Erode Basileus

Erode Basileus

 

 

Plutarco (Antonio, 35) dice che Antonio, ek tinoon  diaboloon  parocsuntheis pros Kaisara / irritato con Cesare per alcune calunnie,  salpa per l’Italia  con trecento navi.

Il triumviro non è accolto a Brindisi e deve ormeggiare a Taranto: gli vengono mosse critiche non solo sulla spedizione parthica, anche se ha risolto vittoriosamente la guerra,  ma riceve anche velenosi attacchi personali dalla propaganda del  cognato avversario.

Ottaviano che ha  allenato le sue truppe  facendo spedizioni in Illiria e in Dalmazia  ed ha allestito una flotta, arruolando rematori, addestrandoli alle manovre e alla battaglia sotto la guida di Marco Vipsanio Agrippa,non ha ottenuto successo reale su Sesto Pompeo  a causa di  naufragi, dovuti  a tempeste ma anche ad imperizia, nonostante la bravura del legatus. 

Agrippa ha  progettato una scuola di marineria e creato un molo  per l’ addestramento dei marinai.

Agrippa  è descritto di Velleio come uomo che non cede alle fatiche né alla veglie, né ai pericoli, (II,79,1) capace di obbedire ma solo ad uno, ambizioso di comandare agli altri in ogni occasione insofferente di indugi ed uso a far seguire l’azione alle decisioni.

Avuta l’autorizzazione da Ottaviano,  l’ammiraglio  elimina il tratto  che separa il lago Lucrino dal mare e la Via Erculana e fa comunicare il lago Lucrino con Averno e col mare. creando il porto Giulio per le esercitazioni marittime.

La notizia è confermata da Svetonio (Augusto 16) e da Plutarco (Antonio 35 ).

Agrippa in questo modo fa esercitare marinai e rematori in modo da insegnare le perfette manovre marinaresche e belliche.

Quindi,  Ottaviano si prepara alla guerra contro Sesto Pompeo che ha governato per anni su Sicilia, Sardegna, Corsica, ma non sull’Acaia,- occupata da Antonio-  come stabilito per il patto di Miseno nel 39, anche se ha mantenuto fede agli impegni di liberare il mar dai pirati e  di provvedere di grano Roma.

Eppure non gli sono  restituiti i i beni paterni (17.500.000 di dracme)  anche se c’è stata l’amnistia  per i repubblicani anticesariani.

Antonio a Taranto, fatta sbarcare la moglie incinta  (non già madre di una seconda bambina come dice Plutarco) di Antonia minor, la fa incontrare col fratello insieme a Mecenate e ad Agrippa che in quel anno  è console.

La donna, secondo Plutarco, supplica il fratello di non renderla la donna più infelice in quanto, essendo moglie di un triumvir e sorella dell’altro, in caso di guerra, lei deve piangere o per uno o per un altro,  al di là degli esiti bellici.

Secondo Pularco, Ottaviano toccato  e commosso dalle parole della sorella arriva a Taranto eirhnikoos/con intenzione pacifica.

Plutarco  mostra uno spettacolo bellissimo Theoma kalliston:

un grande esercito di fanteria che rimaneva tranquillo e molte navi che stavano immobili presso la costa mentre  i comandanti e i loro amici  si scambiavano visite  e dimostrazioni di affetto.

Lo storico aggiunge: Antonio per primo trattenne a pranzo  Cesare  che aveva concesso anche questo favore a sua sorella. Poi si accordarono  che Cesare avrebbe dato  ad Antonio due legioni per la guerra parthica, mentre Anotnio avrebeb dato a Cesare  cento navi  dai rostri di bronzo. Ottavia , oltre ai patti stabiliti, ottenne per il fratello  da parte del marito venti navi leggere  e per il marito da parte del fratello,  mille soldati.

Secondo Pultarco (ibidem), dopo gli accordi, i due si separano, l’uno si dedica alla guerra contro Sesto Pompeo che si conclude a Nauloco nel settembre del 36 (Cfr. Cassio Dione, St.Rom., XLIX, 8-9-10), e l’altro  passa in Asia  e gli affida Ottavia coi figli, che ha avuto da lei e da Fulvia.

La notizia degli accordi è in tanti altri scrittori che sottendono  il ripudio di Ottavia e la nuova tempesta di amore per Cleopatra,  secondo Plutarco,  fatta venire subito dopo in Siria  conodotta  da Fonteio Capitone, un plenipotenziario di sua fiducia, già usato  anche  a Taranto.

