Il “corpo” di Antigono

I  romani riconsegnarono nel 37 a.C. il corpo /sooma del re  asmoneo Antigono Mattatia,  dopo la tortura e la decapitazione?

Non sembra. Inviarono, però,  ad Erode messaggeri con la testa di Antigono  per dare la certezza della sua morte ed avere la ricompensa in talenti e in preziosi.

Marco,  Flavio  – Ant. giud.XIV,487-491- scrive :  Erode temeva che Antigono, custodito  da Antonio,  per essere portato a Roma, potesse avere la possibilità  di perorare davanti al senato la sua causa  e dimostrare di essere legittimo discendente di re,  rispetto a lui, che era comune cittadino, e che i suoi figli avrebbero regnato in virtù della loro stirpe, nonostante le offese che egli aveva arrecato ai romani.

Lo storico giudaico conclude:   (Erode) diede molto denaro ad Antonio e lo convinse a liberarsi di Antigono.

Questo viene detto a termine del XIV libro di Antichità giudaiche con cui viene evidenziata la fine della dinastia asmonea,  dopo 126 anni  di regno, con la conclusione della guerra coi Parthi, vinta da Antonio per legatos, prima, tramite Ventidio Basso e, poi,  grazie a  Gaio Sosio!

Quindi,  professore, Flavio archivia  storicamente il regno degli asmonei con la fine della guerra parthica, conclusasi con l’assedio e presa di Gerusalemme, ed inizia col XV  a trattare del  regno di Giulio Erode, figlio di Antipatro,  capostipite della dinastia degli Antipatridi. E’ così ?!

Si. Nel  mostrare i difficili inizi del suo regno, a causa della reazione armata degli aramaici,  fedeli alla  vecchia dinastia regia e alla persona di Antigono, mostra i tumulti in Gerusalemme – una città da poco presa dai romani ed ancora sotto le macerie –  evidenziando la necessità del nuovo re, considerato illegittimo,  di far bottino,  di spogliare i ricchi gerosolomitani – tra cui Abba/Baba – al fine di  avere a disposizione molta quantità di oro e di argento.

Professore,  i tumulti popolari  autorizzano Erode a  reprimerli con l’aiuto dei romani e  far giustiziare i nemici o ad esiliarli, incamerando i loro beni nel suo tesoro privato, facendo  probabilmente doni anche al Tempio e ai sadducei!

Certo, Marco!

Flavio (Ant. Giud.,  XV, 1-10), infatti,  scrive…. fece uccidere 45  partigiani di Antigono e pose guardie alle porte delle mura  affinché con i morti non si potesse portare fuori nulla in quanto queste perquisivano  attentamente i cadaveri  e quanto trovavano d’oro e di grande valore portavano al re,  che.. avido padrone … li saccheggiava,  anche perché aveva bisogno di denaro, essendo la terra in riposo, in quanto si era nel settimo anno.

Professore, lei,  in molte sue opere, ha fatto vedere il continuo stato di guerra dei giudei coi romani  e le stragi perpetrate dai milites  e, quindi, la processione  di  carri,  pieni di morti,  portati fuori dalle mura della città e  in  Giulio Erode basileus  – il secondo libro  del bios di Erode il Grande, il  filelleno, opera inedita – tratta della vicenda  insurrezionale di Costubar e mostra il suo tradimento, avvenuto circa 12 anni prima, all’epoca dell’ assedio di Gerusalemme e dei primi mesi del regno erodiano,  dove  parla specificamente dei figli di Baba/Abba!

E’ vero! Ne ho parlato!. Flavio,  infatti, narra che nel 28 a.C. ancora esistevano dei rivoltosi favorevoli ad Antigono,  e che  Costubar con Lisimaco e Dositeo (Ant Giud., XV, 261-266)  era stato  tra i guardiani delle porte  e che, all’epoca della presa di Gerusalemme,  salvò i figli di Baba/Abba, stimati ed onorati  da tutto il popolo,  ritenuti uomini utili,  in caso di cambiamento di governo,   tanto da decidere di segregarli  in Idumea,  regione sotto il suo diretto controllo. Quando Salome ripudia il marito e lo accusa di tradimento, viene fuori tutta la vicenda dei figli di Baba/Abba, determinando la morte di loro e di Costubar.

