Beate sempiterna sempiterne Beata è una frase di Julianus Metorius ( 460?-510? d.C. )maestro di retorica di Cesario di Arles (470-543) che compendia secondo struttura formale simmetrica e secondo impostazione chiastica significativa il Paradiso Christiano .
Iulianus Metorius, nato in Mauritania, ha scritto De Vita contemplativa (tre libri) ( Patrologia Latina,59 coll.411-520) tra la fine del V secolo e i primi decenni del VI secolo dopo Cristo, quando già il fenomeno dei Terapeuti, i vecchi -bambini giudei, alessandrini, chiuso definitivamente sotto il patriarcato di Cirillo, quando è ormai cristianizzato in senso catholikos (non ariano) secondo una nuova formulazione ascetico-mistica.
Già il fenomeno contemplativo è cosa cristiana, prima della pulizia etnica teofiliana e cirilliana, in quanto Atanasio( 295-373) scrivendo la vita di S. Antonio, crea un modello di monachesimo basato su paradigmi operativi, non solo dei monaci di Scete e di Nitria, i parabolani omicidi, ma anche di quelli della Tebaide, e di quelli asiatici specie di Giudea, di Siria e di Cappadocia, in quanto tiene presente anche i canoni dell’anachoresis christiana orientale.
Atanasio, nel corso del suo esilio, dà un modello già perfezionato alla chiesa occidentale, non ancora strutturata conformemente alle regole orientali, in quanto ha strutture solo diocesane, amministrative, non una salda organizzazione religiosa e spirituale, essendo su un territorio abitato quasi totalmente da pagani, con sporadiche comunità cristiane, minoritarie, dove non arriva la voce della centralità del papa romano, ancora rettore di una succursale orientale, capo di una comunità non certamente grande.
Cosa sono 80.000 persone su una popolazione romana pagana di oltre 1,500000 di abitanti, ancora praticanti la religio secondo i canoni di un Pontifex Maximus, attivo fino al regno di Graziano (375-383), che confisca i beni delle classi sacerdotali soppresse, ed elimina il titolo stesso nel 382, quando non esiste nemmeno la victoria catholica sull’arianesimo, ancora dominante in Oriente, dove c’è una maggioranza christiana sui pagani.
Sul suolo italico nel IV e V secolo, su una popolazione di quasi 4.000.000 di abitanti, i cristiani sono soltanto 500.000, sparsi nella penisola e nelle isole maggiori , con prevalenza ai confini con la Gallia, nella valle dell’Isère, con l’Illirico in villae romanae, lungo l’ Appia e la Flaminia, in Paroichiae, in porti come Dicearchia /Pozzuoli, in Sicilia a Siracusa, per dare alcune indicazioni, a mò di esempio.
Dunque, al momento della scrittura di Giuliano Pomerio, agli inizi del sesto secolo, in Occidente domina il monaco che ha assunto le prerogative di quello orientale specie per la lezione basiliana, dopo quella cassiodoriana, quasi coeva, e quella benedettina , di poco posteriore …
Giuliano Pomerio è scrittore di grande spiritualità e d’impegno notevole sotto il profilo pastorale ed ecclesiologico.
Segue infatti il modello paolino (Lettera a Timoteo,4.5.6. ) e venera il magistero di Agostino, quasi come un magister da non nominare, indicato con Magnus ipse, come uomo capace di fare magna opera.
Tramite Agostino , accoglie tutta la lezione cattolica antiariana, de gli alessandrini, degli africani, specie Cipriano, e dei cappadoci, che hanno interpretato la tradizione culturale di Filone Cfr . Ecclesia del IV e V secolo.
La vita contemplativa per Metorio è quella post mortem, che sola può essere beate sempiterna sempiterne beata, che il fedele cristiano ha guadagnato col sacrificio del vivere, come premio eterno della sua pietas terrena mortale.
Secondo Pomerio si entra in Dio, nella sua sfera di luce, dove c’ è amore perfetto, dove si gode stabile sicurezza, sicura tranquillità, tranquilla letizia felice eternità eterna felicità.
Personalmente sono sorpreso dall’uso del poliptoto insistito con anadiplosi, che mi infastidisce e mi turba, nonostante l’epoché ( astensione dal giudizio).
Se non ti ricordi, Marco caro, poliptoto è una figura retorica per cui si ripete il concetto mediante un nome ed aggettivo aventi la stessa radice oppure quando si gioca su un verbo coniugato in differenti tempi e modi – cred’io ch’ei credette che io credessi- oppure su un aggettivo possessivo come nel Pater noster (nomen tuum, regnum tuum voluntas tua – traduzione dell’anafora greca sou di te-). Insomma è una ripetizione di un termine in una stessa frase o in uno stesso verso, con una modifica della funzione lessicale o della struttura sintattica.
Per Pomerio il paradiso luogo dove non esiste paura dove il giorno è senza tramonto, il movimento è agile ed ogni spirito si appaga della contemplazione di Dio , dove la comunità formata da angeli ed uomini risplende di fulgida virtù, dove sovrabbonda l’eterna salute e regna la verità.
Aggiunge che lì non ci sono inganni né ingannatori, né ci possono essere beati espulsi, né ammessi i perversi.
Secondo me il retore teologo cristiano cattolico riprende la descrizione dei Campi elisi pagani e quella della Gerusalemme Celeste efesina Giovannea ( Ap. 21 e sgg).
Per me traduttore di Filone (Cfr.De vita contemplativa ) si pone il problema se il teologo conosce l’opera dell’alessandrino.
A mio parere Metorio può aver sentito qualcosa dei vecchi bambini ( cfr essere Neepios ) del lago Maryut, ma tramite uomini come Cassiano e i cappadoci, e dipende dalle formulazioni dei basiliani calabresi o grazie qualche pensiero di Gregorio di Nazianzo, derivato da Girolamo, la cui visione altamente spirituale di una Patria Celeste, perfetta sede d’amore e di luce, è ben volgarizzata in Occidente.
La sua opera non ha niente di Filoniano: Filone ha un’altra lettura della vita contemplativa come theoria alternativa di vita ebraica, terapeutica, rispetto a quella attiva, essenica: ambedue sante, ambedue utili per la vita terrena…