Flavio in Guerra giud. I, 387  dice  che Antonio si  ritira in Egitto ed incarica Sosio di governare la Siria e di sostenere Erode nella guerra  contro Antigono.

In effetti Flavio è inesatto perché, come abbiamo precisato, Antonio dopo Samosata va ad Atene  e  da lì in Italia. Comunque, in questa situazione dell’impero romano, la vicenda di Erode e la sua ascesa al regno sono poca cosa nei confronti dei  grandi avvenimenti come la guerra contro Sesto  o il pericoloso ritorno di fiamma di Antonio per Cleopatra subito dopo l’arrivo ad Antiochia in Siria.

Nell’inverno  del 38 a.C. Erode ancora è in lotta con Antigono che, dopo la morte di Giuseppe,  ha ripreso l’offensiva e il basileus di nomina romana deve conquistarsi il regno, saldamente nelle mani del rivale che ha l’appoggio e dei lhistai e del popolo, oltre che degli esseni e dei farisei.

In questo periodo Machera ha già fortificato Gitta (Ibidem,328) ed  Erode da Dafne  arriva sul Monte Libano (Ant Giud.XIV, 452)  ed arruola  800 uomini, montanari e con l’esercito romano va a Tolemaide e poi in Galilea.

Avuta secondo gli ordini di Antonio una legione da Sosio, che procede lentamente, si dirige verso Gerico  per vendicare la morte del fratello: è  fiducioso nella sua buona stella e nella divinità (ibidem 328-30) e  nei romani, che ora  inviano una seconda legione.

Perciò, dopo avere pagato il trumviro per l’aiuto ricevuto  decide di  invadere la Galilea, anche se  sotto una tempesta di neve, che ostacola i movimenti e rallenta la marcia.

 Flavio comincia col mostrare Erode come dotato di preveggenza  quasi fosse  un profeta, che ha visioni circa la fine del fratello,mentre è a Dafne,  come un destinato da Shaddai/upsistos altissimo  ad una sorte regale.

Lo storico insiste nel tratteggiare la figura prosopon  di un anhr theios da contrapporre all’uomo di menzogna  secondo la propaganda degli aramaici.

Probabilmente letterati ellenisti creano il mito dell’eroe vincitore in opposizione all’anahtema  inflitto dagli esseni. Bisogna inferire quindi che già Erode dispone di un gruppo di letterati che  propagandano il suo regno e la sua politica filoromana.

Infatti Flavio lo definisce  anhr theophilestatos (331) uomo assai caro al cielo, poi mostra un caso miracoloso daimonion  ti… teras accadutogli – episodio del tetto crollato, appena  esce da un banchetto-. infine  narra il suo ferimento leggero dopo un’imboscata da parte di seimila nemici (Ant Giud., XIV, 456: sono espedienti letterari per evidenziare  come la provvidenza vigili sulla vita dell’eletto re.

Erode e l’esercito romano di reclute, comunque, cadono in un’ imbocata tesa da Antigono, che ora ha anche dalla sua parte la Galilea che si è ribellata contro i suoi notabili e contemporaneamente molti giudei hanno ripreso l’ostilità e proteggono i Lhistai, cioè i patrioti, anche in città e a Gerusalemme, dove  gli antipatridi sono odiati.

In questa lotta per la supremazia in Giudea ora sembra prevalere Antigono.

Questi  non solo ha un seguito di uomini coraggiosi, ma anche un gran numero di seguaci, ben guidati da Pappo, tina toon etairoon,  uno dei suoi compagni,  incaricato di contrastare Machera ed Erode che, venuto in soccorso del romano, si scontra coi i seguaci del rivale a Cana  secondo Guer Giud, (I,334), ad Isana, alla frontiera tra Samaria e Giudea, secondo  Ant giud. (XIV.458).

Per la prima volta Flavio registra un cambiamento di orientamento in Giudea:  mostra infatti  come il popolo, passi dalla pars erodiana e tradisca Antigono.

E’ sotteso che i romani hanno vinto i Parthi e che Erode è l’amato di Adonai e che quindi  non è bene andare contro il volere di  Dio!

E’ l’applicazione concreta del pensiero farisaico essenico: bisogna cedere alla bia ed accettare la Basileia di Erode!