Bene,  professore. Ora, siccome so che  Flavio,  dopo  aver evidenziato i primi atti  regi di Erode  e la sua difficoltà a regnare, è costretto a  mostrare dettagliatamente la morte di Antigono  ad Antiochia e a citare anche Strabone, come prova di veri, le chiedo se anche l’evangelista  Giovanni, che narra  di una vicenda di guerra, appena conclusa, quella messianica,  usa la stessa tecnica  informativa o si serve di qualche accorgimento per provare la morte di Gesù e poi  per dimostrare la  miracolosa resurrezione! Mi può mostrare i testi in modo da compararli?

Marco, io  non ho difficoltà a citare  Flavio Ant. Giud. XV,8-10 e neanche Giovanni 19,31-42.

Per il primo ti sintetizzo il pensiero e ti rimando  alla mia  traduzione del XV libro di Antichità Giudaiche: Antonio, avendo intenzione di mantenerlo vivo, per portarlo con sé a Roma per il trionfo, come emblema di nemico punito per la ribellione aramaica, filoparthica,  lo tiene prigioniero a Antiochia. Erode, ora re di Giudea, fatta la  strage dei fautori aramaici asmonei, coi loro beni  forma un tesoro da inviare al triumviro  e lo spinge,  dietro compenso, ad uccidere subito  il ribelle,  informandolo che altrimenti egli  non ha possibilità di regnare,  essendo grande l’amore per la vecchia dinastia  tanto quanto l’odio  per lui, un romanizzato ed  idioths/civis privato!. Detto questo, ti riporto, fedelmente, il testo italiano di  Flavio:  decise, allora, di tagliargli la testa: in altro modo, infatti, non si sarebbe potuto  tenere tranquilli  i giudei! Strabone il Cappadoce,  confermando le mie parole, scrive: Antonio fece decapitare Antigono, precedentemente condotto presso di lui, ad Antiochia. Fu il primo romano a decidere di far decapitare un re: pensava, infatti, che non vi fosse  altro modo che potesse cambiare il sistema dei  giudei, che non potevano accettare Erode al suo posto, in quanto, neanche sotto tortura,  essi lo avrebbero onorato ed acclamato reAntonio pensava che così sarebbe caduta la sua  memoria e fosse diminuito l’odio verso Erode!.

Quindi, professore, per Flavio, che riporta anche la fonte autorevole di Strabone, la testa di Antigono, inviata ad Erode  è  segno  per gli ebrei  aramaici che la loro dinastia  nazionale è finita e che ora i romani impongono come re Erode, figlio di Antipatro, come loro kurios e che sono troncati i legami coi parthi!. Ma il sooma/corpo  del re asmoneo che fine fa, come anche quello di tanti altri prigionieri portati ad Antiochia da Sosio, governatore di Siria, a guerra finita?

Questa, Marco,  è una storia ancora da raccontare! sappi, comunque, che i  corpi/soomata  dei nemici, uccisi in battaglia o crocifissi, venivano ceduti  dai romani al migliore  offerente, a   parenti  o amici o partigiani, ricchi, che, pagando,  potevano fare il loro ufficio funebreBastava pagare!  Flavio riporta molti casi di riscatto  di sooma ed io ne conosco molti e li ho citati nella Biografia di  Giulio Erode, il Filelleno . (Per il fratello Fasael, prigioniero e poi ucciso, avrebbe pagato fino a 300 talenti- XIV,371-, per l’altro fratello  Giuseppe, ucciso da Antigono, il riscatto di 50  talenti è pagato da Ferora -XIV,430-). Anche Giovanni  evangelista, senza dirlo esplicitante, si riferisce a  questa pratica  di riscatto, comune a parthi,  ad asmonei e a romani, che  applicano una norma prefettizia pubblicana,  che, comunque, è diversa in tempo di guerra, dato il gran numero di morti! Marco, ecco il testo di Giovanni: era il giorno della preparazione /paraskeuh’ e, dunque, i  giudei richiesero hroothsan a Pilato -era infatti un giorno solenne quel sabato  – per non far rimanere quei corpi sulla croce / epi tou staurou ta soomata, di far spezzare loro le gambe  e di portarli via. Vennero, dunque, i soldati  e spezzarono le gambe al primo   e poi all’altro, che era crocifisso con lui.  Venuti da Gesù, vedendolo già morto tethnhkota, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei  soldati  gli aprì il fianco con una lancia  e subito ne uscì  sangue con acqua. Giovanni aggiungequello,  che  ha visto, ha reso testimonianza,  e vera è la sua testimonianza,  e sa  che dice cose vere/ o eoorakoos memarturhken kai alethinh autou  estin h marturia, kai ekeinos oiden oti alhthh legei.

