea, geloso, si sveglia, quando alcuni predoni, marinai, sono intenti alla violazione/Tumbooruchia e al saccheggio della tomba/ierosulia : ta de peri Kallirohn allhn elàmbane paliggenesian kis tinos apheseoos eggenomenhs, mogis kai kat’oligon anepneusen/ quanto a Calliroe, otteneva la sua rinascita una seconda volta e come avvenne l’emissione di fiato, che era venuto meno per via del digiuno, a fatica, a poco a poco, riprese a respirare, poi ricominciò a muovere il corpo nelle sue parti ed, aperti gli occhi, ebbe la sensazione di essersi svegliata da un sonno /aistheesin elambanen egeiromènhs ecs upnou VIII,1 -!
La tua ricostruzione, Marco, non ha alcuna base storica se non la frase di Bios di Flavio che uno dei tre crocifissi di Tekoa si salvò e una bella favola milesia, raccontata da Eumolpo uno dei protagonisti di Satyricon di Petronio, la Matrona di Efeso cfr. 111-112 ( Satyricon a cura di Vincenzo Ciaffi.UTET 1967). Non te la ricordi? L’ho narrata molte volte per mostrare la levitas/leggerezza delle donne, anche le più pudiche, facili ad innamorarsi e a dimenticare, perfino, i figli, pur di aver una esperienza fuori casa /peregrina libidine!- Ibidem,111- Te la sintetizzo. Si tratta di una donna che trascorreva in pianto il tempo e viveva nel sepolcro stesso, nella cripta, dove era la salma del marito, secondo l’uso greco, vegliandolo e compiangendolo…decisa a morire di fame, avendo accanto una ancella. Tutti, senza distinzione di classe riconoscevano che mai si era visto nella realtà una prova così lampante di amore di pudicizia! -ibidem-. Accadde che il governatore della provincia/imperator provinciae fece crocifiggere dei ladroni secundum illam casulam in quan recens cadaver matrona deflebat/ vicino all’edicola in cui la matrona compiangeva il suo uomo. Un soldato incaricato di sorvegliare le tre croci affinché i corpi non fossero asportati, di notte sentì piangere e si avvicinò al sepolcro e vide la bella donna con la serva, che aveva un lume. Stupito per la divina bellezza della matrona, resosi conto della situazione, portò la sua cena alla servetta che, mangiatane un po’, convinse la padrona ad assaggiare e a bere qualcosa, dopo cinque giorni di digiuno. Il soldato, convinta la donna a mangiare ed a bere, le portava ogni giorno, appena poteva, la sua cena! La matrona cominciò a mangiare e poi ad accettare anche la corte del giovane e belloccio soldato, sollecitata anche dalla serva, tanto che alla fine il miles, entrato nel sepolcro, si accoppiò con lei. Avvenne, però, che le assenze del soldato furono notate dai parenti dei crocifissi che rubarono un corpo. Il soldato, appena si accorse di ciò, temendo la punizione del governatore, sguainò la spada per uccidersi, ma fu frenato dalla donna che non meno pietosa che pudica / non minus misericors quam pudica ebbe a dire: Dio non voglia che dei due uomini più cari, che ho avuto, io assista ad un tempo a due funerali! preferisco appendere un morto che uccidere un vivo! malo mortuum impendere quam vivum occidere.
Petronio fa chiudere il racconto ad Eumolpo così: il giorno dopo, il popolo era lì a chiedersi, stupito, come il morto fosse salito in croce/posteroque die populus miratus est qua ratione mortuus isset in crucem! -ibidem 112,8-.
Professore, ora mi ricordo! Comunque vorrei conoscere i particolari del ritrovamento dell’Ossario della grotta di Abba, certamente più interessante della fabula milesia, dato il valore di un ritrovamento archeologico.
Non è cosi?!
Come no!. Non si tratta, mica, di una fabula , raccontata in un romanzo antico, ma di un fatto vero.
Bene. Professore, io ascolto.
Marco, io so che al Museo nazionale di Gerusalemme c’è esposto un reperto del 1968, un chiodo ficcato su un piede di un crocifisso del I secolo d.C. di un tale Yohanan ben Hagdol, trovato non lontano dalla Grotta di Abba, nello stesso quartiere di Givat Hamivtar, che ha un’iscrizione aramaica del primo secolo a.C. ll ritrovamento della grotta è del 1971 nel corso di scavi per le fondazioni di una casa civile , ed essa, oltre ad un Ossario molto ben decorato, ha una iscrizione in lingua aramaica, in cui si legge : Sono figlio del sacerdote Eleazar, Abba, l’oppresso, nato a Gerusalemme ed esiliato a Babilonia, quello che ha riportato Mattatiah, figlio di Giuda e che lo ha sepolto, nella grotta che ho acquistato.
Professore, si parla di Antigono Mattatiah figlio di Aristobulo II?
E’probabile, ma non è certo. Comunque, l’Ossario, in calcare, era sotterrato, nascosto in una nicchia, sotto terra, e potrebbe essere di un personaggio di grande rilievo. Le ossa, inoltre, sono compatibili con l’epoca della morte di Antigono, la cui identificazione resta enigmatica, nonostante l’iscrizione. Infine l’attribuzione ad Abba/Baba è tutta da studiare e ,allo stato attuale, non si hanno reali indicazioni circa l’assimilazione.
Professore, dopo il ritrovamento, ci saranno stati studiosi che hanno cercato di risolvere l’enigma?
Certo. Marco!
Nel 2013, Yoel Elitzur, storico della Hebrew University considera Abba un sostenitore degli asmonei, esiliato da Erode, che, al ritorno dall’esilio, essendo di passaggio ad Antiochia, forse richiamato in patria insieme ad Hyrcano, (cfr. Erode Basileus), ebbe la possibilità di riportare a Gerusalemme i resti del re asmoneo, in forma non pubblica, ma segreta e nasconderli sotto il pavimento di una delle due camere della Grotta, da lui acquistata, lasciata in eredità ai suoi figli, come un bene da conservare lontano dagli sguardi altrui!. Anche Israel Hershkovitz, antropologo dell’Università di Tel Aviv, rileva che nell’Ossario di Antigono c’è un chiodo in una mano che fa pensare ad una tortura e ad una crocifissione, prima della decapitazione.
Professore, quindi gli ebrei si sono impegnati a comprendere la figura di Abba e a ricercare il sooma di Antigono!
Marco, ti aggiungo che anche l’archeologo James Tabor si dice che sia interessato alla Grotta di Antigono, ma, finora, non ha pubblicato niente in merito.
Professore, gli ebrei dovrebbero essere interessati più dei cristiani all’enigma della morte di Antigono e alla scomparsa del corpo anche per le molte somiglianze con la passione e morte del Christos! Essi potrebbero, dati i mezzi a disposizione, arrivare a scoprire qualcosa circa il sepolcro vuoto del Messia, circa il sooma di un uomo, non certamente risuscitato e tanto meno salito al cielo, alla destra di Dio Padre!
Marco, non mi sembri più Marco! Col venire dietro di me, col seguire la ricerca di un laico, stai guardando il cristianesimo da un’altra angolazione e …stai perdendo …la fede!