Già prima dello scontro di Ikana, Flavio manifesta la volontà  sacerdotale di Dio: accettare l’imperium dei romani e quello della famiglia di Antipatro! Anche dal male può venire il Bene!

Erode, l’uomo di menzogna, odioso ad ogni aramaico ora è richiesto di amicizia da alcuni, che odiano Antigono  e  da altri, impressionati dai suoi successi e da molti mossi da un cieco desiderio di cambiamento/tous men ge pollous enhgen epithumia metabolhs alogos (Guer Giud I,336).

Flavio racconta l’attacco della battaglia, mostra gli schieramenti  e la foga dei combattenti  come per registrare il volere di Dio e dice: seguì una strage grande mentre gli uni erano risospinti nel villaggio, donde erano partiti ed Erode incalzava quanti rimanevano indietro, uccidendone  un gran numero. Penetrò insieme coi nemici nel villaggio,  dove ogni casa era gremita  di armati  ed anche i tetti  erano prini di difensori (339 ).

Vede epicamente l’azione di Erode, che sbaraglia quelli di fuori  e sfascia le case  costringendo ad uscire  chi sta dentro:  questi i più li uccise in gruppi,  facendo crollare loro addosso i tetti, mentre quanti cercavano di sfuggire dalle rovine erano finiti dalle spade  dei soldati e si formavano tanti mucchi di cadaveri che le strade erano sbarrate  ai vincitori. Ad una simile mazzata  i nemici non resistettero ed infatti quelli di loro che si andavano nuovamente raggruppand, come videro il mucchio degli uccisi  nel villaggio si dispersero  in fuga (Ibidem 339).

Dopo questa vittoria Erode vuole completare il suo successo andando a Gerusalemme, ma è impedito da un violentissimo temporale (cheimooni .. sphodrotatooi), anch’esso segno  funesto per chi non segue il verdetto divino.

Flavio ora insiste ancora sul miracoloso e paradossale mostrando come Erode  accaldato, essendo andato al bagno, senza scorta ,  incontra  uomini  che, pur avendo le armi in pugno (un primo, un secondo, un terzo e molti altri)- , sconvolti dal terrore, passano davanti a lui, inerme, di corsa, tremando, Ibidem  341. Dio è favorevole  e la natura ha una sua manifestazione violenta brutale !?

E’ caso?!

E’lettura ermeneutica farisaico-essenica!

Ogni segno è interpretato allegoricamente!

Erode, dunque, sconfitto, ad Ikana, Pappo, uccisore di suo fratello Giuseppe, e tagliatogli la testa, la manda a suo Ferora (per pareggiare i conti!) e poi  conduce l’esercito  fino alle mura  di Gerusalemme, ponendo i castra dalla parte del tempio, esattamente dal lato dove la città è vulnerabile, quello settentrionale.

Si ritiene che l’inizio dell’assedio avvenga intorno alla fine di maggio del 37 a.C.: Erode deve attendere Sosio che marcia  lentamente perché deve passare attraverso tutte le città di Siria e risistemare la regione,

Il re, invece, diviso l’esercito dà ai suoi etairoi anutikootatoi   ai suoi compagni ( una specie di  consilium principis romano, i cui membri costituiscono l’etairia, una corporazione di amici e sodali, giovani, che mangiano e fanno servizio militare insieme, di solito anche parenti) compiti di tagliare gli alberi nei sobborghi, di costruire tre terrapieni e di innalzarvi sopra delle torri.

Nell’attesa dell’arrivo di Sosio, Erode va  a Samaria e si sposa con Mariamme, la figlia di Alessandro di Aristobulo e di Alessandra di Hircano, cugina di Antigono, imparentandosi con gli asmonei, di cui è il successore.( Guerra Giudaica, I, 344).

E’ un atto politico che permette al nuovo re di conciliare le fazioni anche se resta l’accusa di filelleno e di antiaramaico e quindi vive con l’anathema di uomo di menzogna.

Erode deve temere per la sua vita davanti ad ogni integralista che ritiene suo dovere ucciderlo!

Il matrimonio  è  rito che unisce  con un vincolo sacro due giovani innamorati, specie Erode che, pur essendo marito per la seconda volta e già padre di Antipatro, vive una reale passione di amore.