Professore, non è troppo insistente per essere vero il dire i fatti  ricorrendo al poliptoto alhthinh – alhthh ?

Marco,   l’uso del poliptoto giovanneo  e dell’ avverbio alhthoos marcino (Marco,15,39 aleethoos  outos o anthroopos estin uios theou hn/ veramente quest’uomo era figlio di Dio!) è davvero  opportuno per una manifestazione  di fede  e ancora di più è dubbio tutto il testo,  se  rilevi che questo è detto come  spiegazione di passi della Scrittura: non gli sarà spezzato alcun osso!; guarderanno a colui  che hanno trafitto!

Professore, lei vuole dire che sotto c’è  lettura allegorica di quanto avviene e che  si scrive in tempi lontani dai fatti?

Certo Marco! i fatti sono letti, dopo decenni, in modo da  essere significativi per i credenti in Christos,  secondo una visione sapienziale e  simbolica!. Infatti il sangue (col pane) è segno dell’eucarestia mentre l’acqua esprime il battesimo con sottensione dello Spirito Santo  secondo una lettura  tipica del IV-V secolo d.C.  che considera la Chiesa come nata dal costato di Cristo, colpito da Longino,  al pari di Eva nata da quello di Adamo  (cfr. Agostino e Giovanni  Crisostomo ).   Giovanni seguita il racconto: Giuseppe di Arimatea quel discepolo -senza patronimico, indicato  col solo nome di città, inesistente all’epoca, non identificabile, ignoto  – che,  di nascosto, era andato da Gesù, per timore dei giudei, chiese a Pilato di potersi prendere il corpo di Gesù/to sooma tu Ihsou e Pilato lo concesse (epetrepsen). Venne anche anche Nicodemo, che la prima volta era andato da lui, di notte, e portò una mistura di mirra e di aloè di cento libbre/pheroon migma amurnhs kai alòhs oos litras ekaton.

Quindi, si può dire, professore, che due del consiglio dei settanta, due sinedriali  vanno da Pilato, in via ufficiale,  a chiedere il sooma di Gesù e lo ottengono, non come discepoli ma come notabili consiglieri, protoi,  per conto della comunità gerosolomitana!

Certo, Marco! La precisazione di Giovanni fa escludere, data la vigliaccheria dei due, che essi, da privati, si espongano,  dopo la morte di Gesù! Essi  rappresentano  quel Sinedrio nuovo, filoromano – subentrato a quello vecchio filoparthico e messianico –  che si è lamentato della scritta in triplice lingua  sulla croce circa la regalità del Crocifisso e che era stato zittito dallo stizzito  Pilato, che aveva risposto o gegrapha, gegrapha!   Professore,  io penso, come lei, che i due discepoli, segreti, non certamente dopo la morte del Messia possono aver il coraggio di fare un richiesta privata e familiare compromettente!

Tu  ritieni , dunque, con me, che tutto il testo di Giovanni, scritto dopo molti decenni dai fatti,  è equivoco nel processo davanti ad Anna e kaifas e in quello  davanti a Pilato, perché non mostra il clima di guerra e  parla di un uomo che si è fatto Dio – inconcepibile all’ epoca !-  perciò,  degno di crocifissione  secondo la legge ebraica (cfr. Giovanni 19,7 – anche se accenna al lhisths Barabba– cfr ibidem 18,40 e cfr.  Marco 15,7, che parla di un  desmios  un prigioniero,  o legomenos Barabbas, il detto Barabba/figlio di Abba,   che con altri rivoltosi stasiastai aveva commesso nella rivolta/stasis  un delitto-!).

Certo, professore,  sono d’accordo anche io  perché Pilato insiste sul regno/basileia di Gesù, pur salutato  per scherno -diciamo noi!- re dei giudei  dai soldati, anche se  stranamente non trova colpe in uno che è detto re (maran?!) dei giudei o si è autoproclamato  sovrano  di un territorio romano – seppure a parole viene fatto risultare dopo molti anni da uno scrittore efesino, un re di un regno non di questo mondo/h basileia h emh ouk estin ek tou kosmou toutou, i cui ministri/ uphretai avrebbero  combattuto  hgonizoonto, per non darlo in mano ai giudei!

Inoltre, Pilato, professore, fa appendere una tabella con iscrizione col titolo regale di Gesù sulla  croce – che  già di per se stesso risulta un crimen  di lesa maestà  nei confronti di Tiberio,   che non ha autorizzato la sua exousia/il potere, dato, invece, dal nemico partho Artabano III, secondo la sua ricostruzione  storica! Comunque, lasciando da parte i Vangeli,  Flavio  nella  sua opera,  parla, altrove, di soomata?