L’unione di un idumeo-arabo, convertito al giudaismo – forse anche circonciso-  non risolve, comunque, il rapporto conflittuale tra Erode e la stirpe giudaica di lingua aramaica, ferocemente ostile,  anche se autorizza  compromessi con la pars ellenizzata del Tempio e della diaspora, specie alessandrina.

Resta, comunque, anche l’odio tra la fazione asmonea aristobulea e quella hircaniana, mentre si attenua col matrimonio il divario ideologico e culturale tra gli erodiani e gli hircaniani, fino quasi ad una graduale assimilazione nel nome del Basileus regnante. Sadducei ed oniadi alessandrini che dominano l’economia templare, si collegano, con vincoli  maggiori, nel corso del regno erodiano, sempre di più,  intorno agli antipatridi.

Sosio, arrivato dalla Fenicia col grosso dell’esercito, circonda  Gerusalemme con tutte le forze congiunte, costituite da undici corpi di fanteria (endeka telh pezooon) da seimila cavalieri oltre agli ausiliari siriaci che erano non pochi (Ibidem,346).

Sulla lunghezza e durata dell’assedio lo stesso Giuseppe è in contraddizione.

Infatti in Ant.Giud. XIV, 476 e 487  oscilla tra due o tre mesi, mentre Guer. giud.V, 398 parla di  sei mesi  e Guer Giud.I,351  di cinque mesi.

Probabilmente l’assedio iniziato verso  la fine di maggio si chiude nell’estate del 37 tra la fine di luglio e i primi di Agosto (Cfr  S. Mazzarino, il pensiero storico classico, II, Bari, 1966).

Erode,  tornato da Samaria, partecipa all’assedio di Gerusalemme:  Sosio la conquista dopo aspre battaglie, solo con l’espediente di Pompeo, cioè attendendo il sabato, giorno di riposo per i combattenti ebraici.

Dione Cassio trattando dei danni subiti dai romani nel  corso dell’assedio e del valore militare ebraico dice: questa gente giudaica è terribile quando si adira: to gar toi genos thumothen pigrotaton estin, XLIX,22)  perché è fedele al Dio e va incontro alla  propria rovina, e l’attende serenamente  quando  i nemici  sferrano l’attacco decisivo e si lascia martirizzare.

Per un pagano non è concepibile razionalmente il timore di Dio, come sacrificio della vita per onore del Signore, la cui volontà  è oikonomia divina imperscrutabile per la creatura!

Eppure Cassio Dione rileva  gli eroici atti dei giudei  che alla  fine sono costretti alla resa  da un esercito così potente dopo cinque mesi.

Flavio mostra la grande strage fatta dai romani di cui si ha eco anche nel Commentario di Ababuc, un manoscritto del Mar Morto (i romani fanno perire  di spada molti, giovani, uomini vecchi donne,  e piccoli bambini   e non risparmiano neppure il frutto del ventre. L. Moraldi, I manoscritti di Qumran, Utet 1971) Flavio mostra la fine tragica di Antigono, anche lui vittima  del timore di Dio, come ogni aramaico: uscito dalla Baris (la fortezza poi chiamata Antonia, che sovrasta il Tempio)  si getta ai piedi di Sosio, ma questi, senza muoversi a pietà per la sua sventura, lo beffeggiò, chiamandolo Antigone, però, non lo lasciò andare libero come una donna, ma lo fece incatenare e mettere in prigione. (Ibidem 353).

Vorrei ai miei discepoli, a questo punto, spiegare il motivo per cui Sosio, secondo il sacerdote Flavio- ora attento (si fa per dire perché non è lui che scrive, ma lo scriba greco a cui detta) anche alle tragedie di Sofocle- tratta Antigonos come Antigonh.

Antigone è una tragedia greca di Sofocle scritta per le Dionisiache nel 442 a C. che tratta  di un esercito invasore -quello di Polinice- che circonda Tebe,  di un  duello in cui  Eteocle difensore della città, muore combattendo col fratello gemello,  e dell’ordine del  re Creonte di lasciare insepolto l’invasore, anche se figlio di Giocasta  e del figlio  Edipo, il sovrano precedente.

La tragedia sofoclea è tutta nella decisione di Antigone sorella di Polinice (e di Eteocle) di non obbedire al nomos despoths, alla legge sovrana umana, ma alle agrapta nomima, alle leggi divine non scritte, celesti, precedenti quelle terrene, per cui la donna, inquisita, rea confessa,  viene condannata a morte, poi commutata in prigione.

Antigone è compianta dal coro per aver obbedito ad una superiore giustizia senza temere quella umana.

Tutto questo è celato sotto il poliptoto antigonos-antigone  con la sottensione di un’effeminatezza regale.

Antigono viene portato ad Antiochia, dove pochi mesi dopo Antonio lo fa uccidere, come abbiamo già accennato.  La notizia è in Cassio Dione, St.Rom.,  XLIX,.2,6: Antonio volle che Erode regnasse su di loro,  dopo aver ordinato  che Antigono fosse  legato ad un palo  e frustato- punizione non inflitta mai ad un re  dai romani-  e poi anche ucciso.

Anche Plutarco (Antonio,36 )  tratta della morte di Antigono  quando parla di donazioni fatte da Antonio a molti privati di tetrarchie e regni  allorché riconosce come  re del Ponto Dario,  re di Pisidia Aminta,  re di Cilicia e Licaonia Polemone  e di re privati, invece, del titolo regale.

Allora viene fatto l’esempio di Antigono:  lo fece pubblicamente decapitare infliggendogli una punizione che nessun altro re prima di lui  aveva subito.

Tutto il discorso di Plutarco è in relazione ai doni fatti a Cleooatra nel 36 e ai suoi figli in quanto Antonio come Heracles  suo progenitore, non aveva affidato a una sola donna la sua discendenza,  né aveva avuto timore  delle leggi di Solone, che imponevano di dover rendere conto delle gravidanze  ma aveva dato libero corso alla natura per lasciare molti capostipiti e germogli di stirpi (alla thi phusei  pollas genoon archas  kai katabolas  (ibidem ).

Comunque, sia gli autori greci che Flavio descrivono il comportamento di Antonio che risistema la Siria, come opera di un saggio dioikeths, che prende provvedimenti necessari per il riequilibrio delle fazioni  nelle varie città, dopo la bufera parthica.

Il triumviro vuole assicurare la pax romana poiché ha bisogno di tranquillità alle spalle nell’imminenza di una guerra antiparthica.

Bisogna di nuovo precisare che la costituzione di una basileia cosmopolita che unisca il regno dei lagidi con quello seleucide – di cui Roma ha attualmente solo un porzione – è disegno cesariano da realizzare per la sua stessa dinastia (romana ed egizia, compreso Cesarione): la prima tappa è la conquista del Regno arsacide, dopo aver dato ad Erode quello giudaico e potenziato quello egizio con le zone fenicie, giudaico-nabatee costiere, con tutto il commercio dei balsami

 E’ un piano di espansionismo militare e commerciale  verso Oriente, non sgradito  neanche al triumvir occidentale!

Flavio, comunque, ha presente specie in Antichità giudaiche il valore degli asmonei che con gli arsacidi hanno lottato per decenni per affermare prima la propria autonomia e poi  il  nazionalismo aramaico contro il potere seleucide: allo scrittore ebraico non sfugge il significato di maran aramaico rispetto a basileus ellenistico, titolo dato dai romani ad Erode!

Lo storico di cultura sacerdotale, nonostante il suo tradimento, rimane nell’animo un fiero oppositore e un fariseo, nazionalistico, pur avendo a cuore l’utile personale e le donazioni romane.

Sull’imprigionamento e sulla morte di Antigono, re legittimo aramaico, secondo la tradizione, Flavio mostra la sua posisione sacerdotale,  in una sottesa condanna del basileus legittimo di nomina romana, un idumeo-arabo ellenizzato, un privato, abile solo a governare ed amministrare conformemente ai mandata  senatori ed imperiali, capace  di tener congiunto un popolo  di origine aramaica,  che ha nel Tempio la sua unità polietnica,ormai  sparso in tutto il mondo ed ellenizzatosi, in quanto contaminato dal commercio e da Mammona/il denaro.

Il tempio di Gerusalemme è un affare troppo grande per Roma  ed Erode per oltre un trentennio è garante di questa enorme entrata nel fisco imperiale.

Solo l’Artemision di Efeso può competere per le entrate  e per gli ex voto, per le corporazioni di orafi, e per i tanti addetti (sacerdoti, portinai e cantori, macellai sacrificatori, rivenditori di carne macellata e di pelli), col Tempio di Gerusalemme, il cui valore di tesoro aumenta poi in epoca imperiale e supera di tanto ogni altro  santuario.