Flavio ne parla in altre parti della sua opera e, in specifico, in  due punti, uno di Guerra  Giudaica  ed uno di Bios-. Esaminiamo  Guer. Giud. V, 13, 7 (367.69), in cui  il sacerdote ebraico,  ora al servizio di Tito, come interprete,   mostra gli orrori della guerra in corso: in quei giorni si rifugiò Manneo,  figlio  di Lazzaro, il quale riferì che, attraverso una sola porta, affidata alla  sua sorveglianza  nel  periodo tra il 14 del mese di Xantico, quando i romani si erano  accampati presso la città e il primo del mese di Panteno,  erano stati trasportati fuori 115.880 cadaveri. Tutti questi appartenevano  ai ceti popolari più bassi ed egli,  pur non essendo preposto  a questo ufficio, li aveva dovuto contare  perché aveva l’incarico di pagare col denaro pubblico  le spese  del trasporto,  mentre gli altri erano sepolti a cura dei parenti che facevano la  sepoltura, tirandoli fuori e buttandoli via dalla città/tous de loipous oi proshkontes  ethapton, taphh d’hn to prokomisantas  ek tou asteos ripsai. 

La mia traduzione, Marco,  diverge  da quella di Giovanni  Vitucci  di norma perfetta, che in Guerra giudaica, II,  Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondadori  editore1974, non è chiara e  risulta quasi contraddittoria,  in quanto, da una parte, mostra il pietoso  ufficio di seppellire thaptein, fatto dai  proshkontes/ congiunti che hanno da compiere il dovere funebre  e, da un’altra, sembra che i cadaveri siano estratti dal mucchio e  buttati via dalla città.

Noi, invece, pensiamo che  la sepoltura a cura dei pii parenti  consisteva nel precipitarsi  a levare/ riptein dal mucchio i corpi dei propri  cari morti  che, una volta tratti fuori, vengono portati,  processionalmente, al luogo stabilito nei limiti della contingenza della situazione bellica.  Si è in guerra!  e  sembra che i morti, contati con quelli delle altre  porte,  siano 600.000,  a detta di altri custodi, rifugiati, in seguito, presso i romani!

Marco, per capire  quanto  scrive  Flavio  devi  sapere che esiste un magistrato responsabile, sorvegliante  di ogni porta, incaricato da un phrourarchos/ capo della guarnigione, a far svolgere un servizio ad uomini,  pagati a spese pubbliche, in relazione al numero dei morti accertati, e a  verificare i cadaveri  e a commissionare, dopo l’uscita  dalla città,  il trasporto su  carri   dei corpi  a schiavi o liberti , che,  con  asini e vecchi cavalli, guidano le carovane mortuarie in zone designate per la  sepoltura plebea. E’ sotteso che il costo della  sepoltura   popolare a spese pubbliche è modico, e in relazione  al percorso da fare fuori città e al  numero dei carri  impegnati  al bisogno,  mentre il riconoscimento dei cadaveri dei protoi e il loro trasporto  è un rito privato con un  corteo di familiari, che portano profumi per la dovuta imbalsamazione!.

Ora, professore, capisco il motivo per cui lei, sempre  rispettoso della traduzione altrui, perfino di quella di Luigi Moraldi- da lei ritenuto un traduttore di traduttori, frettoloso, rispetto ad altri già da tempo impegnati nella stessa traduzione di Flavio  – (Antichità giudaiche, I,II, UTET, 2000), in questo caso, ha  voluto fare  un proprio intervento sul testo, riportato dal Vitucci!.

Marco, grazie per la tua amichevole approvazione! Sappi, comunque, che   Flavio  narra di un altro episodio, bellico,  quello accaduto a Tecoa, descritto  in Bios (Cfr. Giuseppe Flavio,  Autobiografia, Introduzione Traduzione e note di Elvira Migliario, Testo greco a fronte,  BUR,1994).

Giuseppe, all’epoca, anche se prigioniero,  segue Tito che, nel 69 d.C.,  riprende l’assedio di Gerusalemme,  ancora nel quadro di guerra civile,  tra Vespasiano e  Vitellio (cfr. Vespasiano e  Il regno e Apollonio di Tiana e Gesù di Nazareth)  e  svolge  la funzione di interprete, invidiata-  anche se spesso è accusato di tradimento dai suoi  contribuli-! In seguito, quando  scrive Guerra giudaica  mostra il suo amore per la  patria, per Gerusalemme, per il Tempio distrutto, per i confratelli ed evidenzia la sua emozione caritativa di fronte alla tragedia dei suoi amici e parenti e ricorda atti di generosità personale verso i suoi  compatrioti, seppure rabbiosi nei suoi confronti ed invidiosi. Lui,  ora, vive a Roma nella stessa casa dove viveva  Vespasiano  da privato con Cenide,   ha onori ufficiali,   ha  in dono ville e terreni  in Italia e in Giudea ed ha la cittadinanza romana  e fa  parte della familia  flavia tanto da parlare alla pari col suo basileus Giulio Erode Agrippa II e  con Berenice, allora  destinata a divenire moglie di Tito, che convalidano ed approvano la sua opera storica!.

Quindi, il racconto del suo amore per il suo popolo vinto e per la Iudaea capta è da vedere da questa nuova angolazione di civis romano e di rispettato liberto imperiale!.

Certo, Marco! Comunque,  così scrive, dopo aver mostrato di aver liberato, grazie alla protezione di Tito, 195 amici e parenti, raccontando l’incontro con  molti prigionieri crocifissi, tra cui tre amici  (Bios, 420-21): inviato da Tito con Cereale e 1000 cavalieri / chiliois ippeusin ad un villaggio, chiamato Tecoa, per verificare se il villaggio era adatto ad accogliere  un campo trincerato/ charaka, nel ripartire, vidi molti prigionieri crocifissi  e ne riconobbi tre,  che erano stati miei amici,  e ne ebbi il cuore straziato ed andai subito da Tito a dirlo. Egli ordinò che immediatamente  fossero tirati giù e che ricevessero le cure più attente e due di loro morirono, ma il terzo sopravvisse.

Professore, al di là  di questi  fatti,  viene fuori che, in tempi di guerra, prevale la disumanità,  normale per i romani, un popolo in continuo stato di guerra,  che dalla  vittoria ha una grandissima  ricchezza, che, a fiumi, arriva da tanti popoli soggetti, alla Capitale. Flavio  è da vedere certamente come un filoromano, costretto dalle vicende  alla guerra nel periodo galilaico, e, dopo Iotapata,  divenuto  schiavo, risulta un traditore, eukairos/ opportunista,  un collaboratore dei romani che se ne servono come  interprete ed intermediario  fidato coi Giudei  specie gerosolomitani, presso i quali vive  forse ancora il padre – sacerdote  della  prima delle 24 classi sacerdotali, un notabile gerosolomitano, coetaneo  del nostro Gesù- ed anche la madre discendente asmonea, che, in un’occasione,  piange il figlio, perfino, come morto – cfr. Giusto di Tiberiade -. E’ chiaro che in tale  stato come scrittore, cerca di  alonarsi,  vestendosi da  filantropo e  benefattore  per amici e parenti: questo capitò dopo il 70 d.C.,  ma la stessa cosa potrebbe essere  stata fatta dagli evangelisti  che narrano molto dopo l’impresa fallita  messianica  del 32-36 d.C., che, comunque, aveva lasciato tracce di un pur breve periodo di Malkuth,  glorioso,  e specie Giovanni  potrebbe  aver stravolto  i fatti, grosso modo narrati da Marco e Matteo, e già mitizzati da Luca, vivendo in tempi apocalittici ed escatologici: Giovanni /lo pseudo Giovanni, più degli altri, visionario, dà una sua visione falsata del Christos, della sua morte  e della sua resurrezione, dei miracoli galilaici come testimonianza della presenza del Messia, ancora vivente, cantato dalla toledoth. Siccome gli sfugge la realtà cruda della guerra,  ricrea  figure, non storiche, di  Gesù e di Pilato e degli altri protagonisti della vicenda!.

Professore,  operando in questo modo, lei mi permette di  pormi domande circa il corpo di Antigono, ma anche circa il sooma di Gesù e il sepolcro vuoto,  in quanto la situazione  autorizza un esame da un’altra angolazione.

Marco, cosa vuoi dire realmente ?