Solo questa spiegazione può far comprendere la politica di compromesso di Augusto argentarius  sul Regno di Iudaea!

Erode è un gran furbone che ora, a tempio conquistato,  deve badare alla avidità dei romani, insaziabile specie davanti alle porte templari  spalancate,  davanti alle  13 supharoth /buche a forma di corno, senza la protezione dello stragegos  e delle guardie  del tamias/tesoriere, protettore  del Gazophulakion.

Allora per il suo stesso interesse, Erode  si erge a muro con i suoi mercenari contro i romani, che vogliono entrare nel tempio col pretesto di vedere (ormai tutti sanno che il tempio non ha simulacri:  è vuoto, non ha più- forse- neanche l’arca, nascosta dai sacerdoti!)

Infatti Flavio dice e in Guerra Giudaica e in Antichità giudaiche che il re  deve preoccuparsi di tener testa perfino agli alleati stranieri (summakoi allophuloi) affinché non vedano le cose sacre vietate  ad un Giudeo.

Secondo Flavio l’azione di Erode  è dettata da pietas religiosa: il re  trattenne ora con le preghiere  ora con le minacce, talvolta con l’uso delle armi, stimando che la sua vittoria sarebbe risultata  più rovinosa di una sconfitta/hthhs chalepoteran thn nikhn upolambanoon (Guer Giud., I 354 ) se quelli fossero riusciti a posare lo sguardo su qualcuno degli oggetti che non potevano vedere.

La conclusione dello Storico è questa: Riuscì ad impedire  il saccheggio della città, protestando con fierezza presso Sosio che se i romani avessero svuotato la città di beni e degli uomini lo avrebbero lasciato re di un deserto e che a ripagarlo  della strage di tanti cittadini egli non considerava bastevole  nemmeno il dominio del mondo.

Il discorso enfatico e retorico  è costruito su lasciarlo re di un deserto/katleipein auton erhmias basilea, un’espressione  ripetuta molte volte in Flavio specie da Erode Agrippa che l’adatta anche a Claudio, subito dopo la uccisione di Caligola quando il senato pensa di poter riprendere la costituzione, pur essendo circondato dai pretoriani!

Ad Erode basta regnare sui giudei, non avere il potere sul mondo! Si accontenta del regalo della Iudaea!

Erode vuole un regno di vivi e non di morti e percio da dioikeths che sa capire a volo le situazione, paga senza battere ciglio: ad ogni romano  per compensarlo del mancato saccheggio dà denaro a seconda del grado  militare e a Sosio offre una ricompensa molto regale (basilikootata de auton edoorhsato Sosion, ibidem 356).

Erode è re munifico perché ha al suo fianco i più grandi banchieri/trapezitai alessandrini!

Sosio, dopo aver dedicato una corona al Dio, si ritira portando con sé Antigono giudicato  re vile, che, comunque, va incontro al suo tragico destino.

Ad Erode Basileus non basta neppure,- dopo che i romani, stracolmi di danaro,  si sono allontanati dal suo territorio, dopo  che i suoi etairoi sono stati ricompensati con premi e i suoi nemici aramaici sono stati puniti,- di fare monetare i preziosi delle casse di Antigono  altrimenti non può far doni  ad Antonio e al suo seguito.

Amara è la conclusione dello storico che mostra la debolezza di Erode proprio nella sua ricchezza finanziaria, invidiata ed ambita  (ibidem359).  Neppure così  riusci a procurarsi una completa sicurezza /ou men eis  apan ecsoonhsato to mhden pathein.

Fino alla battaglia di Azio, Erode, insieme con  Malco,  deve temere l’avidità di Antonio e deve proteggersi  dalle mire vogliose di Cleopatra sul ricco territorio di Gerico e sulla Nabatea marittima! Roma vende il titolo di re, vende le cariche, vende tutto.

O venale città, ti venderesti se trovassi un compratore!  Così dice Giugurta andandosene da Roma, dopo aver corrotto col denaro tutti (Bellum Iugurthinum,35: urbem venalem et mature perituram, si emptorem invenerit).

Al tempo di Erode, dopo circa settanta anni,  niente è cambiato. anzi si è giunti al massino della corruzione!

Sembra?!.

Non c’è mai, a Roma, un limite alla corruzione!