Vorrei sapere da lei, che ha operato e sulla vicenda reale del Christos e sul muthos galilaico della tradizione:

1. se i romani vendettero il corpo di Antigono, maran  giudaico di Gerusalemme, dopo una guerra vinta contro i parthi, perché non  avrebbero potuto fare la stessa operazione col corpo di un altro maran, dopo oltre un settantennio, a seguito della vittoria sui Parthi di Lucio Vitellio,   del  trattato di Zeugma e la successiva morte di Tiberio, con la proclamazione nella città Santa  dell’avvento al trono del neos sebastos  Gaio Germanico Caligola?;

2.  se la prima entrata, solenne, a Gerusalemme di Lucio Vitellio, avvenuta nella Pasqua del 36 d.C.,  determina la crocifissione  di Gesù e  la seconda, ancora più solenne, sempre nel periodo pasquale, del 37 d.C. risulta  proclamazione  di Caligola giovane augusto, sovrano dell’ecumene, simbolo  di una nuova età dell’oro per l’Oriente e l’Occidente, espressione di una pacificazione  tra tutti i popoli e specie  tra ebrei e romani, ora affratellati di fronte all’ evento  dell‘avvento di un divino puer, che autorizza le più rosee speranze per l’universo, come si legge in  Filone,  prefazione a Legatio ad Gaium ( cfr. A.Filipponi,  Legatio ad Gaium,  e.book Narcissus 2011), – non si può pensare che in tale clima di euforia e di gioia universale cessino  le ricerche del corpo di Gesù, trafugato dai romani nel corso del  riposo  del Sabato , estese, poi, anche in Galilea da Pilato -subito  esautorato dal legatus imperiale, trionfatore su Artabano III –   per ordine di quel  Marcello, suo provvisorio sostituto, destinato a  cedere il mandato prefettizio  ad Erode Agrippa favorito di  Gaio Caligola, che lo fa tetrarca prima dell’ Ex tetrarchia di Filippo e poi di quella di Galilea e Perea, tenuta da Erode Antipa, ed infine,  divenuto re, ad opera di Claudio, dell’intera Iudaea, riunificata?- cfr.  Giudaismo romano II E book Narcissus 2012 -.

Marco, alla prima domanda rispondo che è possibile che  i romani abbiano effettivamente sottratto  il corpo di Cristo  e lo abbiano venduto come fecero  con quello di Antigono decenni prima, ritrovato  in un Ossario nel 1971 da archeologi ebraici  in  una nicchia segreta di una  delle due camere costituenti la Grotta detta di Abba;  per la seconda  ti aggiungo che si vive in un momento magico per l’impero romano che festeggia per sette mesi il nuovo giovane re del Mondo,  che, comunque,  passa improvvisamente da una continua festa ad uno stato di  disperazione e  di trepidante attesa,  alla notizia di una malattia mortale che ha colpito il divino puer  e, quindi, rimane per un periodo di circa tre mesi in affanno, in cui si prega, si sacrifica, si fanno voti augurali di ogni genere  per la guarigione del giovane amatissimo/ peroptatissimus figlio di Germanico, ristabilitosi negli ultimi giorni di gennaio del 38 d.C.: Filone parla di un giubilo indescrivibile popolare, incontenibile, in  ogni parte dell’oikoumenh  e greca e barbarica:  Marco, in quel tempo,  Caligola, erede di Tiberio,  è segno di una pacificazione generale  straordinaria nell’impero romano, a seguito della vittoria su Artabano III:  si teme solo l’invidia degli dei/phtonos toon theoon, vista la  irraggiungibile grandezza e potenza di Roma, governata da un solo Signore, di stirpe divina! Che valore poteva avere, in un tale clima  di  rinnovata certezza di pace, grazie all’erede  divino della divina  famiglia giulio-claudia, la ricerca di un sooma di un povero galileo, di un  ribelle maran vinto e crocifisso, venduto dai soldati  a partigiani, desiderosi di seppellirlo degnamente in Galilea?. Specie quando a capo delle due tetrarchie  erodiane  è signore  Giulio Erode Agrippa, un principe gerosolomitano  amico e maestro di Caligola,  che ha nel suo nome  stesso una storia di romanizzato ma ha nel sangue i geni congiunti  della stirpe asmonea in quanto  discendente dalla nonna  Mariamne, figlia di Alessandra di Hyrcano,  e  quelli della stirpe erodia in quando figlio di Aristobulo  – suo  secondogenito e di Erode il grande, destinato a riunire tutto il regno dei propri avi, grazie al debito di riconoscenza dell’imperatore Claudio, fratello di latte!

Dunque, professore, secondo lei, i  soldati romani possono aver venduto il corpo di Gesù  e  rimanere  anche impuniti date le circostanze favorevoli, epocali,  per circa una ventina di mesi, essendo cessate le indagini  sul sooma di Gesù  e sulla sua presunta vita di risorto  in Galilea, sui miracoli della pesca  sulla sua ascesa al cielo e sull’invio degli apostoli a predicare  il khrugma evangelico,  a seguito della  calata dello Spirito Santo!

Allora,  professore,  in una tale situazione è probabile  la nascita della leggenda di Gesù  che, non  essendo morto– era stato curato e salvato da amici  che avevano acquistato il sooma!-. Secondo la medicina attuale Gesù, come crocifisso poteva morire per asfissia perché piegato in avanti,  e rimanendo in tale posizione si sarebbe potuto soffocare, ma ricevuto il colpo di lancia, emise sangue con acqua  e poté avere  una certa respirazione proprio quando era svenuto ed appariva morto, per poi cadere in uno stato di  deliquio comatoso, profondo, tale da non accorgersi neppure di essere  sepolto da mani pietose! Rinvenuto nello tomba, si era risvegliato e i romani, venuti per vendere il corpo lo trovarono svegliato dal torpore del coma  e, pur sbigottiti,  lo consegnarono ai  compatrioti  galilaici,  seguaci, che lo trasportarono in  Galilea  e lo fecero curare da medici!

Marco, sei  molto fantasioso! Hai letto Caritone di Afrodisia, (Il romanzo di Calliroe, a cura di Renata Roncali, testo greco a fronte, Bur 2012)? Vi si legge  che Calliroe. sepolta  perché creduta morta dopo un calcio all’altezza del diaframma – che bloccò il respiro (IV,12) – dato dal  suo fidanzato Cherea,  geloso, si sveglia, quando  alcuni predoni, marinai, sono intenti alla violazione/Tumbooruchia e al saccheggio della tomba/ierosulia : ta de peri Kallirohn allhn elàmbane  paliggenesian kis tinos apheseoos  eggenomenhs, mogis kai kat’oligon anepneusen/ quanto a Calliroe, otteneva la sua rinascita  una seconda volta e come avvenne l’emissione di fiato, che era venuto meno per via del digiuno, a fatica, a poco a poco, riprese a respirare, poi ricominciò a muovere il corpo nelle sue parti ed, aperti gli occhi, ebbe la sensazione  di essersi svegliata da un sonno /aistheesin elambanen egeiromènhs ecs upnou  VIII,1  -!

La tua ricostruzione, Marco,  non ha alcuna base storica  se non la frase di Bios di Flavio che uno dei tre crocifissi di Tekoa  si salvò  e  una bella favola milesia, raccontata da Eumolpo uno dei protagonisti di Satyricon di Petronio, la Matrona di Efeso   cfr. 111-112  ( Satyricon  a cura di Vincenzo Ciaffi.UTET  1967). Non te la ricordi? L’ho narrata molte volte per mostrare  la levitas/leggerezza delle donne,  anche le più pudiche, facili ad innamorarsi e a dimenticare, perfino, i figli,  pur di aver una esperienza fuori casa /peregrina libidine!- Ibidem,111- Te la sintetizzo. Si tratta di una donna  che trascorreva in pianto il tempo e viveva  nel sepolcro stesso,  nella cripta, dove era la salma del marito,  secondo l’uso greco,  vegliandolo e compiangendolo…decisa a morire di fame, avendo  accanto una ancella.   Tutti, senza distinzione di classe riconoscevano che mai si era visto  nella realtà una prova così lampante di amore di pudicizia! -ibidem-Accadde che il governatore della provincia/imperator provinciae  fece crocifiggere dei ladroni secundum illam casulam in quan  recens cadaver matrona deflebat/ vicino all’edicola in cui  la matrona compiangeva il suo uomo.  Un soldato incaricato di sorvegliare le tre croci  affinché  i corpi non fossero asportati,  di notte sentì piangere e si avvicinò al sepolcro e vide la bella donna con la serva,  che aveva un lume.  Stupito per la  divina  bellezza della matrona,   resosi conto della situazione, portò la sua cena alla servetta che, mangiatane un po’, convinse la padrona ad assaggiare  e a bere qualcosa, dopo cinque giorni di digiuno. Il  soldato,  convinta la donna  a mangiare ed a bere, le portava  ogni giorno,  appena poteva, la sua cena! La  matrona cominciò a mangiare e poi  ad accettare anche la corte  del giovane  e belloccio soldato, sollecitata anche dalla serva, tanto che alla fine  il miles,  entrato  nel sepolcro, si accoppiò con lei. Avvenne, però, che le assenze del  soldato furono  notate dai parenti dei crocifissi che  rubarono un  corpo.   Il soldato, appena si accorse di ciò, temendo  la punizione del governatore, sguainò la spada per uccidersi, ma fu frenato dalla donna che non meno pietosa che pudica / non minus misericors quam pudica ebbe a dire: Dio non voglia che dei due uomini  più cari, che ho avuto,  io assista  ad un tempo a due funerali! preferisco appendere un morto che uccidere un vivo! malo mortuum impendere quam vivum occidere.

Petronio fa chiudere il racconto ad Eumolpo così:  il giorno dopo, il popolo era lì a chiedersi,  stupito, come il morto fosse salito in croce/posteroque die  populus miratus est qua ratione mortuus isset in crucem! -ibidem 112,8-.

Professore, ora mi ricordo!  Comunque  vorrei conoscere i particolari del ritrovamento dell’Ossario della grotta di Abba, certamente più interessante della fabula milesia,  dato il valore di un ritrovamento archeologico.

Non è cosi?!

Come no!. Non si tratta, mica, di una fabula , raccontata in un romanzo antico, ma di un fatto vero.

Bene.  Professore, io ascolto.

Marco, io so che al Museo  nazionale di Gerusalemme c’è esposto un  reperto del 1968,  un chiodo ficcato su un piede di un crocifisso del I secolo d.C.  di un tale Yohanan ben Hagdol, trovato non lontano dalla Grotta di Abba, nello stesso quartiere di Givat Hamivtar,  che  ha un’iscrizione  aramaica  del  primo secolo a.C. ll ritrovamento della grotta  è del 1971 nel corso di scavi per le fondazioni di una casa civile ,  ed essa, oltre ad un  Ossario molto ben decorato, ha una iscrizione in lingua aramaica, in cui si legge : Sono  figlio del sacerdote Eleazar, Abba, l’oppresso,  nato a Gerusalemme ed esiliato a Babilonia, quello che  ha riportato Mattatiah,  figlio di Giuda   e che lo ha sepolto, nella  grotta che ho acquistato. 

Professore, si parla di Antigono Mattatiah  figlio di Aristobulo II?

E’probabile, ma non è certo. Comunque, l’Ossario, in calcare, era sotterrato,  nascosto  in una nicchia, sotto terra, e potrebbe essere di un personaggio di grande rilievo. Le ossa,  inoltre,  sono compatibili con l’epoca della morte di Antigono, la cui identificazione resta enigmatica, nonostante l’iscrizione.  Infine l’attribuzione  ad Abba/Baba  è tutta da studiare e ,allo stato attuale,  non si hanno reali indicazioni circa l’assimilazione.

Professore, dopo il ritrovamento, ci saranno stati studiosi  che hanno cercato di risolvere l’enigma?

Certo.  Marco!

Nel 2013, Yoel  Elitzur, storico della  Hebrew  University   considera  Abba un sostenitore  degli asmonei, esiliato da   Erode, che,  al ritorno dall’esilio,  essendo di passaggio ad Antiochia,  forse richiamato in patria insieme ad  Hyrcano, (cfr.  Erode Basileus), ebbe la possibilità di riportare a Gerusalemme i resti  del re asmoneo, in forma non pubblica, ma segreta e  nasconderli sotto il pavimento di una delle due camere della  Grotta, da lui acquistata, lasciata in eredità  ai suoi figli,  come un bene da conservare lontano dagli sguardi altrui!.  Anche Israel Hershkovitz, antropologo dell’Università di Tel Aviv, rileva che nell’Ossario di Antigono c’è un chiodo  in una mano  che fa pensare ad una tortura e ad una crocifissione, prima della decapitazione.

Professore, quindi gli ebrei si sono impegnati a comprendere la figura di Abba e a ricercare il sooma di Antigono!

Marco, ti aggiungo che anche  l’archeologo James Tabor si dice che sia  interessato alla Grotta di Antigono,  ma, finora, non ha  pubblicato  niente  in merito.

Professore,  gli ebrei dovrebbero essere interessati più dei cristiani all’enigma della morte di Antigono  e alla scomparsa del corpo anche per le molte somiglianze con la passione e morte del Christos!  Essi potrebbero,  dati i mezzi a disposizione,  arrivare a  scoprire qualcosa circa il sepolcro vuoto del Messia,  circa il sooma  di un uomo, non certamente risuscitato e tanto meno salito al cielo, alla destra di Dio Padre!

Marco, non mi sembri più Marco!  Col venire  dietro di me, col seguire la ricerca  di un laico, stai guardando il cristianesimo da un’altra angolazione e …stai perdendo …la fede!